LE SOMATIZZAZIONI
Quando la testa nasconde, il corpo parla e reagisce sempre
“Per cambiare il tuo corpo devi prima cambiare la tua mente”
“Mi sono svegliato di notte, all’improvviso, sentendo una fitta così forte vicino al cuore. Facevo fatica a respirare. Da lì, una corsa estenuante tra visite e analisi. Ma, nulla. Sono sano come un pesce, eppure ho pensato al peggio! Eppure, i sintomi li ho avuti! Come è possibile?”.
“Lo scorso anno, durante la quarantena, un giorno mi è saltato il ciclo, pensavo ad un ritardo dovuto dall’improvvisa perdita di peso o dall’insonnia. Uno, due, 7 giorni. Nulla! Allora ho pensato che la superficialità nel non usare precauzioni con il mio, da poco, ex ragazzo abbia avuto i suoi frutti.
Ma dopo mesi ancora nulla.
Eppure i sintomi pre e mestruali ogni volta erano presenti! Per questo ogni mese ero convinta che tornasse.
Così, mi sono fatta visitare e dopo tante analisi del sangue, tutto nella norma. TUTTO NELLA NORMA? Ma il ciclo non c’era! Oltre ai danni che può provocarne l’assenza, mi sentivo anche meno donna, come se mancasse qualcosa.
Mi è stata assegnata lo stesso una cura ormonale per cui inizialmente il ciclo è tornato (a stento).
Dopo un anno, però, sono di nuovo da punto a capo. Perché? Ho ripreso peso, dormo e mangio adeguatamente. Sto bene fisicamente ed emotivamente, credo. Poi, mi sembra di non passare un periodo stressante.
E allora che c’è? Dovrei rimandare dal medico!?!.”
Mente e corpo sono due realtà che non possono essere pensate in modo assoluto, bensì come parti integranti. Nonostante per decenni si è creduto nel dualismo tra mente e corpo, ad oggi, è noto, come questi siano strettamente legati.
Il corpo è la mente e la mente è il corpo.
Il corpo è lo strumento di comunicazione perfetto, ha un suo linguaggio, a volte ricopre il ruolo di “messaggero” e soprattutto non può mentire.
Laddove la mente non riesce ad elaborare o a riconoscere un disagio psicologico, il soggetto non può far altro che far parlare il corpo attraverso il ricorso alla somatizzazione. In questo caso il sintomo fisico si manifesta come un campanello d’allarme e costituisce un invito ad occuparsi di sé e del proprio mondo interno.
“Di emozioni si vive, ma ci si può anche ammalare”
Come sostiene Galimberti nel Dizionario di Psicologia (1992) la malattia si manifesta a livello organico come sintomo, e a livello psicologico come disagio.
Molte volte le persone che presentano sintomi somatici nel momento in cui si rivolgono allo psicoterapeuta o allo psichiatra si sono sottoposti già a svariati esami medici e, spesso, sono gli stessi medici che non trovando alcuna causa organica suggeriscono il consulto di uno psicologo.
Di norma, quando una persona sente di stare male o presenta manifestazioni fisiche si rivolge al medico e si sottopone, di conseguenza, a controlli, analisi o day hospital. Dai referti però non sempre viene riscontrata una patologia specifica. A questo punto il soggetto inizia, con ansia e preoccupazione, a destreggiarsi tra un esame ed un altro, sempre senza trovare alcuna causa ai sintomi, perlomeno di natura medica.
I sintomi fisici dunque, nonostante suggeriscano l’esistenza di un disturbo organico, sono il segnale di un disturbo somatoforme. Questi non derivano da una condizione medica, bensì dalla presenza di un disagio mentale.
Ciò che non si vede fa più paura di ciò che si vede.
Il soggetto si trova in una situazione nuova, alla quale non riesce a dare un significato. Alla sofferenza fisica si accompagnano anche difficoltà nelle attività di tutti i giorni. I sintomi influenzano non solo l’aspetto organico ma anche la sfera sociale, intrapersonale e lavorativa.
È doveroso specificare infatti, come i disturbi psicosomatici sono spesso associati alla presenza di un’altra condizione psicopatologia, quale l’ipocondria. Dati i sintomi lamentati il soggetto vive in uno stato di paura, di preoccupazione eccessiva e di ansia. Il soggetto non riconosce la natura psicologica del proprio disturbo, continua a cercare una motivazione medica e avendo il timore per il proprio benessere fisico, a volte, non crede neanche alle rassicurazioni mediche.
