Settimanale Psicologo Roma : MI MANCHI, EI FU SICCOME IMMOBILE
La sindrome del salvatore . Il senso di obbligo e di appartenenza, può essere spesso una prigione dorata
Mi manchi : Ei fu siccome immobile. E’ una prece.
La sindrome del salvatore . Il senso di obbligo e di appartenenza, può essere spesso una prigione dorata.
La sensazione di vuoto che spesso avvertiamo in assenza momentanea di una persona cara, lascia strascici di solitudine che spesso vanno molto aldilà di quella assenza.
Quando non ci sei mi lasci un senso di angoscia, non so stare senza te, avverto la morte nel cuore, un dolore lancinante al petto. Queste sono piuttosto espressioni e rappresentazioni di quel senso abbandonico che nulla avrebbero a che vedere con quella specifica presenza assenza di quell’ istante storico.
Il senso di vuoto che una persona lascia è come quella ipersensibilità epidermica di dolore, che rimanda piuttosto ad una infiammazione tendinea più profonda che così superficiale.
Il mi manchi è un sintomo più che d’ amore, di depressione, rispolverata attraverso quella occasionale assenza che rimanderebbe ad antiche situazioni passate vissute allora con cicatrizzata angoscia.
L’ angoscia dell’ assenza di oggi richiamal’ assenza dei fantasmi di ieri.
Il proiettore spara le sue immagini da ieri sullo schermo di oggi.
Il nostro presente è strettamente collegato al nostro passato come da binari che lontanamente lasciano passare le vibrazioni del passaggio del treno dei nostri vissuti.
I nostri ricordi lontani li sentiamo vivi se non sono mai stati bonificati, tali da lasciarci nel presente una ipersensibilità ad essi.
Basta un piccolo stimolo presente, sfiorato anche solo digitalmente, tale da scatenare ed attivare schemi di sofferenze antiche che ridiventano devastanti nel presente.
Il fatto curioso è che certe reazioni, consciamente non vengono attribuite ai vissuti passati, ma esclusivamente al presente, caricandolo di responsabilità che non ha.
Il senso di morte e di angoscia vissuto nel ” mi manchi ” rappresenta quel vuoto che si affaccia in un tunnel che va dritto in una direzione obbligata verso le fauci lontane delle proprie mancanze.
Le sofferenze non risolte restano così in eterna attesa che qualcuno le prenda in carico, le curi e le allievi.
Il mi manchi rappresenta esattamente l’ ansiosa attesa di quel salvatore sanificatore e bonificatore di tali matasse antiche .
Bella responsabilità, vero ? E anche molte infruttuose aspettative !
Di certi meccanismi non si possiede la minima consapevolezza e certe relazioni vengono impostate sulla base di certe pretese esasperanti e del senso dell’ obbligo nel realizzare un tale progetto sacrificale.
Certe relazioni rappresentano piuttosto la presa in carico del malato, altro che relazioni d’ amore.
A volte diventa irrinunciabile quell’ innata predisposizione alla sindrome del salvatore. Ma quando tentiamo di salvare un altro, in effetti vorremmo difatti salvare noi stessi.
Quando ci fanno sentire in obbligo e si avanzano certe pretese che sembrerebbero evidentemente esagerate, tocchiamo dell’ altro quel vuoto e quel magma antico di insoddisfazioni, che nulla avrebbe a che vedere col presente, causa di sola stimolazione di ricordi rimossi.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : UNA PERSONA NON CAMBIA SOLO PERCHÉ TU LO SPERI
A volte un sano pessimismo ci salva la vita
Una persona non cambia solo perché tu lo speri, c’è bisogno di impegno.
A volte un sano pessimismo ci salva la vita.
A quelle coppie in forte crisi, convinte del loro amore eterno, molto spesso domando il perché del loro matrimonio ? Risposte ? Pensavo che cambiasse.O pensavo di poterlo cambiare. È evidente in tale risposta la presenza di un concorso di colpa.
Eterno è ciò che viene sperato, ma la speranza senza un impegno verso il cambiamento, diviene un gioco d’ azzardo o di prestigio. Esaurisce, necrotizza .
Ancor prima di effettuare scelte così importanti, ognuno dovrebbe desiderare per se un percorso di crescita tale da non pretendere nulla dall’ altro, quanto poterlo imporre e determinarlo più per se stesso.
