Lasciar Andare
Lasciar Andare
Lasciare andare è un atto difficile ed è una scelta liberatoria.
È dire di no alle emozioni negative, è togliersi le zavorre di dosso per percorrere la propria strada più liberi e sereni.
L’unica rivalsa con il sé stesso di allora, che non c’è la faceva, è riconoscere la voglia di non voler più adattarsi ad una situazione malsana e il voler smettere di mangiare bocconi amari. È dire di no al costante rifiuto ed è riconoscere il dolore e voler smettere di vivere con questa sofferenza prolungata che prosciuga l’anima.
Lasciar andare per vivere la nuova persona che si è diventati e fare nuove esperienze per scoprire parti di sé che chiedono solo di essere rivelate e vissute.
Davanti ad un muro, in un angolo, la realtà è che noi non ci incontriamo più.
Lasciar andare è un gesto d’amore verso sé stessi e l’altro.
Ti auguro di realizzarti nella vita e di brillare di luce propria, con il cuore cosciente dei propri tesori per esprimerli al meglio.
Va, vivi e diventa la persona solo unica come sei tu, con il tuo proprio arcobaleno.
Eva Blasi
ContinuaL’ Umiliazione della Dipendenza Affettiva
L’umiliazione della dipendenza affettiva
Amare è il valore esponenziale più elevato ed imponente che possiamo vivere e condividere, è il verbo onnipresente più sentito ed agito, reso a volte ridicolo e coniugato nel mondo. Esso ci pone in una modalità ed una forma di eccellenza relazionale, nulla avrebbe senso senza l’ amore umano.
Ma in ogni caso e per diverso genere, necessita del suo equilibrio. A pranzo non consumiamo due grammi o un chilo di pasta a testa o non sorseggiamo in un calice due gocce di nero del Salento o una damigiana ! Ogni cosa possiede il giusto valore se nella giusta misura e perde di qualità nella poca o eccessiva quantità.
L’ amore rappresenta una trappola se è fuori misura. l’ amore donato o corrisposto diviene una galera se è troppo poco o se è esasperato, diventa invasivo. Nella dipendenza affettiva siamo sempre cimentati a riempire dei vuoti, a ricolmare i nostri fallimenti, le nostre delusioni e i bisogni.
Accontentarsi delle briciole d’ affetto, elemosinarle o desiderare tutto dall’ altro, pone le fondamenta verso l’ incastro di una infinita richiesta. È necessario chiedersi se l’ amore per se stessi è superiore all’ amore che si chiede.
L’ amore innanzitutto per se è per quello che si è e per quello che si fa, anzi direi è fare, ciò che si è, rappresenta il calibro che delinea l’ equilibrio all’ interno di una relazione d’ amore, è risolvere innanzitutto i propri vuoti e le personali beghe, è bonificarsi.
Quando non si è mai soddisfatti, contenti, quando è presente una continua criticità, un rancore persistente, una lamentela ed una aggressività passiva, un conflitto reiterato, siamo di fronte alla miglior coltura della dipendenza affettiva.
All’ interno della dipendenza affettiva, ci si perde nell’ altro, la propria identità viene stracciata, ferita, l’ altro diviene il se, si acquisisce il nome e il cognome, si diventa ridicoli, un attore, la smorfia, la maschera, il soprannome altrui, ci si annienta, si diventa stupidi; L’ altro diventa il nostro bullo romantico, all’ altro viene attribuito il potere di farci respirare, di scioglierci l’ angoscia dal petto, di farci esistere. Quando l’ altro diventa la nostra felicità, di lì a poco diventerà il nostro inferno, la nostra ansia perenne. Nella dipendenza affettiva l’ altro rappresenta la vita ed io la morte, lui il tutto, io quasi il nulla, una nuvola, il fumo di un antico toscano, una panna montata, l’ aria fritta in un battito di cuore.
Ci si impasta con l’altro, si si porta l’ anima ad una ustione, ad uno stato di fusione, l’ amore non è uno shake, si rischia di sbattersi, scuotersi tanto da farsi vicendevolmente seriamente male, non serve a nulla questo tipo di frappé di unità confuse. Sono ridicole quelle affermazioni come, cerco “ la mia dolce metà “ , quando ognuno dovrebbe mirare alla propria unita, è una richiesta eccessiva ed una personale ingiustizia farsi completare dall’ altro; cerco “ l’ anima gemella “ , ma se siamo tutti diversi, vogliamo illuderci ? Possiamo essere empatici, sincroni, ma questo accade se ognuno sta bene di suo, le richieste pressanti rappresentano già la fine.
Dovremmo avere più attenzioni e più riguardi verso di noi, dovremmo chiedere mille volte perdono a noi stessi ed essere più seri nei nostri confronti, più compassionevoli, che accattare disperatamente amore.
È umiliante per se stessi e poco dignitoso. Nella dipendenza affettiva ergiamo l’ altro ad una onnipotenza che non possiede, lo viviamo come la terra promessa, il liberatore, il nostro salvatore. Bisogna chiederci da cosa vorremmo effettivamente essere salvati, certamente non da lui. Non si può dipendere dalle promesse altrui se a noi stessi non ne abbiamo fatta neanche mezza.
La promessa più grande che potremmo farci è legata dalla nostra personale progettualità. Senza una propria progettualità, in sintonia con le proprie passioni ed attitudini, siamo tutti in trappola, in pericolo, propensi ed inclini verso un incastro affettivo.
Se lavoro sul mio tutto, l’ altro diviene una parte, se pur importante diverrebbe un valore aggiunto, ma relativo. Ma se l’ altro diviene il proprio tutto, imbocchiamo un intricato tunnel buio.
Ogni storia è buona ed è una potente risorsa, se ognuno sta bene ed è detentore di equilibrio. Chi si accontenta o si logora per l’ ideale, che non esiste, chi persegue il perfezionismo e vuole tutto per se, parte molto svantaggiato, perché la vita è bella perchè è un dono gratuito sempre, per ciò che ci offre e se presi così per come noi siamo.
giorgio burdi
ContinuaNo Influencer
No Influencer
Siamo tutti in guerra, ma cosa mai sarà una mancanza di rispetto nei diversi gesti quotidiani? Se la guerra convive con tutti noi, ci stiamo abituando ad essere tutti soldati. Essa ci sta cambiando i connotati, la percezione di essere umano come un essere mostruoso, ci conduce a difenderci dal mondo, a diffidare di tutti, ci predispone a restare in difesa, propensi al facile attacco, suscettibili ed irascibili, la guerra ci obbliga ad armare la vita quotidiana.
Se nella cultura della guerra è lecito il saccheggio, nella quotidianità sarà d’obbligo il furto, la cleptomania, il rubare o il disporre della nostra vita. La percezione dell’uomo del 2000 è quella di un invadente, di un invasore di un barbaro saccheggiatore senza ritegno.
