Le Transenne
Il perfezionismo:
Una vita in transenna
.Il perfezionismo è un’arma a doppio taglio per cui, se da una parte è tutto perfetto, dall’altra c’è tanto disordine.
L’idea di perfezione si accompagna con il concetto di ossessione, ansia, panico, compulsività: la ricetta utile per far impazzire un essere umano o dargli la possibilità di spegnersi.
Le regole, ciò che più piace al perfezionista, esistono, lì dove seguono il naturale funzionamento dell’oggetto. La vita è un apparecchio che deve seguire il suo automatismo.
I computer hanno un tasto di accensione e una procedura che porta a compiere una data operazione programmata da altri alla quale conformarsi.
L’essere umano non è dotato unicamente della parte programmatica o razionale ma anche di quella emotivo- sensibile, a programmata e sprogammabile, una follia per il perfezionista.
La capacità di saper raccontare ciò che si ha dentro, è al servizio dell’emozione stessa, che nasce ancor prima di essere pensata/organizzata mentalmente.
Vien da sé che il perfezionista, una volta ultimato il progetto di vita, non è poi capace di viverlo attraverso la propria pelle, perché dovrà seguire quella programmazione che ha costruito, riscontrando un disagio tra schema e vita di adattamento.
Quale ordine è allora quello del perfezionista? Si può dire simile ad un recinto chiuso in cui tutto è minimamente organizzato nei limiti in cui non entra un alito di imprevisto e di vento di sensazioni pronte a creare scompiglio.
E’ più facile immaginare un gregge di pecore in uno spazio recintato che pecore impaurite allo sbando. Il perfezionista vive l’ identica situazione.
Rigidità, linearità, logicità, raziocinio, rappresentano le transenne, le staccionate che fanno da padrone nella vita personale, militarmente organizzate del perfezionista.
Il respiro non si espande ed è soffocamento e dunque somatizzazione, perché ho una cefalea muscolo tensiva o una emicrania ? Perché i muscoli del mio corpo si irrigidiscono da soli? Eppure non ho fatto sforzi.
Il muscolo dell’anima sottoposto ad un movimento disfunzionale, contrario alla sua inclinazione, si satura alle contratture, sviluppando dolore, senza che sia la persona a volerlo.
Lo schematismo, il perpetuarsi dell’ossessiva organizzazione dell’agire, diventa come una ginnastica fatta male che porta la persona ad un irrigidimento, corporeo, insensibile ad alcuna emozione, ritenuta inutile.
Nulla è abbastanza, nemmeno uno svuotamento completo delle tensioni se la causa resta intangibile. Non c’è siddisfacimento per il perfezionista che da grande progettista, diventa un disabile nel fiume in piena della vita nella quale annegherebbe.
Lasciare le proprie staccionate, sprogrammare le abitudini,la routine, andare oltre, significa avvicinarsi a se stessi significherebbe far funzionare le proprie funzioni vitali, la circolazione, far pulsare serenamente il cuore, far respirare della pelle.
Uscire per poter rientrare in noi stessi dentro le nostre vesti che dona la possibilità di vibrare.
L’idea che meglio rende il danno di colui che tutto progetta è, che se il perfezionismo e l’emozione si incontrassero per strada, neanche si saluterebbero.
silvia valenza
Continua
Perfezionismo
Metodo di approccio di psicoterapia dello Studio BURDI
per
SUPERARE IL PERFEZIONISMO
PERFEZIONISMO
Il perfezionismo, per quanto possa apparire tale, al contrario, rappresenta una delle tante facce dell’ insicurezza. Esso è un abito indossato di una genitorialità severa e direttiva, forgiata sui tanti limiti subiti, tali da sviluppare manie di onnipotenza.
È un lifting, una liposuzione, un rigonfiamento botulinico, con lo svantaggio inconsapevole di procurare una deformazione sulla personalità, scolpita e levigata sulla base di un protocollo.
Il perfezionismo è una ossessione per il miglioramento, per la disciplina e per un certo rigore d’ ordine, del tutto soggettivo; tutto deve essere orientato verso la condizione ottimale e giusta, perché la mente è ubicata di fatto nel caos. Chi non sopporta i rumori è perché ha l’ ingombro in testa, non ha spazio per i suoni. Così l’intolleranza e la lotta verso l’ errore, rappresenta un’ altra peculiarità del perfezionista.
