
Disturbi relazionali compulsivi
Le relazioni andrebbero consolidate non in una condizione di bisogno, ma paradossalmente quando il bisogno è stato appagato dal benessere di se.
” Disturbi relazionali compulsivi: “
L‘ultimo posto del corpo in cui una donna può perdere la propria verginità è l’ anulare sinistro. Ho sempre custodito la mia mano sinistra in attesa della persona giustacollezionando infiniti modelli di anelli ma tutti rigorosamente indossati sullealtre nove dita!
Senza volerlo a volte si collezionano cose e si collezionano persone, fidanzati riponendo in ognuno una grande attesa, perché poi noi siamo persone serie che ci crediamo e impegniamo al massimo, ma creiamo una piccola illusione che si sgretola difronte alla realtà ovvero che forse prima di incontrare l uomo giusto bisognerebbe capire se stesse !
Allora si fa una scorpacciata di relazioni e si affrontano viaggi e pezzi divita insieme, senza minimamente aver capito il significato della condivisione ma soprattutto del compromesso, sono ancora in attesa che qualcuno mi spieghi in cosa consiste questo tanto famigerato compromesso :
una negoziazione in cui si cede parte di sé per accogliere parte dell’ altro ? E se quel pezzo di sé ceduto ci manca, a tal punto da non voler neanche la parte migliore dell’ altro, che si fa ?
Si fa quello che faccio io da quando ho 20 anni, si cambia, si cambiainstancabilmente strada, ragazzo, direzione e si fa una scorpacciata compulsiva di fidanzati plausibili, alla ricerca del prototipo di uomo perfetto per essere un marito o un padre !
Ho 30 anni e credo di essere non più piccola e non abbastanza grande ma piena di pensieri confusi su ciò che aspetto, su ciò che voglio, o meglio saprei ciò che voglio, ma non so ciò che mi aspetta per ottenerlo !
Oggi penso di non credere più alla verginità del mio anulare, perché io sono una profana dell’amore !
Promesse e parole scorrono via insieme agli anni passati a interrogarmi sucosa non funzioni nella mia testa e nel mio cuore. Che la mia ricerca sia quella di godot ?
Tiziana
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Cara Tiziana
Il vero problema è esattamente quello di credere molto nella relazione, più di quanto possiamo credere in noi, tanto da dimenticare chi siamo, catturate dal fascino del mistero, offuscate dal bisogno d’ amore, posizionandoci lontane da noi e confondendoci con l’ altro.
E’ una sconfitta possedere questo immenso bisogno di essere Uno con l’ altro a tutti i costi, una carne ed un’ anima sola: come se questa esigenza nascondesse la debolezza della propria identità, che andrebbe supportata dall’ anima gemella, quasi al fine di farla diventare una “stampella” e a volte peggio, una “carrozzella” da diversamente abile. In effetti bisognerebbe capire se stessi.
Le relazioni andrebbero consolidate non in una condizione di bisogno, ma paradossalmente quando il bisogno è stato appagato dal benessere di se.
Una relazione per andar bene, dovrebbe nascere, proprio quando non la cerchi più o non ne senti più il bisogno, altrimenti l’ altro potrebbe diventare lo strumento del proprio aiuto o la propria cura.
Impariamo prima a conoscere e a curare noi stessi, ognuno per i fatti propri, eventualmente incontrandoci, ci piaceremmo probabilmente molto di più, esattamente proprio quando potremmo farne anche tranquillamente a meno.
giorgio burdi
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Le dipendenze sessuali e il Ciber Sex
Se mio marito telefona alle escort, alle chat line erotiche o vede molta pornografia, ha sintomi di diffusa dipendenza sessuale? La Psicologa qui a Roma o il sessuologo, rileva che forse è questione di depressione, o solitudine, o per il partner assente.
Mi risulta veramente difficile in poche righe dirvi grazie di cuore per quello che lei Prof. Burdi e voi compagni di viaggio avete fatto per me. La scoperta del presunto tradimento e dell’intrattenimento telefonico con le escort da parte di mio marito, è stato per me uno dei momenti più difficili della mia vita, in quel momento di forte crisi mi sono ritrovata a fronteggiare emozioni difficili, la delusione, la rabbia, la sfiducia, la depressione, il dolore è stato troppo grande per poterlo superare da sola.
Nel corso di quei mesi, quando mio marito ha cominciato quelle relazioni, nella mia vita si sono presentati circostanze particolari che mi hanno portata ad allontanarmi inconsapevolmente e involontariamente da mio marito, senza accorgermi però che mi stavo e gli stavo facendo del male.
Tutto però sembrava tra di noi andasse bene, invece ! Pensavo che lui avrebbe capito la situazione del momento, ma invece non è stato così. Non mi aspettavo quello che è successo. Davo tutto per scontato, ma purtroppo lui aveva preso un’altra direzione.
Dopo aver scoperto il tradimento, tantissime volte ho frugato nei ricordi, spostando pezzi dolorosi, macigni di delusioni, rabbia, tanta rabbia ci sono stati dei momenti in cui volevo spaccare il mondo… volevo gridare al mondo intero la mia disperazione… la mia delusione… il mio dolore… il mio grandissimo dolore.
Dopo il tradimento si hanno davanti due scelte, chiudere la relazione o tentare di recuperare, di dare un’altra possibilità alla persona che ama.Soltanto dopo qualche seduta da lei Prof. Burdi ho capito che dovevo studiare un po di più me stessa e dargli un’altra possibilità.
Di capire se da parte mia ci fossero state delle responsabilità e tentare di superare insieme questo problema.In queste circostanze è molto difficile, bisogna riflettere a lungo sulla strada che vogliamo intraprendere, per poi seguire la nostra strada senza guardarci indietro.
