
Il senso ammala, Il significato cura
*Il senso ammala, Il significato cura, il senso dopo il significato consolida.*
È difficile trovare un senso alle cose e in effetti non è proprio quello l’obiettivo principale. Trovare un senso è una frase che di per sé non ha senso. Il senso non si trova, ma si può dare. In effetti, la frase dovrebbe essere “dare un senso alle cose”. Ma prima di dare bisogna fare.
A volte ci incastriamo in meccanismi continui di dover dare un senso alle cose senza effettivamente avere la materia prima: il fare. Proprio per questo motivo, il senso perde di qualità e diventa una mera elucubrazione mentale che non ci soddisfa pienamente. In effetti, il senso è un concetto troppo vago, etereo, che può voler dire tutto e voler dire niente. Questo può sembrare un ossimoro: “Come è possibile che il senso non abbia effettivamente senso?”
La parola “senso” deriva da “sensūs” participio passato del verbo che tradotto in italiano vuol dire “percepire”. Già di per sé il concetto di senso si basa sulla percezione, che non ha nulla di oggettivo e quindi può essere compromessa dalle sensazioni – anch’esse derivanti dalla parola senso – e quindi essere figlie di un malessere, una depressione, una parvenza di vero che vero non è.
“Voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha”.
Vasco Rossi stesso aveva capito che il senso è sensazione.
Dovremmo invece sostituire la parola senso con significato.
La parola significato deriva dal latino significatus, participio passato di significare, che a sua volta è composto da signum (“segno”) e facere (“fare, rendere”).
Lasciare il segno con il fare ed è qui che l’esistenza gira attorno. Fare è essere. Fare è vivere. Fare è significare.
Avere troppo tempo libero per pensare al senso, ci porta lontano dal significato, che non è nient’altro che agire. Agire? Come?
Hobby, sport, sana alimentazione, persone analitiche con il quale passare del tempo di qualità, non giudicare prima di conoscere, non avere rancori, lavorare con il piacere e non piacere perché devi lavorare, fare figli quando si è pronti e non fare figli per essere pronti e soprattutto sano egoismo, amare con la consapevolezza di amarsi. Ritagliarsi un po’ di spazio per sé stessi senza la smania di doverlo per forza condividere con qualcuno.
Il senso può ammalarci, renderci deboli, colpirci nelle nostre più profonde e inconsce debolezze, distruggere le nostre certezze, mettere in discussione i nostri sentimenti. Il significato è la perfetta cornice che delinea la nostra psiche.
La nostra psiche deve essere vista come un quadro di olio che non si asciuga mai, che può colare da un momento all’altro e l’unico modo per contenere questa decadenza è la cornice del significato.
Il significato è curativo, solleva l’anima e la rende libera. Una volta raggiunto questo livello, possiamo dare un senso alla nostra vita, asciugare quei colori ingestibili e dare una netta dimensione alle sfumature della nostra vita. Il senso dopo il significato ci aiuta a consolidare chi siamo e a farci rendere conto che per stare bene, basta davvero poco.
alessio
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Nata Una Seconda Volta
Nata una seconda volta
Sono nata una seconda volta..
Incredibile, fantascienza fino ad un anno e mezzo fa …
La me di oggi non c’era prima, prima c’era un’altra che non esiste più .
La penso con tenerezza, rabbia, disappunto.
Se l’avessi davanti vorrei prenderla per le spalle scuoterla e svegliarla..
Ma non la vedo più.. oggi riflessa nello specchio vedo ME, la vera me ..
Ed è bellissima e la amo da morire …
Che bello aprire gli occhi e vedere tutto diverso …
Che bello scoprire che quel perenne senso di colpa e di debito di inadeguatezza verso tutto e tutti : marito, figli , lavoro, genitori, amici non e’ nato con me ma frutto di schemi che ci hanno impresso appena venuti alla luce se non prima …
Oggi ho capito che cos’è la libertà.
La libertà e’ essere se stessi senza il bisogno spasmodico di eccellere in ogni cosa, senza frustrazioni se non ci riesci.
Libertà e’ scegliere con chi stare.
Libertà e’ essere gelosi del proprio tempo, del proprio buon umore..
Libertà e’ fregarsene del giudizio degli altri.
Il giudizio degli altri ci rende schiavi inconsapevoli e ci fa vivere una vita non nostra …
Oggi ho capito che cos’è l’amore.
L’amore è amare se stessi.
Accogliere se stessi ogni giorno e supportarci e comprendere i nostri desideri e i nostri disagi ed aiutarci nei momenti difficili così come facciamo con gli altri amori della nostra vita, anzi di più .
Amore significa divertirci, giocare e ridere ridere fino a restare senza respiro.
Amore significa commuoverci ed accogliere anche le emozioni negative perché sono sempre emozioni e in quanto tali sono VITA.
Oggi ho capito quanto è speciale l’essere umano.
Tutti diversi all’apparenza ma tutti uguali.
Oggi amo l’essere umano.
E voi compagni di questo mio straordinario viaggio, mi avete insegnato questo amore diverso, inatteso speciale .
Vi ringrazio per esserci stati uno ad uno quelli che sono andati via prima e che spero di riabbracciare prestissimo e poi tutti voi che lascio con commozione qui:
Eva: il candore, una rosa sbocciata davanti ai nostri occhi
Antonello: la tenerezza, l’immenso amore per Sara. Gli auguro che con la stessa intensità ami presto se stesso e poi non lo fermerà più niente e nessuno.
Raffaella: la freschezza, la voglia di vivere, la sensuale innata dolcezza.
Eldorado: è speciale e non lo sa, quando se ne accorgerà si amerà come deve
Saverio: è speciale e lo sa, ma si ama a metà …
Francesco: se deciderà di demolire, scoprirà tanta meraviglia.
