Settimanale Psicologo Roma : PARANOICI
Il disastro dell’ auto convinzione
PARANOICI
Il disastro dell’ autoconvinzione
Il mondo, come lo delineiamo, è molto prossimo alla nostra fantasia o all’ orrore, tutto dipende dai nostri antefatti, molte volte ci raccontiamo una realtà che non esiste, non c’è e risulta essere molto prossima ai nostri timori, turbamenti o alle nostre aspettative anche più positive.
È difficile essere obiettivi, vedere la realtà per quella che è, bisogna avere i piedi ben saldi per terra con un solido battistrada, per osservare, guardare e sentire obiettivamente con autentica attenzione, con i neuroni sulle spalle, ben interconnessi tra noi e il mondo.
Riuscire ad avere una visione molto più prossima alla realtà ci rende migliori, veri e più sereni e più efficaci, perché essa, il più delle volte, è migliore del pensiero e delle proprie elucubrazioni e mugugni.
il pensiero spesso si comporta da demone malvagio, siamo un po’ tutti paranoici, la paranoia è l’ interpretazione del vero, non è il vero, è la ginnastica del pensiero ossessivo, rinforza i muscoli del pessimismo, l’interpretazione paranoica è un autentico falso immaginativo, al quale ahimè crediamo.
Il ripasso mentale continuo di pensieri e parole ossessive e delle loro interpretazioni, è la palestra del malessere e dell’ incupimento.
Frasi, parole, persone e fatti, visti con una certa convinzione, possono rendere la vita davvero impossibile.
Nelle fobie per l’ horror vivono mentalmente i ripassi di immagini temute, esse vengono raccolte dal passato, rivisitate, ripassate a memoria e rese vive nel presente sotto forma di fantasmi persecutori.
Gran parte dei disastri umani vengono edificati sulla base di tali timori ossessionanti. Dovremmo poter sentire, vedere e toccare la realtà con mano in modo più tangibile, da farci i calli, per come andrebbe afferrata.
Come guardare in faccia il cielo, il sole, la luce e l’aria, con le sue serene trasparenze, ci renderemo conto di quanto possa essere così bella, come il sibilo del vento, il semplice cielo fresco e stellato, così intenso nella sua notte profonda.
A volte è nell animo umano il volersi nutrire, costruire e creare problemi inesistenti, ci si sente a casa nell’ inquietudine inutile e vacua, probabilmente si è reduci di una casa così edificata.
Sono le esperienze ossessionanti che ci fanno fra intendere la realtà in un modo completamente distorto, sono le esperienze negative che ci fanno diventare prevenuti rispetto all’eventualità di sperimentare e sperare in una realtà migliore.
Rispondiamo in modo vecchio a realtà completamente nuove, c’è bisogno di un cambio di registro, di sovvertire le proprie credenze e convinzioni, ci sono tante risposte a sole domande e modi differenti di considerare gli eventi, diviene indispensabile comunque nutrire sempre il dubbio sulle proprie ed altrui “certezze” e visitare le circostanze da angoli di osservazione differenti, per curare il bene e rasserenarsi.
Gli angoli di veduta differenti si realizzano solo in un contesto di continuo continuo e continuo confronto con gli altri che ci portano in alto, i soli a condurci il più vicino alla realtà, attraverso i confronti e i litigi, è la passione per il parlare lo sbrogliatore delle matasse, perché il problema consta esattamente nel rimuginare soggettivo ripetitivo.
Il confronto è un privilegio di pochi, possibile fra interlocutori sensibili, intellettualmente onesti, non ancorati su posizioni prevaricanti, o cristallizzati su fossilizzate posizioni. Quando tutto questo fortunatamente non c’è, esiste il dialogo e la crescita, il proprio evolversi e maturarsi, diversamente si soccombe e se si ha personalità si fa il pieno delle tensioni.
Cambiano solo, le persone che hanno consapevolezza e volontà di farlo, questa coscienza é già un cambiamento, anche se non fattivo, ma che almeno vige nel proprio animo, per questo c’è la speranza che possa attuarsi al momento che si ritiene giusto per sé e vi siano le condizioni consone.