Egli è colui che fa della propria perfezione, una inconsapevole imperfezione, col bisogno di individuare i difetti in tutti gli altri, da ergersi come il meno imperfetto, il migliore. Il perfezionismo è generazionale, passa di famiglia in famiglia, di secolo in secolo, appare come un bisogno onorifico di emancipazione, invece rappresenta una paranoia, una cristallizzazione ed un astigmatismo della realtà. Rappresenta l’ annientamento, la lotta contro le diversità, tutto viene livellato secondo un proprio cliché, che si spiani verso un modello omogeneo standard, socialmente accettato e condiviso.
Il perfezionismo è una dispercezione, un meccanismo di alterazione della percezione di se e della realtà, si riconduce ai disturbi specifici dell’ apprendimento DSA; una parte dell’ apprendimento verrebbe distorto e modificato sulla base di processi interpretativi soggettivi. Le informazioni acquisiscono significati differenti da quelli che la realtà propone.
Presupposto che ognuno è diverso dall’ altro, possiamo affermare che ognuno è perfetto per quello che è, per via delle proprie unicità e diversità, esattamente come per la Bella natura, il perfezionismo rappresenta il di più, la pacchianata evidente, la maschera, il copertone, la saccenza , la storpiatura, la nevrotizzazione del soggetto, rappresenta l’ esordio di una lotta contro l’ umanità, basti considerare la folle selezione della razza ariana.
La mania al perfezionismo possiede una elevata forma di predisposizione verso l’ ossessione, la compulsione, la paranoia, la socio fobia, la socio patia e la psicopatologia.
Il perfezionismo riporta in ballo sempre un modello di riferimento al quale ispirarsi, uno stereotipo ben delineato, sulla base di congetture educative, religiose, etnico politiche.
Il perfezionismo rappresenta tutt’ altro che un miglioramento, non lo legittima affatto, ma rappresenta la perdita per eccellenza di significati ed uno svuotamento delle potenzialità umane.
Il perfezionista pertanto ha sempre un modello di riferimento, persegue come un automa e in modalità ostinata ed automatica, un determinato schema, tale da poter affermare il suo modello di riferimento, ma di fatto attua la sua più elevata forma di deviazione da se. Diviene l’ ombra di se stesso.
Gli acerrimi nemici del perfezionismo sono, la creatività, la naturalezza, la spontaneità, l’ affettività, i sentimenti e le emozioni. Per esso tutto ciò rappresentano errori e limiti, da evitare, sono il freno e la spaccatura nel raggiungimento del modello, perché conducono fuori dal loro perimetro di riferimento.
Un perfezionista deve rigorosamente essere anafettivo, sempre preparato e pronto nelle sue risposte, manager di se stesso e degli altri, h 24, ma non potendo garantire costantemente le aspettative per l’enorme sforzo richiesto, il più delle volte si defila e riappare nel massimo della performance; l’ imprevisto e l’ improvvisazione lo fa impazzire, lo fa dissociare, lo svela, lo rende per quello che è, timido ed impacciato.
La mania del perfezionista è il controllo su di se ed innanzitutto sugli altri, per poter mantenere in auge la sua immagine. Senza di esso c’è la crisi, la fuga dalla realtà. Il perfezionismo è un limite che genera un limitato, un formalismo, produce un soggetto che non vive, con un disagio di accomodamento e di rigidità, fino a quando non raggiungerà il modello da esibire, fiero da ostentare il suo narcisismo patologico.
giorgio burdi
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IL PERFEZIONISTA
Il perfezionista non si sente mai pronto, mai sicuro, mai abbastanza. Ogni occasione lo trascina nel vortice dell’incertezza, dell’insicurezza profonda di cui è artefice nella sua confusionaria mente.
Controllare ogni cosa, ogni movimento, ogni parola, ogni situazione, tutto deve essere sotto attento e vigile controllo. Tutto. E se qualcosa dovesse sfuggire, il perfezionista-insicuro, impazzisce: inventa, fantastica, favoleggia, sogna ad occhi aperti. È la sua verità e guai a smentirla.
È reale, così reale da poterla toccare con mano. Si brucia ma non gli importa, perché è soddisfatto della SUA verità. Nel suo caos vede l’ordine, nella sua chiusura mentale vede orizzonti.