Federica: la cucciola guerriera, la forza dirompente.Prenditi tutto il meglio Fede, la vita te lo deve.
Giuli, arrivata da poco, peccato … mi sarebbe piaciuto conoscerla meglio..
Carmela: fidati e affidati e scoprirai cose che ancora non sai.. pensa…
Simona: il mio antipodo, ma che figata conoscerti .
Laura: il bisturi di seta, incisiva nella sua smisurata delicatezza…
E poi il dott. Giorgio, cosa dire, mi ha preso per mano e mi ha fatto percorrere la mia vita al contrario fino ad arrivare a quella bambina dietro la ringhiera , me l’ha fatta abbracciare , rassicurare, ed insieme siamo tornate qui e lei sarà sempre con me.
Certo non mi aspetto che questo stato di beatitudine duri per sempre, ma la cosa importante è io che l’abbia provato, che io sappia che esiste che non è utopia.
E qualora lo perdessi il mio unico obiettivo sarà di ritrovarlo. Vi voglio bene
paola
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L’ armadio, lo scrigno dell’ intimità.
L’ armadio, lo scrigno dell’ intimità
Nella vita quotidiana, l’armadio non e’ solo un mobile dove riportiamo abiti e oggetti personali; e’ un luogo simbolico che rappresenta cio’ che scegliamo di conservare, proteggere e nascondere. In ambito psicologico, fare spazio nell’ armadio per qualcun altro assume un significato profondo: e’ un gesto che riflette il desiderio di aprirsi, di lasciare andare il passato e di accogliere nuove possibilita’ nella nostra vita emotiva.
Considerando il significato simbolico dello spazio nell’ armadio dal punto di vista psicologico, si puo’ dire che l’ armadio puo’ essere visto come una metafora della mente e del cuore: un luogo interno in cui custodiamo ricordi, paure, desideri e aspettative. Fare spazio nell’ armadio per qualcun altro non e’ solo un gesto pratico, ma un processo psicologico complesso che richiede : confronto con il passato.
Aprire l’ armadio e affrontare il suo contenuto significa riconoscere cio’ che si e’ accumulato nel tempo : vecchi ricordi, esperienze dolorose e gioie ormai sbiadite, in termini psicologici corrisponde al processo di elaborazione del passato. Lasciare andare cio’ che non ci serve piu’ e’ fondamentale per completare i cosiddetti “ cicli aperti” e fare spazio a nuove esperienze.
Affrontare la paura del cambiamento facendo spazio nell’ armadio, rappresenta anche la resistenza al cambiamento; fare spazio per qualcun altro implica vulnerabilita’: si deve rinunciare a un aparte del proprio controllo per accogliere l’ imprevedibile. Questa dinamica e’ legata al concetto di psicologia cognitiva di “ zona di confort”, dove ogni modifica viene percepita come minaccia alla nostra stabilita interiore.
Fare spazio per un’altra persona nell’ armadio non e’ solo un atto fisico, ma un adichiarazione implicita di fiducia e apertura. Dal punto di vista della teoria dell’ attaccamento di Bowlby, rappresenta la disponibilita’ a creare un legame sicuro, accogliendo l’ altro nella propria vita. E’ un gesto che comunica; Ho fiducia in te e nel nostro legame .
Il processo di creare spazio per l’ altro e’ accompagnato da un calendoscopio di emozioni; La prima tra le emozioni coinvolte e che emerge e’ “ La paura”. Aprire l’ armadio significa confrontarsi con cio’ che e’ stato nascosto o rimosso dalla consapevolezza. Puo’ esserci il timore di mostrare parti di se’ stessi che si ritengono inadeguate o non degne di essere viste. Molte persone provano riluttanza e resistenza nel lasciar andare vecchi oggetti, simbolo di esperienze passate. La riluttanza e’ spesso associata a un attaccamento emotivo, come descritto dalla psicologia dinamica: gli oggetti conservati nell’armadio possono rappresentare meccanismi di difesa o il bisogno di matenere il controllo sul proprio mondo interiore.
Ebbene dopo aver affrontato la paura iniziale, fare spazio per qualcun altro puo’ essere un esperienza liberatoria. Nasce un sentimento di speranza ed emozione, lasciando un ripiano vuoto nell’ armadio significa aprirsi alla possibilita’ di costruire un nuovo futuro, caratterizzato da conessioni piu’ profonde e autentiche. Carl Rogers nell’ approccio umanistico sottolinea come l’apertura e l’ autenticita’ sono alla base di relazioni significative.
Liberarsi del superfluo e creare spazio nell’ armadio e’ spesso accompagnato da un senso di leggerezza, il “ decluttering “ anche simbolico teorizzato dalla psicologia positiva evidenzia come possa ridurre il carico mentale e promuovere un senso di benessere generale.
Da un punto di vista terapeutico fare spazio nell’ armadio assume un valore importante poiche’ puo’ essere visto come un esercizio simbolico per promuovere la consapevolezza e il cambiamento, attraverso una visualizzazione guidata si puo aiutare ad esplorare cio’ che l’ armadio rappresenta, identificando le emozioni e i significati sottostanti.
Creare spazio significa, in definitiva, prendersi cura della propria interiorita’, preparandola ad accogliere nuove esperienze e legami. E’ un atto di amore verso se stessi e verso l’altro, un gesto che comunica disponibilita’ e apertura.
Lo spazio nell’a armadio non e’ solo vuoto: e’ potenziale. E’ l’ inizio di una nuova fase, dove cio’ che e’ stato rimosso lascia posto a cio’ che e’ ancora da costruire
angela ciulla
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L’ Imbarazzo
L’ imbarazzo
L’imbarazzo è un turbamento che tutti provano almeno una volta nella vita.