A volte è lento e graduale questo cambiamento, ma la predisposizione del proprio animo migliora la qualita di vita e costruirà le basi per il verificarsi dell’ attuazione delle condizioni favorevoli ad esso.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : GIOCARE SEMPRE
Il cervello è un bambino, lascialo divertire
GIOCARE SEMPRE
Il cervello è un bambino, lascialo divertire
Prendiamo tutto sempre così seriamente, mentre da bambini restiamo col mento appoggiato sul dorso delle mani, in attesa di essere divertiti e stupiti in una risata scoppiata con le lacrime.
Il cervello è un bambino alla ricerca continua, di una palla, di birilli o figurine, di una fetta di anguria sbrodolata sulla maglietta pura, alla ricerca di palline di vetro che fanno tiz che si scheggiano tra loro, di tana e tingola, di suonate di campanelli e fughe, di gavettoni e dentifricio nelle scarpe.
È alla ricerca di castelli di carta o di sabbia con gallerie in acqua di mare, con rastrelli, palette e secchiello e di tricicli, di giro giro tondo, di corse sfrenate con la graziella strong senza rotelle che si piega in due.
Noi siamo bambini che fanno lotte, salti, capriole e cavallucci, pendoli, salami e carri armati sul letto. Siamo bambini che di giorni parlano con le trottole e le costruzioni, con Cicciobello con ciucciotto e con BarbieBaci, in abito lungo ampio rosa in tulle, con stampino e rossetto; e la notte dialogano con l’ angelo custode, per proteggere i genitori e rendere i monelli più buoni, e dopo recitano le preghierine, per rendere più luminosa la notte.
Il cervello è un bambino che si nutre di Esopo, di favole a lieto fine, di racconti di marinai che percorrono le galassie con la loro nave fatta di razzi; è un bambino che spazzola i radi capelli alla sua scimmietta monciccì, che si stringe e dorme insieme al suo orsacchiotto. Noi siamo bambini che dormono sfiorando tra le dita la frescura di madre perla dei bottoni del cuscino, o sfiorano il raso e il cashmere del bordo della coperta.
I bambini sanno vivere, loro che dopo un bernoccolo scoppiano a ridere, non hanno diritto a soffrire, loro che il dolore lo chiamano bua e che subito dopo tornano a giocare, con le ferite che passano dopo una magia.
Un buon adulto è stato un buon bambino, e sarà buono con i suoi bambini e con gli uomini che gli passeranno accanto.
I bambini giocano sempre, non mollano mai, sono portenti, argento vivo, non si stancano mai, dicono -ancora e dai continua-, si inventano sempre personaggi, gli cambiano la voce, hanno una fantasia da regista, mettono in scena imperatori, principesse, schiavi professori studentesse e mietitrici…..
Inventano continue favole, recite e filastrocche, inventano sempre un mondo migliore che possa realizzarsi, senza bambini non ci sarebbe mai speranza e il loro sogno anche se rimane una illusione, ti fa guardare in modo leggero e con disincanto.
Invece noi facciamo castelli in aria, siamo sempre nel buio delle gallerie, lavoriamo come degli avatar con rastrelli e picconi, mettiamo da parte denaro per poi curarci, per andare in vacanza a giocare, quando di gioco potremmo giocare sempre.
L’umorismo è una reazione all’ istinto di morte, per esorcizzare il dispiacere, la serotonina e le endorfine sono quegli antichi ormoni a difesa del nostro piacere. Noi siamo nati per gioire. Noi per essi, giochiamo da sempre e saremmo sempre bambini.
Impariamo da noi, che siamo stati bambini, quando non avevamo sub strutture preoccupazionali che ci spegnevano, rimandiamoci all’ essenziale, all’ essere naturali, spontanei, vivi, autistici rispetto ai problemi. Fatalisti rispetto all’ irreparabile.
giorgio burdi
ContinuaPOETI CON LE PALLE
POETI CON LE PALLE
I Ricercatori di chiarezza
Sono romantici, delicati, passionali sentimentali, umani, molto vicini, abbraccianti, conoscono il senso dei valori, l’ omissione di presenza, di vicinanza e di soccorso non abita in loro, peró hanno i piedi ancorati per terra, l’ elmetto e lo sguardo alto, coperti sulle spalle, irti sulle proprie gambe. Sono scaltri, ma buoni, sono un faro nella notte, un banco di generosità, ti sono vicini, sono speciali perché ti svelano e ti incastrano su una parola, su un gesto, un’ impressione, per aprirti su mari di prospettive.