Sarebbe un diritto per se ed un obbligo migliorarsi, per non devastarsi e compromettere l’ altro all’ interno del vortice dei propri complessi.
L’ analisi di se non è una scelta, secondo le accezioni più volgari, popolari e comuni, per persone malate, psichiatriche o pazze, ma dovuta e obbligata, innanzitutto per favorire la conoscenza di se ed il miglioramento personale, se non, addirittura rappresenta la scelta, a detta da chi l’ ha già provata, piu intelligente e più pertinente che qualsiasi persona possa intraprendere.
La Chiesa Cattolica organizza, prima di ogni consacrazione matrimoniale, corsi pre matrimoniali imperniati su suggerimenti e buoni propositi per un vivere in coppia in un modo cristiano, ma paradossalmente le richieste di separazione aumentano sempre a dismisura, con riscontri devastanti sul singolo e sui minori. Allora cosa è che non va ?
L’ analisi rappresenta la scoperta di se, è l’ ergere e il consolidare la propria struttura, è la bonifica dell’ io, di un territorio devastato a volte compromesso e sabotato.
L’ analisi è la delineazione della propria topica e della propria di identità, è una carta identità, di imbarco per il volo, per salpare le terre sconosciute dell’ altro, un passaporto per l’ estero dell’ altro, il volo verso la vita e il mondo delle relazioni.
Come sarebbe mai possibile poter affrontare un viaggio senza documenti abilitanti ?
Per poter essere coppia, servono i documenti in regola di entrambi, non può uno presentarsi all’ altro in difetto, senza conoscenza e identità di se, come un clandestino, un profugo, bisognoso di tutela e di asilo politico.
Il clandestino si nasconde e rifugge nell’ altro, gli chiede aiuto e sussistenza, imposta inconsapevolmente più una relazione di aiuto che d’ emozioni.
Servono le carte in regola per vivere insieme.
L’ analisi rappresenta l’ abilitazione alla relazione, il certificato di idoneità, l’ assicurazione contro il rischio. Ma dove pensiamo di poter andare senza assicurazione, certo che si viaggerebbe ugualmente, ma l’ infrazione e il pericolo è a portata di mano ed è molto rischioso.
Questa non vorrebbe essere un tentativo di propaganda a vantaggio dell’ analisi, ma auspicare ed indurre ad una maggiore attenzione e necessità indispensabile di intraprendere una crescita personale, perché se conosci sai cosa vuoi, come fare e se è davvero il caso farlo.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Sessuologo Roma : FREUD E LE PASSIONI SEGRETE
Il Film su Freud
Vedi Qui il FILM:
“FREUD E LE PASSIONI SEGRETE” è un film biografico, in bianco e nero, su Freud, del regista John Huston, considerato uno dei massimi maestri del cinema hollywoodiano degli anni ’60, della durata di 1:40 min realizzato nel 1962.
Lo conosco da oltre 20 anni e rappresenta l’ unica produzione cinematografica finora mai realizzata sul padre della psicanalisi.
Il film ripercorre un excursus scientifico da Charcot, attraverso Breuer, Freud sperimenta l’uso dell’ipnosi fino agli esordi del suo pensiero psicoanalitico, sperimentando il suo metodo innovativo, tralasciando l’ ipnosi.
A mio avviso una pessima regia, ma eccellente per il suo genere, considerato che nessuno è mai stato in grado di realizzare un’ opera filmica di una tale portata su questo scienziato.
giorgio burdi
Settimanale Psicologo Roma : LA SINDROME DEL FIGLIO UNICO
Le loro aspettative e la mia solitudine
La sindrome del figlio unico
I tempi cambiano, cambiano le società e di conseguenza anche i nuclei familiari non sono più come quelli di una volta.
I nostri nonni ci raccontavano di famiglie di 7-8 persone che vivevano in una stanza, i nostri genitori ci parlano di come 4-5 persone vivessero in 60 metri quadrati.
Ora non è più così. I ritmi frenetici, la precarietà del lavoro e la crisi economica in cui viviamo hanno fatto si che le famiglie con un solo figlio siano la regola e non l ‘ eccezione come accadeva un tempo.
Se in passato le luci della ribalta erano puntate un po’ qua e un po’ là ora il cono di luce è rivolto quasi sempre nella stessa direzione.
