Transfert
Transfert
Il termine transfert, trasferire, si riferisce a quel meccanismo emotivo relazionale, attraverso il quale, una nuova persona, viene designata ed insignita dell’ effige, per una relazione seria ed “ideale” . Solitamente del transfert non si possiede la consapevolezza di come l’ altro verrebbe investito di questo ruolo, nel quale il soggetto verrebbe immaginato; il transfert, contrariamente a quanto si possa pensare, può essere utilizzato a vantaggio di una potentissima terapia, qualora la consapevolezza porti a distinguere la rappresentazione del soggetto, con la persona reale.
Il transfert, nello specifico, rappresenta il trasferimento delle sensazioni e del desiderio erotico su un nuovo soggetto, percepito come speciale ed interessante e si pone attraverso una percezione involontaria. Esso viene percepito, come un bisogno liberatorio, atto a tirarsi fuori da un attaccamento malsano, attraverso l’ istinto fantasioso di provare piacere per un nuovo soggetto e rappresenta un tentativo per divincolarsi da una relazione patologica.
Nelle dipendenze affettive, si è alle prese con una lotta di pensieri e preoccupazioni che si dimenano tra il desiderio di voler modificare il soggetto persecutore e il bisogno di liberazione da esso. Nel transfert, il nuovo soggetto viene rappresentato nella sua perfezione, rispetto al disastro che si possiede.
Il transfert rappresenta la liberazione e la speranza che esistano persone differenti rispetto a quelle presenti. Questa speranza inizia a spianare una prospettiva liberatoria dalla dipendenza.
Le relazioni ideali del transfert sono relazioni immaginative, mentalizzate, la psicologia psico dinamica le chiama, relazioni oggettuali. Una dipendenza affettiva, si pone come in un continuo conflitto tra ciò che si immagina dell’ altro e la realtà dei fatti inaccettabili. È una follia, che psichiatrizza, voler lottare per tenere in vita i due parametri immodificabili, l’ immagine e la tremenda verità.
La fatica nel risolversi, da una situazione di questo genere, diviene un circolo vizioso, fintanto che si resta imprigionati in questo tranello, tra relazione presente e relazione oggettuale ideale immaginale, fintanto che esse rimangono confuse. La nostra mente confonde il desiderio antico di un bisogno non soddisfatto, con la realtà presente frustrata.
Il transfert, è un meccanismo difensivo protettivo, esso giunge come un 118 di richiesta di aiuto verso un soggetto di interesse emotivo più elevato, rispetto alla personale condizione di vita, compassionevole e comprensivo e rappresenta la speranza verso la propria terra promessa.
L’ uscita da una dipendenza affettiva disfunzionale, può avvenire dalla decisione di intricarsi emotivamente all’ interno del transfert. L’ “intrico”, in realtà non rappresenta la nascita di una nuova relazione, ma il solo tentativo di uscita dalla relazione deleteria. Se l’ intrico venisse concordato, durante un transfert, con tutta chiarezza e consapevolezza, quasi come un “contratto”, genererebbe un respiro, una percezione di autonomia e di libertà, nel diritto incondizionato di essere se stessi.
Il dato più sorprendente della dipendenza affettiva, viene dato dal fatto che da essa, il più delle volte, non si vuole uscire. Voler risolvere una dipendenza affettiva è come imbattersi in un lutto, un lutto e la fine di un progetto di un sogno, del quale diviene faticoso riconoscerne il fallimento. Questo mancato riconoscimento, ulteriormente, annichilisce e sfianca il soggetto dipendente che resta condannato e imprigionato alla propria condizione. Sarebbe opportuno imparare ad accettare la realtà, soffrirla e magari, aiutati dal transfert, realizzare che il resto del mondo è più affascinante e totalmente differente rispetto a quello sofferto.
La liberazione dalla dipendenza affettiva genera paura. Crea disorientamento e terrore. Ogni distacco, anche quello più patologico, genera sdoppiamento e disorientamento. La frustrazione si dimena tra bisogno e timore del distacco.
Ma chi lo ha detto che affrontare un distacco, debba essere necessariamente preceduto da una sofferenza ? Il dolore è solo mentalizzazione, viene pensato e pertanto sofferta, esso è una ipotesi, richiamato dai timori, che richiama la memoria di un passato di sofferenze, è immaginativo e ciò accade quando si cade nel tranello di attribuire al soggetto di dipendenza, un potere liberatorio dal dolore e dall’ angoscia.
