Arrenditi e Rinuncia
.Ogni obiettivo rivolto verso la nostra realizzazione, propone uno slancio emozionale fuori dal comune. Quando vediamo il sole, ne restiamo abbagliati. La sola idea di poter raggiungere una tale meta, ci rimanda una esplosioni di entusiasmi e piaceri intensi, siamo convinti di aver finalmente trovato l’ Olimpo e di essere arrivati. Intravediamo l’ assoluto della nostra riuscita.
Una tale prospettiva, per sua natura pone interminabili e cieche difficoltà, si mostra irta di ostacoli frapposte tra se e la meta desiderata, costellata da impedimenti carichi di sofferenze, cadute e superamenti di errori, tutti da valutare anticipatamente. Ogni meta ambita parte con la consapevolezza che è difficile e l’ impossibile per noi, deve diventare possibile.
Ogni ambizione avverte solo l’ entusiasmo e la sua eccitazione, perché proclama la realizzazione della nostra felicità, ma poco dopo verrà accompagnata dalla consapevolezza che non sarà affatto facile raggiungerla perché propone ostacoli importanti che si confrontano con l’ impossibile.
La bellezza dell’ ambizione è che essa convive tra entusiasmo e paura di fallire, ma inizialmente l’ entusiasmo deve predominare, altrimenti che ambizione sarebbe ?
Le mete più ardue vengono percepite come mete eccellenti e più eccellenti sono, più faticose sono da raggiungere, tali da renderle improbabili. Ad esse si oppongono le due massime difficoltà, l’ ostilità del mondo che anela ai propri interessi, ed una struttura più personale fatta di principi, si propone così una topografia come un labirinto estenuante che ti riporta, per tante volte, al punto di partenza.
Il raggiungimento di qualsiasi meta pone su un ring per una lotta, contro un mondo circostante costantemente in opposizione e le nostre memorie interiori, al fine di comprendere il senso del bene per tutti e il malessere da evitare. La lotta sul ring è contro il mondo, il numero due, e contro il numero due di sé. Il nostro numero uno, il proprio se, resta sempre in disparità, si trova sempre da solo a lottare contro due numeri due, uno esterno e l’ altro interno. Il fallimento è dargliela per vinta e cedere ad essi.
Cedere e rinunciare a questa lotta è il fallimento più grande che possiamo garantirci fintanto che non riusciamo a scollarci di dosso, il nostro numero due, per lasciare lo spazio nella nostra anima, esclusivamente al nostro nome, al nostro numero uno. In tal caso la partita sul ring, sarebbe alla pari e saremmo più agevolati e propensi nel raggiungimento delle nostre ambizioni.
Non tutto ciò che piace, fa bene, e non tutto fa bene di tutto ciò che si sceglie. Facciamo sempre i conti con l’ errore quando si sceglie la perfezione che risiede nell’ investimento sugli altri. È anche vero che nessuno può restare per sempre solo, e varrebbe la pena concedersi all’ errore, ma l’ errore è utile se insegna nel ritrovare incessantemente la strada giusta.
Perché spesso i programmi della vita, non possono mai essere i tuoi programmi, quando credi che tutto puoi, rischi di essere onnipotente, ma la felicità è una coincidenza di programmi allineati e questo miracolo puoi farlo solo con te stesso. Ogni volta che ti allinei sulle speranze altrui, rischi un fuori pista, perché l’ uomo è infinito e va rispettato e volerlo allineare a se, produce malessere per tutti e violenza.
La rinuncia è spesso un bene, è desiderare di non voler allineare nessuno a se e riprendersi i propri passi, perché il benessere è sempre sulla propria scia, relativamente su quella altrui, diversamente è il caos, è l’ escalation del conflitto, della dittatura, della sottomissione e del proprio isolamento.
Il ribelle, sa rinunciare, e per sua onestà, impara a non tradire se stesso. Chi rinuncia, si ricentra sul proprio asse e ritrova il suo sistema di gravità, non si è mai visto un pianeta appoggiato ad un altro. Col tempo impara ad essere una canna che si flette ma non si spacca. Ciò lo rende solo, ma più acuto e profondo, melanconico e sereno, ma più forte, perché non più disposto a rinunciare a se, saggio amico di se stesso.
La rinuncia ha il potere di distendersi e rilassarsi, la rinuncia è resa, pone le condizioni per la pace, con la convinzione che tutto non può dipendere solo da noi. Quando rinunciamo, rinunciamo alle difficoltà altrui, che fanno da zavorra, e ci riprendiamo la nostra vita. Rinunciare, significa riconoscere agli altri i loro problemi, le loro sofferenze e gli impedimenti, i loro fallimenti, e a se, i propri, e che tutto ciò, non potrà, smisuratamente, diventare per sempre nostro. Rinunciare, è evitare tutti quei tentativi di giustificazione altrui, che hanno il solo scopo di manipolazione commovente, per trattenerci incastrati a loro.
La rinuncia, pur essendo un fallimento, risulta essere comunque una vittoria, perché è la sola condizione che permette di poter cambiare direzione, tanto da non rimanere incastrati nell’ angolo, tale da continuare la ricerca verso la propria aspirazione. Quanti sono fermi all’ interno dei propri compromessi, perché sfiniti dalle ferite del cercare ? Alle volte, rinunciare, è anche rinunciare alle proprie difese, scegliere il meno perfetto, che un perfezionismo impossibile, o subire, o scegliete di rimanere perennemente soli.
giorgio burdi
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