Le attenzioni dei genitori si concentrano tutte sull’ unico figlio; su di lui riversano speranze, aspettative e ambizioni di vita messe da parte. Compiono ogni gesto in buona fede ma sono spesso inconsapevoli di caricare il proprio figlio di ansie e di angosce; quelle ansie e quelle angosce che ci assalgono tutti i giorni se solo accendiamo la televisione o sfogliamo un quotidiano.
Quante volte sentiamo parlare di disoccupazione giovanile?? Il futuro dei giovani è sempre più incerto ed è quasi impossibile realizzare un progetto di vita stabile e sicuro! Per questi motivi non è semplice crescere in un contesto del genere e il rischio di crollare è concreto se non si hanno fondamenta solide.
La gente che ti circonda ti riempie la testa con frasi come: “ senza una laurea non sei nessuno”, “ senza quel pezzo di carta finisci sotto i ponti”, “il lavoro non c’ è”, “il posto fisso è una chimera”.
Questo è la situazione in cui versano moltissimi giovani al giorno d’ oggi e tra di loro ci sono anche io: Ale 29 anni, figlio unico.
Sono cresciuto in una famiglia benestante; ho avuto un’ infanzia felice, un’ adolescenza tranquilla senza particolari scossoni ma si sa crescendo aumentano le responsabilità e si impara a leggere tra le righe ed ho percepito quei desideri fino ad allora celati dai miei genitori che sono usciti allo scoperto e si sono manifestati con tutta la loro forza.
Purtroppo per me questa pressione si è venuta a sommare ad un evento che mi ha segnato e che mi ha tolto molte delle mie certezze. Sono entrato in un loop che mi ha logorato dentro. Sono confluite in me le mie insicurezze che mi hanno paralizzato, il timore di deludere i miei genitori, l’ orgoglio personale che non mi ha permesso di accettare il fallimento e infine la speranza di recuperare la miaautostima. Questa è il vortice in cui mi sono trovato.
Ogni azione di un figlio unico, anche la più banale, è analizzata nei minimi dettagli proprio perché la sola. Nel momento in cui ho visto naufragare i miei progetti ho sentito ancora di più quegli occhi addosso come una luce cheillumina un detenuto che tenta di evadere dal carcere. Essere figlio unico al giorno d’ oggi non è affatto semplice. Non ho saputo gestire le mie emozioni e ho subito tutto questo.
La mia vita è precipitata; la mia storia d’ amore è terminata e anche alcune amicizie sono via via scemate. Sono passati giorni, mesi e settimane in cui la domanda ricorrente era: “ vedrò mai la luce alla fine di questo tunnel?”A questa domanda non so ancora rispondere!
Sto provando ad abbattere alcune barriere tolte le quali mi auguro di poter avere una visuale migliore della mia vita; solo così posso sperare di liberarmi da questa “prigionia”.
Realizzarmi per liberarmi: questo è il mantra che mi ripeto ogni giorno!
In conclusione ritengo che la realizzazione personale, il rendersi indipendenti è il solo modo per allontanarsi da quei riflettori e renderli molto meno abbaglianti.
Ale
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : ogni emozione ha la sua dignità
Fatti guidare dalla rabbia.. Ma non troppo
Fatti guirdare dalla rabbia
La rabbia come segnaletica stradale che ci esorta ad abbandonare certe strade
Così come esiste un codice stradale con le diverse segnaletiche ed i relativi significati esiste un codice emotivo che, se ben compreso, facilita la risoluzione di difficoltà relazionali.
Dal punto di vista psicologico/emotivo la rabbia potrebbe essere rappresentata simbolicamente come un “divieto d’accesso” ad una strada privata che è il nostro Io.
Osservare un’auto accedere senza scrupoli ad una strada privata, la nostra, che presenta il cartello rosso con la fascia bianca orizzontale, significa vedere violati e calpestati i nostri bisogni o desideri .
Come il cartello stradale protegge dall’invasione di una strada, cosi’ la rabbia ed il dolore accompagnato ad esso protegge l’integrità della nostra parte piu’ profonda. Questo campanello d’allarme segnala che il nostro Io e quanto correlato ad esso ,
speranze, valori, potenzialità, è stato tradito e questo comporta inevitabilmente un senso di depressione e scarsa stima di sè.
Se a generare rabbia sono le relazioni interpresonali nella misura in cui ci sentiamo non protetti, sorge il dubbio di come poter stare in realzione in modo efficace.
