Se ci entri, ne esci
Se ci entri, ne esci
Se hai paura del buio di una galleria, hai tutta la tentazione di fermarti, fare retro marcia o di ritornare indietro, ma in autostrada non si può, non si deve, o puoi solo star fermo lì, bloccato, disperarti, rimaner vittima dell’ immobilismo, piantare le radici nella paura, o procedere in avanti, imboccare il tunnel piano piano, ammiccare più volte le palpebre, per adattarti al buio, e iniziare a camminare, cautamente, guadagnando strada, metro dopo metro, con l’ angoscia, col batticuore, se ti muovi, fai già tanto, la strada avanza per uno spiraglio di luce che si affranca in fondo al tunnel, intravedi la meta, l’ uscita non è più una speranza, ma si apre una certezza.
L’ esperienza del buio può essere terrificante, in esso perdi ogni punto di riferimento, ha come dimensione un solo colore, quello della paura, uno spazio nero, monocromatico, l’ aria si fa densa come un liquidò. Temiamo di affogare nella paura, di smarrirci, di sbattere, di farci male, di entrare in collisione con un mistero che ci travolga.
Il buio viene percepito spesso come un pericolo, come la paura per la fine, per la morte. Ma il buio è anche notte, sonno, riposo, sogno, non ci sarebbe rilassamento senza il vuoto ad occhi chiusi, senza la notte non apprezzeremmo il giorno, non apprezzeremmo le stelle e i pianeti. Attraverso la notte si esce dal giorno, si cede il passo alla passione, per lasciarci andare, per raccoglierci, per far silenzio ed ascoltare i suoni del buio.
Il buio fa spavento quando non stiamo bene, a letto, temiamo di incontrare incubi personificati, preoccupazioni dense di orrore, stratificazioni di rancori, allora temiamo la strada, ogni galleria ci rappresenta quell’ ansia per la vita con la morte che vorremmo non avere dentro.
Ogni percezione della realtà è lo specchio del nostro umore. Se abbiamo un attacco di panico, in una tangenziale imbottigliata dalle auto, l’ imbottigliamento è negli incroci dei nostri pensieri incidentati, tra i tamponamenti dei nostri conflitti relazionali, nei pianti e nelle piccole morti quotidiane, all’ interno delle ripetitive e continue minacce alla propria salute e alla serenità.
Nei pensieri intrusivi, temiamo di far del male, a ciò che a noi è più prezioso, a noi stessi o ai propri cari. essi non hanno alcun fondamento, un valore realistico, ma sono rappresentativi di tutti quei torti subiti e sedimentati e trattenuti in se e proiettati su ciò che è fondamentale. La loro zavorra trattenuta fa del male a noi stessi e al pensiero per propri cari. Tutto ciò che è trattenuto, fa del male al nostro pensiero e pertanto anche sul nostro pensiero per gli altri.
Da una storia straziante, te ne esci, se ci entri in tutti i suoi folli dettagli, attraverso il coraggio di guardarli e di scegliere; la scelta senza una convinzione emotiva è fallace e la convinzione emotiva può avvenire, qualora facciamo un pieno di noi stessi e delle nostre bellezze, abortendo ogni surrogato, che occupava il nostro posto. Dentro di noi può solo esserci spazio per chi è in grado di accoglierci naturalmente..
Nelle paranoie si sviluppano pensieri persecutori, temiamo il giudizio, diventiamo diffidenti, permalosi, spigolosi, controllori, ci guardiamo le spalle anche quando non c’è nessuno, conviviamo con le ombre addosso alle quali diamo una densa consistenza da temere un giudizio universale. Da essere essere stati perseguitati, diveniamo persecutori.
Negli abusi, non c’è mai un ricordo vivido, la mente ci difende, affonda i mostri, occulta tutto ciò che il corpo rivela, con ansie e fenomeni fisici disturbanti, con distanza dalla propria libido da poter trasformare la propria identità di genere o tutto ciò che entra nella persona, come il cibo, viene disgustato o rigettato o diventare strumento di distruzione del sé corporeo, modificandone i confini.
Come risolvere ? Nel problema devi entrarci, non puoi sempre far finta di nulla e considerare solo l’ abito e l’ estetica del sintomo; entrare significa aver coraggio, voler capire il perché si è in trappola, chiedersi non attraverso un solo perché ciò accada, ma attraverso tanti, e come mai accade esattamente a me, e non è mai un caso, ma esiste una causa perchè ció accada a me;
non soffermarti superficialmente sui soli fastidii, ma cerca le origini e le sue radici, con il coraggio di calarti nei tuoi meccanismi inammissibili, all’ interno delle tue grotte sotterranee, per tuffarti lì dentro dove non entreresti mai, nel tuo conflitto, nuotaci all’ interno, chiedi aiuto, un salvagente, apriti, parla, non tacere più, confrontati con amici o specialisti, coinvolgiti in discussioni di gruppo, per amplificare, fare ipotesi, tesi, cercare i diversi significati delle cause, fino a sradicare le sue radici ed agire finalmente il cambiamento.
Se non ci entri, non ne esci più. Bisogna dotarsi semplicemente solo di un po’ di coraggio.
giorgio burdi
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