Dal punto di vista psicosomatico, l’ipocondria esprime la necessità del soggetto di occuparsi del proprio mondo interno, di comprendere ciò che accade nel proprio inconscio, ciò che la coscienza vede come un mostro.
In quest’ottica, l’elevata preoccupazione ed attenzione per il benessere fisico esprime il desiderio di conoscere se stessi.
Come è stato già sottolineato quindi, il nostro corpo ci racconta, traduce quanto accade nel nostro inconscio e da voce alla nostra sfera emotiva. Ogni sintomo riguarda anche il nostro mondo interno, per cui è possibile pensare al disturbo come un simbolo, un linguaggio, un modo di pensare e di stare al mondo.
Gli eventi passati, la rabbia, l’ansia, i propri desideri o opinioni per esempio, si trasformano in atteggiamenti con cui affrontiamo la vita. Gli atteggiamenti che assumiamo si riflettono nel tono di voce, nella postura, nel modo di camminare, ma anche per esempio nella sessualità, determinano il modo di agire ma anche di relazionarsi.
Per affrontare i disturbi psicosomatici quindi, è importante spostare la propria attenzione dal piano fisico a quello più profondo, identificare (grazie allo psicoterapeuta) gli eventi, le paure e le fantasie che la persona sta cercando di gestire senza esserne consapevole, i mostri che la coscienza si rifiuta di portare a galla.
Francesca Scalera
laureata in psicologia clinica e della riabilitazione – Tirocinante Presso lo Studio BURDI
ContinuaL’ IPOCONDRIACO
L’ Ipocondriaco e il bambino adultizzato
Che cosa è l’ipocondria ? È la paura di vivere, di convivere con la fobia di accollarsi ripetutamente malattie e morti impellenti inesistenti, pensandole, è una malattia fumogena, si teme di ardere su un arrosto di pensieri materializzabbilii.
La vita dell’ ipocondriaco scorre nella dimensione di una bolla grigia dell’esistenza, è l’ uomo della nuvola di Fantozzi, dove la sola obiettività è quella di potersi impellentemente ammalare, vive in uno stato continuo di auto sabotaggio delle proprie aspettative, in una capsula spaziale, in una schermatura auto protettiva, espressione di una vita consumata all’ angolo delle opportunità.
L’ ipocondriaco fa una vita da spettatore indifeso, dedicata a proteggersi da invasioni marziane, le vere invasioni, in effetti, sono tutt’ altre, quelle della sua famiglia d’ origine extra terrestre, c’è un covid perenne nella vita di un ipocondriaco, mai protagonista del suo quotidiano e depositario di sedimentazioni “radioattive” di conflitti passati.
Tutto dipende da quanto è stato impregnato e formato ad essere spettatore di situazioni malate, assorbendole, e quanto poco tempo ha dedicato al suo protagonismo nel fare ciò che era, godendo dei suoi desideri, rimasti repressi.
L’ ipocondria rappresenta una virtualizzazione della realtà, una fantascienza in un horror creduto e immediatamente sostenibile.
Per sconfiggerla, bisogna cedergli, perché sarebbe come cedere ad un fantasma, alla visione di lungo metraggio di fantascienza, ad un viaggio interstellare ed Inter galattico di StarTrek, ad uno stato mentale auto suggestivo.
Essa proviene dall’ orrore distorto del quotidiano passato, agito in un presente decisamente migliore. È un presento rovinato inconsciamente da una memoria del passato. Il passato è l’astigmatismo della nostra mente, ciò che noi vediamo, il più delle volte, non è ciò che esiste, vediamo ciò che abbiamo già veduto, vediamo la memoria.
L’ ipocondria è memoria, che polarizza negativamente il pensiero. In questo caso la memoria agisce involontariamente come una cronaca nera del presente, in un ripasso continuo di un Tg24, di tormenti su un filo spinato.
L’ ipocondriaco cerca ripetutamente rassicurazioni presenti, per memorie anguste passate.
L’ ipocondria è una frenata continua sull’ asfalto del proprio percorso, è l’ espiazione di colpe che non ha mai commesso, è il fagotto e la zavorra dei sensi di colpa, l’ assunzione dei peccati, è la paura per le proprie idee, dagli altri, giudicate folli, non condivisibili, è il il dito puntato contro, la svalutazione del gioco della vita spensierata del bambino che è stato, è il ridimensionamento del proprio Eros, la supremazia dell’ istituzionalizzazione.