In realtà, per stare bene dovrebbe esserci, tra l’individualità e la comunione in termini relazionali, un equilibrio delicato.
In ogni caso, nel momento in cui per differenti motivi percepiamo in noi l’insorgere di questa emozione negativa, che ha pur sempre un suo valore, sarebbe opportuno imparare a sfruttarla per modificare schemi comportamentali fissi.
In tal senso si può iniziare ad individuare la vera causa che genera rabbia, e poi come poterla usare per chiarire i nostri pensieri, sentimenti, priorità e scelte , cosi’ da non restare intrappolati in infiniti cicli di conflittualità; inoltre, si potrebbe cercare di cambiare il nostro ruolo all’interno di costanti comportamentali presenti in una relazione.
Questo perchè molti dei problemi che si hanno nel gestire la rabbia emergono nel momento in cui scegliamo tra avere un modalità di relazione disfunzionale con il prossimo ed avere un proprio Io.
alessia potere
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : LA ESCORT
La pulsione di vita se diviene oggetto di lavoro finisce per svuotare il senso di se, e del piacere, col rischio di depressione
Escort – Cliente ? Vicendevole bisogno di abuso, sublimato in prestazione con ticket . Un servizio per il disagio.
In psicodinamica è un dato certo il fatto che l’ attività della escort sia relegabile ad esperienze passate di violazioni o di abusi sessuali subiti. Allo stesso modo dicasi per il cliente .
Attraverso il loro incontro, entrambi, mettono in scena l’ atto nel quale verrà riconsumato l’ abuso.
La differenza è che, la escort lo rimette in scena esorcizzandolo sotto forma di indennizzo riparativo attraverso la tariffa, il cliente lo sublima sotto forma di un Edipo erotizzato.
Non è una semplice questione di transfert, ma di bisogno di ripararazione di un abuso subito in passato, attraverso un altro abuso riparativo, che per sua natura è ridistruttivo della relazione. Anche i ripetuti atti di innamoramento, spesso non sono solo dettati da transfert, ma per la loro natura ripetitiva, sembrerebbero essere riparativi ed evitanti rispetto alla molteplicità delle figure maschili.
Comunque sia, il loro incontro, rappresenta la messa in scena, come in uno psicodramma, della frattura di una relazione, di una Elettra e di un Edipo non risolto.
Come potrebbe mai essere considerato un lavoro e pertanto legalizzabile la rappresentazione scenica di una violazione o di un abuso ?
La rappresentazione teatrale fa supporre la presenza di attori, in effetti il piacere offerto viene recitato, quello ricevuto viene ingannato. La tariffa stessa rappresenta il pagamento di una prestazione recitata.
A far gli attori ci si diventa e ci si crede, l’ autentico si perde per strada, ci si identifica con l’ illusione e la menzogna.
Il vero problema non è legalizzare, ma come curare. Uno stato che legalizza è altresì da curare, perché pretenderebbe partecipare alle quote di quell’ indennizzo economico riparativo dell’ abuso subito e reiterato.
In tal senso lo stato, con proposte legislative di legalizzazione, si porrebbe come un ulteriore abusante dei disagi umani.
Che sia il lavoro più antico al mondo, giustifica solo il livello disoccupazionale e finanziario del problema, meno quello psicodinamico.
Su questo lo stato è doppiamente responsabile, perché si fa garante della disoccupazione ed usa le debolezze umane per speculare, così come accade anche per la continua proliferazione dei centri delle slot machine, tutto a vantaggio dei subdoli introiti incentivanti le dipendenze.
La pulsione di vita se diviene l’ oggetto di un lavoro, finisce per deupaperare e svuotare il senso di se, col rischio di depressione.
Dedicato a tutte quelle persone che fanno un lavoro che non vorrebbero e fanno del proprio sintomo, la cura, per barcamenare il lunario.
La sessualità non diviene più slancio, grande bellezza motivante la vitalità, ma accessorio suddito di un trauma subito.
Se alla dimensione privata viene sottratto il piacere autentico della sessualità, la si svuota della sua linfa rigenerante, si ingenera il vuoto propulsore di rabbia.
A volte piace giocare d’ azzardo, facciamo dei giochi sui fondamentali della vita, si mettono in discussione gli assiomi dell’ esistenza, ci piace mettere in discussione il senso dell’ esistenza, di se e del piacere delle relazioni, che in questo modo divengono ingestibili e insopportabili .