La loro meta è il vero, il così come si è e come si chiamano le cose per il loro vero nome, ti strappano la maschera, aborrono l’ ipocrisia, difficilmente si lasciano manipolare e quando ciò accade è perché odiano la guerra, amano l’ armistizio, l’ accordo, non la resa, sono validi diplomatici, ma non evitano i conflitti, li accolgono, per perseguire la comprensione, la compassione e la trasparenza.
Il loro baluardo è la chiarezza, se fuggi da essa, ti ritorna come un boomerang, non si lasciano tergiversare in peripezie di argomentazioni distraenti, riprendono il tema, l’ oggetto, battono il chiodo, non mollano mai l’osso, ma da caparbi, devono sciogliere il nodo.
Sono buoni e scaltri, forse giusti, acerrimi nemici del vago, del non detto e del non fatto, sottilmente discreti e taglienti sulle ambiguità che non passano inosservate.
L’ evidenza è la loro forza, non giocano a mosca cieca, lottano contro l’occulto, su ogni cosa lasciata in sospeso e nascosta, o su ciò che feconda il dubbio, l’ oblio e l’incertezza; sono speleologi delle ombre, entrano dentro come pompieri, per spegnere il rogo, non sono salvatori della patria, ma liberatori per bonificare, lasciando luce e trasparenze.
I poeti con le palle conoscono le paure, ma la loro audacia, mette paura alle paure, sono uomini di coraggio, perché le paure son dettate da ciò che si nasconde, come il buio che spaventa e rende inquieti ed insicuri, ma la scia dei poeti della chiarezza, le dissolve.
Nella chiarezza tutto è rinnovabile, la chiarezza è un solvente che prepara le barche ad essere riverniciate per nuove traversate, verso mari calmi ed in tempesta, ma per far la chiarezza serve molto coraggio.
I poeti con le palle non ragionano, sembrano impulsivi, ma non lo sono, sono impressionisti, con freschi colori di pennellate, sono schietti, sanno che la ragione molte volte non serve, giustifica, frena la verità , frena la chiarezza attraverso un processo difensivo di argomentazioni perditempo; i poeti con le palle ascoltano le pulsioni, le sensazioni, traducono ed ordinano in parole il caos nella testa e passano ai fatti, all’azione, sono dissolventi dei labirinti complicati.
Hanno esplosioni, eruttano emozioni, li senti solo quando detonano la loro carica di parole, fluenti come magma, trasformano i paesaggi in colori più roventi.
Il poeta con le palle ama le relazioni e più esse sono contorte e complesse, più è convinto che siano belle, perché bello è ognuno di noi, diverso tutto da sbrigliare e srotolare.
Il poeta con le palle non ha timore di abitare, perlustrare viaggiare tra le sensazioni e le sofferenze umane, li abita e dimora la più pura intimità, nella bellezza nel più ardente dolore, perché esso è l’ epicentro di se .
I poetici con le palle dicono ciò che non si dice, districano ciò che intorciglia la matassa, ciò che contorcono le budella, contestano ciò che non ha senso, sono paladini del buon senso, prevengono, ciò che diviene lotta intestinale, intrigo e cattiveria, essi danno la dritta.
Ciò che più è nascosto, è ciò che più rivela di noi; e le cose non dette sono spesso le migliori, ciò che non fa mai , un poeta con le palle, è non dire.
giorgio burdi
ContinuaLA PROFONDITÀ DELLA LEGGEREZZA
È come l’ attesa della stella cadente
LA PROFONDITÀ DELLA LEGGEREZZA
È come l’ attesa della stella cadente
La semplicità è leggerezza è desiderare la vita come è, volendola migliorare, è poter vedere le cose dall’ alto, è non temere di non poter trovare tutto, è non temere di poter provare tutto, è non temere di non volersi sottrarre a nulla.
Essere più leggeri non è superficialità , ma volteggiare delicatamente nell’aria. La leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avendo macigni sul cuore.
La semplicità è una musa ispiratrice, è una formatrice continua, vivente che osserva ed apprende. La vita è semplice, se gli uomini sono complessi.
È semplice e leggero il respiro, un sorriso, il bimbo che lalla, che mentre parla sembri che canti, è la parola buttata lì, una passeggiata, un ciottolo preso a palla, una nuotata sull’ acqua o sott’acqua, un alito di brezza, l’ attesa della stella cadente, il camminare scalzi mentre si guarda la luna, una risata, il mangiare con le mani uno scampo tra le labbra, mentre decanta il frizzante in un calice di bollicine, come ascoltare sul balcone le cicale o mentre dormi, tra l odore dei pini e il cielo della notte con le stelle che diventano vere come i sogni cadenti in questa notte d’estate.