Concedersi ad un transfert, rappresenta il tradire quel potere, è rendersi conto, di li a poco, che tutto potrebbe essere diverso, da quell’ istante inizia ad esistere una nuova prospettiva, l’ opportunità di poter superare il malefico e di sostituire, un oggetto “buono”, con quello “cattivo”. Il transfert rappresenta l’ oggetto relazionale buono per cambiare la direzione, per riprendersi il diritto a ciò che è scomparso, il diritto al proprio benessere.
Il contrario della dipendenza affettiva, è l’ autonomia e l’ auto gratificazione. In questa direzione, vogliamo attribuire, una enorme importanza alla funzione dell’ auto erotismo, come una delle primaria oasi della privacy, di autonomia e di auto realizzazione verso il piacere di se. Esso rappresenta quel luogo di riserva – affettiva, attraverso il quale viene determinato l’ incontro amoroso verso se stessi. La personalità dipendente, attende invece le gratificazioni esclusivamente dall’ esterno, mai da se, ma esclusivamente dall’ altro.
In tale direzione, Il passaggio verso l’ autonomia, diventa difficoltoso, per via dell’ incapacità di perseguire l’ auto gratificazione. Ciò riporta nella dimensione antica del mancato svezzamento di una madre che non ha educato il figlio a procurarsi il piacere in autonomia.
Nello svezzamento c’è il primo esordio dell’ autonomia, nel momento in cui il bambino inizia a prendere il cucchiaio, inizia a non aver più bisogno della mamma. In qualsiasi dipendenza affettiva, la mamma non è mai stata in grado di mettersi da parte, o è rimasta invadente, invalidante con la sua onnipresenza o ancor più, assente;
nell’ auto erotismo,invece, prende forma il primordiale inizio della autonomia, esso si affaccia nella vita del soggetto, già nei suoi primissimi anni di vita, che Freud individua all’ interno della terza fase fallica dello sviluppo psico sessuale, definita fase onanistica auto erotica ; durante l’ uto erotismo la mamma viene blindata fuori dalla propria mente, dalla propria vita, il bambino proclama la sua supremazia, anche se rimane aperta, chiude la porta ad ella e al al mond; l’ auto erotismo rappresenta la palestra verso il riservarsi e l’ indipendenza, verso la ribellione dell’ adolescenza, ove gratificare è bastare a se stesso, ed è decisamente migliore rispetto all’ attesa dei tempi di gratificazione degli altri.
Il passaggio verso lo svezzamento, è molto complesso. trova un muro, una resistenza moralistico – educativa familiare, che chiederà un passaggio di consegne da dagli altri a se stessi, tale da dover tradire “la madre” , il mondo, a vantaggio del proprio primato.
L’ auto erotismo, attraverso l’ oggetto del transfert, si pone come una funzione fondamentale , che tradisce la patologia della dipendenza. Esso rappresenta il ritorno alla propria patria, al potere di auto determinarsi. O predomina l’ Eros attraverso l’ auto erotismo supportato da un transfert, come quel luogo mentale dove accade l’ ideazione , il sognare relazioni slanciate ed autonome, o si lamenta il Thanatos, una vita in prigione, senza il diritto di essere amati, chiusi nelle paure e nell’ isolamento, ossessionati dalle fobie per le malattie
Una dipendenza affettiva, non viene mai superata, se convive con essa un moralismo imperante e la paura per il giudizio sociale per una nuova relazione. Ciò è superabile solo nel concetto di piacere.
Chi ha paura di vivere, è vittima della sua disistima. non tralascia il suo apparente equilibrio; chi è dipendente, desidera solo una persona tutta di un pezzo e per sé, un suo costante punto di appoggio, una fermata su un passo carrabile, tutto ciò che è sanzionabile ma distrugge una relazione; chi si concede alla vita è acquisisce elasticità, fluisce e si stupisce per il nuovo, impara a non farsi sconcertare, è potente per la sua autorevolezza , ha carattere ed è audace.
Le relazioni centrate su l’ indipendenza, le rendono longeve, perché ognuno, rimane imperniato sul proprio talento. È necessario relazionare con personalità che energizzino i vicendevoli talenti, piuttosto che invidiarli, tali da generare relazioni intense, creative e profonde.
In conclusione un transfert, l’ auto realizzazione e l’ autoerotismo, possono rappresentare un vantaggio verso l’ emancipazione di se, possono essere un viaggio o una vacanza anche a tempo determinato, tali da determinare una rimessa su strada, una ripresa del motore, un modo per uscire dall’ isolamento dello svezzamento e poter riprendere la propria vita tra le dita.