Lo proviamo quando ci sentiamo non all’altezza o giudicati dagli altri, per uno sbaglio o una situazione sconfortante. Può farci avvampare, grondare o sentire un forte disagio.
Quest’emozione, nonostante sia sgradevole, è importante: aiuta a comportarci secondo le regole sociali e ad emendare i nostri equivoci.
Ad esempio, se facciamo una sciocchezza, l’imbarazzo ci spinge a scusarci e a cercare di sistemare.
Il senso di colpa, tale comportamento, è frutto di esperienze vissute durante la fase infantile. Ad esempio, i bambini si scusano quando sbagliano, quando dicono una parolaccia, quando sbagliano.
Questo sistema di scuse si propaga dall’infanzia fino all’età adulta. L’adulto si scusa con il partner, la famiglia e il lavoro. Siamo fatti di scuse meno di ossa.
La ciclicità delle scuse comporta una metastasi di senso di colpa.
Senso di colpa e imbarazzo sono amiche o nemiche? La domanda non ha ragion di esistere.
L’imbarazzo è conseguente al senso di colpa, nella stessa misura in cui il senso di colpa è antecedente all’imbarazzo. Uno dei punti che crea forte imbarazzo, aldilà del rapporto con i genitori, sono i tabù.
Fortunatamente, negli ultimi anni attraverso i social e la comunicazione virtuale, i ragazzi parlano e trattano argomenti che fino a ieri, per cosi dire, erano tabù. Spesso, gli argomenti ruotano attorno alla donna, probabilmente perché la donna o gli atteggiamenti da donna generano imbarazzo. Anche qui, diventa complicato rispondere. Certamente, possiamo considerare come “la nuova generazione” sta affrontando l’imbarazzo, i tabù e i silenzi intimidatori, lo fa con destrezza, con arroganza e di diritto perché ci si riprende in toto o in parte quello che per anni è stato sotterrato. Per esempio, una ragazza non si imbarazza più se deve baciare un’altra ragazza o cambiare l’assorbente nel bagno del centro commerciale. Siamo donne, non vasi ripieni di fiori meravigliosi. Logicamente, anche l’uomo ha i suoi imbarazzi, oggetto di discussione è l’aspettativa degli altri.
L’aspettativa negli altri, si genera nell’uomo, in particolare dal confronto con il padre.
Le cause dell’imbarazzo possono essere molte e varie: una svista davanti agli altri, una colloquio arduo o la paura di non soddisfare le aspettative degli altri.
Ogni persona reagisce diversamente, ma tutti possiamo imparare a manovrarlo con alcuni tips..
Per gestirlo, può essere utile ammetterlo come una parte normale della vita.
Ironizzare su noi stessi o non prenderla troppo seriamente aiuta anche. In più, riflettere sull’esperienza aiuta a non ripetere situazioni analoghe in futuro.
In conclusione, l’imbarazzo è una sensazione normale e, se impariamo a in miglior maniera, possiamo utilizzarlo come spunto per crescere ed interagire meglio con le persone.
sharon di mauro
tirocinante di psicologia
università statale di Foggia

I Sottili Fili del Potere
**I sottili fili del potere**
Ogni comportamento è una comunicazione che prevede e nasconde una o più motivazioni, consapevoli o meno. Utilizzando l’espressione di Paul Watzlawick, secondo la quale “non esiste la non comunicazione, ma tutto è comunicazione”, possiamo affermare che c’è sempre una motivazione dietro qualsiasi comportamento, e che tutto è sempre motivato da qualcosa di oscuro o evidente.
Nelle relazioni umane esistono comportamenti chiari, ambivalenti e, in molti casi, o bui nel loro significato. Le motivazioni rappresentano le cause che determinano i comportamenti. Motivazioni chiare ed esplicite, per la loro onestà e trasparenza, favoriscono relazioni sane e fluide.
La maggior parte delle motivazioni umane risultano essere ambivalenti, perché il soggetto non si conosce o non sa perché si comporta in un certo modo, oppure non comprende perché convive con determinati stati d’animo. La mancanza di chiarezza del soggetto diventa mancanza di chiarezza anche per il proprio interlocutore.
La maggior parte delle volte siamo costretti a interagire con un mondo di persone che non sanno perché agiscono o sono in un certo modo; si immagini dunque il caos in cui siamo costretti a vivere. Due persone che non hanno consapevolezza di ciò che provano reciprocamente si trovano già in una condizione di guerra.
L’inconsapevolezza, così come la consapevolezza, hanno in sé un potere: quello di condizionare gli altri. Entrambe rappresentano i fili del burattinaio che muove le relazioni. Bisogna fare molta attenzione all’utilizzo di ogni parola espressa: essa può sicuramente avere un potere curativo, orientato alla felicità, oppure manipolativo.
Ogni parola conduce il ballo del potere: nelle relazioni diventa l’ arma di un potere contro un altro potere, oppure un potere verso l’alleanza di ragioni. Tutte le ragioni, quelle in accordo o in contrapposizione, hanno il loro potere. La relazione umana conserva, nel proprio istinto, il predominio dell’ uno su l’altro. Originariamente, questo nasce da un atteggiamento primordiale e arcaico: quello di tracciare il proprio perimetro.
L’uomo dell’analisi è portato ad abbattere i perimetri. Non ha paura di perdere se stesso o di fallire, perché si possiede da solo; accetta e sfida il potere degli altri su di sé; non si nasconde per timore, non parla di destino e non si lascia né manipolare né condizionare. Se si determina, ha comunque esercitato il proprio potere su se stesso e non sugli altri, nel rispetto di tutti.