Ho cercato a piccoli passi di conquistare la serenità, con me stessa ma soprattutto con mio marito che intanto è entrato in psicoterapia, mi ci è voluto un pò di tempo. Grazie ai miei amici del gruppo analitico, ma soprattutto a lei Prof. Burdi, per la sua sempre disponibilità analitica e pratica, siete riusciti a farmi capire tantissime cose di me, come il mio essere a volte ossessiva, senza di voi il mio rapporto rischiava di naufragare.
Questa esperienza da lei mi ha insegnato tantissimo, dandomi la possibilità è il privilegio di capire e di cambiare tanto di me .La mia storia con mio marito è stata come un fiore coltivato, cresciuto e piano piano è appassito…..non è morto. Grazie al vostro aiuto, siamo riusciti a dare i nostri frutti.
Ed ora eccoci qua insieme nonostante il dolore passato per questa bruttissima storia, ci ritroviamo a correre attraverso un labirinto fatto di momenti, di ricordi, a ridarci come il nostro primo bacio, come se oggi fosse la nostra prima volta con l’esplosione impazzita del nostro amore ritrovato DA SEMPRE PER SEMPRE…
A tutti i miei amici di viaggio vorrei dire:guardate felicemente il vostro passato perché certi fattacci che ci accadono, hanno uno scopo, servono per poter migliorare, credeteci e rivivrete la gioia di tutte le mete che avete cià conquistato. Guardate felicemente al vostro futuro, guardando a tutte le mete che ancora potete raggiungere.
Ascoltate la vostra anima il vostro io, e sentirete che la sola, vera, straordinaria vita che vi appartiene attimo dopo attimo, la state vivendo nel qui e ora e fate di tutto per migliorarvi.
La terapia è stata per me percepire che il senso della vita è vivere il momento presente, il “qui ed ora”. La nostra vita è un dono presente.
Mi mancherete tantissimo, resterete sempre nel mio cuore, vi voglio bene.
Vittoria
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Cara Vittoria,il tuo percorso in analisi è giunto al termine, direi con un meraviglioso esito positivo, quindi attraverso questa lettera voglio esprimerti la mia gratitudine, poiché il dono che hai fatto al gruppo esprimendo tutta te stessa mi ha davvero illuminata, attraverso te ho visto ombre di me, ma anche meravigliose luci.
Ricordo la prima volta che ti ho incontrata nello Studio Burdi di Roma dello psicologo psicoterapeuta, eri nervosa e impensierita, ma pur sempre bella e affascinante. Mi sono chiesta quale potesse essere il tuo disagio, poiché tutto sommato avevo la sensazione che tu fossi una donna decisa e forte, ed infatti questa mia percezione si è rivelata esatta.
Quando ci siamo seduti e abbiamo ascoltato la tua storia, ho capito che la rabbia e la delusione, aveva trasformato questa tua forza di fondo che è pur sempre una virtù che ti caratterizza, in ostinazione cieca e distruttiva.
Avevi tutte le tue ragioni, la delusione per quel tradimento non completamente consumato, da parte di tuo marito ti tormentava e ossessionava, ti gettava nel dubbio e nello sconforto.Hai lottato tenacemente contro i nostri pareri, hai pianto, ti sei disperata e ostinata, ma dopo pian piano ti sei arresa al dolore, ed in quel momento è venuta fuori la tua straordinaria sensibilità.
Ricordi le mie parole: ” Fermati Vittoria, c’è un momento per lottare e un momento per arrendersi, non dare spazio all’ostinazione, comprendi anche il tuo essere ossessiva, indietreggiare non vuol dire smettere di lottare, usa questo tempo per ritrovare te stessa, lascia al tuo uomo lo spazio necessario per capire in psicoterapia i suoi veri desideri”.
Tutti noi del cerchio, della terapia di gruppo, abbiamo rappresentato quel contraddittorio necessario alla salvezza della tua storia d’amore. Quando ti sei arresa ho assistito ad un piccolo meraviglioso miracolo della psicoterapia di gruppo, poiché solo attraverso l’analisi e la tua intelligenza, il tuo mettere anche te stessa in discussione, hai potuto ricostruire la tua storia.
Pochi sono coloro che hanno la forza di ricostruire sulle macerie della delusione, ma tu si, perché hai saputo comprendere che tuo marito non era solo nel ruolo di marito, ma era un uomo in difficoltà.Vittoria, mi hai saputo trasmettere tanta forza, sei la mamma che avrei voluto avere e la sorella che se avessi avuto non mi avrebbe mai voltato le spalle, sei speciale e mi hai fatto sentire speciale.
Insieme, tu e tuo marito, avete saputo trasformare quel tradimento in una grande occasione per ricominciare più uniti di prima. Pensa se non ci fosse stato ?
La tua esperienza di vita mi ha resa più ricca, ho compreso che quando si subisce un tradimento lo sconforto è legittimo, ma lottare nella giusta direzione per ricostruire è un dovere verso se stessi, poiché in amore non ci sono traguardi da raggiungere, ma meravigliosi viaggi da intraprendere insieme.
Grazie di cuore, e Buon Inizio
Carla
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LE CONVINZIONI: Dogmi Pericolosi
Lo psicologo psicoterapeuta, in quanto studioso, rileva che le convinzioni non consentono di cambiare, emanciparsi, di vedere prospettive migliori. Molti pensano che esse diano certezze, ma molto spesso le sottraggono.
perchè non offrono prospettive per cambiare.
LE CONVINZIONI: PICCOLI MA GRANDI DOGMI PERSONALI
“Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità” scrive Friedrich Nietzsche. Eppure sembra che nessun essere umano riesca a farne a meno. In particolare, la cultura occidentale, a partire dal pensiero greco, ha eretto i cosiddetti “immutabili”, che non sono altro che forti e assolute verità, come le Idee platoniche, il Dio cristiano, la Ragion d’ essere.
L’umanità, sin da quando ha incominciato ad esercitare il pensiero, si è resa conto di trovarsi in balia di un mondo caotico e pieno di incertezze, in balia del nulla e dell’annullarsi di ogni cosa.“Io ero spaventato nel trovarmi in mezzo al nulla, un nulla, un nulla io medesimo. Io mi sentivo soffocare, considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla” (Giacomo Leopardi).
