Il primo colloquio
Nonostante la necessità e il bisogno di chiedere aiuto, spesso prendere contatto con uno psicologo/psicoterapeuta risulta difficile, è motivo di grande imbarazzo e preoccupazione.
Sicuramente il primo colloquio è il momento che spaventa di più, non sapere cosa ci aspetta induce interrogativi, dubbi, disorienta e alcune volte porta persino al ripensamento. Altre volte, invece, suscita curiosità e genera aspettative.
Il primo colloquio è il momento in cui si entra in contatto con lo specialista, è un momento fondamentale di incontro e conoscenza reciproca.
É il momento in cui si intersecano aspetti cognitivi ed emotivi. Questa condivisione pone le basi per un rapporto terapeutico, un’alleanza terapeutica.
Il colloquio clinico è lo strumento finalizzato a raccogliere informazioni utili alla valutazione del problema o del disagio psicologico per il quale il paziente giunge alla consulenza, implica la formulazione di una diagnosi e di un progetto di intervento.
1° STEP–PRIMO COLLOQUIO
La conoscenza si basa sulla raccolta del terapeuta del maggior numero di informazioni.
Il colloquio clinico, oltre a consentire la raccolta di informazioni derivate dai contenuti verbali, dai racconti, permette una conoscenza diretta del modo di relazionarsi del paziente.
Sostanzialmente il colloquio clinico è un “colloquio aperto”, non ci sono domande già predisposte, già formulate e che seguono un ordine preciso. Si lascia al paziente libertà di raccontare e raccontarsi, di organizzare liberamente il modo di esprimersi.
Tuttavia, parlare con uno sconosciuto di aspetti privati e intimi della propria vita può provocare imbarazzo, vergogna, uno stato di agitazione.
Il terapeuta, pertanto, avendo cura di mettere a proprio agio il paziente, inizia il colloquio con qualche domanda utile a rompere il ghiaccio, poi gli lascia spazio, ascolta quali sono i motivi che l’hanno indotto a chiedere aiuto, i sintomi, i disagi e la compromissione di questa situazione nella sua vita.
Durante il colloquio il terapeuta facilita l’espressione e il racconto, nel rispetto dei tempi e dei modi, dei silenzi e delle difese di chi ha di fronte. Accoglie il paziente e facilita l’interiorizzazione della fiducia da parte sua.
La qualità della relazione che si instaura consente al paziente un’espressione più libera e autentica di sé stesso.
La fase di ascolto è determinante, permette al terapeuta di percepire i segnali inviati dal paziente e unirli a quelli derivati dalla propria esperienza professionale, di valutare le reali motivazioni del paziente e la capacità di insight, ovvero la consapevolezza che il paziente ha del proprio problema.
Altrettanto importante per il terapeuta è l’osservazione del non verbale, il grado di adattamento alla realtà, l’atteggiamento del paziente.
2° STEP – TEST PSICOLOGICI
Le informazioni ricavate dai racconti del paziente possono essere formali, riguardare i suoi modelli comportamentali e di comunicazione, le sue convinzioni, i suoi pregiudizi o i suoi valori, i suoi vissuti.
Queste informazioni a volte sono esaurienti, altre volte parziali o poche chiare, distorte. In tal caso il terapeuta adotta tecniche per ottenere informazioni più chiare, guida il paziente attraverso domande specifiche, riporta il colloquio su aspetti poco chiari, somministra test psicologici.
Ci sono test psicologici di vario tipo, utili ad analizzare la personalità, lo sviluppo intellettivo ed emotivo, le abitudini o gli interessi. Generalmente viene somministrato un test di personalità che mette in luce il profilo, le caratteristiche più costanti nella vita dell’individuo, il modo di rapportarsi con gli altri e il mondo esterno.
Il terapeuta affianca il test a delle scale cliniche e ottiene dei risultati che descrivono sia la personalità del paziente, sia le caratteristiche di uno stato di malessere psicologico, ovvero la sua condizione sintomatica attuale.
Partendo dai dati emersi che mostra e descrive, il terapeuta conduce il paziente a riflettere e individuare le casualità che hanno determinato la condizione attuale, a valutarle e a stilare dei punti per un percorso terapeutico.
L’utilizzo di test psicologici è importante, oltre ad integrare le informazioni raccolte durante i colloqui, consente di ottenere nell’immediato una conferma o meno delle osservazioni cliniche.
3° STEP – DIAGNOSI
Il terapeuta unisce tutti i dati raccolti dal paziente, dai test somministrati, dalle esplorazioni nelle diverse aree (cognitiva, emotiva, comportamentale, interpersonale, ambientale) e concettualizza il caso, fa una diagnosi.
La diagnosi è il far luce sulle difficoltà del paziente, cognitive ed emotive, sui suoi vissuti. Essa non si limita alla classificazione dei sintomi o all’inquadramento di un disturbo, bensì tiene conto della complessità e unicità dell’individuo.
Consente di conoscere le risorse interne del paziente, gli interessi, le abilità, tutte quelli parti sane con cui allearsi per motivare al trattamento e per una buona riuscita dello stesso.
La diagnosi è utile perché permette al terapeuta di muoversi all’interno di un quadro di riferimento con criteri precisi e di pianificare un trattamento terapeutico corrispondente, al paziente di promuovere l’insight, la consapevolezza del problema.
4° STEP–INTERVENTO TERAPEUTICO
Ottenuto un quadro più completo, il terapeuta propone al paziente le aree di intervento, le strategie terapeutiche e il percorso terapeutico, predispone e concorda degli obiettivi raggiungibili e l’approccio psicoterapico da adottare per raggiungerli.
A seconda del caso, può consigliare una Psicoterapia individuale o di gruppo, una Psicoterapia di coppia o disgiunta, una Psicoterapia familiare, seguire un orientamento psicodinamico, cognitivo-comportamentale, sistemico-relazionale…
La Psicoterapia inizia quando vi è condivisione del piano di intervento individuato.
Sintesi a cura di:
Dott.ssa Elisabetta Lazazzera
Tirocinante di Psicologia presso Studio BURDI