La prostituzione è una bugia a pagamento, è l’ ammissione dell’ essere incapaci alle naturali relazioni intime affascinanti ed emozionali, oggetto di un lavoro analitico, ma tra le tante bugie della vita, alle quali siamo abituati, sicuramente essa per niente è la peggiore.
giorgio burdi
Settimanale Psicologo Roma : COME SOPRAVVIVERE AD UN NARCISISTA
Ma non so fare a meno nè di lamentarmi, nè di piangere, ma anch’ io ho un bisogno quasi smisurato di lui
Come sopravvivere a un narcisista
Ma non so fare a meno nè di lamentarmi, nè di piangere, ma anch’ io ho un bisogno quasi smisurato di lui
Ti senti single in coppia? Hai l’impressione che il tuo compagno non sappia comprendere i tuoi stati d’animo e leggere le tue emozioni? Ti giudica troppo emotiva ed esagerata nelle reazioni, quando invece è lui che obiettivamente non coglie la gravità della situazione? Hai la sensazione che sia avvolto da una barriera impenetrabile sulla quale l’emotività rimbalza? Molto probabilmente hai affianco un narciso, che non è proprio un “fiore di personalità “.
Ma infondo siamo anche noi che lo rendiamo e lo costituiamo tale, per il bisogno che possediamo, e per la forma avvincente e la subdola venerazione ed attaccamento che nutriamo verso di lui.
Contrariamente a quanto si possa pensare la personalità narcisista non è solo quella plateale, che ha bisogno di stare al centro dell’attenzione, di continua ammirazione, attratta da fantasie illuminate di successo; ne esiste una versione molto più subdola e difficile da diagnosticare a un occhio non adeguatamente preparato, che è il narcisista ” inibito”, che ha tra le altre caratteristiche quella fondamentale di rifuggire ruoli da protagonista e di avere una sensibilità troppo elevata, che chiameremmo nel gergo comune “permalosità”.
A prescindere da ciò, la finalità di questo articolo non è di diagnosticare un profilo di personalità oramai fin troppo diffuso anche a causa della società individualista e competitiva nella quale viviamo, ma chiarire a chi vive a stretto contatto con un narcisista cosa può fare e soprattutto cosa “no” per gestire questa relazione senza farsi distruggere psicologicamente. – Non sperate di cambiarli o non aspettatevi che chiedano scusa. Sono convinti di avere ragione, perciò non fanno autocritica, devono avere l’ultima parola. Lasciategliela.
– Sul lavoro, niente aspettative. Non pensate di essere compresi per ciò che fate, per il tempo che dedicate, per la fatica, tutto gli è dovuto e non è mai abbastanza. Siete voi che dovete essere assertivi, presidiare il vostro spazio, difendere i vostri diritti.
– Non badate alle loro giustificazioni. La colpa è sempre degli altri e criticarli può avere un effetto boomerang; piuttosto seguite i vostri obiettivi lasciandogli la scena.
– Non fatevi manipolare. I narcisisti sfruttano la vostra capacità di empatia per ottenere il massimo. Smettete di sentirvi in debito. Fate ricorso alla rabbia ma a quella assertiva: i narcisisti suscitano inevitabilmente rabbia ma è controproducente lasciarsene sopraffare ma anche reprimerla e rimuginarci sopra. Difendete le vostre convinzioni e siate irremovibili nelle vostre scelte ma attenzione, non diventate come loro, egoismo genera egoismo.
-Prendete il buono che c’è in loro, spesso tendono a imporre la loro volontà, ma spesso sono anche divertenti e possono avere buone intuizioni. L’importante è mantenere la propria capacità di indipendenza.
L’unico modo per creare gli anticorpi è non avere bisogno di lui e non sviluppare meccanismi di dipendenza. Non pensare che lui cambierà per amore, non succederà mai, per questo non bisogna rinunciare al lavoro, alle amicizie, agli interessi, non bisogna sacrificare le proprie autonomie.
Questo vale sempre, in ogni coppia, ma nel caso del narcisista è indispensabile. Come è indispensabile sapere che il narcisismo nasce come difesa, come cura per una ferita affettiva nata probabilmente durante l’infanzia, che più tardi può diventare una vera e propria malattia, un delirio di onnipotenza e autosufficienza.