Stiamo riuscendo a non farci più caso, la guerra sta diventando la nostra consuetudine e la nostra massima “Influencer” col suo reiterato bollettino di guerra. Il concetto di “Influencer” è diventato del tutto naturale ed accettato, per certi movimenti è del tutto regolare influenzare, manipolare e convincere. Tutto passa sotto una cultura commerciale, del non pensare, subiamo attraverso i social mitragliate subliminali di bisogni continui che terminano in shopping compulsivi che ingombrano la nostra testa e riempiono le nostre case di tanti oggetti riempitivi di vuoti esistenziali. Stiamo diventando un gregge per il quale sembra plausibile anche creare facoltà universitarie in “Influencer”, tale da poter targettizzare eserciti su misura, eserciti di soldati decerebellati, obbedienti, al servizio di una qual si voglia idiozia.
Stiamo crescendo nell’ involuzione, dall’ Homo Sapiens all’ Homo Demens. La Gran maggioranza dei social viaggiano sempre più verso la globalizzazione, l’influenza, con eserciti di messi in riga, pecore di followers, di YouTuber, automi incantati nello scroller, formiamo avatar, robot dall’ IA, tutti in riga, eserciti di soldati, decorticati, privati della propria volontà; l’intelligente non farà mai cassa né massa, siamo all’interno di un regime, quello del gregge, del pastore e dei cani da guardia.
L’ “Influencer”, per sua definizione, ha la connaturalità del manipolatore, dell’ invasore indiscreto, che deve insinuarsi nella mente, del persuasore subliminale occulto, del profanatore ed invasore delle coscienze, quello delle fakes, degli invadenti, che ti mettono in fila tra milioni di followers. Si Identica esattamente agli autocratici delle guerre, degli invasori.Ogni epoca ci ripropone sistematicamente, con una tradizione quasi secolare, il sociopatico di turno, un nuovo pastore del male, clonato, per condurre le ennesime flotte di “animali” al macello. In questa condizione cosa mai sarà lanciare immondizia dal finestrino, spaccare bottiglie per strada, correre come un coyote, affittare una Lamborghini e filmare la morte in diretta, per postare come YouTuber: cosa mai sarà farsi in ogni dove o un pusher che vende spazzatura per far soldi facili come un “Influencer”, tutti ispirati a Paperon de Paperoni, mercenari che in forme e nomi diversi entrano in casa per saccheggiare i nostri principi, se sommato, siamo in guerra !
Il male più esasperante che viviamo, è quello di subire le volontà di alcuni dei singoli narcisisti benigni o maligni che siano, senza avere l’opportunità di difenderci e ribellarci. Chi non si ribella è già stato fagocitato dal gregge. Siamo all’interno di una vera sabbia module di dittatura. Chi influenza le masse è irrispettoso è un sociopatico in frack di diverso livello, costruiscono i loro modellini e si infiltrano come dei gas nervini nelle nostre vite . Esistono sociopatici fintanto che sarà facile costituire dei greggi. Siamo bisognosi di punti di riferimento, di leadership e di governi e ci ribelliamo così tanto poco che alla fine meritiamo il loro comando. L’uomo per sua natura cerca sempre un suo comandante al quale genuflettersi per ottenere i suoi benefit, tutto ciò accadrà di continuo fino a quando non si risveglierà la coscienza e la consapevolezza di ciò che ci accade.
L’uomo consapevole per sua natura è un ribelle. Ragiona con la propria intelligenza, ed agisce col proprio sentire a vantaggio di sé e degli altri, impara ad essere punto di riferimento per sé stesso innanzitutto. Non accetta alcuna forma di manipolazione, schiva e resta indignato per tutto ciò che è futile ed imposto in modo subdolo, non ammette prevaricazioni, non si lascia mettere in fila dagli “Influencer”, combatte le autarchie e le supremazie, ogni forma di imposizione greve o diplomatica, contesta ed urla la propria libertà a tutti quei carini manipolatori seduttivi.
Come se non bastasse, stiamo diventando fieri, da farne anche delle università per creare “Influencer”, per insaccare masse di intelligenze, per poi creare dei filoni di salami. Università per decorticare le nostre unicità, massificare per dirigere. Tutto ciò che è assurdo, sta passando per regolare.
Ci stiamo sempre più orientando verso la ricerca del massimo potere, del come aver sempre più successo, arrivare in prima pagina e possedere sempre più denaro in brevissimo tempo, secondo l’ accezione del tutto e subito, dove il sacrificio è spazzatura come poter toccare milioni di anime e asservirle a vantaggio del proprio utile. Ma non era proibita la schiavitù ? Siamo servi di un potere non tanto più occulto, ma lo siamo ancor di per il sol fatto che non ci facciamo più caso. La perdita del senso è la più grande miseria umana, infangata dall’ indifferenza, la vita privata, non possiede più una porta blindata che tenga fuori lo sciacallo.
Faccio un pieno di alcool, un chilo di erba o di sesso, scarico tinder, the casual lounger , scopa–amici, cupid o senzapudore, faccio uno spaccio, divento bulimico di incontri mordi e fuggi, take away, multi gusto, le prendo, vellutate, chiare, nere, bionde o rosse con lentiggini, la vita è un ipermercato, mi affitto un amico, lo metto nel carrello, ne metto più di uno, così poi faccio la prima scelta, anche se poi scelgo sempre quello più malato, e ne esco sempre massacrato; ma con il mondo con la guerra in testa, si potrà mai trovar pace, se la pace non la trovi dentro in te?
Allora me ne vado su in montagna, divento un tibetano, rimedio un breviario ed una coroncina, resto tra le nuvole, sul granito delle scalate; l’uomo è l’ inferno, preferisco isolarmi. Mi sono rotto le palle, ho voglia di silenzio, mi faccio di erba e medito, così mi fumo i pensieri, forse è meglio un acido, cosi mi brucio l’ angoscia o tanto meglio mi cracco l’ ansia o mi faccio un buco di pace. Mi faccio un pieno di roba, quanto più sento in me un vuoto grande quanto un cratere.
Relazioni take–away, cotte e mangiate consumate come tranci di pizza, pago, prendo e mordo, birra e scappo, il vetro sul marciapiede e giù un’ altra; ci trattiamo come dei consumabili, uso e getto, non è un colmo rimanere sempre insoddisfatti, è la cultura del sempre è colpa degli altri. Se togliamo la maschera, scopriamo che siamo tutti uguali e il potere a non ci da la vita, ma la vita è il potere più grande, è tutto ciò che può darci il senso.