Le convinzioni non agevolano i dictat, forme di assolutismo o di relazioni e comunicazioni simmetriche.
La diretta conseguenza di questo terrore è l’erezione di una verità Universale o semplicemente personale, una verità solida e certa capace di dare un senso alla vita umana o almeno capace di abbattere la paura dell’ignoto. “Pare un assurdo, eppure è esattamente vero, che, tutto il reale essendo un nulla, non v’è altro di reale né altro di sostanza al mondo che le illusioni” (Giacomo Leopardi)
Per opera delle nostre ataviche generazionali insicurezze, diventiamo affamati di certezze e convinzioni. Vogliamo punti di riferimento, ed una volta acquisiti, ci avvinghiamo ad essi come fossero ancore e dogmi indiscutibili, che non si debbano più rivedere, nè tanto meno metere in discussione.
I processi educativi, i valori, gli stereotipi, i pregiudizi, le opinioni, gli stili di vita, il popolarismo, le sette, le politiche, le religioni, con le loro interpretazioni contestualizzanti, spesso sono figli del loro tempo e rappresentano le colonne portanti di tutte le nostre CONVINZIONI.
Con esse cresciamo, ci formiamo, interagiamo, ci intersechiamo, ci condizioniamo, modifichiamo il percorso della nostra esistenza, e solo al termine di essa ci rendiamo conto che avremmo potuto fare sicuramente anche a meno di tutto ciò, che, come un faro, ha rappresentato ed ha condizionato la nostra esistenza.
I “sacri dogmi” hanno cambiato nel tempo la loro connotazione, si pensi all’ atteggiamento delle nostre culture riguardo al tema della sessualità che risulta essere in un continuo divenire.
Ciascuno di noi, nel suo piccolo, ha bisogno di credere fortemente in qualcosa e si rifugia nelle sue convinzioni con tutte le forze che possiede.Le convinzioni, insieme ai valori e ai criteri, costituiscono una componente fondamentale e molte volte inutile della nostra vita. Esse costituiscono la certezza di una realtà e influenzano il punto di vista e l’ azione.
Molto spesso le convinzioni non sono generate esclusivamente da noi stessi, ma sono il frutto di una rielaborazione interna delle nostre esperienze e di ciò che ci circonda: amici, genitori, insegnanti e mass media.
Tuttavia le convinzioni non sempre sono potenzianti (cioè utili al raggiungimento delle nostre mete e soprattutto capaci di donarci benessere e serenità), e possono arrivare a costituire un serio limite alla realizzazione del nostro equilibrio e dei nostri bisogni, sino a divenire patologiche. Molte nevrosi o disfunzioni sessuali infatti vengono generate da complesse convinzioni dove le forme paranoidee raggiungono il massimo della loro espressione.
Cosa dire allora di chi, affetto da dismorfismo fobico corporeo, lamenta certe malformazioni o continue imperfezioni relative al proprio corpo? O ancora, di chi è fobico e teme il contatto (rupofobia)? O del socio fobico convinto che con gli altri non potrà mai essere tranquillo, temendo che possano sempre giudicarlo? O di chi soffre di attacchi di panico o di depressione dap, che dalla vita non si aspetta altro che la repressione e il soffocamento della propria vitalità? E cosa dire invece dell’ ipocondriaco convinto di avere sempre una malattia che non ha, se non quella esclusivamente psicogena? O della persona psicosomatica che scaricherà le tensioni su un qualche organo bersaglio.
Per non parlare di tutte quelle disfunzioni sessuali come il vaginismo, o l’ anorgasmia o l’ assenza o l’ attenuazione del desiderio sessuale, convinzioni per le quali si farebbe piacevolmente a meno di ricevere e vivere il piacere di sè. Che dire allora della disfunzione erettile psicogena che si confronta con la certezza di non aver potenza e forza, o della sindrome da eiaculazione precoce nella convinzione che tutto può essere vissuto e goduto solo in forma accelerata ed egoistica, in sintonia con un inconscia impostazione sociale dove tutto è migliore se è solo per sè, se è accelerato e rimpicciolito.
La psicoterapia ha il compito di modificare tali convinzioni, se non a volte di sostituirle o eliminarle, salvaguardando l’equilibrio olistico del soggetto.
Scopriamo allora che ogni forma di sindrome è fortemente legata a stabili irremovibili processi di convinzioni.
La convinzione inoltre di non essere adeguati o di non essere all’ altezza degli altri, se esasperata, può generare un stato di ansia tale da minare la vita sociale di un individuo. È per questo che, talora, dobbiamo essere in grado di mettere in discussione ciò in cui crediamo, magari grazie all’ aiuto e al confronto di un esperto psicologo psicoterapeuta o psicanalista o di uno psichiatra studioso di certi meccanismi mentali.
Bisogna cioè essere in grado di riconoscere un pensiero negativo e di estirparlo, magari sostituendolo con un’altra convinzione, più sana, e che ci permetta di convogliare le nostre energie nella realizzazione del nostro benessere.
Il lavoro analitico o di psicoterapia ha esattamente il compito di rivedere l’ assetto delle convinzioni del soggetto, aiutandolo a modificarle o addirittura a sostituirle o ad annullarle.
Siamo davvero convinti che un assetto di convinzioni serva davvero per vivere meglio ed aiuti realmente il soggetto nella ricerca della propria stabilità e del proprio benessere?
Non è forse vero che un valido addetto ai lavori, qual è uno psicologo psicoterapeuta, per portare a termine una cura, debba essere in grado di spogliarsi di tante sue convinzioni ?
Allora sono davvero indispensabili le convinzioni o vanno trattate nel relativo ?
giorgio burdi
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Lettera dall’ amante alla moglie di lui
Risposta alla newsletter: lettera all’ ex amante di mio marito. “Ricordiamo a lungo chi abbiamo amato, meno a lungo chi ci ha amato” (di Gesualdo Bufalino)
Ciao Cara. Io sono l’amante.
