TERAPIA DI GRUPPO
Lettera alla squadra
I soldati del cambiamento
Hai desiderato ed imparato a guardare in faccia i tuoi problemi, che per vivere inizialmente è necessario accettare ed adattarsi, che il perfezionismo è una nevrosi senza uscita e se divieni più malleabile ne sei fuori. Hai imparato che per migliorare devi entrare ed andare fino in fondo al tunnel se vuoi accendere la luce, bisogna essere squadra per vedere diverse prospettive di uscita, non guardare solo dagli occhi tuoi.
E se ti impongono, ti cambiano le abitudini, mantieni duro, e pur di vivere, trovi sempre una nuova strada. Ne è fuori, chi non si arrende, chi combatte per il suo tempo e i suoi spazi, prende in mano la sua vita e non molla p mai.
Se la guerra che stiamo combattendo fosse armata; se ci avessero chiamato al fronte, in trincea, schierati contro un esercito nemico per difendere confini e valori, figli e spose, madri e idee, avremmo perso. Sicuramente. Ma non solo noi, anche gli avversari.
Saremmo stati entrambi immobili, fermi, disorientati da una serie continua di segnali di resa e ordini d’avanzata. Non ci avremmo, alla fine, capito niente. Tutti. Proprio come sta succedendo oggi, sul fronte delle nostre case, sommersi da mille versioni, analisi, commenti e soluzioni per una crisi mondiale, senza precedenti e che va rivelando, oltre la tragicità dei numeri, un’umanità da ricostruire.
Una ricostruzione che hai imparato a conoscere. scegliendo il percorso d’analisi e che, settimana dopo settimana, ti porta a ricostruire le tue certezze, la tua abilità, la tua stabilità, il tuo essere profondo.
Per quanto singolare e grave, la pandemia che ci circonda sconta la contraddizione del nostro tempo: il diritto di parola concesso a legioni di imbecilli, per dirla con Eco.
All’ ansia per la salute, propria e dei propri cari, si aggiunge l’ansia di questo navigare a vista, senza orizzonti e approdi.
Ma tu che fai analisi, conosci l’ansia, più di chiunque altro e la vivi, tu che la sai risolvere e la combatti, ci dialoghi continuamente: quando il capoufficio non ti paga, quando il tuo amore non ti ascolta, quando il passato torna a farti visita, quando non ti senti come il resto del mondo, quando ti escludi da una seconda occasione. La conosci perché hai accettato di sederti in un gruppo e vuotare il sacco della memoria. La vivi, ogni volta che il fallimento ti prostra con la faccia a terra e non ti fa respirare.
Il mondo ha riscoperto il sentimento della paura, dell’angoscia, sotterrato chissà dove dagli impegni, da un movimento ossessivo e continuo. È successo soprattutto per una contingenza: le necessarie restrizioni dei governi ci hanno messo faccia a faccia con noi stessi, con i nostri beni di prima necessità, con tutto il campionario degli istinti, pronto ad esplodere.
Ed anche il silenzio della notte appare più pesante, perché nasconde un presagio fastidioso, un timore a cui non si sa dare una sagoma.
Come i tuoi fantasmi che ora chiami per nome, avendo faticato mesi interi per farteli amici. Presentandoli, in modo precisissimo ai tuoi compagni di seduta, perché tramite il rispecchiamento, ti aiutassero a guardarli in faccia per andare avanti, aldilà.
E ora? Che si fa? Che fine hai fatto? Nell’ “ora più buia” conviene davvero mollare la presa, in attesa di tempi migliori ? Te, Il gruppo, la squadra, ha lavorato nelle notti più oscure di ognuno, e adesso non si può fare lo stesso ? Perché ci hai mollati nella notte, pensiamo ancora di essere una squadra, ti abbiamo dato venti mani, Tu adesso dove sei ?
A gennaio, quando eravamo ancora lontani osservatori della strana influenza cinese, è uscito un film, che ha riscosso grande successo e ha fatto incetta di premi. Il titolo è “1917 di Sam Mendes”. Parla di due giovani caporali che devono attraversare l’ostile territorio nemico, per consegnare un messaggio a un battaglione di 1600 uomini.
Così facendo, impedirebbero a quei soldati, di cadere in una trappola mortale ordita dai tedeschi.
La scelta cade su di loro perché, nonostante la feroce crudeltà della guerra e l’apatica stanchezza che regna tra i commilitoni (la guerra dura già da tre anni e non si capisce ancora come finirà), hanno saputo conservare un rapporto d’amicizia, uniti, schietti e sinceri, non sempre idilliaci, ma comunque onesti e leali.
Aldilà della trama, della sua evoluzione e conclusione, c’è un altro messaggio che circola e che arriva dritto al cuore, lo veicola un altro dei protagonisti del lungometraggio, il Colonnello Mackenzie: “La speranza è una cosa pericolosa!”. Ci fa solo attendere passivamente. L’Unità invece crea la certezza di farcela, ma tutti insieme, da un rispecchiamento ad un altro, si esce vittoriosi. Non lo abbiamo apprezzato tantissime volte ?
E la storia dei due soldati è quella di un’amicizia che riesce a trasformare la speranza, in azione, la toglie dal mondo fatato della retorica bellica (uno dei due vende una medaglia d’onore per una bottiglia di buon vino) e la trasforma in potenza in mezzo alle bombe e ai cadaveri abbandonati dei campi di battaglia.
È questa speranza – azione, intrisa di sangue, evitamenti e derisioni a salvare 1600 uomini e ad aprire la strada verso la vittoria finale.
Oggi, il nostro momento storico, per quanto indecifrabile e difficile ha bisogno di questa unità di speranza azione per risollevarsi. Finiranno gli inni nazionali, i flashmob sui balconi e non sapremo ancora se andrà tutto bene o meno, senza rispecchiamenti, partecipazione ed unità.
Ai due, sul varco delle linee nemiche, viene data una pistola lanciarazzi. Se non vogliono proseguire nella loro missione devono lanciare un razzo verso il loro accampamento, così saranno salvati; se decidono di continuare, devono lasciare l’arma a terra, perché gli altri, seguendoli, capiscano che non si sono arresi.
Tu, continua ad avanzare, lascia l’arma a terra. L’analisi a qualsiasi condizione, a qualsiasi modo è un passo costante verso la propria liberazione, maggiormente adesso.
Gli eventi del mondo o li eviti o li guardi in faccia. Non ricordi? L’hai ripetuto a mente, un sacco di volte, in ogni singola seduta: adesso sono qui, non posso arrendermi !
Con tutti i mezzi possibili, per me, per te, per tutti, sarebbe meglio non disgregarsi, restare insieme: i tuoi Amici partigiani sono sul fronte.
luca & giorgio
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