Tutto ciò che è semplice è così perfetto che sembra scontato, ma è così scontato tutto ciò che è inosservato. Le cose semplici restano scontate perché trascurate all’ abitudine, ma sono così complesse che la loro armonia li rende semplici.
Le cose semplici sono leggere, non giudicano, non litigano, non limitano, sorridono e accadono, perché vanno da sole sopra il pensiero, come la frescura di questa sera d’estate, alla luce della luna, anche l atmosfera della terra complice, brinda per tutti noi.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : LA DISCREZIONE È INTELLIGENZA
Come vivere in pace, da zen
LA DISCREZIONE È INTELLIGENZA
Come vivere in pace, da zen
La discrezione è ricerca e possesso della propria identità, è la delimitazione tra se e gli altri, è il rispetto per la vita propria e per quella altrui, è il cardine della cultura delle differenze individuali.
Discrezione è distinguersi, guardare da un palmo al di sopra dei propri occhi, è essere zen, è tutela della salute, è distacco dai conflitti e accudimento di se, è conoscere la differenza tra ordine e confusione.
L’ indiscrezione è caos, è fusione agli altri, è rimpiazzarsi e realizzarsi sugli altri, è chiedere e non offrire mai risposte. L’ indiscreto è un ficcanaso, non ha scrupoli, ne diligenza, ne sensi di colpa, è un gossip del controllo, perché di suo riconosce molto poco, riconosce bene ed invidia i successi altrui.
La persona discreta ama, è delicata, raffinata, può essere un analfabeta, ma colto di buon senso, ha un grande senso di appropriazione di se e delle sue passioni, stima, non lascia informazioni gratuite, non si sente in obbligo o in dovere, conserva e cura rapporti rispettosi e piacevoli, perché un rapporto discreto edifica un rapporto piacevole, generato dal senso della riservatezza e della privacy.
Le relazioni, se non sono di natura lavorativa, hanno un senso se sono piacevoli, aborrono l’ ipocrisia, la doppiezza, perché possono essere scelte sulla base della discrezione.
Il discreto, tutela se è gli altri, non è asociale, è un agevolatore di dialoghi profondi, corretti, improntati al bene, è felice per la felicità altrui, del proprio amico, non invidia come l’ indiscreto, il suo atteggiamento, è il preliminare della legge sulla privacy. Prima della legge, bisognerebbe essere formati alla riservatezza.
L’ indiscreto controlla, chiede, domanda, è un paparazzo, un popolano insicuro, affetto da noia, è anasertivo, un ossessivo coatto, crede di averne molta, ma non possiede autostima, ha una stima apparente, manipolatore, non ha mai argomenti oltre al pettegolezzo, mai un cenno su di se, punta il dito giudica e resta solo.
Dedicato a tutti coloro che guardano raramente dentro di se, ma con invidia all’ altro che vorrebbero essere.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : QUANTO VUOI VIVERE
Lo decidi tu. I fattori di stress o di benessere da relazioni .
QUANTO VUOI VIVERE ?
Lo decidi tu. I fattori di stress o di benessere da relazioni .
Tutto ciò che ci circonda, produce emozioni, ci ama, ci odia, ci logora, ci lascia indifferente, tutto diviene oggetto di serenità o di angustia, di noia, ci si lascia circondare da positivi, da persecutori e da pochi felici per la propria felicità, da altri e tanti ambivalenti, in realtà, siamo noi che permettiamo che tutto ciò accada.
Siamo noi che attraiamo i nostri liberatori o infastiditori. In verità attraiamo tutto ciò che ci è più famigliare, in base ai fattori educativi ricevuti, siamo buonisti o incattiviti e prendiamo ciò che ci serve sul momento, ci rendiamo più o meno attrattivi, incoscienti o consapevoli di tutto ciò che ci succede.
Diciamo che, doveva accadere, che era destino, in realtà noi siamo gli artefici dei nostri eventi, perché le situazioni si verifichino e e determininino il nostro destino.
Per evitarlo o favorirlo, bisognerebbe possedere una visione profonda delle dinamiche delle relazioni umane, essere presente in ciò che accade.