Non quella di tuo marito, ma l’amante di un altro. Anzi scusa, non chiamarmi amante, chiamami “seconda”, oppure diciamo che sono quella che si è sostituita a te. Perchè non sono venuta per caso. Ma forse sono venuta anche grazie a te perché, tuo malgrado, lo hai voluto anche tu.
Grazie alla tua distrazione, al tuo affaccendarti, giusto o sbagliato che sia stato, o al tuo egoismo. Non sono stata io ad aver cercato una serie di emozioni o una avventura. Sei stata tu a non esserti curata di ciò che avevi, hai dato per certe molte cose e non l’ hai “ascoltato” .
Mi domando perché non lo hai fatto, perché hai permesso che impelagasse me o mi impelagassi in ciò. Perché non credo che lui non ti abbia dato dei segnali. Così come tu hai sicuramente dato dei segnali a lui, allo stesso modo io ne ho colti tanti. Oltre ai miei problemi, ti sei aggiunta tu.
Un’avventura, una storia, non nasce mai per caso. Ed io non sono un caso. Credo di essere molto più di un caso. Credo di essere stata “voluta”, ed io ho preso ciò che stavo cercando, certamente non avrei mai desiderato un uomo apparentemente disimpegnato, tanto meno con figli, ma è andata così, molte cose non si possono premeditare. E’ certo che tutto viene mosso dal folle motore del bisogno di emozioni, di affetto, dalla profonda solitudine e dal bisogno di essere amati.
Ho le mie colpe, certo. Ho toccato un campo minato, è vero. Un campo di dolore dove tutti, nessuno escluso fra di noi ha sofferto. Un campo minato che crea un vortice che spazza via ogni conformismo e consuetudine. Ti sbatte di fronte ad un dolore cupo. E ci sono caduta in pieno. Completamente travolta. Uno strazio.
Tu dici che io non ho mai costruito niente. Tu dici che io non ho avuto rispetto dei tuoi figli.Forse però tu hai solo costruito una “favola”, dove i tuoi figli sono o erano esclusivamente la ragione del tuo esistere .
Ebbene, la favola forse ce la avevi nella tua mente, non nella tua coppia. Ed i tuoi figli sono il frutto di un amore, indipendente da me e da lui. I figli sono da amare e rassicurare. Non una catena dell’ unione.
Io invece ho solo costruito un ideale: la complicità in un rapporto. Perchè la comunicazione fisica e verbale è importante, secondo me. Ma è un ideale, il mio; discutibile, certo. Solo che non ho incontrato ancora l’uomo giusto, a parte tuo marito, eh, oops, la combinazione ha voluto che lui abbia trovato me per scappare e poi ritrovare te…
E se poi vuoi saperlo, sono figlia di una coppia “scoppiata” che dice di essere rimasta unita per me, per i figli e che invece mi ha resa infelice e insicura. Perchè la catena della famiglia unita deve “coinvolgere” le aspettative di tutti i componenti. Non “rispondere” al conformismo degli altri, altrimenti gli altri cosa dovrebbero dire? Un modo come tanti per distruggere e condizionare mente e cuore.
Quindi ancora mi chiedi o mi accusi del perché l’abbia fatto??? Perché invece non ti chiedi perchè è successo? Se stare con qualcuno per un “contratto” o per i figli, finisce con il consumarti dentro o toglierti l’aria, forse non è una bella “favola” .Perché se uno sta bene dov’è e con chi è, non ha bisogno di andare a cercare altro. O di cercare me . Ti do un consiglio: non scaricare su di me colpe di cui sei responsabile anche tu. A nessuno sembra, ma è solo questa la verità.
Il tuo matrimonio è nato quando voi credevate di essere arrivati , invece era l’inizio di un altro percorso. E non è colpa mia se lui ad un certo punto ha preso un bivio o si é rinsavito. Non è nemmeno colpa sua, nè colpa tua, ma a volte nella vita ci sono dei passaggi obbligati, quasi come delle verifiche dell’ autenticità delle cose che abbiamo o che pensiamo di aver costruito.
Ma non mi sento per questo una eletta verificatrice o dispensatrice di sofferenze, anzi quelle sono tutte le mie, non solo le tue, anche se ognuno pensa solo alle proprie.
Così come il matrimonio, alla partenza: stesso sogno, stessi bisogni e ideali. Così il bivio è l’arrivo ed ha evidenziato che qualcosa era cambiato o stava cambiando. Già prima di me. Non per me. Solo che a questo cambiamento non ci si era abituati. Alla monotonia invece sì.
Era il segnale che nel percorso che avevate intrapreso insieme anni prima, non stavate più andando nella stessa direzione anni dopo. Mentre io, passavo da quel bivio nello stesso istante suo, convinta che al mio posto ci sarebbe potuta essere sicuramente un’altra, forse diversa da me, ma comunque un’altra. Tu dove eri ? Punto.
E sono d’ accordo che andare a caccia di emozioni lascia dentro di sè tanto vuoto. Ma se vai a caccia di emozioni significa che quello che hai non ti emoziona più.
Ed è questo il vuoto. Ed è proprio quando lo capisci che ti “svegli”, non c’è nessuno e sei sola, e comunque non è un piacevole risveglio… Perchè scopri che le fondamenta di quello che credevi “assoluto”, invece di svilupparsi verso l’alto e di crescere, sono precipitate verso il basso o rimaste là dove erano. Ognuno per conto proprio. Ossia a prima della data del fatidico “si”. E poi ti risvegli.
Mi chiedi se un giorno imparerò ad amare? Veramente scusami ma credo di saper amare già. Al punto di lasciarlo andare e ritornare da te e al punto di ringraziarlo delle emozioni che mi ha dato. Questo è amore, sì. Amore, ma non amore per me. Che sono travolta e impotente. In conflitto con me stessa per quello che voglio e che non posso avere.