Le persone confuse o non chiare vanno temute nell’esercizio delle loro parole o delle loro azioni: esse, in un primo momento, generano malessere. Il malessere subito impone una riflessione su quali parole o azioni lo abbiano generato. Il malessere provato, è determinato dal potere che si concede all’altro e che viene interiorizzato. L’altro entra dentro di noi con il suo potere, sotto forma di malessere. Questa concessione che facciamo agli altri è il potere che diamo loro di risiedere dentro di noi.
Quando sistematicamente rimuginiamo su una questione o un torto subito, dedichiamo ore, giornate e persino anni a pensarci. Diventiamo prigionieri di quei monologhi, ossessionati da soliloqui estenuanti, intrattenendoci con il nostro interlocutore mentale in flussi continui di preoccupazioni, succubi del suo potere, che si incastra dentro di noi, agisce e ci possiede inconsapevolmente come un demone, come in uno stato di trance ipnotica manipolativa. La fine di tale delirio verte solo quando decidiamo, potenzialmente, di chiarire di persona, dialogando sul conflitto che ci attanaglia.
Il potere si esplica sempre su due poli: quello dei vinti e quello dei vincitori. Dove ci sono conflitti, questo dualismo è onnipresente, e le dinamiche relazionali si pongono su un piano di opposizioni, di continui tira e molla su chi deve cedere e chi prevalere, su chi deve vincere e chi soccombere. Se si vuole vivere, la vita impone la propria difesa innata contro questo meccanismo, per la propria sopravvivenza,.
Non c’è nulla di strano, di vergognoso o di sbagliato in tutto questo: la vita è così e bisogna accettarlo. Il conflitto è legge ed onnipresente e la vita è conflitto. Chi non vuole capirlo, non è ancora nato: vive in una fiaba, ma la realtà può diventare più bella di essa, perché il conflitto è la rivendicazione delle diversità e richiede un confronto continuo, può trasformarsi in bellezza, arte, unità, progetto, e soluzioni per chi vuole trovarle.
Il conflitto non annoia mai: vende, intrattiene, dà sempre pensieri; paradossalmente, è ciò su cui si basano le guerre, i telegiornali dell’orrore, tutto ciò che non cerca mai soluzioni.
L’uomo che desidera soluzioni è un uomo risolto, è sul gradino più elevato dell’evoluzione. È un uomo analitico, un uomo umano, che non disdegna il conflitto perché ad esso risponde, lo risolve e, attraverso di esso, unisce le differenze, ricostruisce nuovi rapporti e li ama.
Per crescere ed evolversi, è necessario attraversare il conflitto e confrontarsi con il potere: non si possono evitare, se si vuole costruire qualcosa di serio.
giorgio burdi
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La Lettera Analitica ( LA ) e la Lettera Terapia ( LT ).
La Lettera Analitica ( LA ) e la Lettera Terapia ( LT ).
Metodo BURDI (c) . Un potente strumento di cambiamento.
Gli eventi indelebili, che restano all’ interno della nostra mente, sono quelli traumatici. Per quanto ci possiamo impegnare per dimenticarli o cancellarli, questa, resta un’ impresa prevalentemente impossibile.
L’ identico paragone possiamo farlo con i file trentennali contenuti in un computer, essi restano dimenticati e nascosti fra le migliaia di cartelle, come se fossero all’ interno di scatole cinesi introvabili, ma, se pur occultate, rimangono sempre esistenti. Nella nostra mente non si cancella nulla, i ricordi restano nella nostra memoria per sempre, anche se la nostra percezione è esattamente contraria, dal trauma si esce ma non si cancellano mai, si possono invece “bonificare” .
Le parole mai dette, le situazioni subite, i gesti aggressivi o quelli violenti, le trascuratezze, le assenze e gli abbandoni, le umiliazioni inaspettate, da parte del padre, della madre, dei partner, degli insegnanti, dei bulli, dei colleghi o deidatori di lavoro, dalla memoria, non si cancellano mai, esse restano mescolati alle emozioni più logoranti, si incrostano nell’ anima come delle placche o pietre di calcare.
La nostra mente è una gran signora, pur di permetterci di vivere in una parvenza di serenità, diventa altamente difensiva della nostra salute mentale, ci favorisce di non ricordare nulla nell’ immediato, nasconde, accartoccia e zippa, qualsiasi situazione del trauma, adoperandosi in quel meccanismo che psicanaliticamente viene definito, rimozione, che per noi non significa affatto eliminare, ma , occultare nell’ oblio.
Per poter ricordare basterebbe, desiderarlo, la nostra memoria antica facilmente può riapparire sotto forma di sintomo o di sensazione rievocativa soltanto attraverso alcune percezioni soggettive, parole specifiche o comportamenti presenti, suoni… ecc.
Alle volte basta un semplice profumo, una sfumatura di un colore, un azione o un pensiero, da poter turbare un istante, da far abbassare o girare il capo, da far riemergere l’ immenso dispiacere depositato.
Nel nostro percorso di vita, veniamo costernati da conflitti e traumi passati, che continuamente disturbano il percorso dell’ esistenza presente e che ci rendono infelici oggi; il passato diviene l’ artefice del cambiamento presente, del nostro umore e delle nostre relazioni attuali, che inconsapevolmente restano di gestione della nostra memoria.
La memoria del trauma passato contiene tutte le istruzioni per l’ uso per come vivere il presente, il passato funge da veggente, sa tutto del presente, sa come andrà a finire, per essa, era già tutto chiaro essa si impone ed agisce con un dictat, tracciando itinerari già visti, di pensieri e di condotte, che col presente non dovrebbero aver nulla a che fare, ma si impongono ad esso. Ogni passato non superato, decide sempre per ogni presente. La memoria del trauma è come una cataratta che non ci permettere di guardare in avanti la realtà, ma il limite dell’ occlusione .