Da questo punto di vista, la nostra vita verrebbe inevitabilmente condizionata e tatuata sempre per opera nostra. Ognuno di noi è l’ artefice predominate della propria creazione e direzione: noi siamo i creatori o i distruttori di noi stessi.
Si fanno scelte sbagliate o si sbagliano i punti di vista ? Sarà l’eccesso di fiducia verso gli altri, la credulità, il buon senso umano, un sogno accecante,oppure è l’ impulso verso certe scelte inutili e che annodano la nostra obiettività.
L obiettività nelle scelte non può mai essere soggettiva, non puó coincidere o confondersi con i bisogni da soddisfare.
L’obiettività è invece oggettiva, sa quello che vuole, ha chiari gli obiettivi, è una donna che si distingue da tutte le altre.
Nel campo delle relazioni umane, per tutelare l’obiettività e la propria incolumità, dovremmo poterci chiedere, perché ci sì lascia circondare da situazioni e persone simili, quali sono le loro intenzioni e i loro bisogni.
Gli errori relazionali vengono compiuti sulla base o di superficiali valutazioni, di pettegoli triangolazioni, di invidie e competizioni, attraverso atteggiamenti di bonismo, sulla base di sofferenze stratificate, tutti inclini ad abbassasse la guardia alla consapevolezza per determinare gli eventi.
Spesso siamo circondati da riempitivi, rappresentano i surrogati, sagome di cartone, relazioni di cartapesta, compensati di polistirolo, corpi estranei incastrati nella nostra linfa, si avverte dopo la loro stomachevolezza, la fragilità, l’ intolleranza repellente e l’ indigestione.
Tutti i riempitivi all’inizio non vengono mai considerati tali , vengono percepiti come un bene, a breve, medio o a lungo termine lasciano l’ insoddisfazione, da produrre effetti patogeni sull’ umore e sull’ organismo, tali da produrre tutto il loro effetto dolorifico.
Attenzione a come instauriamo certe relazioni, al flusso continuo dei messaggi che fluiscono, non rimaniamo fuori e sordi, sturiamo la nostra attenzione sopita. Impariamo, ad ascoltare, a rispondere sempre e a tacere mai, ad essere in allerta dinanzi alle subdole manipolazioni, a rilassarsi solo dinanzi alla correttezza.
Una scelta sbagliata nasce dal voler soddisfare, tramite le relazioni, singoli bisogni e nostri tratti mancanti, in risposta a ciò che è insoddisfatto, incappando in ulteriori reiterate nuove relazioni ancora a noi totalmente opposte.
È molto facile confondere il bisogno con una persona.
Le scelte sbagliate derivano dalla confusione tra questi due elementi.
Una persona non è un bisogno da soddisfare.
Il bisogno, è molto più semplice, la persona, tanto più complessa, Ad esempio, il bisogno di non essere solo e di avere accanto a se una presenza protettiva, può risultare più semplicistico, rispetto alla complessità di trovare un’ altra assenza assoluta, per mancanza obiettiva di valutazione dell’ interlocutore.
L’ errore più grande che si potrebbe commettere, sarebbe quello di ridurre l’ interlocutore, ad una serie di bisogni da soddisfare. È un meccanismo involontario paragonabile ad uno utilizzo improprio degli altri, prossimo ad un abuso vero e proprio, ad una Violenza psicologica.
Si sbaglia di continuo solo inseguendo soddisfacimenti di bisogni,trascurando chi abbiamo di fronte. Le persone non si possono mai conoscere abbastanza, se si guarda al baratto o sulla base di ciò che si puó dare o ricevere. Su questa linea, ci si danna o ci si libera.
Su questa linea c’ è la cura o la malattia, se ti lasci andare e non ti curi, o se decidi di vivere, essere attivo, gioviale o felice, o deperirti in una data di scadenza.
I fattori da stress relazionali detengono un posto privilegiato nel determinare i nostri fattori di invecchiamento o di giovinezza. Ci sono relazioni che decisamente fanno invecchiare, che assorbono il nostro tempo e ci rendono privi di forze.
Noi decidiamo la qualità della nostra vita se semplificarla o complicarla, della nostra salute o della malattia, se aver voglia di curarci, tenere a noi o ammalarci.
La vita nelle relazioni o diviene nutrimento o esaurimento.