Samo al limite della tolleranza. Le guerre convivono con la nostra quotidianità e convincono che la vita sia quella, esse stanno diventando la normalità e ci rendono indifferenti; tutto lo scempio in diretta sta diventando ammissibile. Nella cultura dell’ “Influencer”, la guerra ha l’influenza nel suo massimo delirio verso l’ irrispettosità più patologica. La nostra, la possiamo definire, l’epoca dei barbari, dell’ insubordinazione, dell’ assenza è del caos dei ruoli, del me ne fotto, del nichilismo e dell’ anarchia, della disumanizzazione, dell’ insensibilità globalizzata, è la sotto cultura della perdita del senso, dell’ io trasparente.
La disumanizzazione diventa la logica, acquisisce un suo “ordine” ed un suo progetto caotico, una sua disorganizzazione nel suo sistema, aggiungiamoci a tutto questo l’intelligenza artificiale, la robotica autonoma. Tutta la sensibilità umana viene relativizzata e pertanto un figlio depresso in casa, chi mai sarà ? Siamo chiusi in un isolamento dove non c’è parola che tenga, il silenzio la fa da maggiore dove esso coniuga le assenze.
È necessario il recupero del senso di sé e delle relazioni, della parola, della condivisione umana dei sentimenti, tipica dell’essere uomini, della cooperazione, delle collaborazioni, è necessario recuperare ciò che ci contraddistingue, l’affetto e la presenza, tutto ciò che possiamo apprendere dalla nostra natura e dal mondo degli animali, nostri esempi di vita, perché l’uomo, così, non è più un esempio né per noi, né per gli animali.
giorgio burdi
ContinuaIl Non Detto
I non detti del silenzio assordante
Il silenzio prima della bomba, dell’implosione.
Il tacere dopo una discussione, una litigata, un aspro dissapore, dice, con il silenzio assordante che non esisti. I tuoi bisogni, le tue lamentele e desideri repressi, non li ascolto.
Il dialogo continua nella testa, lasciando spazio ad interpretazioni, sensi di colpa, rimorsi, attitudini ambivalenti con comunicazione distorta e indiretta per non resuscitare il conflitto sopito ed evitare l’arma del silenzio.
Ti metto in silenzio. Ti tolgo la vita, la tua esistenza, la tua unicità.
No.
In verità, ti ho messo in silenzio: mi sono isolata, mi sono allontanata, sono morta.
La mia voce non si è espressa, il rapporto tra te e me non c’è più.
Scusa per non averti detto le parole che avrei voluto dirti, per non esserci stata quando ne avevi bisogno.
La mia infelicità, ne sono l’artefice. I miei rimpianti sono diventati la mia corazza.
Ho vissuto con la morte dentro, ma solo in punto di morte ho capito: vivi e ama te stessa.
Ora sono un fantasma e non sono mai stata così presente.
Quanta potenza in questo dolore! Chi lo ascolterà? Chi lo potrà accogliere? Come comunicare senza ostruzionismo?
Voglio vivere perché esisto, tra luci e ombre. Voglio amare ed essere amata per quel che sono ed essere rispettata nella mia dignità, nella mia voce.
Il silenzio è un’arma a doppio taglio: da tombale a d’oro, il silenzio vale più di mille parole.
In questo silenzio ti sto dicendo quanto rimpiango di averti perso e di non aver vissuto quei momenti con te.
In questo silenzio mi sono persa e mi sono ritrovata.
Eva Blasi
Continua
Epittèto: Citazioni e Aforismi
Epittèto
Chi ti fa andare in collera diventa il tuo padrone.
Solo gli istruiti sono liberi.
Accusare se stessi dimostra che la propria educazione è iniziata.
Un uomo saggio non si affanna per ciò che non ha, ma gioisce per ciò che ha.
Non cercare di far accadere gli eventi come vuoi, ma augurati che accadano come accadano e tutto andrà bene.
Il ricco è colui che è contento.
Non siamo disturbati da ciò che ci accade, ma dai nostri pensieri su ciò che ci accade.
Gli uomini non hanno paura delle cose, ma di come le vedono.
Nulla è per sua natura disastroso, anche la morte è temibile solo se la temiamo.
La difficoltà dice chi è l’uomo.
ContinuaLa Lettera Terapia
Scrivere, conoscere e curare
Spesso ci sono ricordi che contaminano i nostri pensieri, che ci condannano a vivere nel passato influenzando inevitabilmente e negativamente il nostro presente. Pensieri, esperienze, vissuti che non riusciamo a raccontare a nessuno, sofferenze e dolori taciuti che echeggiano rimbombanti nella nostra mente.
Il vissuto di ognuno di noi non si può sicuramente cambiare, fa parte della nostra vita, tuttavia relazionarci ad esso con prospettive differenti può aiutarci a vivere i ricordi con stati d’animo diversi, a raggiungere una maggiore consapevolezza di quello che è stato e di noi stessi.
La scrittura può aiutarci ad acquietare i pensieri che ci tormentano, a rasserenare il nostro animo liberandoci pian piano dal dolore. Scrivere è terapeutico se diviene un atto di libertà attraverso l’introspezione e la riflessione. Si può scrivere una lettera a sé stessi, mettendosi a nudo, attraversare la propria interiorità fino a incontrare l’altro, il vero sé. Si può scrivere una lettera alla madre o al padre, gli affetti predominanti e determinanti della nostra vita, a un amico, a un famigliare o al nostro senso di colpa.
Scrivere di tutto quello che ci provoca sofferenza potrebbe inizialmente essere doloroso, triste e angosciante, ma sicuramente ci porterà giovamento. Scrivere richiede solo coraggio, non è importante soffermarsi alla forma, ma farlo in modo scorrevole, naturale; è importante mettersi a nudo, mettersi in discussione senza vergognarsi. Questo permetterà di concentrarsi su ogni passo, su ogni emozione provata ripercorrendo così passo dopo passo tutto quello che ci condiziona, che condiziona le nostre scelte, le nostre decisioni, le relazioni e il nostro umore quotidiano.
È fondamentale non mentire, non sentirsi in colpa nei e dei racconti. È importante parlare di tutto, delle rabbie, dei torti subiti, delle offese, delle mancanze, delle paure, dei rimorsi, dei sogni, dei desideri, dei rimpianti, di tutte quelle parole che per troppo tempo non sono state dette all’esterno, ma che si sono moltiplicate dentro soffocandoci, di tutto quello che molto spesso non osiamo raccontare ad alta voce.
Scrivere aiuta ad evitare che quelle sofferenze interne taciute si trasformino in malessere fisico. Permette di mettere in ordine i nostri pensieri, di fare chiarezza, di sciogliere nodi, sgrovigliare matasse, dissolvere sensi di colpa e superare traumi. Ci dà la possibilità di comprenderci a noi stessi, di discernere le scelte sbagliate da quelle giuste.
Scrivere sviscerando e analizzando interamente le nostre esperienze palesa schemi e meccanismi interiorizzati e riproposti nel tempo. Schemi comportamentali che abbiamo appreso nella famiglia di origine e che per modellamento riproponiamo inconsapevolmente nella nostra vita indipendentemente dal nostro atteggiamento nei lori confronti.
