Le loro aspettative e la mia solitudine
La sindrome del figlio unico
I tempi cambiano, cambiano le società e di conseguenza anche i nuclei familiari non sono più come quelli di una volta.
I nostri nonni ci raccontavano di famiglie di 7-8 persone che vivevano in una stanza, i nostri genitori ci parlano di come 4-5 persone vivessero in 60 metri quadrati.
Ora non è più così. I ritmi frenetici, la precarietà del lavoro e la crisi economica in cui viviamo hanno fatto si che le famiglie con un solo figlio siano la regola e non l ‘ eccezione come accadeva un tempo.
Se in passato le luci della ribalta erano puntate un po’ qua e un po’ là ora il cono di luce è rivolto quasi sempre nella stessa direzione.
Le attenzioni dei genitori si concentrano tutte sull’ unico figlio; su di lui riversano speranze, aspettative e ambizioni di vita messe da parte. Compiono ogni gesto in buona fede ma sono spesso inconsapevoli di caricare il proprio figlio di ansie e di angosce; quelle ansie e quelle angosce che ci assalgono tutti i giorni se solo accendiamo la televisione o sfogliamo un quotidiano.
Quante volte sentiamo parlare di disoccupazione giovanile?? Il futuro dei giovani è sempre più incerto ed è quasi impossibile realizzare un progetto di vita stabile e sicuro! Per questi motivi non è semplice crescere in un contesto del genere e il rischio di crollare è concreto se non si hanno fondamenta solide.
La gente che ti circonda ti riempie la testa con frasi come: “ senza una laurea non sei nessuno”, “ senza quel pezzo di carta finisci sotto i ponti”, “il lavoro non c’ è”, “il posto fisso è una chimera”.
Questo è la situazione in cui versano moltissimi giovani al giorno d’ oggi e tra di loro ci sono anche io: Ale 29 anni, figlio unico.
Sono cresciuto in una famiglia benestante; ho avuto un’ infanzia felice, un’ adolescenza tranquilla senza particolari scossoni ma si sa crescendo aumentano le responsabilità e si impara a leggere tra le righe ed ho percepito quei desideri fino ad allora celati dai miei genitori che sono usciti allo scoperto e si sono manifestati con tutta la loro forza.
Purtroppo per me questa pressione si è venuta a sommare ad un evento che mi ha segnato e che mi ha tolto molte delle mie certezze. Sono entrato in un loop che mi ha logorato dentro. Sono confluite in me le mie insicurezze che mi hanno paralizzato, il timore di deludere i miei genitori, l’ orgoglio personale che non mi ha permesso di accettare il fallimento e infine la speranza di recuperare la miaautostima. Questa è il vortice in cui mi sono trovato.
Ogni azione di un figlio unico, anche la più banale, è analizzata nei minimi dettagli proprio perché la sola. Nel momento in cui ho visto naufragare i miei progetti ho sentito ancora di più quegli occhi addosso come una luce cheillumina un detenuto che tenta di evadere dal carcere. Essere figlio unico al giorno d’ oggi non è affatto semplice. Non ho saputo gestire le mie emozioni e ho subito tutto questo.
La mia vita è precipitata; la mia storia d’ amore è terminata e anche alcune amicizie sono via via scemate. Sono passati giorni, mesi e settimane in cui la domanda ricorrente era: “ vedrò mai la luce alla fine di questo tunnel?”A questa domanda non so ancora rispondere!
Sto provando ad abbattere alcune barriere tolte le quali mi auguro di poter avere una visuale migliore della mia vita; solo così posso sperare di liberarmi da questa “prigionia”.
Realizzarmi per liberarmi: questo è il mantra che mi ripeto ogni giorno!
In conclusione ritengo che la realizzazione personale, il rendersi indipendenti è il solo modo per allontanarsi da quei riflettori e renderli molto meno abbaglianti.
Ale
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