ScriverE’
SCRIVERE’
Si scrive di tutto, prevalentemente di cronaca, di politica, di conflitti bellici, di menzogne, di fake, di illusioni, di chiacchiere, di gossip, di tutto ciò che non è, all’ interno di un teatro di maschere e di illusioni sceniche persuasive, alle quali quasi crediamo, perché abbiamo bisogno di credere in qualcosa per darci delle speranze, perché abbiamo un gran bisogno di sognare e siamo disposti per questo a lasciarci ingannare;
ma la scrittura su di se, rappresenta la più autentica forma di incontro con l’ autore, con noi stessi, la verità in realtà la conosciamo solo noi, noi solo sappiamo come stanno i fatti e non esiste bellezza più grande se non quella di svegliarci dal sonno e dall’ inganno, guardando dentro di noi, nella nostra realtà, dove essa stessa supera il sogno e i tanti bluffs, i piaceri effimeri e quelli di carta, di un mondo prevalentemente apparente,
La scrittura su di noi, rappresenta l’ aderenza all’ interlocutore che siamo, nel modo più diretto e più tangibile che possa esistere; attraverso la pagina bianca di uno schermo o il foglio, questo stesso diventa la materializzazione della nostra anima, la biografia di quell’ istante, del nostro movimento mentale o del nostro sindacato difensivo della nostra persona. Soggettivo o oggettivo, quel foglio rappresenta una via maestra di inizio di conoscenza e di consapevolezza su di noi.
Questo tipo di scrittura è sempre rivelatrice dell’ esistenza di un libro interminabile dentro ognuno di noi e ci apre al bisogno di lettura del nostro mondo interiore criptato, avente un nuovo linguaggio differente da ognuno. Noi tutti siamo delle meraviglie interminabili tutte da leggere e da scrivere, diverse dalle altre .
Il foglio bianco si pone cone un contenitore delle nostre interminabili risorse o come un album di fotografie che, di la a qualche istante, lascerà una serie di serigrafie, e di stampe su uno sfondo bianco, le impressioni, le copie dei nostri mondi più profondi; il foglio scritto diventa l’ evidente materia visibile di una vita interiore intensa, invisibile; nel momento in cui scriviamo di noi, in quell’ istante, rendiamo visibile ciò che era impercettibile, siamo veri, il foglio diventa foto sensibile, mentre focalizziamo l’ attenzione sulle nostre ripartizioni mentali, sul nostro oggetto turbativo o espressivo.
Il foglio si propone come lo sfondo di una tela sulla quale dipingere il nostro ritratto immaginale, bello o brutto che sia e accade attraverso la ricerca minuziosa della parola, ci conduce a fissare il focus su come stiamo, e sul perché siamo in quel modo, ripercorrendo la trama tra passato e futuro, fino a catturare quel filo dei significati e delle risposte ai nostri tanti perché.
Lo scrivere è molto più efficace del parlare. Nello scrivere scandagliamo la mente, la versiamo sul foglio prima a piccole goccioline, poi come un ruscello, dopo come un fiume in piena, non si deve far leva sulla memoria, con la scrittura si diventa ricercatori raffinati e più precisi attraverso il definire la parola esatta e attraverso la parola della parola, si definisce quella più idonea nella rappresentazione degli eventi interni.
Il solo parlarne, invece, fatica nel reggere la memoria, nel parlare si dimentica e si nega l’ evidenza o ciò che è stato detto, a meno che il parlare diventi psicoterapia, analisi, che aiuta nel mantenere la cordata.
La parola individuata, è lo strumento meraviglioso di indagine e di ispezione e di ispirazione, si scova tra i grovigli e i traffici di altre parole, nel tentativo di intercettare una situazione dubbia o confusa tale da diventare la parola che cattura, si pone come liberatoria e comprensiva nel marasma. La parola fissa, fa il punto, mette al muro, all’ angolo la situazione, intercetta quel fotogramma chiarificatore che, fino a poco tempo prima, lasciava nel dubbio e nelle titubanze, esprime un suo effetto catartico e terapeutico.
Nel tentativo di scrivere, la parola si fa vogatore, si fa spazio fra migliaia di molte altre, sbroglia la matassa e ridisegna una nuova trama, quella propria, liscia e serena. Scrivere è come porsi allo specchio, per intercettare le ombre, aldilà di ogni evidenza visibile, è una cordata o un tratturo che va tortuoso e dritto nel sottosuolo, è calare il secchio nel pozzo, è l’ incontro con il mistero del nostro caos, per ricercare le risorse nella miniera, da portare su alla luce. La parola cerca la strada di uscita, o di entrata, cerca la prospettiva del miglioramento e della felicità, se poi diventa parola agita, verbo e comprensione, diviene azione e cambiamento verso la propria realizzazione.
Quando provi a scrivere, tutto è complicato, non sai mai da dove incominciare, credi sempre di non riuscirci, perché il foglio è bianco e il vuoto ti fa paura, ti senti così, nullo e nella testa tutto è confuso, c’è solo il peso di una angoscia qualsiasi o di una festa, la sensazione magica di un paradiso, immerso in una giostra di problemi, o in un minestrone di situazioni, di turbamenti, di fastidì, in un traffico di gente mentale o nel frastuono più assoluto.
Poi arriva, una sola, quella parola che diventa il punto di un ricamo, che si espande molto piano verso il disegno.
Quanto desideri stare con te stesso, quanto interesse hai nel guardare ciò che ti disturba, quanto sei geloso del tempo dato agli altri ? C’è un momento in cui non hai più tempo da perdere, se non ti leggi e scrivi da dentro la tua storia, non potrai leggere o scrivere su nessun altro.
Senza una lettura e una scrittura di te, non avrai mai qualcuno, rimarrai insoddisfatto di te, della vicinanza di uno affettivo accanto, perché se non hai testa di stare dietro di te, come sarà possibile pretenderlo dagli altri. Le relazioni che creiamo sono lo specchio di come noi incontriamo o evitiamo noi stessi, e lo scrivere su di se, è uno strumento potente per fare chiarezza.
giorgio burdi
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