Scrivere aiuta a smascherare meccanismi e relazioni familiari che hanno plasmato la rappresentazione mentale di noi stessi e degli altri, regole implicite, valori, senso di identità e appartenenza, ruoli assegnati, copioni familiari che si ripropongono perfettamente nel tempo.
Scrivere aiuta a svelare pessimi copioni di sceneggiature familiari dove ci sono ruoli predefiniti di chi deve fare cosa e quando rispecchiando perfettamente aspettative già stabilite, copioni che prescrivono e dettano legge su come si deve vivere e che causano disagio e sofferenza.
La scrittura, attraverso le parole che scorrono incontrollabili, organizza le idee, i pensieri e le esperienze emozionali dandone un senso. La scrittura ci aiuta a tirare fuori, a non lasciare più spazio alle frustrazioni, ad accettare quello che è stato con la consapevolezza di non poterlo cambiare, ma con la voglia di cambiare la nostra vita senza ulteriori condizionamenti. Mette in risalto ciò che per abitudine siamo stati e ciò che vorremmo essere ma non siamo per paura del cambiamento o dell’opinione e del giudizio altrui.
Scrivere di sé aiuta anche ad accettarsi, perdonarsi e amarsi. È un valido anti stress, una forma di automedicazione e aiuto psicologico. La scrittura aiuta a darci una nuova immagine di noi stessi, proiettata al cambiamento e alla ricerca di autenticità. La scrittura deve essere intesa come un progetto concreto di cura.
Elisabetta Lazazzera
Continua
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ContinuaTradire
Tradire
Il verbo Tradire, trova origine dal latino tradere, intende il consegnarsi e consiste nel “mettersi nelle mani di, in una nuova realtà o situazione, cambiando e sostituendo l’ oggetto di gratificazione, attraverso un cambiamento di direzione, verso un auto affidamento e in una nuova dimensione, in cui l’ emozione, il significato del senso e l’accoglienza, la fanno da maggiore, esso viene rappresentato come l’ antidoto contro la sofferenza dell’ incomprensione, del controllo dell’ oppressione del dovere .
il verbo tradire, secondo la l’ interpretazione più comune, ha un accezione fondamentalmente moralistica, se volessimo utilizzare una modalità più laica, il tradimento dovremmo considerare come un cambio di direzione.
Secondo l’ accezione popolare e la visione etico sociale, il tradire viene notevolmente perseguito e sentenziato come una forma di ipocrisia e di incoerenza, una fiducia disattesa, un oltraggio alla salute delle persone e alla famiglia, una vigliaccheria verso un impegno ed un contratto; Il tradimento è la messa in scena di un’ auto determinismo e di un’ auto affermazione, si pone come il compromesso tra verità oscurate e sottaciute, da non richiedere il consenso di alcuno; il tradire rappresenta la più estrema forma di auto appartenenza a se stessi, il ritorno a se stessi in cui il soggetto afferma di essere proprio, è il luogo, all’ interno del quale, viene delineato il netto confine di identità tra un io, un tu ed un voi, tra il numero uno e il numero due.
Il tradimento rappresenta la necessità di voler andare oltre il proprio disagio irremovibile, di non voler soccombere all’insuperabile o all’inaccettabile, esso vorrebbe convivere o chiudere un capitolo e per aprire un altro con rinnovate probabili nuove potenzialità, dove, spera un rinnovamento, oltre agli automatismi. Il tradimento è un atto ed un bisogno di verità verso sé stessi.
Il tradimento è la rivendicazione di quel pezzo di vita mancante e sacrificata, l’ altra parte determinante e oscura di sé importante che si impone, che non appariva e c’era, buia e luminosa di se, un detonatore profondo di liberazione dal non senso e dell’assenza, la liberazione dai limiti e dai perimetri, l’illusione di non volere vincoli, il sogno di libertà di poter riprendere il passo nel mondo e di poterlo lasciare; è quel dire mai detto, il voler fare l’ ancora mai fatto, l’ idea che la vita è ancora altro, la vergogna ribaltata di voler continuare ad esistere, è la ribellione al senso unico, all’ uni direzionali ta, l’ imbarazzo preso a pugni, il pudore calpestato, è la spudoratezza contro ì dogmi, l’opposizione ai bui dei paraocchi e delle incomprensioni, è l’ evidenza dell’ opportunità di un altro modo differente di essere, oltre le maschere, è l’ avversione verso le critiche, è il moralismo sbeffeggiato, un fuori strada per cercare la strada. È il me ne frego al perbenismo.
Ogni volta che si cambia direzione o si volta pagina, si cambia uno schema, ci si lascia dietro una situazione, a vantaggio di un’enigmatica sorpresa, il nuovo tradisce sempre ciò che era, lo trasforma, lo modifica, lo supera, lo evolve o lo involve . Per ognuno di noi esiste sempre un divenire, una continua e irrefrenabile metamorfosi che supera e tradisce ciò che eravamo, non siamo mai quelli di prima o di sempre, ogni istante ci cambia e ci evolve, tradisce quello che eravamo. Tutti i cambiamenti che operiamo, sono un tradimento delle situazioni precedenti, crescendo o regredendo cambiano i nostri pensieri e sentimenti e le nostre azioni, cone l’ età, tradisce, ammala o rende saggia la nostra immagine.
Il tradimento è una condizione onnipresente della vita, è una consegna continua al cambiamento e alla verità, è un contrassegno di delusione, e di trasparenza, una dichiarazione d’errore, di guerra e dei consensi altrui, è il senza fronzoli, è la verità sbattuta in faccia, la centratura sul proprio baricentro, la ricerca del proprio asse, è il decidere di non far esistere sempre e soltanto il mondo, è la riappropriazione della centralità di se nell’ universo, la rinuncia al veto, al senso di colpa, al non senso e al vuoto, è la ricerca disperata di ritrovare un significato, l’ aderenza al proprio egoismo ed egocentrismo, il bisogno di non perdersi di vista e di sfuggire al dubbio e all’urlo della solitudine. Il tradimento è un tentativo di sbrogliare una intricata matassa, un compromesso con l’inaccettabile idea di lanciarsi giù dal balcone.
Il tradimento viene raffigurato come tale, prevalentemente da chi lo subisce, chi lo agisce, lo rappresenta come un trascinamento emotivo all’ interno di un’opportunità evolutiva emozionale. Il tradimento è la rappresentazione di un conflitto taciuto o mai ascoltato, del quale entrambi i soggetti sono alla pari esattamente responsabili. sono sempre entrambi a tradiscono, tradito e traditore sono complici ella stessa scena e dello stesso fenomeno, chiusi entrambi in una cecità condivisa. Il tradimento trova sempre impreparati, arriva spesso cone un fulmine a ciel sereno, si espande sul cielo della trascuratezza e dell’ indifferenza, ed accade esattamente sempre quando tutto apparentemente sembra andar bene.