Quando arriva questa unica e rara occasione, viviti e goditi il transfert, in totale consapevolezza, stipula un contratto di minima, è la tua occasione, attraverso esplosive, dignitose e rispettose emozioni, è il tuo momento fatale, il tuo ancoraggio, per ritornare a te stesso, il tuo defibrillatore che ti riporta in vita, per stupirti che il battito in te ancora esiste, credere che è ancora possibile ballare, gioire e respirare, che esiste ancora il tuo sogno, che tutto è nuovo e diverso, che c’è ancora motivo di vita, lascia andare il vecchiume, apri la serratura, lascia esplodere le tue sensazioni, apprezzerai quanto è meraviglioso poter perdere l’ affezione al tuo carceriere che sottomette la tua dignità e che la vita esiste ancora ed è tutt’ altro, tanto il transfert trova il tempo che trova, è tutta una scusa, una sola occasione che la mente trova inconsciamente per aggrapparsi e tornare a vivere. Quando ti capita, chiedi, vuoi essere il mio transfert ? Perchè il transfert lo ami e ti fa sentire amata . È solo un gesto di profonda , naturale ed amorevole umanità, per liberarsi dal disumano e tornare ad amarsi.
giorgio burdi
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LA FINESTRA SUL MARE
Quando non hai bisogno di nessuno stai bene con tutti.
Etimologicamente “Nessuno” dal latino “ne ipse unus”… cioè: “neppure uno”.
Il “non aver bisogno di nessuno” è una vera strategia per poter aver qualcuno e innanzitutto avere se accanto.
Cosa vogliamo intendere con questo ? La persona capace, è quella in grado di saper rinunciare agli altri, non per sport di isolamento, ma per la capacità di rendersi autonoma, anche al solo scopo di poter realizzare relazioni stabili.
La stabilità si prepara “in casa propria” , ovvero dentro di se, per non fomentare e reiterare, nell’arco della vita, terremoti relazionali.
Non si tratta affatto di una tecnica per poter realizzare rapporti significativi, o per incastrarsi nel proprio individualismo, ma della necessità di realizzare un vero e proprio cambiamento di atteggiamento, orientato verso di se, sulla centralità della propria esistenza, aspirando alla propria auto realizzazione.
Le persone non auto realizzate, orientano il proprio equilibrio verso chi può sostenere le proprie cause, decentrando il baricentro della propria esistenza verso altri perimetri, così edificando i pilastri in terreni altrui, verso la propria destabilizzazione.
Quando il prossimo detiene il merito di farci acquisire il senso di noi, l’investimento diviene esattamente pari a zero o nullo e decaduto.
Andiamo sempre in perdita, sulla base auto svalutativa di noi stessi, quando non ci sentiamo meritevoli e depositari delle potenzialità che la vita ci ha donato, ma percepiamo gli altri, i depositari, i fortunati di tali risorse.
Ci auto sabotiamo, mettendo un silenziatore alla nostra anima, rinunciamo a noi stessi, appoggiandoci sui meriti e sulle risorse altrui.
Non aver bisogno di nessuno, significa, aver bisogno di se, poter contare su se stessi, sulla propria stima e fiducia. Gli altri, sono la loro strada e percorrono comunque e sempre le proprie formazioni, seguendo parallelamente le quali, ci sentiamo prima o poi inadeguati, inefficaci.
La nostra strada, è la strada adeguata, è resilienza, ma potremmo non incontrarla mai senza una lettura attenta dei nostri talenti e delle nostre naturali attitudini. Chi si accontenta, non gode, ma si annoia, si deprime e si ammala.
Non aver bisogno di nessuno, non significa solo fare il lavoro giusto, sulla base delle proprie attitudini, ma fare un lavoro dentro di se, per illuminarci su come siamo fatti e funzioniamo.
Il non aver bisogno di nessuno, per stare bene con gli altri, è alle antipodi delle diverse forme di dipendenza e si realizza solo con l’auto realizzazione.
La mancata auto realizzazione è al vertice delle frustrazioni e delle nevrosi personali, e se pensiamo al rapporto nell’ ambito delle alle relazioni, un nevrotico, più un altro nevrotico, non fanno somma zero, ma fanno un nevrotico al quadrato.
Nella relazione più profonda, entrambi non hanno bisogno più di nessuno, perché essendo uno, secondo l’etimologia, sono esattamente nessuno, come perfetta fusione di intenti, perché sono stati entrambi rinunciatari della propria realizzazione fondata sugli altri.
L’ auto realizzazione è alla base della propria serenità e della ansimata felicità.
giorgio burdi
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