Life Cycle Of Butterflies – Vector illustration
Certe relazioni non funzionano perché, nel decorso personale, vengono tracciati gli orientamenti relazionali presenti e futuri, contaminati ed infestati dal passato. Nella scelta del partner, paradossalmente vengono selezionate persone e situazioni tali da conservare la fedeltà alla tradizione passata, in modo tale da riperpetuarlo, quasi nel tentativo involontario di ripercorrerlo, per risolverlo. Ma la risoluzione, in effetti, attraverso questa modalità, non accadrà mai e non condurrà mai a nessuna soluzione, a nulla di buono, anzi, per quanta tolleranza si potrà avere, complicherà notevolmente col tempo la relazione, fino alla sua disgregazione.
La lettera analitica ( LA ), che indichiamo in Studio, è uno strumento potentissimo di superamento e di “bonifica”, che ripercorre a ritroso e scandaglia la memoria devastante più arcaica di se, che resta legata e confusa per condizionamento al proprio presente. Essa è uno strumento di indagine dentro di sé, avente come obiettivo il rivisitare il conflitto o il trauma, in tutti i loro dettagli, descrivendoli e scrivendoli dettagliatamente.
A primo impatto, la reazione che riscontriamo, alla richiesta di scrivere sul trauma, è di totale rifiuto e resistenza, tale alle volte da interrompere il percorso di terapia, indicato centinaia di alibi. Avvicinarsi al trauma determina sempre una fuga da esso. sembra così impossibile concedersi l’ accesso.
Superata la paura, aumentata la fiducia verso il terapeuta, si chiede al paziente di iniziare a scrivere in modo random, partendo dal primo pensiero, dal primo ricordo o dalla prima sensazione, avendo di vista la situazione o la persona turbativa, accedendo al ricordo un gradino per volta, tradotto rigorosamente in parole scritte che non vanno mai lasciate solo ed esclusimamente pensate.
Gradino dopo gradino, il soggetto si renderà conto di scendere, rampa dopo rampa, le scale dei suoi ricordi, fino ad avvicinarsi all’ epicentro del suo trauma, dal quale ne potrà solo uscirne, con la guida psicoterapica, dopo esserci solo entrato. Gli si chiede di descriverlo, in tutti i suoi particolari, per iscritto e dettagliatamente, nello stesso identico modo di descrivere la pellicola di un film, fotogramma per fotogramma, con tutte le emozioni ad esso interconnesse.
Tale lavoro equivale ad una immersione nelle profondità dell’ inconscio, ed ha lo scopo di collegare il trauma passato, alle disfunzioni del proprio presente e liberarlo da esso.
Il confronto diretto, solamente a voce, con l’ oggetto che è la causa del trauma, non ha un impatto terapeutico, così come accade invece attraverso l’ utilizzo della LA. La lettera analitica ha la funzione di scandagliare, tirar fuori tutti i pezzi del puzzle, pensiero dopo pensiero, parola dopo parola, il ricordo dopo ricordo di relazioni folli ed ostili subiti, realizzando una mappatura di tutto. Nel confronto diretto verrebbero fuori solo frammenti del disagio accumulato.
In questo modo, si da inizio, dal primo pensiero fino all’ ultimo, di rappresentare il turbamento, compattando il puzzle, per poi, per poi avere una visione chiara dei motivi delle diverse sofferenze.
L’ avvicinamento al trauma, attraverso la LA, rappresenta inizialmente l’ avvio e l’ inizio della terapia e della risoluzione dello stesso, attraverso la LA, il paziente illumina la sua consapevolezza sul perché il proprio presente viene, in modo tanto così evidente, condizionato e determinato, in senso disfunzionale dal suo passato.
La LA ha il compito di convincere il paziente, di quanto siano collegati e strettamente interconnessi il suo presente al suo passato arcaico, e attraverso quel filo di pensieri e di parole che ripercorre nella lettera, spiega come i suoi disturbi abbiano quella evidente logica ed origine, nel suo passato. La LA collega, in un ping pong e veloce, e il presente al suo passato e viceversa.
La LA mentre viene stilata, diviene Lettera Terapia LT, nel momento in cui, le situazioni affioranti, diventano rievocative delle emozioni presenti lì dove si sono originate. La LA diviene LT, se le emozioni emergenti, vengono ,al loro affiorare, espresse nella loro massima potenzialità e al loro massimo livello. Succede, molto spesso, che lo stilare della lettera e la lettura della stessa, producano del pianto, della rabbia o delle paure. Per far sì che la LA diventi LT, le emozioni emergenti, non devono essere mai trattenute , ne per vergogna, per imbarazzo, per senso di colpa o per ritegno, ma evacuate totalmente.