Perchè la differenza tra me e te è esattamente questa: io non metto catene.Non uso i figli come ricatto.Non dò la colpa agli altri per quello che io non ho saputo evitare e di cui ciecamente sono responsabile anche io.Tu invece forse saresti anche tutto questo.
E vuoi sapere una cosa ??? Io soffro da cani. E di questa mia sofferenza dovresti ringraziarmi.Perchè un uomo che non ti lascia per non farti soffrire, o ti ama per davvero o lo fa per non far soffrire la famiglia .
Mi auguro che lui oggi ami la persona giusta, ma io lo invito ad amare sempre più se stesso, così come faceva con me.
Io e lui saremmo i colpevoli agli occhi del conformismo. Siamo gli egoisti. Tu invece quella che ha sofferto. E pur essendo anche la causa di tutto questo non sarai mai additata per quello che è successo.
E grazie a questa ipocrisia rimarrà solo rabbia.E ti assicuro che in confronto alla rabbia che provi tu, la mia è devastante, ma saprò vivere e andrò avanti, non so tu.
Sappi solo che sei fortunata: lui è tornato da te.Hai una grande occasione, non capita sempre.E allora sfruttala! Questa è l’unica vittoria che hai su di me.E forse un giorno invece di odiarmi, mi ringrazierai.
Buon risveglio moglie!E addio.
L’amante
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Ragione o Sentimento ?
Psicologo, mediatore famigliare, psicoterapeuta e il dilemma di ricucire l’ affettività del legame, alla logica della separazione, in una coppia con un problema di tradimento.
Un tradimento che mi cambia la vita
Ho iniziato la mia esperienza psicoanalitica già prima di venire a conoscenza del tradimento, quasi prefigurando l’arrivo di un pericolo. Sono andata qui a Roma dallo psicologo, il Dott. Burdi, dopo che il mio ragazzo, con cui stavo da diversi anni, mi ha lasciata senza alcuna ragione per me allora significativa, appellandosi a quella nostra diversità che aveva fino ad allora rappresentato una nostra ricchezza, appellandosi alla mia freddezza, che pure mi aveva sempre caratterizzata.
La mia reazione è stata più atroce del previsto: un giorno intero a fissare il vuoto, senso di spaesamento; giorni passati a piangere o all’insegna dell’iperattività per soffocare il dolore. Mi sentivo come preda di una droga, completamente assente e stordita.
In seguito, le cose sono andate meglio e ci siamo riavvicinati, tanto che stavo arrivando a credere stupidamente (dico ora) di non aver bisogno dell’aiuto di uno psicoterapeuta (e questo solo dopo il primo incontro), quasi che il mio malessere fosse legato solo alle circostanze e che non avessi bisogno di scoprire cosa in me poteva anche aver prodotto quegli eventi.
Infatti, le cose non accadono mai per caso! A volte sono gli eventi stessi che t’impongono di rivedere te stessa, il tuo stile di vita, la lista delle tue priorità e non sempre qualcosa di brutto è veramente tale.
A volte la vita, che è ricca di sorprese, ci sorprende anche nelle avversità e può trasformare l’episodio più luttuoso che ti sia mai accaduto in un’importante occasione di crescita, di cambiamento e di conoscenza di se stessi.
Se la mia vita mi ha condotto dal Dott. Burdi, l’ha fatto per farmi capire che dovevo essere io a fare qualcosa:
io avevo le capacità per cambiare, bastava solo volerlo e non demordere. È così che ho superato ciò che ben presto il mio ragazzo mi ha confessato: il tradimento.
All’inizio non riuscivo neanche a pronunciare questa parola, quasi che il tradimento fosse una macchia, una vergogna subìta e patita, la profonda ingiustizia che si consuma alle nostre spalle e di cui si è totalmente vittima.
Tuttavia, grazie al percorso analitico, ben presto ho capito che non è stato così. Innanzitutto, perché, nel mio caso il mio inconscio sospettava, ma la ragione faceva dileguare quei sospetti. Di fatti il mio problema era proprio quello: quel dominio incontrastato della ragione che impediva di ascoltare me stessa, il mio io, i miei bisogni e di accorgermi di quanto accadeva immediatamente intorno a me.
Eppure la ragione sempre vigile sospettava, ma troppo assuefatta a basarsi su dati oggettivi e non su presentimenti ed intuizioni non era disposta a cedere, non credeva possibile l’impossibile. Eppure l’emotività stessa non dava credito alla ragione. Infatti, la mia reazione di fronte alla confessione del mio ragazzo non è stata certo di stupore e anzi in prima istanza ho cercato di consolarlo vedendolo in lacrime di fronte a me come un bambino. È stato solo in un secondo momento che ho pensato a me stessa e alla gravità di quanto era accaduto: stava esplodendo una forte rabbia.
Ecco che solo difronte ad una confessione palese e ad un’ingiustizia altrettanto palese, la ragione cede. Eppure non smette di farsi ostinata, per il duro attacco subito e non è disposta a riconoscersi alcuna colpa. Si, perché quando si è traditi non si crede che la colpa possa essere equamente distribuita e che le ragioni dell’altro, per quanto traditore, possano avere lo stesso valore delle proprie.
Superare un tradimento per me è stato aver generato un cortocircuito della ragione, che con il tempo sta imparando a fidarsi più dell’istinto e dell’emotività. Superare un tradimento ha significato per me credere che l’impossibile fosse possibile, ma anche imparare a realizzare l’impossibile.
Ho imparato che non è un male smettere di pensare e di fidarsi totalmente di quella ragione che segue ciò che ‘si deve fare’, che non è un reato dire qualche no in più per seguire ciò che ‘si vuole fare’. Inoltre, se è a rischio la storia più importante della tua vita, quella in cui più credi, solo perché i tuoi doveri hanno il primo posto nella scala delle tue priorità, forse ‘ ti meriti ‘ un tradimento, perché ti auto condanni all’infelicità.