Il tradire rappresenta la luce nel non veduto, il suono del non sentito e del non ascoltato, è la voce del non parlato, è la calligrafia del non redatto, è il percepito, tra il certo ed l’ incerto, fra le righe, esso non rappresenta solo la sorpresa, ma la spiegazione. Quando viene subito, è la morte, chi lo agisce, apprezza viene distratto dalla vita. Ad un potere così doloroso e malefico, si accompagna uno sacrale; demoni e santi convivono su un filo di demarcazione che impone un equilibrismo tra un demone che convive abbracciato ad un santo. Il tradire si frappone tra un sacro e un profano, è il trade union tra la vita e la morte.
Il tradimento reiterato o promiscuo, potrebbe rappresentare una risposta alla sedimentazione di uno stato depressivo profondo e cronicizzato, dove la sessualità rappresenta il sostituto generico di una terapia di antidepressivi. Molto spesso si assiste, dopo un trattamento di psicoterapia, alla scomparsa depressiva e di conseguenza alla modificazione della compulsione del tradire.
Il potere seduttivo del tradimento viene dato dalla sua potenza emozionale sensazionale, in opposizione alle sofferenze di una vita emozionale divenuta piatta . Il tradire è la raffigurazione di un malessere evidente, legato al bisogno drastico ed impossibile di svoltare che ha come scopo il benessere personale.
Per sua natura, se emerge, avrebbe la caratteristica di spettacolarità e di drammaticità; propone uno stravolgimento della progettualità ed un cambiamento di rotta che prospetta e preannuncia laghi di sofferenze.
Il tradire si pone sempre al confine tra slancio, entusiasmo e sofferenza, tra vitalità e lacerazione, essi sono i due poli , le due facce della stessa medaglia.
Il tradire riproduce l’ immagine di un cantiere, di una casa da risanare, una ristrutturazione che prevede demolizioni e stravolgimenti di strutture e tramezzi, divisori, nuovi confini e perimetri, schemi e stili di vita; avvia verso inversione di tendenze, di ri-progettualità, socialmente non condivise e inaccettabili, ma soggettivamente ricercate.
il tradire propone una lotta tra società, convinzioni, convenzioni, valori, dogmi ed individualità, si pone tra eticismo, populismo e bisogni soggettivi profondi. Soggettivamente rappresenta la difesa della propria salute mentale, secondo l’equazione, se non cambio, mi ammalo e soccombo, mi spengo o muoio.
Le normativizzazioni, hanno un carattere inibitorio rispetto al bisogno di emancipazione del singolo, si associano al timore di non poter essere compreso e condiviso, accompagnati dalla paura di destabilizzare il contesto; per questa accezione e per sua natura il tradimento rimane occulto e silente. Rimane potenzialmente nascosto e auto difeso attraverso la menzogna, quest’ ultima rimane quel confine protettivo e prezioso della propria segretezza.
Il tradimento entra in scena nel momento in cui esplode l’ingestibile, i bisogni si contrappongono, non conciliano perché non vengono più condivisi, restano inosservati e violati, la comunicazione diviene un dogma, il dialogo rimane criptato e il decorso insieme si rende avverso e nevrotico come in un governo all’ opposizione, intriso di sole condizioni e regole, di obblighi e comandi, di vergogne e di imbarazzi; il tradimento si pone come quel luogo del riscatto dal ruolo, rivendicando la propria dignità di scelta e della persona, le balbuzie comunicative, divengono il modo del parlare.
Il tradimento rappresenta l’urlo verso la liberazione, che brama una condivisione degli slanci, degli entusiasmi, della complicità , è la sfida lanciata contro il pensionamento della relazione pantofolata, che ha generato il fermo biologico verso l’ estraneità; esso reclama l’esplosione della spontaneità, della naturalezza e della semplicità intima e del desiderio. Tutto ciò che veniva negato viene percepito improvvisamente vivo e disponibile, la negazione, diviene affermazione ed opportunità. Il tradimento si impone come l’emancipazione rispetto ad una relazione cristallizzata, diviene il sogno di una relazione rinata e ritrovata.
Una relazione longeva nasce, cresce e si evolve sulla base di una relazione discreta e sull’assenza del possesso, del giudizio e del controllo, sulla capacità di saper accogliere, promuovere e rispettare le altrui e totali differenze, la relazione di intimità si fonda sul desiderio di voler comunicare in merito a tutto ciò che comunemente non si può dire, nella direzione dell’ indicibile, è il superamento dell’ introversione, contro la presunzione e la scontatezza di voler credere di sapere sempre tutto dell’ altro.
Il tradimento si affranca, discute si pone contro la scontatezza che sopravvive nella consuetudine routinaria della relazione, ridotta a regolamenti societari automatizzati, ad agenzia di servizi, dove i sentimenti vpassano su un secondo piano, vengono calpestati, ignorati e logorati all’ interno di una robotizzazione della relazione.
La relazione tradita è la sede nella quale fa’ da padrone una lista di dubbi e di rancori mai chiariti, tutto ciò che è rimasto taciuto e mai espresso e non curato. La sommatoria e la nomenclatura dei conflitti e dei cechi rancori mai risolti, risultano essere, già già di per se, dei tradimenti e rappresentano le loro basi, costruiscono la sede della loro memoria, sono i loro precursori, che fanno della relazione, una relazione organizzata, come in una azienda equivalente alla presenza di “colleghi” di famiglia.
Nella coppia, l’eutanasia dei sentimenti viene favorita dalla rigidità dei ruoli e dall’incapacità di mettersi in gioco ed in discussione, nel senso più stretto dell’ espressione. L’irrigidimento dei ruoli, si insidia ed incide negativamente sul pavimento dei sentimenti più di quanto si possa pensare. Ma chi lo decide se un ruolo è più o meno rigido o insidioso ?
Di sicuro, un osservatore specialistico esterno, può rappresentare lo strumento utile di voi tale osservazione, per l’eventuale recupero di un equilibrio di coppia.
L’apparente sicurezza di un soggetto, viene espressa dalle sue forme di opposizioni, rappresentarle, il più delle volte, come vere e proprie dittature, molto lontane dalle apparenti sicurezze, sono invece delle fragilità per il sol fatto di non mostrare alcun dubbio per la difficoltà di vedere conflitti.
Il senso del dolore dato dall’oppressione, rende indolore il tradimento, attenua, e alle volte esclude, ogni forma di timore e di senso di colpa; il tradire si pone come una forza immane, onnipotente e misteriosa, mai vista e considerata prima, dove il suo potere distruttivo non viene per nulla percepito, perché viene reso lucido dalle rabbie, per le aggressività, le violenze per i valichi subiti, il tradire rappresenta un urlo al diritto di esistere, che esclude ogni forma di scrupolo.