È per questo motivo che alle volte si fugge, per la perdita del senso di certi rapporti.
Alle volte è preferibile stare soli con se stessi, per non rischiare di impoverirsi di continuo, ovvero, meglio soli che mali accompagnati,
perchè spesso la gogliardia abbassa le difese, ci rende vulnerabili e puó nascondere il rammarico, è una pura forma indiretta di richiesta di consenso sociale, o invece è preferibile condividere con poche relazioni almeno nutritive.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : QUESTA È LA MIA VITA
Il distacco come capacità della comprensione di se
QUESTA È LA MIA VITA
Il distacco come capacità della comprensione di sé.
Cosa c’è di più scontato di questa espressione ? Diremmo che è normale che sia la mia vita, non è una esperienza altrui, ognuno possiede la propria dimensione, anche quando essa viene confusa ed interfacciata ad altri, ma comunque sia, questa dimensione non è affatto ovvia, si è comunque e sempre dinanzi a se stessi.
La vita è propria, quando si ha la percezione di se, nell’ essere consapevoli della propria profondità, di possedere contenuti e non dei vuoti.
Ognuno ha bisogno di ritrovare la profondità che è dentro di ognuno, non di appoggiarsi alle altrui profondità per trarne la linfa per la propria.
Chi è distaccato da tutto, come capacità della comprensione di se, trova la sua profondità, in essa rintraccia la sua libertà e la sua serenità nei suoi percorsi sotterranei, non necessariamente negli attaccamenti verso gli altri.
I legami, portano molto lontano dai legami, perché se assoluti, se sono fini a se stessi, portano lontani da se, qualora non si lascia la dignità e lo spazio alla capacità di essere soggetti autonomi, cioè capaci di saper trarre innanzitutto energia dalla comprensione di se.
La comprensione di se è un fattore determinante nella riuscita dello stare bene o viceversa. Tale fattore dovrebbe risultare naturale, qualora non ci fossero interferenze, in altre circostanze, un lavoro analitico verrebbe direzionato su tale prospettiva.
Distinguiamo, persone che stanno bene con se, e persone che stanno bene solo se si nutrono dell’ attaccamento ad un altro.
Quando si afferma una espressione del tipo: ‘ tu mi fai star bene ‘, ‘ solo tu dai il senso alla mia vita ‘, non sono queste espressioni del tutto sbagliate, ma se non risulta vicendevole ed interscambiabile il nutrimento, le due persone risultano inquiete ed ed insoddisfatte, perché manca loro quella capacità di saper leggere dentro di se verso la loro comprensione vicendevole.
Persone in grado di saper leggere in se, operano un eccellente attaccamento vicendevole, perché nutrono il loro rapporto dalle entrambe profondità, lasciando emergere scambievolmente sia l’ io che il noi. Un rapporto impostato solo sul noi o solo sul tu, sacrifica vorticosamente l’individuo e lo sconfigge.
Chi si comprende, chi impara ad ascoltarsi, è libero, avverte che non puó essere solo il prossimo a soddisfarlo nel suo processo di comprensione e di benessere.
Chi si sa davvero ascoltare, sa ascoltare, prende quello che è, non lo interpreta o lo copre di se.
La propria dimensione viene a vacillare o a mancare, quando viene intaccata o peggio calpestata, perché a volte per sotto intesi, non deve esserci, perché infastidisce.
Chi rispetta, fa emergere le dimensioni altrui, non le sommerge, ne è orgoglioso, coglie il proprio e il vicendevole completamento, così si migliora e si edifica. Chi rispetta se stesso ha un’ alta percentuale di rispetto per le vite altrui, si vede completato nel rispetto delle proprie dimensioni che si intersecano e coincidono.
Chi è distaccato, come capacità della comprensione di se, possiede un elevato senso di appartenenza a se, egli stesso è la musica del suo stesso pentagramma, è fedele alla sua partitura, tale da poter percepire e leggere la composizione del suo spartito, egli stesso è un’ opera unica, è un’ opera prima e considera opera prima ed unica la partitura altrui.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : LA TERAPIA DEL SONNO
Il sonno rigenera è energia
LA TERAPIA DEL SONNO
Il sonno rigenera è energia
Il sonno è energia, ha la capacità di rigenerare, rinfrancare, rinfrescare alleviare dalla stanchezza, riavviare, è in grado di ripristinare le complesse costellazione industriali dell’ equilibrio ormonale.
