Relazioni Takeaway
“La Riserva in panchina “
Le Relazioni takeaway
Esistono relazioni in cui non si è considerati come priorità, ma nascondono, opzioni finalizzate, accessori atti al raggiungimento di bisogni e scopi più reconditi ,occultati, finalizzati ad una rapida consumazione dell’ altro.
Relazioni takeaway, fatte di cibo succulento, buono da impastare con la sua saliva, degustarlo con la lingua, digerito con lo stomaco attraverso i propri succhi gastrici e poi espulso ed allontanato, attraverso una cascata di acqua, per lavarne il putrido ricordo.
Sono le relazioni in cui uno dei due soggetti pone l’ altro in un limbo, in una estenuante e reiterata dolorosa sensazione di continua attesa, alle volte per anni ed anni in standby, sempre con tanta poca chiarezza e molta ambiguità.
L’ altro, un giocattolo, un giocatore in panchina, una riserva senza possibilità di carriera, un rimpiazzo occasionale, un fermo biologico, in attesa che l altro nel frattempo esplori altre possibilità, che termini di giocare con opzioni più convenienti e disponibili e per poi rientrare in gioco e ricontattare la riserva in panchina quando sarà utile, riprende la giostra. Il gioco dell’ oca riparte, un giro giro tondo senza fine, come con oggetti consumabili sporcati e cestinati.
Per riconoscere chi mette in panchina, si necessita di una lente d ‘ ingrandimento attraverso la quale leggere i segnali devastanti e che permettono di prendere una posizione per se stessi . La sensazione e’ sempre quella di non essere mai la prima scelta, le esigenze e i sentimenti provati hanno poca importanza.
Le comunicazioni si fanno sporadiche, e quando riappaiono, trovano il tempo che trovano, hanno il tempo contato, arrivano sempre allo stesso punto, si ritrovano solo finalizzate sulle necessità e sulle convenienze dell ‘ altro, fondate sempre sui soliti bassi bisogni personali. Messaggi e desideri di vedersi diventano opzioni possibili e strumentali solo qualora esista un’ alternativa più appetitosa tutta da gustare.
L’ attesa all ‘ interno di questa dinamica, provoca, per chi rimane in panchina, un costante stato di frustrazione e insicurezza , di inadeguatezza profonda, tali da portare a dubitare del valore di se, a vantaggio di una relazione, che altro non può essere, se non la la mercificazione di “ Se”.
Chi mette in panchina, vive di traumi e non lo sa, ha una madre che tradisce il proprio padre, e il figlio sa. Di conseguenza non ci sarà donna che non rimarrà in attesa e che verrà sistematicamente tradita, tutte le donne conosciute, verranno tradite con altre donne, come rivalsa contro la prima donna, la “ madre”. Ciò comporterà un ripudio nei riguardi della propria moglie, non toccata e ritenuta illibata, al fine di recuperare una madre perduta.
Colui che ti mette in panchina, vive una problematica di tipo bipolare nel senso della stabilita- instabilità, sicurezza – insicurezza, fatua presenza – perenne assenza, paura ad assumere un impegno in coppia , unita alla necessità di mantenere aperte situazioni e opzioni con cui attuare il gioco della giostra senza fine, illudendosi della propria onnipotenza .
Chi rimane in panchina deve trovare la forza di rivendicare , reclamare il rispetto, il diritto alla propria dignità , perché tutti siamo titolari e certe relazioni impostate a servizio dei bassi bisogni altrui, lasciano la sensazione di essere carta da bagno, il tempo di un fazzoletto, sempre ultimi a loro.
Per uscirne da certe sottomissioni deve essere ritrovata la piena consapevolezza di certe dinamiche all’ interno delle quali ci si imprigiona . La piena consapevolezza alloggia all interno della rabbia per aver permesso, a determinati mercenari, di averli fatti insinuare tra i nostri pensieri, di aver permesso loro di comprarci e velocemente venderci, attraverso l’ inganno e l’ astuzia di un trucio commerciante.
Il contatto con la propria rabbia, porta alla rivendicazione e alla rivalutazione della dignità di se stessi, del proprio valore e della propria autostima e ciò può essere raggiunta attraverso una comunicazione rivendicativa chiara e diretta del sé, verso la persona interessata, attraverso la quale stabilire i limiti, i confini o la rottura con certe relazioni profilattiche.
angela ciulla
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