Per favorire la massima riuscita terapeutica e la sua massima espressività risolutiva, la LA :
1 va scritta innanzitutto per se stessi, in modo veemente, senza alcun freno inibitorio o imbarazzo, in modo diretto, crudo, senza veli o peli sulla lingua, manifestando, per iscritto, tutto ciò che è stato taciuto alle volte per decenni, va esternato tutto il non detto, tutte quelle verità negate e taciute, per favorire quel riscatto di giustizia tanto sospirata. La LA va scritta, senza alcuna educazione o moralismo trattenitore, senza edulcorarazioni, ma esternando tutto il peggio e tutto l’ affetto che ne resta;
2 ,non va letta o condivisa successivamente con nessuno, se non, quanto prima, con lo psicoterapeuta. Parlarne ad altri, permetterebbe di ritrattarla, contestarla e rielaborarla sulla base dei sensi di colpa indotti da terzi, sabotando il processo terapeutico finale;
3 va letta in terapia individuale o tanto meglio di gruppo, per dilatare ed espandere l’ effetto emotivo, per decongestionare in modo più radicale la memoria del trauma dalle sue emozioni inibite, e non da poco, per rompere l’ atavica omertà relativa al silenzio, che la rendeva complice al carnefice, attraverso quei traumi taciuti, che al momento andavano denunciati;
la LA ,letta in terapia di gruppo, luogo percepito come dell’ unità, lega emotivamente ancora più con lo stesso; il gruppo rappresenterà il luogo di ritrovamento di una nuova famiglia accudente e formativa, la stessa che verrà, di là a poco lasciata, a vantaggio della propria autonomia, in contrapposizione alla dipendenza generata nella vecchia famiglia, nel tentativo reiterato di cercare in essa un amore impossibile da generare dipendenza;
4 la LA, non va consegnata all’ interessato, ma letta direttamente, vis a vis, occhi negli occhi, pianto nel pianto, al fine di sbriciolare il mostro del trauma, guardandolo in faccia, attraverso quel confronto tra la propria potenza ritrovata e la ridimensionata realtà diretta;
5 nella lettura, della LA, non deve interessare se l’ interlocutore, comprenda o meno, l’ importante è aver affermato se stesso, affrontato il mostro a testa alta guardandolo, così da vefetlo per quello che realmente è, non più oggetto fobico, ma piccolo, patologico ed insignificante.
Seguendo le procedure da 1 a 5, alla fine del processo, il paziente, il più delle volte, avverte uno stato di confusione conclusiva e di svuotamento, avviando nei giorni a seguire, un graduale e costante recupero di sé e della sua condizione di serenità e un miglioramento del proprio stato mentale e di salute psico fisica, avvertendo una maggiore potenza di se ed un inizio di cambiamento e di rivoluzione positiva nella sua vita a seguire.
Per l’ interlocutore della lettera, invece, può capitare che prenda consapevolezza e chieda perdona all’ interessato per aver inferto tanta sofferenza ingiustificata, assistendo, alle volte, ad un recupero del rapporto, demolendo quel muro atavico e quel vissuto traumatico che regnava nella relazione e nella mente del paziente.
Se l’ interlocutore, in oggetto, resta irraggiungibile o è deceduto, la lettura intenzionale, in psicoterapia individuale o di gruppo, ha un pari potere terapeutico se accompagnato dalla funzione simbolica del bruciare la lettera, dopo la sua lettura. La mente parla, vive e si nutre di simboli, assocerà alla fiamma della lettera bruciata, il decretare la fine della sofferenza, sotto forma di cenere.
Seguendo la sequenza metodologica dai punti 1 a 5, assistiamo a quell’ operazione che definiamo di “bonifica” e di cambiamento, per l’ evacuazione di quelle emozioni malefiche, che facevano del trauma, del paziente, la sua involontaria onnipresenza ed impotenza e ne detta, da quell’ istante in poi, una metamorfosi sorprendente del modo di sentire, di pensare e di vivere il proprio presente e futuro in modo rigorosamente più leggero e produttivo.
La LA e LT avviano la decongestione e l’antiffiamatorio immediato dell’ anima, esse sono in grado, alle volte, di produrre convulsioni corporee involontarie, anche molto intense e non facilmente gestibili, dolori e contratture addominali, in grado di scaricare le emozioni bloccate del trauma.
Quest’ ultima fase, per alcune circostanze traumatiche specifiche, viene anticipata da sintomi quali: aumento del battito cardiaco, sensazione di vomito, apnea, momentaneo stato confusionale e di assenza, tremori, pianto, agitazione occasionale, clonie e spasmi muscolari. Tutto ciò avviene durante l’ esplicazione della lettera e convive con una condizione di turbamento gestibile, insieme ad una piacevole , predominante e netta sensazione di liberazione.
La LA e la LT, rappresentano una metodologia, sperimentata e curata in Studio da più di venti anni e sono rappresentativi di una metodologia di indagine in sviluppo più profonda dell’ anime e di pianificazione dettagliata di una psicoterapia efficace, è tra i metodi più veloci, in termini di effetti psicoterapeutici duraturi.
giorgio burdi
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Chiacchiere
Chiacchiere
Le chiacchiere sono leggerezza, nuvole, desiderio di ossigeno e di respiro, di volare sempre in alto, di cambiare, ti staccano la spina una gran voglia di andare in standby; esse sono la pausa e la vacanza, la merenda e la ricreazione, il picnic, il tiro al pallone e la passeggiata nel bosco, il bagnasciuga e la sdraio sotto l’ ombrellone mentre mangi una fetta di anguria ghiacciata.
Le chiacchiere sono tutte quelle cose inutili, frivole che non devi riordinare, che ti sbracano e ti lasciano andare, che ti cambiano la vita; sono le mille paia di scarpe o un solo tacco a spillo, cento profumi, un fondo tinta, il fard, il rossetto, i mille colori di uno smalto. Le chiacchiere danno il senso alla vita, che sarebbe pesante come un masso. La vita non è seria, senza le chiacchiere, perché la vita stessa non è seria, perché ha il suo tempo, finisce, è fugace ed aleatoria.
Le chiacchiere sono sobrietà, ti fanno fare a meno anche dell’ essenziale, perché se sei povero non ti fa pensare, se sei ricco, non sai che fartene, se stai bene, ti fanno stare meglio e se soffri, ti tirano su.
Se mangi chiacchiere, sogni e se le realizzi non sogni più, hai solo bisogno ancora di tante altre. Chi sogna, non perde tempo e fa chiacciera, perché essa ti distacca da tutto, spiana la strada, ti fa andare oltre, ti sprona, raccoglie i frutti e notizie utili per proseguire.