Il sonno acquieta, riporta in default, è l’ equilibratore dei vasi comunicanti, l’ omeostasi, permette il distacco, è il ritorno a se, l’ allontanamento dai problemi, dagli altri, il ritorno al respiro, al battito alla propria vita, è la baita sul monte, l’oasi nel deserto, l’ isola nell’ oceano, il profumo di gelsomini e di zagare nella notte.
Il sonno riporta all essenziale, ai primordi, all’origine di ciò che era semplice, riporta a ciò che serve per davvero, allo stato prenatale, alla fase intra uterina, all’ alimentazione placentare, nel sonno non ti prendi cura di nessuno, esso si prende cura di te, come una mamma, ti coccola, ti accudisce, è un’ altalena sul prato.
Il sonno è la tenue penombra dalla tapparella durante un abbraccio, è sogno, è fantasia, è melatonina, è rilassamento, è eccitamento, è penichella, prima di un caffè che giri calmo in una tazza fumante, mentre piano stai già ritornando.
Nel sonno, non esiste più nulla, esisti solo tu, sulla base dell’ inconsapevolezza, su una base onirica, esisti solo tu, è un terreno di coltura di luce che alimenta i frutti e prepara ai colori della coscienza.
Nel sonno stai bene perché non esiste il mondo, è la metamorfosi dell’ esistere, esisti in modo semplice, il sonno è bambino, donna in attesa, bimbo con la palla, sei senza congetture, senza schemi, ne convinzioni e moralismi, il sonno è libero, ha sempre ragione, ti libera.
Nel sonno sei nel nulla, ma esisti, è come nel pre concepimento che sei nel nulla, e se nel sonno sei nel nulla, probabilmente esistevamo prima del concepimento. Esistiamo già nel nulla, esistiamo da sempre come nel sonno, come esisteremo comunque.
L’ inconsapevolezza è l’ energia e il terreno fertile dal quale traiamo l’alimentazione per dare linfa e cibo alla consapevolezza. Nella dizione popolare si afferma che il sonno aiuta a crescere, riferita ai bambini.
Chi lo ha detto che ci consente di esistere solo lo stato di coscienza post sonno, siamo abituati a credere che sia la consapevolezza a permetterci di dire penso, dunque sono ? Invece lo stato di alterazione della coscienza tipica del sonno, l’inconsapevolezza, è ciò che ci consentirà poi di svegliarci.
Senza il sonno non potremmo mai essere in azione. Senza l’ oblio E l’assenza che ne deriva, non potrebbe mai esserci la chiarezza e l’ alba della coscienza.
La consapevolezza ci stanca per il controllo che normalmente esercitiamo sulla realtà, in un modo tale da dover lasciare il passo al vuoto dell’ inconsapevolezza del sonno, dal quale ne traiamo l’ energia per riprendere vigore.
Per attaccare dobbiamo staccare, per essere presenti diviene indispensabile assentarsi, per caricare, scaricare, sono questi i principi dell’ osmosi, della pompa sodio potassio del nostro neurone e pertanto del nostro equilibrio.
Il tempo dedicato al sonno non è mai un tempo perduto, è la condizione per rigenerarsi se c’è sazietà di sonno.
L’ insonnia svuota, degenera, è il peggior nemico dell’ attenzione e dei riflessi, scoordina, fa sragionare, è l’ attivatore dell’ insofferenza e del pessimismo, della depressione, delle cefalee e della paranoia, della rigidità emotiva e muscolare.
Chi dorme, “piglia pesci”, vive bene, con più equilibrio pacatezza e appagamento, viene favorito nella creatività e nella sua maggior efficienza ed efficacia.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : L’ ELOGIO DELLA LENTEZZA
Rallentare è apprezzare e gustare gli istanti della vita
L’elogio della lentezza
Che cosa succederebbe se alla fine della nostra esistenza potessimo rivedere la nostra vita a rallentatore ?
Ogni dettaglio sarebbe esaltato e quella lentezza ci renderebbe consapevoli di molte cose che, sebbene importanti, sono passate inosservate nella nostra vita.
La lentezza “consapevole” è luce, è uno spazio di libertà nella dimensione frenetica del tempo.
E’ la virtu’ di chi ha abbandonato la brama di arrivare “primo” a tutti i costi- “primo” secondo criteri che ogni volta qualcun altro ha deciso per lui- per scegliere invece di gustare veramente il viaggio della vita.