Ho imparato, infine, che la felicità per me è realizzare ciò che sembra impossibile e trasformarlo in qualcosa di ordinario e possibile: cedere al volere per me era impossibile, ma ora cerco di farlo diventare possibile ed ordinario.
Ringrazio tutti ed un ringraziamento speciale al dott. Burdi che con l’ analisi e con piccole regole mi ha fatto credere all’ ‘ impossibile ‘ .
Con affetto, Fiorella
Continua
La Donna Dongiovanni
Il sessuologo spesso, come lo psicologo, qui a Roma come in altre città d’ Italia, si trovano a curare disfunzioni sessuali maschili come quella erettile , l’ anorgasmia o l’ eiaculazione precoce, in soggetti che di
organico non hanno nulla, ma solo cause psicogene, derivanti spesso dagli effetti della sensazione della ” supremazia ” femminile .
QUANDO LA DONNA E’ UNA “DONGIOVANNI ”
Benché nel mondo occidentale le battaglie per l’emancipazione della donna abbiano avuto inizio da quasi un secolo, questo processo (che pure ha portato a notevolissimi successi) sembra ancora lontano dall’esser completato.
Troppo radicata negli uomini e nella società in generale è, infatti, la convinzione che la donna non debba e non possa avere realmente le stesse opportunità di cui godono gli uomini.
Nonostante la donna rivendichi continuamente la propria indipendenza e la possibilità di godere di pari opportunità, è evidente che non riesca a liberarsi completamente dalle convenzioni sociali che la vorrebbero un’eterna bambina pura, ingenua, il sesso debole, bisognosa della guida dell’uomo.
A questo proposito è facile notare che le donne capaci di godere appieno della propria libertà e quindi anche della propria sessualità non solo sono poche ma sono anche bersagli di facili critiche e di disprezzo tale che ad oggi vengono definite ancora delle poco di buono.
Epiteti come “troia” o “puttana” e “zoccola”, fioriscono sulle bocche dei maschietti ogni qualvolta essi si trovino difronte ad una donna che è viva alla pari della vitalità di un maschio, e viva in maniera disinibita la propria vita sessuale.
Ciò che nel maschio verrebbe considerato come un atteggiamento dovuto nei confronti della sua sessualità, che verrebbe pretesa ed agita dallo stesso, nella donna, in molti centri urbani invece, risulta essere legata agli stereotipi della caverna: la sessualità deve viverla pensarla e considerarla con molta titubanza e valore discrezionale.
Per contro alcuni sessuologi e psicologi clinici qui della scuola di Roma e provincia, ammettono che la potenzialità sessuale di una donna, il suo potere e la sua pulsione sessuale vitale, risulterebbe notevolmente superiore a quella dell’uomo. lo riscontrerebbero il notevole numero di orgasmi che la stessa potrebbe raggiungere, rispetto a quelli dell’ uomo.
In tal senso la donna è realmente più potente dell’uomo. Questa verità dal punto di vista psicogeno, spiazza e metterebbe disagio psicologico nell’ uomo.
Lasciando da parte facili moralismi o giudizi che potrebbero o meno condividere un tale comportamento da parte del gentil sesso, bisogna ricordare che per secoli gli uomini hanno esercitato appieno il diritto di vivere numerose relazioni occasionali meritandosi al più la definizione tutt’altro che offensiva di donnaioli o dongiovanni.
A questo punto la domanda sorge spontanea: la facilità con cui le donne vengono etichettate come meretrici nasce realmente dal disprezzo (spesso immotivato) o forse le sue origini sono più profonde?
Si sa, purtroppo, che uno dei grandi motori dell’animo umano è la paura .
Ed ecco che i nostri cari maschietti dovendo sottomettersi e conformarsi ad un modello di uomo
(il tipico macho che non deve chiedere mai, come ricordava il famoso dopobarba denim, rappresentativo di una certa sottocultura e tendenza d’ epoca)
che la società propina loro, li pone di fronte a donne disinibite, decise, sicure di se ed esperte,
da far sopraffare, i poveri maschietti, dalla paura o dall’ ansia della prestazione sessuale, di non essere all’ altezza della situazione e di essere malgiudicati, come se fossero in un concorso di esami sessuali.
Questa paura può diventare spesso ossessiva, generando disfunzioni sessuali quali anche l’ assenza o l’ attenuazione del desiderio sessuale , oggi sempre più diffuso.
A questo punto la relazione tra l’ uomo e la donna non viene più vissuta come una bella piacevole paritaria relazione, ma come la paura per il confronto e per l’ emancipazione, come una forma di competizione da sostenimento di un esame, relazione paritaria che metterebbe in crisi quegli stereotipi atavici e generazionali antichissimi della sottocultura maschile riguardo alla sessualità.
Fortunatamente i tempi stanno cambiando, e la donna prende sempre di più il suo giusto posto, finalmente recupera sempre di più la sua pulsione alla vita.
D’altronde, per nostra somma fortuna, come avremmo mai potuto rinunciare ad una siffatta energia, che per tanti secoli, per comodità di un maschilismo imperante e dilagante, è rimasta inutilmente inespressa e repressa ?
Quante risorse ed energie e per quanto tempo mai utilizzate.
La relazione Uomo Donna, andrebbe vissuta in modo complementare e non simmetrico-competitivo da permettere di rilassarsi e di godere le diversità fantasiose e creative delle due Uniche e Assolute Opportunità dell’ esistenza, rispetto alla ” ubris ” greca – la tracotanza – riduzionista maschilista, impoverito all’ unicità di maschio primato mammifero dominante.
Le diverse sindromi sessuali maschili quali, la disfunzione erettile, l’ anorgasmia, l’ eiaculazione precoce o ritardata, l’ assenza o l’ attenuazione del desiderio sessuale, hanno alla base questa natura psicogena della ” Donna Dongiovanni “.