L’ Ipocondriaco recita il verbo condizionale, e se, e se, e se, è proteso al futuro, ad una progettualità che non c’è, impotente e incredulo di progettare il presente, dove il sintomo rappresenta solo l’ alibi di una sfiducia alla quale è stato formato nel passato.
Lipocondria è una forma di progettualità del futuro per evitare di progettare il presente, è la fuga dal presente, da un presente impoverito del senso, fatto di obblighi, da facchino con valige cariche di alibi di beghe. L’ ipocondria impone la risoluzione di un passato fastidioso ed incistito.
Nell’ ipocondriaco, il peggio degli altri diventa il proprio, teme che tutto ciò che accade agli altri, accada a se. Anzi è già accaduto, perché si sente già male. Ha una mescola, una centrifuga di confusione tra gli altri e se. C’è la perdita della propria individualizzazione. L’ ipocondria è la confusione e la fusione con.
Da cosa nasce ? Dalla messa in disparte del soggetto interessato, a vantaggio dei suoi antichi cari.
L’ origine è famigliare, di chi ha fatto della propria infante – adolescente, da genitore ai propri genitori, inserito suo malgrado, in responsabilità non dovute. Da situazioni super apprensive e protettive genitoriali incapsulanti. Tali formazioni acquisite, continueranno ad agire nella coppia presente, tramutandola al passato.
L’ ipocondria è la narrazione e la voce di una esistenza passata, sui fotogrammi di una pellicola presente.
È la sofferenza e lo strazio per i conflitti i dilemmi e le precarietà delle malattie relazionali arcaiche di famiglia.
Un ipocondriaco è figlio di genitori ansiosi – apprensivi – ipocondriaci o litigiosi e psicosomatici.
Pertanto, l’ ipocondria è la malattia della sua stessa famiglia originaria, col sacrificio di se, per non dispiacere la stessa.
Lipocondriaco si è convinto o si è fatto convincere, che lui viene dopo tutti, e i suoi sintomi altri non sono che un urlo all’ esistenza, per un bisogno disperato di riconoscimento e di accudimento, grida, basta, non sono un fantasma, non sono trasparente, voglio che mi vediate.
Urla e sbraita “io esisto” come nell’ espressione socialmente contestata di “Ego-ista”, che etimologicamente recita come: “l’ amore vizioso di se”, nessuno mi ha mai viziati, coccolato, allora lo faccio da me, sbraitando ed urlando il dolore e il diritto ad esistere e a star bene.
L’ Amore viziato di se, indica il diritto di avere i propri visi come desiderio di vivere. Non c’è massima espressione celebrativa e considerazione dell’ amore proprio, se non inneggiare al diritto al godimento della vita, come antagonista del dolore dell’ ipocondria.
Chi non aspira nella direzione della dedizione ed auto realizzazione di se, non potrà mai star bene, il vizio di se, come la richiesta di coccole, il flirt e l’ Eros è auto celebrazione per una celebrazione di se alla vita mai riconosciuta, è ciò che bene per se, che si distingue da ciò che era bene per la famiglia. Senza l’affermazione del vizio di se, i vizi possono diventare altro, ipocondria o dipendenze.
Attraverso l’ ipocondria si cerca di perseguire, per intercessione dei sintomi, attenzioni, considerazioni, rassicurazioni, guide, sicurezza in persone adulte.
L’ Ipocondriaco non gioisce mai, e se lo fa, è trattenuto, teme di pagarla cara con un pegno, e come un superstizioso, teme la gioia e l’euforia, la felicità, come se ne fosse immeritevole, perché immeritevoli e non dovute le attenzioni passate, e vive l’ esistenza, come fosse un esame senza fine, senza alcun titolo finale, ed ogni esame reale diviene di fatto una tragedia costernata di sintomi.
In conclusione, l’ ipocondriaco pensa sempre e pensa al peggio, pertanto il suo pensiero è malattia, è un adulto rimasto quel bambino, sempre turbato e preoccupato. Ma possiede una parte forte e sana, lo stesso bambino adolescente, giocherellone , semplice, che fa capricci per giocare, perspicace ed immediato, che possiede ancora sogni da realizzare.
Il muscolo del pensiero sabotatore, si può ridimensionare e distruggere, dando ragione al “SENTIRE”, al PROGETTARE L’ ATTITUDINE” più fluidi, immediati, interconnessi ai nostri cinque sensi, e al potere della spontaneità a quello fantasioso e creativo che ognuno possiede per ripercorrere ciò che in passato era stato sabotato, proseguendo nel presente verso la propria auto realizzazione verso le proprie assolute prospettive.
giorgio burdi
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