DESIDERO ERGO SUM
Desidero Ergo Sum
Il Motore della Vita
Tanto di rispetto per Cartesio, ma le scienze di oggi sono molto lontane dalle sue elaborazioni filosofiche, dai suoi famosi aforismi e dalla sua nascita avvenuta nel lontano 31 marzo 1596.
Di lui, non esiste definizione più discutibile come quella di “ Cogito Ergo Sum “, penso dunque sono. Facciamo molta attenzione a quando pensiamo, a cosa pensiamo ? Domanda retorica, pensiamo ai problemi. Quando siamo pensierosi siamo prevalentemente in uno stato preoccupazionale.
“ Desidero Ergo Sum “ , “ Desidero, Dunque Sono “ . Questa è l’ affermazione più rappresentativa di una persona, ovvero, cosa altro avremmo di fondamentale, se non il nostro vettore motivazionale presente nei nostri desideri ?
È il desiderio che incanta e accende la vitalità, esso porta all’ attenzione l’ essenza di se, la vera spinta ad esistere.
Il Desiderio è un vero e proprio propulsore di vitalità, sollecita la mente che la fa sussultare attraverso la pelle. Il desiderio sovrasta la paura, il piacere è il vaccino della paura. Questa è la legge della mente.
Il desiderio Sollecita la ricerca, ostina il biologo, lo psicoterapeuta, il matematico ad osservare i fenomeni e a ricercare in essi il nuovo, a dare voce all’ ignoto e alle mancanze, avide di essere comprese.
Un desiderio anima la fantasia, sollecita condivisione, diventa causa ed effetto di un’incontenibile estasi tra ignoto e conosciuto. Qualsiasi forma di ignoto eccita una ricerca.
La stessa sregolatezza è tutto ciò che non sta affatto bene agli altri. Essa è l’evidenza di una diversità sconcertante. Abilitarsi allo sconcerto rende strong e maturi. È il desiderio che delinea il confine tra noi e gli altri. I nostri desideri rappresentano i peggiori disappunti, la distanza e l’ esplosione della polemica per gli altri.
Un desiderio impetuoso, trova nella seduzione la sua massima espressione, attraverso quelle emozioni i involontarie che fanno vibrare i sensi, esse sono talmente veementi e prepotenti che allo stesso tempo mostrano la nostra più intima fragilità, perché rivelatrici di bisogni.
Il desiderio è la motrice che risolleva dall’ordinario, è il pacco regalo delle novità, è la sorpresa nel cilindro che regala lo stupor, è fibrillazione adrenalinica, slancio, passione, vita e vita ancora.
Il desiderio è cavernivolo, ma la sua consapevolezza lo rende elevato ed illuminato tanto da saperlo gestire, chi non riesce a codificarlo, non lo sa gestire, lo subisce e ne resta predominato come fosse una malattia.
Il Desiderio è allo stesso tempo tormento e piacere, auspica al godimento. Più si è tormentati, più si ha un appetito smisurato di desideri.
Il tormento passa in assenza di desideri.Quando i desideri si fanno smisurati, spaventano e diventano tormento.
Non ci sarebbe la propensione al piacere, se ci fosse la sua assenza o la sua scomparsa.
Tutto ciò che dà piacere lega e genera dipendenza perché ricercatrice di presenza, di complicità, ma lega e dà dipendenza anche ciò che frustra e genera dolore, nel tentativo di ricevere amore.
In tale dinamica, esiste una smania insopportabile attraverso pretese non giustificate per catturare e rendere l’ altro preda ed oggetto del proprio piacere e nello stesso tempo proprio tormento.
Quando l’ oggetto del piacere c’è, risulta essere seduttivo, quando si ecclissa diviene solitudine, vuoto. Ma il desiderio può e deve prescindere dall’ altro. Quando il desiderio prescinde dall’ altro, viene raggiunta l’ autonomia perché raggiunge l’apice dello star bene e del desiderio di sé.
Chi alimenta il desiderio continuo dell’ altro, si allontana da se, alimenta il suo decentramento , ma, allo stesso tempo, il desiderio di sé, come amore e auto realizzazione di se, promuove una relazione esaltante.
La convinzione che noi siamo i desideri che proviamo, ci permette di apprezzarci, di osservare la meraviglia che diamo, questo ci cambia lo stile e la prospettiva di vita, aumenta l’ autostima e ci rende meno avvezzi alle malattie e ai sensi di colpa.
Passare dal mood del pensare e del dover essere, verso il desiderio,
conduce ad una sofferta libera emancipazione da una arretratezza cavernicola, da quel modo popolare di pensare stereotipato, da tutti coloro che inconsapevoli di quale prigionia mentale li attanagli, vorrebbero riproporci, come un mantra,lo stesso identico pensiero reiterato, comune della società della caverna, come critica del desiderio puro, per riproporci inesorabilmente, come magia delle ossessioni, le stesse grate degli obblighi e degli arresti.
Si palesa un continuo confronto e conflitto sociale tra il pensiero della caverna e il desiderio come prospettiva emancipata, come se quest’ultimo fosse una minaccia verso il disordine, un demone della perdizione dal quale difendersi.
Questo conflitto si pone come un tentativo di recupero alle funzioni oscurantiste precedenti, nel tentativo di indurre a quel perpetuo familiare senso di colpa di vivere un se auto rinnegato, assente, privato dei piaceri, a svantaggio del demone desiderio.
I desideri repressi del quotidiano creano una catena interminabile di sintomi e malattie. Gli stessi sintomi sono gli indicatori diretti della negazione di se, sono la non esistenza. Ma la vita fondata sui dolori e sulle privazioni che senso avrebbe se tutte le scienze hanno il solo scopo di superarli.
Se la vita è nel desiderio, non si comprende per quale forza malefica della natura, dovremmo subordinarci al non senso, al sacrificio. E chi l’ha deciso e per quale legge del pensiero, il desiderio non sia costruttivo, e non realizzi e non costruisca tutte quelle attitudini fini ad ora attribuite agli obblighi ?
Solo i desideri motivano i più grandi progetti della vita e le più grandi imprese ciclopiche, ci rendono mentalmente produttivi e monumentali, mentre il dovere, l’obbligo, il sacrificio, il senso di colpa, sono modalità rappresentative dell’ insicurezza, rendono tremendamente dipendenti ai dogmi. Ognuno resta dipendente se rimane dipendente al senso inesorabile del solo dovere se da esso non si emancipa.
L’ antipodo è istruirsi al desiderio, ed è il passo più lungo della gamba, perché per emanciparsi, il passo deve necessariamente essere più lungo del solito.
δesidero εrgo σum
giotgio burdi