E allora che dire? Ragazzi siate più buoni con le donne, ma anche con voi stessi, perché il gentil sesso, pur non lasciandosi sottomettere, non ha alcuna intenzione di schiacciarvi e nessun interesse nel giudicarvi, vuole solo godersi la vita e la libertà con voi e come voi, nel rispetto reciproco della propria e della magnifica diversità.
giorgio burdi
laura g.
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Con il mio corpo vi dico tutto ciò che penso
Prima lo psichiatra con le pillole, poi lo psicologo di roma per svelare i segreti nascosti dietro le crisi di fame, di ansia, il sovrappeso e gli attacchi di panico
Non ci ammaliamo mai per caso
Mi chiamo Valentina, sono una ragazza di una frazione di Cassino nei pressi di Roma e forse ho sbagliato a non dirle tutto prima dottore di quello che sto per raccontarle, però è più facile nasconderlo a se stessi che raccontarlo agli altri.
Quando ho conosciuto Pino mi piaceva molto, mi faceva sentire importante però c’era sempre qualcosa che non andava, non avevo forti emozioni, non sentivo il trasporto fisico però davo la colpa al fatto che ci vedevamo una volta alla settimana dato che lui lavorava tutte le sere.
Non mi faceva mancare mai nulla, lui mi comprendeva, mi ascoltava, mi proteggeva, non mi giudicava mai, con lui mi sentivo sempre a casa. Nonostante ciò io non ero innamorata ma continuavo perché pensavo che lui era la persona giusta per me, l’uomo che mia madre non avrebbe mai giudicato, che non mi avrebbe contestato ( piango ), poi con il passare del tempo ho iniziato a volergli molto bene, non so se l’ho mai amato forse si, forse no, non so dare un nome a questo sentimento ….
Un giorno mio fratello decise di aprire un ristorante nel 2000 e da li è iniziata la mia sofferenza, iniziai a lavorare con lui facevo due lavori , di giorno a Roma e di notte con lui, dormivo praticamente 2 ore al giorno ma non importava io ero viva dinamica, non mi stancavo mai, amavo la vita e mi piaceva lavorare in quel ristorante.
Ero magra, bella, ho iniziato a essere corteggiata da più persone e io mi sentivo felice, tutti mi vedevano felice. Mi allontanavo da Pino sia con la mente che fisicamente. Il ristorante era in una sede estiva e rimaneva aperto fino a settembre, l ‘ultimo giorno io ho iniziato a star male, un attacco di panico, mi hanno portato in ospedale e i medici dicevano stress, i miei dicevano stress, tutti dicevano stress, io no, sapevo che era l ultimo giorno e sapevo che dal giorno dopo niente sarebbe stato più bello, il mio sorriso infatti il giorno dopo era svanito.
Stavo male prima lo stomaco, poi la testa, debolezza, attacchi di panico, voglia di morire, non mi appartenevo, non sentivo le emozioni, mi svegliavo e non era mai mattina, mi odiavo e non capivo cosa mi succedeva. Ho contattato uno psichiatra a Roma, avevo bisogno di parlare, di capire, lui invece mi ha prescritto psicofarmaci, un antidepressivo e dopo sei mesi stavo meglio, anche se con l’esperienza di oggi avrei dovuto interpellare, così come oggi ho fatto, uno psicologo di Roma specializzato in psicoterapia per lavorare sui miei malesseri e sulle vere cause del mio problema.
Con le pillole ingrassavo, era marzo e io sapevo che arrivava l estate e che avrei ricominciato al ristorante, mi sentivo di nuovo felice, viva e magra. Pino non c’era, non esisteva , ero felice , mi sono innamorata o infatuata di un ragazzo, ho lasciato Pino ma tutto di nascosto perché i miei non condividevano questa scelta, infatti appena saputo mi hanno combinato il casino, mi inseguivano, mia madre mi urlava ch’ero una PUTTANA, non mi facevano uscire nonostante avessi 27 anni.
Alla fine sono ritornata con Pino, non sopportavo queste pressioni, nessuno mi ha mai chiesto cosa provavo io, perché stavo cosi male, ho continuato fino al 2005 fino a quando abbiamo scelto la data del matrimonio fissata per settembre, ad agosto lo lascio nuovamente dicendo la verità che io non lo amavo e che stavo con lui solo per i miei genitori, dico la verità ai miei, da li sono iniziati i tre mesi più brutti della mia vita, mia madre mi voleva uccidere, non mi guardava neanche in faccia, solo mio padre piangeva con me quando io gli dicevo che non ero innamorata e che non mi dovevo sentire obbligata da loro.
Lui mi capiva, un giorno mi ha chiesto scusa in ginocchio se mi aveva trattato male ( piango) perché lui era stressato da mia madre e non poteva far vedere davanti a loro che mi comprendeva , sono scappata di casa almeno cinque volte e lui ogni volta mi chiamava piangendo che non poteva stare senza di me, che io ero la sua bambina e che avrebbe fatto capire a mia madre che ognuno fa quello che vuole ma non era vero, mia madre mi trattava da schifo, non sopportavo tutto questo e sono tornata con Pino, ci siamo sposati e da subito ho preso peso, esattamente 40 kg con nessuna dieta che tenga.
Oggi non mi sento pronta ad affrontare tutto questo ma non riesco a nascondere le sensazioni che provo, non voglio continuare a farmi cosi male anche io sento di meritare un minimo di felicità .
Valentina
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Quando i miei mi hanno lasciato
La depressione da lutto genera senso di angoscia e di abbandono, ansia e attacchi di panico, se non curata da uno psicologo con una adeguata psicoterapia, può accompagnarci per tutta la vita.
Spesso avverto quasi tutti i giorni e rendono la mia vita molto difficile:
- Ansia di non essere all’altezza di affrontare qualunque situazione soprattutto lavorativa; ansia di confrontarmi con un gruppo di persone perchè penso che le mie idee siano poco intelligenti rispetto a quelle degli altri; ansia per il futuro sia per l’incertezza economica sia perchè penso di non essere in grado a educare e a sostenere economicamente dei figli, ragion per cui non ho alcun desiderio di metterli al mondo.
