Il cellulare è lo specchio di noi, di ciò che abbiamo dentro
Tutti genuflessi su Sua Maestà Telefonino.
Il cellulare è lo specchio di noi, di ciò che abbiamo dentro.
Lungo i secoli non si è mai creato legame così tanto stretto con un oggetto, come il nostro col telefonino. Si pensi solo che gli dedichiamo un buon 40% del nostro tempo.
Gli riserviamo un posto così tanto privilegiato che è sempre con noi da non poterne più fare a meno. È la vera anima gemella, lo specchio di noi. CIó che abbiamo dentro, è tutto sul telefono.
Siamo tutti con la testa china, genuflessi sullo screen, in orazione ed adorazione della nuova religione telefonica.La telefonia è la nuova religione.
Non ci guardiamo più, per tre quarti della giornata, siamo in sua contemplazione, genuflessi al quinto potere delle lobby, sua maestà telefonia, non si sa se siamo stati comprati o venduti loro, non lo sapremo mai. Ci diranno che siamo solo noi dei liberi acquirenti. In realtà invece siamo prigionieri del 4 Reich, sottoposti, ad personam, a radiazioni di micro onde sostitute del gas nervino.
Incurante della privacy, squlla di continuo in tutti i luoghi, è l’ onnipresente, siamo intossicati dal suono e dalle microonde altrui. Come per il fumo sarebbe giusto avere zona telefonia e zona no, Il 50% della pubblicità è sulla telefonia e come se non bastasse il cell squilla ripetutamente per nuovi piani tariffari, mentre la sua qualità peggiora di giorno in giorno.
In realtà esso mira alla conquista del nuovo target . Per una telefonia dell’ infanzia, stanno ideando cellulari profumati al lecca lecca alla fragola e vanilia, con palloncini colorati a forma di Peppa Pig o Winnie Puh, parlanti che avrà per genitore Siri, che potrà rispondere a domande più impertinenti per agevolare genitori incapaci e nel loro intento poter formare un esercito di reclute programmate per i nuovi consumi. Un progetto fantastico, vero ?
L’ imperare di una nuova più subdola borghesia dittatoriale che alita le proprie trasmissioni elettromagnetiche e giunge attraverso l’ aria ai nuovi sudditi alienati e reverenti, tutti a testa china, file di ostinati predestinati ed obbedienti al direttorio del deus Operatore.
Siamo tutti imprigionati nel palmo di una mano.
Almeno abbiano raffinato l’ indice in movimenti rapidi, fini e dinamici.
Siamo lo speed del touch, ma anche lo slow delle interazioni sociali.
Il mondo sotto un polpastrello con le stelline dall’ apriti sesamo del genio della lampada. Finalmente abbiamo acquisito il potere di entrare nel mondo… ma quello tutto loro.
Col nostro indice sembreremmo padroni del mondo, almeno, vorrebbero farcelo credere, ma ci ritroviamo in sterminate schermate pubblicitarie imposte.
Altro che dittatura, un vero e proprio ministero capillare di Istruzione personalizzata, un Quarto potere occulto subliminale “for a close mind” .
I nostri recettori neuronali leggono immagini led, retina o oled, e tra un po 3D, allenati sulle palestre delle Appl , ci stiamo preparando nel disimparare il linguaggio della realtà e delle relazioni empiriche.Quando ci incontriamo siamo distratti, un gruppo di amici che non si guardano in faccia, ma ognuno automa, chino sul proprio terminale.
Non ci guardiamo più negli occhi, sempre in fuga, il nostro sguardo rivolto dentro di noi per cercare le parole da riportare sul qwerty, attraverso un irrefrenabile “aspetta che devo rispondere”.
Alimentazione di delusioni, dispiaceri discreti, ma subiti in modo quasi impotente, verso chi è fuso col suo telefono.
Mettiamo la realtà in standby tanto che lo standby diventerà realtà.
Una realtà ferma su un fotogramma ed un virtuale dinamico sempre più veloce al ritmo del suo ultimo chip set.
La cultura dello standby è la cultura della dipendenza e del coercitivo alla non consapevolezza, a non pensare, al non parlare, ma a dipendere compulsivamente da chi ha lo scopo di proporci prodotti mai richiesti
La telefonia fa da regista e da protagonista, noi semplici spettatori trainati e trattenuti volutamente in meccaniche mentali non desiderate.
Il protagonismo è godersi di persona la realtà scelta, e gli altri, di persona sono la realtà.
Godiamo la relazione in diretta, impariamo a guardarci negli occhi, li c’è l’ autenticità della nostra umanità,
impariamo a spegnere e a privarci un po’ del telefono per non privarci di noi, perché è bello guardare negli occhi una persona, accoglierla, ascoltarla e parlarle.
giorgio burdi
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