Stare accanto a un narcisista significa capire quando la frustrazione lo spinge verso una pericolosa deriva che porta alla depressione o addirittura alla dipendenza da sostanze considerata una ‘cura’. Paradossalmente è proprio la caduta narcisistica a rappresentare l’unico spiraglio di salvezza per la propria personalità, di fatti il narcisista accetta l’aiuto psicoterapeutico solo quando vive una fase transitoria di forte depressione narcisistica.
alessandra grasso
ContinuaLO SCULTORE
Per modellare la tua vita, disponi dei tuoi o dei pollici altrui ?
LO SCULTORE
Avete mai provato a modellare l’argilla? Ad affondarci dentro le mani, percependone la morbidezza, la plasticità e l’ umidità propria della materia informe? É malleabile se é umida, puoi creare tutto ciò che vuoi, puoi trasformare, con le mani, le tue idee in scultura. Se è secca e rigida come la mente, non ci ricavi nulla.
La metamorfosi delle forme plastiche architettoniche della materia, attraverso la metamorfosi e la malleabilità mentale mentale .
Puoi fare di te ciò che vuoi, se lo vuoi, sotto i tuoi pollici .
Chi cambia é un artista, rimette a nudo la materia e rincomincia, rimpasta riprende ed rincolla idee, acqua, intuito e fango, si sporca, si lava, si imbratta, si terge il sudicio, si asciuga e ammira come la propria vita assume forma, l’ appropriata plasticità e gestalt, se l’ Artista sei tu di te stesso.
Chi non da nuova forma alla propria vita , non vive.
Noi siamo gli scultori di noi stessi, quel pollice affondato nella malleabile plasticità della materia della nostra vita, delinea il il nostro percorso.Percorso che il piu delle volte prende la strada dei pollici altrui.
C’è qualcosa di magico in questo: poter creare dal nulla, solo con la tua mente, attraverso le tue mani.
È un po’ come vivere. Scegli tu come farlo, come plasmare la tua vita, dal nulla. Inizialmente non hai niente, un pane di argilla, un nome, e poi ti ritrovi tra le mani una scultura, la tua vita.
Capita che a volte non è esattamente come l’avevi pensata, che quei precisi pensieri e desideri non hanno trovato realizzazione, hai modellato nel modo sbagliato, forse a causa di mani ancora poco pratiche nel gioco della vita.
Ma l’arte ci insegna che l’errore e l’imperfezione conferiscono bellezza e autenticità alle nostre opere, e allora cosa c’è di più bello del creare qualcosa di proprio ed unico, inimitabile, spesso imperfetto, ma gelosamente nostro, quale l’opera d’arte della nostra vita ?
“Ti ho plasmato dal fango e ne ho fatto il mio capolavoro”: Nella Genesi Dio si pone come l’ Artista che plasma se stesso nel capolavoro della sua creazione, l’Uomo. Lo creò a Sua immagine e somiglianza, come la rappresentazione speculare di sé.
Noi siamo e dovremmo essere quel pollice che affonda nella malleabile plasticità della materia della nostra vita. Non lasciare che altri pollici la deturpino.
Non permettere agli altri di derubarti dell’opera d’arte che sei e di plasmare i tuoi tratti al posto tuo, ma soprattutto non giustificare la loro volontà o l’ incidente di farlo.
Adesso prova a sperimentare quello che ti ho detto.
Prendi un pane di argilla e, a tuo piacimento, plasma ciò che vuoi. Mentre lo farai, ti accorgerai di poter fare altrettanto con la tua vita, perché solo tu sai quali solchi le tue dita vogliono scavare.
Sei l’artista della tua vita!
giorgio burdi
Continuasettimanale Psicologo Roma : Studio BURDI sul mensile ‘ VERO SALUTE ‘
Ragazzi caduti nella Rete
Studio BURDI su “VERO SALUTE” Mensile, anno 8, n° 6, Giugno 2014 – In Edicola –
CADUTI NELLA RETE
Ragazzi in rete : come riuscire a proteggerli da pornografia, stalking….
Violazione della privacy, immagini erotiche e stalking. I pericoli legati a Internet sono tanti: conoscerli è il solo modo per tutelare I nostri figli.
Servizio di Alessia Bottone, con la consulenza del dottor Giorgio Burdi, psicologo e psicoterapeuta a Roma
Un miliardo di tweet negli ultimi tre anni. Duecento milioni di profili linkedin.Piú di un miliardo di utenti facebook attivi.Sono solo alcune delle statistiche che coinvolgono il mondo dei “social”, limitandoci a’quelli più diffusi.