Attraverso il tradire su elabora e si impara un nuovo codice di sopravvivenza e di vita, quello della difesa e dell’ ombra, come una confort zone, una terra promessa, il territorio della salvezza e del riscatto, della resurrezione del se. Il comportamento del tradimento rappresenta tanta roba, non è solo una fuga, merita studio, assenza di giudizio e notevoli approfondimenti, esso è molto più di ciò che semplicemente appare, rappresenta un riscatto, è la propria area ecologica e protetta difesa dagli sguardi indiscreti , considerata salubre e salutare, dalla quale attingere le proprie esaurite energie; in realtà nel tradire, non si nascondono gli scheletri nell’ armadio, ma si evincono i propri margini di vita, rispetto ai margini della perdita del senso di se.
Il tradimento può diventare rieducativo, da riportare alla coppia, attraverso la consapevolezza che la vita non può essere recisa tra piaceri e doveri, ma la funzionalità di una relazione viene data dalla fusione di entrambi, senza che venga lasciato l’una a vantaggio dell’ altra. Piaceri, rispetto e doveri, devono restare fusi, coesistere insieme. Il tradimento deriva dalla loro frantumazione e scissione.
La rinuncia al piacere, alle complicità ludiche nella relazione, la rinuncia alle leggerezze e alle spontaneità della vita e la supremazia dei doveri, sono i segnali di un tradimento alle porte. Esso rappresenta il compromesso con l’ipocrisia. Tra verità e finzione, esso paradossalmente tiene insieme la coppia, si pone come una forma di patteggiamento. Per quanto il tradimento possa essere superficialmente giudicato come una forma di ambivalenza, rappresenta un anti sabotaggio della coppia e il suo anti dolorifico.
Tra il tacito e l’inammissibile, il tradimento è alla base di un conflitto intra psichico lacerante, da non poter trattenere a lungo termine il suo dolore e il controllo della situazione, da generare un processo graduale di cedimento psicofisico difficilmente a lungo sostenibile
.Ma perché il mondo è prevalentemente proteso contro il tradimento ? Ognuno aspira al diritto di un’unità relazionale autentica e senza fine. Si dimentica o non si considera che l’ unità di coppia per realizzarsi o per reggere, necessita di attenzioni a largo raggio sia al singolo che alla coppia. La coppia che assorbe il singolo, degenera. Tutti sono propensi verso l’ idea di una unità eterna, senza fine, ognuno aspira e la difende, ma la distrazione dai bisogni del singolo, rappresenta il suo declino. La coppia che si confonde e si identifica col solo noi, è a rischio elevato di tradimento, rispetto al mantenere in considerazione dell’ esistenza di un io e di un tu.
L’ ideale dei sentimenti devono cedere il passo e fare i conti con la realtà, quest’ultima è fatta di scoperte di diversità, di incomprensioni, di difficoltà tutte da esternare, da non buttare alle spalle. Considerare tutto ciò, è guardare in avanti, verso soluzioni e migliori stabilità.
L’ assioma fondamentale drl tradimento, è che esso non è mai fine a se stesso o a senso unico, ma è sempre partecipato, nella coppia ne hanno esattamente responsabilità entrambi e alla pari. Hanno inoltre entrambi un desiderio profondo e reciproco di liberazione dall’ inganno, ed è una dichiarazione di guerra e di chiarezza, è il bisogno d’ accensione dei motori dalla stasi.
Nel tradimento è inesorabile, la disperazione richiama sempre la passione, il dolore richiama il piacere, il desiderio. La vita senza la passione rappresenta il trionfo del Thanatos, della morte, il superamento della supremazia e della sottomissione al destino. L’Eros è un continuo lottatore del non senso e della fine, a vantaggio dell’ istinto di vita, rappresenta l’ esorcismo contro l’alienazione del mal di esistere. Il desiderio continuo di guardarsi attorno rappresenta lo spostamento verso la pulsione di vita. Il desiderio guarda la vita, la dove non non viene percepita.
Un altro aspetto sorprendente inconsciamente è che gli amanti rappresentano gli ammortizzatori dei conflitti della coppia tradita. Essi Rappresentano il rilancio, l’ energia e la cura per la stessa, sono i traghettatori, i salvatori, i benefattori della coppia.
La coppia tradita, su questa modalità non si separa mai, a maggior ragione se il tradimento viene realizzato tra persone, entrambe, in crisi di coppia. Tali relazioni extra, posseggono un potenziale di relazione a lungo termine. La situazione si fa altamente repellente e alle volte straziante, se l’ amante è single e se realizza di costituire il trade d’ union della coppia.
Se resistono ancora i sentimenti, il tradimento può servire paradossalmente da rilancio e da supporto, tale che può essere superato, se si decide di vedere attraverso quel dialogo inizialmente scomparso, può crearsi una riapertura alla relazione. Il tradimento, stravolge e cambia l’ esistente, gira tutte le carte in tavola. Chi si chiude alla verità, si chiude alla realtà, sospende la partita di una storia.
Tradire è andare oltre le prospettive depauperate, è traghettare oltre i propri limiti e confini, oltre la fatica di sentirsi idioti ed inutili, è il sapere che si può vivere meglio e si può vivere peggio per un tempo, è la lotta contro la stanchezza del dover rinunciare ai continui stimoli Vitali, è la vita che può continuare, è la speranza per una vita migliore, è il contrario del procrastinare e della rinuncia, è la voglia di non voler morire ancora.
Quando non c’è via di scampo da un reiterati conflitto di coppia, c’è la malattia, da una condizione mentale impossibile si va verso uno scarico di tensioni psicosomatiche; il tradimento, in tal senso, diviene un valore per la salute, rappresenta la fuga dalle tensioni che la coppia ha generato, e si pone come una fittizia soluzione, una coercizione ed un rilancio a modificare lo stile di vita. La relazione tradita può essere risanata, ripartendo dall’ impossibile al probabile, li dove altri finiscono il loro percorso, lo si può riprendere ancora più slanciati, nel caso in cui i sentimenti lo consentano.
Per altre accezioni, possiamo dire che la vita, di suo, ci tradisce di continuo, ne dispensa di continui, allor quando, ad esempio, cambia i nostri progetti e le nostre prospettive. Il suo naturale divenire, di per se, è un tradimento, perché ci stravolge i percorsi, ponendo noi e il nostro passato continuamente alle spalle, con un presente totalmente differente. La vita ci fa cambiare pensieri, idee, stili di vita, gesti, scelte, ci promette e ci toglie, ci consente di tradire una visione precedente a vantaggio di una successiva contraddittoria; la vita ci tradisce, in virtù delle nostre evoluzioni o involuzioni. Il tradimento è uno scambio di prospettive, un ricambio ed un riciclo di schemi continui, con queste mescolanze veniamo richiamati ripetutamente ad adattarci. Il tradire rappresenta il centro tra uno step by step. Ogni step successivo è sempre differente da quello precedente e ne rappresenta il suo superamento e tradimento.