La chiacchiera ti fa ridere, è una comica, ti fa scherzare ed insultare, senza risentirne, abbatte le barriere,
ti accorcia le distanze, i confini, ti fa toccare, baciare, abbracciare, prendere le pacche sulle spalle, ti fa voler bene e sentir bene, ti rende simpatico, ti fa brindare con dei calici fruttati al nero di Troia. La chiacchiera è godereccia. È un dolce frollo per conversare, è una farfalla che non pensa.
Le chiacchiere sono come le foglie al vento, che fanno poesia, cadono per fare il tappeto dell’ autunno, sono un fiume in piena, creano corrente e profumi d’ acqua, trascinano scorze d’ albero pietre e tronchi, sono una ragnatela, intricata di pettegolezzi, storie amene e racconti di una fiaba.
Esse sono scintille, che attraverso un soffio accendono la curiosità, coinvolgono e aggregano, sono un arcobaleno che colorano fino allo sfinimento la giornata, con racconti ripetuti fino allo spasmo, all’ esaurimento della risata, attraverso continue analisi differenti.
Sono come un labirinto, nel quale smarrirsi senza logica e all’ avventura senza volerne uscire, se sono molestie, sono un mare di parole, in cui è facile affogare, se non si sa nuotare. Sono un fuoco d’artificio, brillano per un istante e poi svaniscono nel nulla, sono una festa che dura il tempo che trova, è effimera, inutile, ma è tutto ciò che resta .
Le chiacchiere sono un giardino in fiore, dove ogni parola è una spina o un petalo che fanno un bel prato, sono una danza, un flusso di movimenti che delineano l’ armonia di geometrie circolari, è la grazia della sensualità dei veli che accarezzano la pelle e l’ aria. Sono una corrente d’aria che passa tra i capelli, tra le stanze afose, mentre sei seduto su un gradino di travertino mentre mangi un gelato. Chi fa chiacchiera, consuma, non è avaro, è una cicala che sa essere una formica.
La chiacchiera è come il fumo dell’ antico toscano, lascia il profumo e la scia, la luce la rende nuvola sfiora ed avvolge; è un fuoco di paglia, una vampata di luce, un calore che diventa cenere. Sono come la schiuma per la barba, ammorbidisce, decongestiona e scompare se la radi; è la spuma della birra nel boccale, se non ci fosse non sarebbe festa; è la schiuma di mare che ti schizza sulla pelle; sono le bolle di sapone, magiche, gonfie, brillanti per un istante che ti fanno sentir bambino per istante e poi scoppiano.
La vita sarebbe una chiacchera, se non ci fossero chiacchiere e chi non chiacchiera è triste e pallido, non è una persona seria.
giorgio burdi
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Relazioni Takeaway
“La Riserva in panchina “
Le Relazioni takeaway
Esistono relazioni in cui non si è considerati come priorità, ma nascondono, opzioni finalizzate, accessori atti al raggiungimento di bisogni e scopi più reconditi ,occultati, finalizzati ad una rapida consumazione dell’ altro.
Relazioni takeaway, fatte di cibo succulento, buono da impastare con la sua saliva, degustarlo con la lingua, digerito con lo stomaco attraverso i propri succhi gastrici e poi espulso ed allontanato, attraverso una cascata di acqua, per lavarne il putrido ricordo.
Sono le relazioni in cui uno dei due soggetti pone l’ altro in un limbo, in una estenuante e reiterata dolorosa sensazione di continua attesa, alle volte per anni ed anni in standby, sempre con tanta poca chiarezza e molta ambiguità.
L’ altro, un giocattolo, un giocatore in panchina, una riserva senza possibilità di carriera, un rimpiazzo occasionale, un fermo biologico, in attesa che l altro nel frattempo esplori altre possibilità, che termini di giocare con opzioni più convenienti e disponibili e per poi rientrare in gioco e ricontattare la riserva in panchina quando sarà utile, riprende la giostra. Il gioco dell’ oca riparte, un giro giro tondo senza fine, come con oggetti consumabili sporcati e cestinati.
Per riconoscere chi mette in panchina, si necessita di una lente d ‘ ingrandimento attraverso la quale leggere i segnali devastanti e che permettono di prendere una posizione per se stessi . La sensazione e’ sempre quella di non essere mai la prima scelta, le esigenze e i sentimenti provati hanno poca importanza.
Le comunicazioni si fanno sporadiche, e quando riappaiono, trovano il tempo che trovano, hanno il tempo contato, arrivano sempre allo stesso punto, si ritrovano solo finalizzate sulle necessità e sulle convenienze dell ‘ altro, fondate sempre sui soliti bassi bisogni personali. Messaggi e desideri di vedersi diventano opzioni possibili e strumentali solo qualora esista un’ alternativa più appetitosa tutta da gustare.
L’ attesa all ‘ interno di questa dinamica, provoca, per chi rimane in panchina, un costante stato di frustrazione e insicurezza , di inadeguatezza profonda, tali da portare a dubitare del valore di se, a vantaggio di una relazione, che altro non può essere, se non la la mercificazione di “ Se”.
Chi mette in panchina, vive di traumi e non lo sa, ha una madre che tradisce il proprio padre, e il figlio sa. Di conseguenza non ci sarà donna che non rimarrà in attesa e che verrà sistematicamente tradita, tutte le donne conosciute, verranno tradite con altre donne, come rivalsa contro la prima donna, la “ madre”. Ciò comporterà un ripudio nei riguardi della propria moglie, non toccata e ritenuta illibata, al fine di recuperare una madre perduta.
Colui che ti mette in panchina, vive una problematica di tipo bipolare nel senso della stabilita- instabilità, sicurezza – insicurezza, fatua presenza – perenne assenza, paura ad assumere un impegno in coppia , unita alla necessità di mantenere aperte situazioni e opzioni con cui attuare il gioco della giostra senza fine, illudendosi della propria onnipotenza .