Condividi, clicca, metti “mi piace”e commenta: pochi semplici passi per diventare protagonisti della Rete ed essere notati, cliccati e, perché no, anche un po’invidiati.
Iscriversi e partecipare non sempre è’frutto di una decisione ponderata, bensì di una scelta che si ritiene obbligata. Il messaggio ricorrente è chiaro, se non sei in Rete non esisti.
Se gli over trenta stanno imparando che condividere troppe infornazioni personali online puo rivelarsi una pessima scelta, non si puo dire la stessa cosa per I giovani naviganti italiani, the hanno trasformato lo sharing, il selfie, e la comunicazione virtuale in un’attività full-time.
Secondo il Rapporto Censis del 2013, l’evoluzione digitale della specie, ben il 75,6 per centro dei giovani italiani tra I 14 e I 29 anni è iscritto aFacebook e questa percentuale va inquadrata all’ interno di un altro dato ancorapiil emblemati: il 90,4 per cento dei ragazzi utilizza Internet più o meno abitudinariaraente.
È indiscutibile, Internet rappresenta un’ottima opportunità di apprendimento e di informazione ma è anche vero che agli utenti meno esperti manca la capacità necessaria per rendersi conto che, quando la condivisione è virale, rischia di diventare incontrollabibe, che un adulto che si propone in webcam chiedendo informazioni personali e parlando di sesso non è punto di riferimento, ma un grave pericolo per la propria salutee incolumità ……
Per ovvii motivi si rimanda all’ edicola
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : ASPETTANDO GODOT
Se decido ci sono, se non decido mi logoro
ASPETTANDO GODOT
Se decido ci sono, se non decido mi logoro
Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot, dormo tutte le notti aspettando Godot.
Ho passato la vita ad aspettare Godot.
Nacqui un giorno di marzo o d’aprile non so, mia madre che mi allatta è un ricordo che ho, ma credo che già in quel giorno però
invece di poppare io aspettassi Godot.
Nei prati verdi della mia infanzia, nei luoghi azzurri di cieli e acquiloni,
nei giorni sereni che non rivedrò
io stavo già aspettando Godot.
L’adolescenza mi strappò di là,
e mi portò ad un tavolo grigio,
dove fra tanti libri però,
invece di leggere aspettavo Godot.
Giorni e giorni a quei tavolini,
gli amici e le donne vedevo vicini,
io mi mangiavo le mani però, non mi muovevo e aspettavo Godot.
Ma se i sensi comandano l’uomo obbedisce, così sposai la prima che incontrai, ma anche la notte di nozze però, non feci nulla aspettando Godot.
Poi lei mi costrinse ed un figlio arrivò,
piccolo e tondo urlava ogni sera, ma invece di farlo giocare un po’,
io uscivo fuori ad aspettare Godot.
E dopo questo un altro arrivò,
e dopo il secondo un altro però, per esser del tutto sincero dirò,
che avrei preferito arrivasse Godot.
Sono invecchiato aspettando Godot, ho sepolto mio padre aspettando Godot, ho cresciuto i miei figli aspettando Godot.
Sono andato in pensione dieci anni fa, ed ho perso la moglie acquistando in età, i miei figli son grandi e lontani però, io sto ancora aspettando Godot.
Questa sera sono un vecchio di settantanni, solo e malato in mezzo a una strada,
dopo tanta vita più pazienza non ho,
non posso più aspettare Godot.
Ma questa strada mi porta fortuna, c’è un pozzo laggiù che specchia la luna,
è buio profondo e mi ci butterò,
senza aspettare che arrivi Godot.
In pochi passi ci sono davanti,
ho il viso sudato e le mani tremanti,
e la prima volta che sto per agire, senza aspettare che arrivi Godot.
Ma l’abitudine di tutta una vita,
ha fatto si che ancora una volta,
per un momento io mi sia girato,
a veder se per caso Godot era arrivato.
La morte mi ha preso le mani e la vita, l’oblio mi ha coperto di luce infinita,
e ho capito che non si può, coprirsi le spalle aspettando Godot.
Non ho mai agito aspettando Godot,
per tutti i miei giorni aspettando Godot, e ho incominciato a vivere forte, proprio andando incontro alla morte,
ho incominciato a vivere forte, proprio andando incontro alla morte.
claudio lolli
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