Alla continua ricerca di una perfezione irraggiungibile, vive la sua frustrante e superficiale esistenza non rendendosi conto del male che crea a sé stesso e a coloro che ne vengono a contatto.
Il perfezionista si guarda allo specchio e non si piace. Non si piace mai. Tutti sono migliori di lui anche se non lo ammette. Tutti sono più belli, più preparati, più comunicativi, più intelligenti, più socievoli, più carismatici, più.
Il perfezionista è una persona irrisolta, una persona che giustifica le sue sconfitte con la scusa dell’essere un “perfezionista”. In questo modo la sua coscienza è pulita, si giustifica sempre : “Io sono un perfezionista, che cosa ci posso fare?”, “Io sono un perfezionista, o lo faccio bene o non lo faccio per niente”.
Il perfezionista è terrorizzato dal confronto. Vive nella perenne paura di essere rimpiazzato, di essere giudicato e messo a paragone con gli altri. E questa sua paura lo rende fobico e solo. La sua mente è un turbinio di raffronti, di ansie e preoccupazioni. Si sente unico e allo stesso tempo, immobile e rimpiazzabilissimo. Il perfezionista è un controsenso vivente.
rossella ramundo orlando
ContinuaL’ ELOGIO DELL’ INCOERENZA
L’ ELOGIO DELL’ INCOERENZA
L’ unica coerenza umana, è l’ incoerenza.
L’ incoerente è colui che una volta scelto, risceglie, una volta detto, ridice, non rinuncia a rivisitare la sua opinione, le sue comprensioni e deduzioni, a sbagliare di proprio;
l’ incoerente è il solo in grado di sapersi mettere in discussione, ha carattere ed individualità creativa. Cambia idea parallelamente con le situazioni che cambiano e si evolvono, è un adattato capace di rispondere alle metamorfosi, è malleabile ed elastico ai contenuti del divenire.
L’ incoerenza è la prerogativa delle nuove conoscenze e dell’ essere emancipati.
La persona perfetta è pretenziosa, non gli bastano mai le conferme, può fare di più, è malato di dovere, ti mette in riga, suggeziona, genera imbarazzo, è un narcisista, ti parla con gli occhi, è sufficiente o scarso ma si sente primo, punta il dito, ti fa sentire ultimo, out, fuori luogo, fuori legge, sregolato, inappropriato, inadeguato, annoia, suggestiona, stanca, è un tribunale inquisitore, è un dominus, un alter ego, un ego partes, guarda dall’ alto della sua fragilità, perché sta fuori dall’ umanità.
Bacchetta, è severo, boccia e promuove chi gli è riverente, adora le penne rosse, sottolinea, cancella, strappa la pagina, cerca cavilli, il pelo nell’ uovo,usa il registro, le note disciplinari, ha l’ alibi perfetto per inchiodarti, ti blocca, ti sblocca, ti inquadra, cerca la pecora nera e
l’ ago nel pagliaio, ma la sua insicurezza è la sua perfezione perché se esce dalle righe si confonde ed impazzisce, pronto a giustificarsi, non può avere dubbi se inciampa, non deve zoppicare, ha la pancia in dentro e la testa irta,nega l’ evidenza, ha l’ alibi nel cappello, è aggrappato ai luoghi comuni, agli stereotipi e alle etichette, ha lo standard che gli fa da stampella.
L’ uomo perfetto è un uomo di parola, è un obbligato, non viene mai meno, anche se gli eventi e le persone cambiano, resta un uomo d’ onore, deve mantener sempre fede agli impegni dati, se venisse meno non reggerebbe le critiche, perché la gente parla, mentre il mondo è cangiante, l’ uomo di parola, rimane fedele, per questo disadattato ed inappropriato, perché subisce i cambiamenti, mentre mantiene la propria posizione, realizza che agli altri è dovuto, mentre lui è tenuto; realizza tutto da solo, il suo più elevato stato di sottomissione ed ingiustizia nei propri confronti, l’ eziopatogenesi della sua malattia.