Il tradimento se trattato in analisi, può non essere una tragedia, ma un’occasione di crescita, un richiamo ad una relazione nuova rinnovabile, non bugiarda ma virtuosa, un rilancio da un incontro che era fondato sull’ assenza e le manchevolezze, verso una relazione consapevole e trasparente, sincera, serena, emozionale e rinnovata nei sentimenti.
giorgio burdi
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Mi Faccio Una Canna
La cannabis è una pianta conosciuta anche come marijuana o canapa. La sua sostanza attiva principale è il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), che ha effetti psicotropi sul cervello e sul sistema nervoso centrale. Sebbene la cannabis sia usata a scopo medico e ricreativo in molte parti del mondo, l’uso a lungo termine può causare una serie di effetti collaterali degenerativi sulla salute.
Effetti a breve termine:
L’uso di cannabis a breve termine può causare una serie di effetti collaterali, tra cui:
- Alterazione delle capacità cognitive: la cannabis può compromettere la memoria, l’attenzione e la capacità di risolvere problemi.
- Cambiamenti del comportamento: l’uso di cannabis può causare forte nichilismo, acuta auto svalutazione, abbattimento cronico dell’ autostima, psicoastenia con relativa forte spossatezza, debolezza psico fisica, cambiamenti dell’umore, riduzione della motivazione, aumento acuto delle paranoie, aumento della inadeguatezza e disadattamento relazionale, insorgenza degli attacchi di panico assenza della progettualità e diminuzione della capacità di coordinazione, isolamento sociale, socio patia; prevalentemente viene utilizzata per combattere le ansie, ma diviene la causa della sua insorgenza. In psicoterapia, le ansie rappresentano i sintomi più importanti per risalire alle loro cause. Le ansie vanno curate, non drogate. Drogare le ansie, inizialmente rilassa, immediatamente acuisce, degenera e rinforza il malessere.
- Effetti fisici: la cannabis può causare arrossamento degli occhi, aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, secchezza delle fauci e vertigini.
Effetti a lungo termine:
L’uso prolungato di cannabis può causare una serie di effetti collaterali a lungo termine, tra cui:
- Problemi respiratori: fumare cannabis può irritare i polmoni e causare bronchiti croniche, tosse e produzione di espettorato. Ciò può aumentare il rischio di malattie polmonari croniche come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
- Problemi psicologici: l’uso di cannabis può aumentare il rischio di problemi psicologici come la schizofrenia, soprattutto nelle persone che hanno una predisposizione genetica alla malattia.
- Problemi cognitivi: l’uso a lungo termine di cannabis può compromettere la memoria a lungo termine, l’apprendimento e la capacità di pensare in modo chiaro e logico.
- Dipendenza: l’uso prolungato di cannabis può causare dipendenza psicologica e fisica. Quando una persona smette di usare cannabis dopo averne fatto uso regolare per un lungo periodo, possono insorgere sintomi di astinenza come irritabilità, ansia, insonnia e perdita di appetito.
- Impatto sulla fertilità: l’uso di cannabis può ridurre la fertilità sia negli uomini che nelle donne. Nelle donne, l’uso di cannabis può interferire con il ciclo mestruale e ridurre la produzione di ovuli. Negli uomini, può causare una riduzione della produzione di sperma e alterare la motilità degli spermatozoi.
Gli effetti collaterali della cannabis possono variare in base alla dose, alla frequenza e al modo di assunzione. Ad esempio, l’inalazione del fumo di cannabis può avere un impatto maggiore sui polmoni rispetto all’assunzione di cannabis tramite alimenti o bevande.
L’effetto della cannabis sulla salute mentale è stato oggetto di molte ricerche. L’uso regolare di cannabis può aumentare il rischio di disturbi psicologici come la depressione, l’ansia e la psicosi.
L’uso di cannabis durante la gravidanza può avere effetti negativi sullo sviluppo del feto. La cannabis può attraversare la placenta e raggiungere il feto, causando effetti sulla salute fisica e mentale del bambino. L’uso di cannabis durante l’allattamento può anche influire sulla salute del bambino, poiché il THC può essere presente nel latte materno.
L’uso di cannabis può influire anche sulla guida e sulla sicurezza stradale.
L’effetto psicotropo della cannabis può compromettere la capacità di guidare in modo sicuro, aumentando il rischio di incidenti stradali.
L’abuso di cannabis può portare a un aumento della tolleranza alla sostanza, rendendo necessaria una dose sempre maggiore per ottenere lo stesso effetto. L’astinenza dalla cannabis può causare sintomi come irritabilità, ansia, insonnia e perdita di appetito.
Sebbene ci siano usi medici della cannabis, come nel trattamento di alcune malattie come l’epilessia, è importante valutare i rischi e i benefici dell’uso della sostanza. Usata in poche condizioni in modo terapeutico, facilmente genera l’ alibi e la falsa illusione che essa potrebbe comunque sempre avere effetti terapeutici Le persone che desiderano utilizzare la cannabis per scopi medici dovrebbero consultare un medico per valutare i rischi e i benefici dell’uso della sostanza e valutare la possibilità di utilizzare altre opzioni terapeutiche.
Conclusioni:
L’uso di cannabis può causare una serie di effetti collaterali a breve e lungo termine sulla salute fisica e mentale. Sebbene la cannabis sia usata a scopo medico in alcune circostanze, l’uso ricreativo eccessivo può causare una serie di problemi di salute. Le persone che desiderano utilizzare la cannabis per scopi medici dovrebbero consultare un medico per valutare i rischi e i benefici dell’uso della sostanza e valutare la possibilità di utilizzare altre opzioni terapeutiche.
giorgio burdi
ContinuaVINTAGE
VINTAGE
Noi siamo vintage, diversamente anime, genialità e sregolatezza, ordinati, sobri ed essenziali, quelli delle linearità, dalle forme armoniche, irregolari, ma utili, fresche e colorate; siamo quelli che hanno osato, danziamo da i classici ai figli dei fiori, tra ghirlande, bouquet e papaveri, siamo bucolici, da trattoria, da feste nelle masserie con la pizzica e la taranta, siamo quelli del tango e della febbre del sabato sera o quelli che odiano la discoteca, siamo quelli del riordino, che fanno spazzatura del vecchio e l’ antico lo fanno meglio del nuovo.