Possiamo appropriarci di quella lentezza/ consapevolezza adesso, perché Il gusto che non sentiamo, la gioia che non proviamo, dipendono solo dallo sguardo superficiale, condizionato che ci portiamo dietro e da cui possiamo imparare a liberarci.
Possiamo imparare a far si’ che le parole che possiamo ancora dire, l’affetto che possiamo ancora dimostrare, i cambiamenti e le conquiste vere che possiamo ancora fare, non rimangano tutte cose tanto preziose quanto scontate e nascoste.
Laura Cecchetto
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ContinuaSettimanale Psicologo Roma : DETERMINARE i cambiamenti
E la matematica dell’ equilibrio
DETERMINARE i cambiamenti
E la matematica dell’ equilibrio
A vantaggio del benessere è necessario che le situazioni stiano in equilibrio, per poter dire di stare Bene. Non può esserci un equilibrio egoico, solo personale, ma del sistema, come in una tenso struttura. Se cede un tirante tra mille, tutto flette.
Il proprio benessere è il benessere e l’ equilibrio del sistema, esso potrebbe perdere anche di valore, metterebbe in crisi anche l’ essenza, se l’ equilibrio non lo tieni, cede, crolli, ti trascina, come un’antenna senza tiranti, flette, si spezza, rischi di non vedere, perché ondeggia al vento, fluttuano le onde, l’ immagine si fa neve.
Un mare in tempesta esubera, teme il pericolo, frizza la paura, se i suoi tornanti d’acqua che si innalzano e sprofondano nell’ abisso, sfrena il cardiopalma, lascia il fiato in gola, la traversata si fa sgomento.
Si puo essere esteti, fanatici dell’ equilibrio, ma se non lo tieni davvero, deragli. Fissa il range, la matematica del benessere, il caos è polvere di cristalli, l’equilibrio è il cristallo dalla polvere, trova l’ identità .
L’ equilibrio viene dato dallo spostamento del proprio baricentro, dagli altri a se, una sola inclinazione persistente del suo asse verso gli altri, sovvertirebbe la propria gravità, sballottotterebbe al suolo.
Le nostre cadute o cedimenti derivano notevolmente dalla sproporzionata dedizione agli altri, dallo svuotamento delle proprie risorse, togliendo ogni tassello di se per ricomporre i mosaici altrui.
È incompatibile una serenità senza l’ equilibrio o viceversa, senza, la felicità sarebbe una mera illusione.
Le scienze sono portatrici di equilibri, il loro punto di partenza è sempre il caos, l’ indefinito, il tentativo di definire, rappresenta già la cura, l’ organizzazione del puzzle è già una terapia, nel tentativo di ristabilire l’ omeostasi ed eliminare i dolori.
Le geometrie e le matematiche dell’universo hanno meccanismi autonomi rispetto a tutti gli altri meccanismi, ognuno di essi ha la sua logica e il suo ritmo, ogni ingranaggio funziona di suo.
L’ equilibrio soggettivo è sinonimo di Autonomia, affettiva innanzitutto, è frutto di quei processi di attaccamento sviluppati in famiglia.
La modalità dell’ attaccamento sicuro, produce autonomia affettiva e inclinazione alla quiete, un attaccamento evitante, instabilità, fuga dall’ identità, incapacità di sofferenza e di compiere scelte.
Perché funzioni un sistema, bisogna che funzioni bene l’unità soggettiva, esonerata da turbamenti, da interferenze esterne, abbiamo un sistema autoconservativo che ci riporta in equilibrio sempre, se l’impostazione iniziale è corretta.
La cura per l’ altro è tenere prima a se stessi, si è altruisti se ci si tiene a se. Questo può avvenire se un genitore ha condotto per mano il proprio figlio, in tenera età, così il figlio potrà reggere gli altri se avrà imparato a reggere se, scevro da egoismi.
Il meccanismo dell’ egoismo, per sua natura, chiede ripetibilmente presenze, che non risultano essere mai soddisfacenti, l’ egoista prende tutto, non si riempie mai, svuota e disintegra l’altro come non abbastanza, fino al suo sfinimento , perché il suo vuoto antico da ricolmare, risulta essere molto più grande di qualsiasi presenza ed amore dato.
giorgio burdi
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