La persona perfetta non deve fare una grinza, non fa una piega, non fa una pippa, squadra rapporti gognometrici, applica gli algoritmi alle relazioni, non esce dal rango, biasima chi cambia idea, posizione e connotati, è eccessivo ed un ossessivo del controllo, è un tradizionalista, ció che è vecchio gli risuona stabile e conosciuto, mentre percepisce il nuovo come un pericolo da evitare.
Il perfetto aborra e odia l’ incoerenza, è un fanatico ed un fedele della coerenza, la coerenza è la sua religione, l’ incoerente è un pericoloso peccatore, indeciso, è un debole perchè è un essere umano, perché la sua carne è debole, il desiderio è un demone, il gusto una tentazione.
Il coerente è un conformista, ma ha finito di vivere, come un vecchio, vive del passato, è ossessionato dalla gente, da cosa essa possa dire, si ammala di noia e di immobilismo, è frenato verso le proprie prospettive.
La minaccia di poter cambiare, di potersi mettere in gioco, lo spaventa, lo fa rammaricare ed ammalare, per auto sabotare e frenare le prospettive sospirate. La malattia è la sua risposta, come un alibi, alla paura del cambiamento, vissuto come una minaccia di squilibrio, pur ideato per la sola sua emancipazione.
L’ incoerente è il vero uomo, smette di fumare e se ne ha voglia riprende, moderato per il solo piacere e il solo sapore.
L’ incoerente è uomo perchè inizia cento volte la dieta, e fa la molla con il peso, si rifà la dose, si rifà del suo problema, ed in itinere ne comprende i motivi e magari ne esce, perchè scopre che non è la dose il suo vero problema, ma quali ricordi ha, lui chi è e quale tipo di vita fa.
L’ uomo incoerente è uomo, perchè ascolta le follie del suo traffico mentale, e finalmente agisce ciò che non sono gli altri, perché è stanco di chi interferisce e frena la sua corsa, e se poi perde le staffe nella sua follia, decide che delle briciole non sa più che farsene e pretende poi il pane, il panificio e la cassiera, perché da coerente al problema, diventa incoerente della soluzione, da zerbino, all’ azienda che è, dall’ idea, al progetto, al plinto,dalla linea contorta della sua vita, al mattone.
L’ uomo perfetto ostenta, per il suo consenso sociale, lavora per un uomo nigliore di se, perché quello che è, non va bene, non si accetta,
è il peggiore di se, fa una vera lotta per non subire il giudizio degli altri, ma la vera lotta è contro di se, è accettare le sue incoerenze. Taglia, scolpisce, retifica, castiga, smussa le altrui identità per smussare se, in un esercizio di sottile potere. Quando gli altri non vengono accettati, è per la difficoltà di accettare i limiti di se, percepiti negli altri. Lui e gli altri sono degli uguali rifiutati.
L’ uomo per sua natura è inquieto, non è mai statico, è incoerente sempre, perchè è sempre alla ricerca del suo benessere, non è mai quello di prima, è mimetico, ha risorse inesauribili e diverse, per questo è cangiante e se si mimetizza vive, ma se si fa notare e si fa scoprire, rischia di morire e la sua mimetica lo rende sempre diverso da prima, incoerente.
L’ uomo sano è incoerente, perchè non dichiara fedeltà alla sua malattia, perché inaccettabile ed allontana i deliri altrui, è inaccettabile perché non si confonde con le loro identità, consapevole di non appartenere alle ingegnerie delle loro malattie. L’ incoerente smonta nella sua testa i bulloni e le carpenterie degli schemi altrui.
Ogni trasformazione che la vita in divenire ci ripropone o ci impone, rappresenta una forma di incoerenza, perché ci impone sempre una emancipazione dal passato verso il presente, ed è per questo che ci propone e ci impone una incoerenza continuativa nell’ essere sempre diversi da prima di come eravamo. Nulla è mai uguale a prima.
La natura, in tutto ciò, ci fa da maestra. L’ evoluzione della specie umana ci insegna che non siamo più Homo di Neandertal, ma Homo Sapiens, così come, nell’ epilogo della storia biologica, cambiano e si trasformano i virus e i batteri, la tecnologia, le reti, i social, le app, cambiamo favolosamente noi, e le loro trasformazioni sono le nostre trasformazioni; così in primavera, dalla morte dell’inverno, incoerentemente esplode la vita, in un meraviglioso fior di mandorlo.
giorgio burdi
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