Chi rimane in panchina deve trovare la forza di rivendicare , reclamare il rispetto, il diritto alla propria dignità , perché tutti siamo titolari e certe relazioni impostate a servizio dei bassi bisogni altrui, lasciano la sensazione di essere carta da bagno, il tempo di un fazzoletto, sempre ultimi a loro.
Per uscirne da certe sottomissioni deve essere ritrovata la piena consapevolezza di certe dinamiche all’ interno delle quali ci si imprigiona . La piena consapevolezza alloggia all interno della rabbia per aver permesso, a determinati mercenari, di averli fatti insinuare tra i nostri pensieri, di aver permesso loro di comprarci e velocemente venderci, attraverso l’ inganno e l’ astuzia di un trucio commerciante.
Il contatto con la propria rabbia, porta alla rivendicazione e alla rivalutazione della dignità di se stessi, del proprio valore e della propria autostima e ciò può essere raggiunta attraverso una comunicazione rivendicativa chiara e diretta del sé, verso la persona interessata, attraverso la quale stabilire i limiti, i confini o la rottura con certe relazioni profilattiche.
angela ciulla
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Spacca
“ Spacca “
Inno all’ Uomo
Spacca gli argini
Le grate
Le barre e le prigioni
Gli steccati
I rotoloni di ferro spinato,
Tutto ciò che è
dogma o non ha logica
Perché il dogma è una tortura, una vergogna
è un ombra, è una trappola, una tana, è tetro
è l’ origine del male e dell’ obbedienza
del comando, della sottomissione,
è un diktat, ci Rende automi
Incantati e perduti nel vuoto
Idioti decorticati
Soldati in fila.
Spacca l’ ignoranza
La miseria, la meschinità
il predominio
Il pre-giudizio, gli stereotipi
Dettati solo da un tuo pari
patologico ed insicuro.
Tutti si fanno santoni, leader,
anziani, profeti e patriarchi
Rappresentanti di atee religioni
Bada all’ essenza
ai tuoi fondamentali
Ai tuoi valori, non affidarti a quelli di chiunque
Spacca Tutto ciò che opprime,
ti toglie l’ aria ed il respiro,
e ti mette un peso sul tuo petto
un cappio al collo, l’acqua alla gola
ti mette all’ angolo, piegato sulle tue ginocchia
ti fa calare il velo
che si sdrai sulle tue spalle
Perché la libertà è sacra
È n libero filo d’ erba
Che spacca il cemento,
Disgrega il gregge e
Il tuo essere pecora
Spacca Il bisogno
Di lasciarti guidare
di appartenere ad una setta,
Ad un ghetto, al tuo capo
Al suo potere e di eseguire,
Di maltrattarti, di usare il tuo tempo
di essere suo schiavo
Di farti spiegare la vita
Con la sua disumana arroganza
E verità assolute,
Balsamo per le sue
Insicurezze, creme per le tue incertezze
Per le tue ferite i suoi dolori.
Smettila di compiacerli
Spacca il tuo timore reverenziale
I tuoi sensi di colpa e le tue paure
Che non ti fanno mai partire
ti fanno solo frenare e rinviare
Sentiti, Ascoltati, risolviti
Promuoviti
Amati,
apprezzati
Svincolati
dalle mani dei tuoi guru
Ribellati
fa paura alla paura.
La libertà è una poesia che fluisce, non si compra, ne si paga
non ha costi, ne baratti
Non ha legami.
di nessun genere
nemmeno dall’ amore
Prendila tutta
e non chiedere permessi
spacchi se Stacchi, se
l’ amore non lo vincoli
a delle tecniche, a strategie
o a possessi.
la libertà non vive del passato e nemmeno di futuro
di errori o di meraviglie ricordate
Non ha confini, condizioni
O tendenze, ha tutta una propria mappatura
tutto questo, non vuol essere una proclamazione
e nemmeno una nuova religione dell’ individualismo
Ma un inno al rispetto per Uomo
Alla sua intelligenza.
Alla sua scienza e.
alla sua coscienza alla sua integrità
Alla sua umanità.
al suo essere neutro nella sua laicità,
i dogmi e i criteri lo rendono stupido, nervoso e severo
Intollerante e Controllato, non pensante, mandria, marionetta e dittatore, autarchico, politico e inetto,
in fuga dalla fede
che da fanatico, lo rendono una bestia da guerre,
Sei l’unica casa che c’è
E se esisti, ci abiti già dentro
Senza di te non c’è nulla.
Nemmeno il pensiero per te.
Va in azione, esci dalla difesa
va in attaco
difendi il tuo fare
Ti rende sicuro
se Esci dall’ ombra della tua timidezza
Che ti rende ipocondriaco,
aborra l’ ipocrisia
l’essere rinviante e
obbediente,
ritorni a casa
Se ritorni da Te,
Fa fuori i tuoi registi, riscrivi il tuo copione
Decidi il tuo film
Stacca il collare
da cio che ti tiene al muro
Con tutto ció che non è
la tua pancia.
sei l’ immenso,
sei più dell infinito
Più del cielo, più e dell’ orizzonte,
Tu sei più del sole,
Perché tutto ciò.
senza di te.
non lo potresti vedere
Il mondo è casa tua, prenditi il tuo spazio, meriti una villa con la tua piscina
una casa non ha senso
Senza essere abitata,
Perché tu sei il suo governatore
sarebbe un deserto
Disabitata, se non ci fossi
Perché tu sei l’ Uomo,
il padrone di ogni spazio,
Il rispetto per ogni dogma,
È il rispetto per l’ arroganza,
per la guerra, per la morte
E per la fine del mondo.
Spacca tutto ció che non è da Te.
giorgio burdi
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