Siamo quelli della gavetta, ai quali non è mai stato regalato nulla, quelli che si fanno il culo, quelli dalla colazione col pane e pomodoro e un filo di sale e coratino e un calice quattordici di Troia nero, invece del latte. Siamo quelli che hanno rotto il salvadanaio, non avevano soldi ma non disperavano mai. Siamo quelli che ascoltano Debussy, Pink Floid e Dire Strait, De Andrè e De Gregori. noi siamo quelli di Santana, Samba Pa Ti e country blues e di Lucio, Dalla e Battisti, che hanno fatto inventato la radio libera effe emme, le bands e suonato la chitarra in spiaggia proprio dentro ai falò.
Saltiamo da una tavolozza di colori, amiamo il blu perché va oltre i confini, dipingiamo granai, campi di grano, praterie con staccionate tutte da saltare, a noi, non fanno paura gli ostacoli. Non usiamo valigie, ma zaini a spalla; siamo minimal, timidi ma intraprendenti, odiamo il consumismo, non portiamo griffe, il brand è solo per il nostro nome, ci piace fare tutto ciò in cui crediamo; ci ritrovi ancora nei mercati americani, ma non siamo poveracci, ma ci sentiamo sempre adolescenti.
Siamo raffinati, abbiamo sempre il sorriso ed un libro nelle tasche, abbiamo tanti abiti, ma per comodità usiamo sempre gli stessi; amiamo i missionari, i francescani e i buddisti, tutti quelli che per davvero aiutano il prossimo, siamo naturalisti ed ecologisti, viaggiamo su una R4 col cambio sul cruscotto, preferiamo borghi e le strade di campagna. Ci piace essere leggeri e superficiali, perché siamo molto profondi. Per ogni problema abbiamo mille soluzioni e lottiamo contro il pessimismo di chi ha l’ alibi di non voler far nulla, di chi ha sempre mille problemi per ogni soluzione.
Siamo progressisti, ci piace l’ uomo sulla luna e crediamo negli ufo, siamo cresciuti col bianco e nero, due soli canali ed un telecomando che faceva tic tac; abbiamo inventato internet, per abbattere le distanze, proliferato radio, tanta musica e la Tv con i colori, amiamo la cabina con i gettoni e ci scordiamo a casa il cellulare, ci accontentiamo anche solo di respirare, siamo quelli che facciamo il vino in casa, comprano i pani per spillare la birra, sereni e di viaggiare sotto il vento, col sole sulla pelle, camminare sotto la pioggia, siamo quelli che guardiamo sempre l’ orizzonte, oltre chi pone inutili confini.
Ci sposiamo sulla sabbia, facciamo l’amore discreti sotto le stelle, ci piace parlare ed ascoltare di persona, odiamo le chat se non per necessità e per lavoro; siamo affamati di parole mai ascoltate, di tutto ciò che è indicibile ma vero. Noi siamo figli dei partigiani, quelli coraggiosi, con le palle, senza pretese, che non hanno peli sulla lingua, quelli per i quali non c’era mai tempo perché lavoravano sempre, ma eccoci, siamo qui, ci siamo cresciuti e siamo riusciti bene, siamo i sindacalisti dei torti subiti, che garantiamo ancora la libertà pagata dai nostri padri.
Ci piace spezzare e dividere il pane, darci entrambe le mani e dove ci sono trenta fa lo stesso con trentuno, ci piace essere umili e farci prendere in giro e anche se abbiamo tanto, ci piace vivere di poco, come se ci bastasse solo il cuore che ci batte; non ci montiamo mai la testa e non ci sentiamo mai a posto o arrivati, perché siamo sempre curiosi di sapere e le cose più intense, sono ancora tutte da sapere, non ci facciamo comprare da chi poi si vende, ci piace la chiarezza e sia molto diretti, siamo quelli del vivi e lascia vivere, non ci piacciono i consigli e non li sappiamo nemmeno dare, perché ognuno è intelligente per sapere dove andare. E se l’ amico è ventennale, dorme spesso a casa nostra, siamo sempre banchettari, dove ognuno porta il suo,
ci piace metter tavola e spesso c’è sempre un estraneo, un fratello extracomunitario senza famiglia ma che ha trovato casa, che si trova già a proprio agio per brindare, ridere e scherzare. E quando sul portone, tutti pronti per partire, con con una Prinz, la 127 o l’ Alfa Sud che per frenarla serviva un cuneo al disotti sotto dei pneumatici, per andare a funghi; che gioia ritrovarsi, per poi tornare a casa, per una frittura una spaghettata, o cento pizze al mare nel forno a legna, per parlare di politica, pettegolezzi, musica, e in silenzio raccontare di problemi personali o giocare a carte.
Noi vintage, amiamo la vita, odiamo i litigi e tanto meno le guerre ignoranti, ci droghiamo e ci facciamo solo di noi stessi, siamo matti di noi, siamo folli ed originali, odiamo ogni tipo di sostanza che ci toglie la voglia della danza, magari ci godiamo una Molinari con la mosca, un sigaro toscano o una Malboro, mentre studiamo, dopo un caffè psicologico o in piazza mentre chiacchieriamo con chi ci va.
Fanatici dei Ray Ban, delle scarpette bianche Superga, jeans e camicia bianca, beviamo alla stessa bottiglia, mangiamo la caramella che è caduta per terra, perché gli anticorpi, noi da bambini li abbiamo fatti sulla strada. Parliamo col barbone, col presidente della repubblica e l’ operatore ecologico, diamo il fazzoletto se il passante piange nel treno dei pendolari e se ci chiedono l’elemosina, la stringiamo senza timori nelle loro mani, parliamo con tutti o nel tram a chi incrociamo negli occhi.
Noi vintage siamo quelli che non creano distanze, che non si montano mai la testa, non dimenticano mai le origini, che ringraziano ma si emancipano da esse e gli restano devoti, non ci dimenticano mai che le radici sono sempre nel fango e che siamo tutti strani ed esseri umani e siamo in grado di parlare con il buono di ognuno, vogliamo essere ingenui, facciamo finta di niente, facciamo sempre lo stesso errore, quello di fidarci di tutti e facciamo molta fatica a diffidare, siamo incorreggibili, ma nessuno ci toglie mai dalla testa una scusa, quella di credere che il mondo può sempre essere migliore se guardato, come da noi, con occhi diversi.
Noi vintage abbiamo pochi valori, tutti gli altri perbenismi li abbiamo cestinati, ragioniamo con la nostra testa e tanto più col cuore, non siamo severi, ne intransigenti, siamo laici e moderati, diventiamo impertinenti e ci disgusta il fanatismo e gli estremismi, siamo sempre illusi che la bontà e l’amore vincerà sempre, perché la vita è trafficata da opere d’ arte ed ognuno ha un suo talento ed un posto per permettere di migliorare la qualità di vita di tanti. Per chi ancora non lo sa, noi vintage, lasciamo il meglio di tutto ciò che tutti noi siamo.
giorgio burdi
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