La sindrome del salvatore . Il senso di obbligo e di appartenenza, può essere spesso una prigione dorata
Mi manchi : Ei fu siccome immobile. E’ una prece.
La sindrome del salvatore . Il senso di obbligo e di appartenenza, può essere spesso una prigione dorata.
La sensazione di vuoto che spesso avvertiamo in assenza momentanea di una persona cara, lascia strascici di solitudine che spesso vanno molto aldilà di quella assenza.
Quando non ci sei mi lasci un senso di angoscia, non so stare senza te, avverto la morte nel cuore, un dolore lancinante al petto. Queste sono piuttosto espressioni e rappresentazioni di quel senso abbandonico che nulla avrebbero a che vedere con quella specifica presenza assenza di quell’ istante storico.
Il senso di vuoto che una persona lascia è come quella ipersensibilità epidermica di dolore, che rimanda piuttosto ad una infiammazione tendinea più profonda che così superficiale.
Il mi manchi è un sintomo più che d’ amore, di depressione, rispolverata attraverso quella occasionale assenza che rimanderebbe ad antiche situazioni passate vissute allora con cicatrizzata angoscia.
L’ angoscia dell’ assenza di oggi richiamal’ assenza dei fantasmi di ieri.
Il proiettore spara le sue immagini da ieri sullo schermo di oggi.
Il nostro presente è strettamente collegato al nostro passato come da binari che lontanamente lasciano passare le vibrazioni del passaggio del treno dei nostri vissuti.
I nostri ricordi lontani li sentiamo vivi se non sono mai stati bonificati, tali da lasciarci nel presente una ipersensibilità ad essi.
Basta un piccolo stimolo presente, sfiorato anche solo digitalmente, tale da scatenare ed attivare schemi di sofferenze antiche che ridiventano devastanti nel presente.
Il fatto curioso è che certe reazioni, consciamente non vengono attribuite ai vissuti passati, ma esclusivamente al presente, caricandolo di responsabilità che non ha.
Il senso di morte e di angoscia vissuto nel ” mi manchi ” rappresenta quel vuoto che si affaccia in un tunnel che va dritto in una direzione obbligata verso le fauci lontane delle proprie mancanze.
Le sofferenze non risolte restano così in eterna attesa che qualcuno le prenda in carico, le curi e le allievi.
Il mi manchi rappresenta esattamente l’ ansiosa attesa di quel salvatore sanificatore e bonificatore di tali matasse antiche .
Bella responsabilità, vero ? E anche molte infruttuose aspettative !
Di certi meccanismi non si possiede la minima consapevolezza e certe relazioni vengono impostate sulla base di certe pretese esasperanti e del senso dell’ obbligo nel realizzare un tale progetto sacrificale.
Certe relazioni rappresentano piuttosto la presa in carico del malato, altro che relazioni d’ amore.
A volte diventa irrinunciabile quell’ innata predisposizione alla sindrome del salvatore. Ma quando tentiamo di salvare un altro, in effetti vorremmo difatti salvare noi stessi.
Quando ci fanno sentire in obbligo e si avanzano certe pretese che sembrerebbero evidentemente esagerate, tocchiamo dell’ altro quel vuoto e quel magma antico di insoddisfazioni, che nulla avrebbe a che vedere col presente, causa di sola stimolazione di ricordi rimossi.
giorgio burdi
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