- Tutta questa ansia sfocia in una forma di depressione e di incertezza che mi blocca nel prendere qualunque decisione importante nella mia vita.
- Spesso mi chiudo in me stesso e cerco di calmare questi pensieri che mi rendono nervoso bevendo del vino o della birra che, passato l’effetto rilassante mi rendono più aggressivo di prima.
Penso che questa mia situazione psicologica sia stata fortemente aggravata da due lutti che mi hanno segnato in maniera fortemente negativa: la malattia e la morte di mio padre avvenuta nel 1998 e la malattia e morte di mia madre avvenuta dieci anni dopo.
Mio padre si ammalò quando io avevo diciassettenne, un adolescente, ero legato a lui moltissimo.
Frequentavo il liceo classico e ad ogni estate mentre gli altri andavano in vacanza, io e la mia famiglia ci recavamo a Lecce per parecchie settimane tutti i pomeriggi in ospedale dove lui si ricoverava in attesa che fosse operato per il tumore che cresceva velocemente nel suo addome.
Questo avvenne per due estati consecutive; alla terza, il giorno dopo il mio esame orale di maturità appresi una notizia scioccante: il referto della tac alla quale mio padre si era sottoposto risultò nefasto.
Mio padre non si poteva piu’ operare e fu sottoposto ad una chemioterapia massacrante che non servì a niente, solo a falo stare peggio. Ho vissuto quest’ultimo anno della sua vita sempre accanto a lui, non mi iscrissi all’università, i miei amici facevano progetti su quale università scegliere e quale sede ma io volevo solo stare insieme a mio padre, assisterlo , stargli vicino.
Era lui la persona piu’ importante della mia vita e lo e’ tutt’ora. Quando sto male penso a lui e lo prego di starmi vicino. Con lui ci confidavamo , facevamo progetti sul futuro e invece il cancro me lo portò via a soli 48 anni!
Diventai ad un tratto da adolescente un uomo, mi occupai gia da quando era malato dei terreni che avevamo, della casa della famiglia.
Dopo la sua morte furono anni difficili per me, un fratello di 15 anni ed una madre con la quale non ho stretto mai un legame forte anche se le volevo bene. La sentivo fredda non piena di amore o per lo meno non riusciva a dimostrarmelo.
Gli anni passavano quando dopo mille iter diagnostici e dopo un intervento urgente anche a mia madre fu diagnosticato il tumore persecutore. Altri otto anni di agonia ci spostavamo tra la clinica di Roma, Latina, Frosinone, Rieti e Viterbo tanto, già da allora da aver bisogno dell’ aiuto di uno psicologo .
Ho fatto tutto il possibile per mia madre, non ho rimorsi anche se lei sembrava non apprezzare quello che facevo e spesso mi faceva sentire ancora piu’ inutile e depresso di quello che gia’ ero.
Nell’ottobre del 2009 anche lei mi lascio’ a soli 54 anni.
Alla luce di queste brutte esperienze dove credetemi, il senso di abbandono è grande, mi chiedo oggi che senso ha la mia vita; mi guardo alle spalle e vedo solo macerie e sofferenza , mi guardo davanti non vedo niente : tiro a campare vivo alla giornata senza alcun progetto e se domani dovessi morire non mi dispiacerebbe anzi mi renderebbe felice.
A scuola ero intelligente: mi sono maturato con 56/60 e studiavo con interesse quasi tutte le materie, avevo voglia di sapere, di apprendere: avevo tanti progetti tante speranze che molti adolescenti hanno. Oggi a 34 anni vivo nel nulla. Attualmente prendo da poco tempo parecchie gocce di Lexotan e una compressa al giorno di paroxetina.
Però adesso so che con la psicoterapia del mio psicologo, riuscirò a togliere questa maledetta dipendenza dagli psicofarmaci.
Nella mia famiglia so di una cugina di primo grado che ha sofferto di ansia ed e’ stata in cura da uno psicoterapeuta e anche mia nonna materna a quanto mi e’ stato riferito e’ stata in cura in una clinica per una depressione legata ai debiti che si erano accumulati in famiglia.
Cosimo
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Risolvete attraverso gli altri, i propri problemi
Lo psicologo sceglie la psicoterapia finalizzata a consolidare prima l’individualità e in contemporanea la coppia, perché i problemi nella nuova famiglia sono i problemi vissuti in quella originaria.
Ogni consiglio dato, è una proiezione, vale solo per sé
Caro Dott. Burdi come si fa quando la paura supera la razionalità, mi spiego meglio: è come se giungendo finalmente alla comprensione del mio stato d’animo io mi accorga che ciò che vedo non mi piaccia o peggio sia più doloroso dello stato attuale e di qui la mia incapacità di godere del qui ed ora accompagnata dall’insoddisfazione logorante che provo.
Come posso liberarmi del fardello che rappresenta il passato se ho difficoltà ad attribuirgli un ordine dotato di senso logico, maturo, e si proprio cosi, perché spesso dopo aver tirato fuori un pensiero mi convinco di non averlo interpretato correttamente e di essermi arrabbiata inutilmente e quindi mi rimprovero per essere stata infantile e come per magia quel pensiero non è più brutto, però la cosa triste e che subito dopo io sono diventata una bambina cattiva e le assicuro che quella bambina che c’è dentro di me strilla forte molto forte.
Ho passato la vita a cercare di compiacere gli altri, ho lavorato il doppio il triplo in attesa di approvazione e conferme, non ho voluto guardare me stessa e tutto questo in attesa di un amore che mi e stato dato sempre a piccole dosi o almeno così l’ho vissuto, alla fine cosa ho raccolto?
Per me stessa assolutamente nulla visto che ho seminato sempre per gli altri ed oggi infatti ne pago le conseguenze dato che sono in ritardo in quella che è la corsa della realizzazione della mia vita;
poi ho incontrato mio marito un uomo che se pur con mille difetti (chi non ne ha?) ha saputo regalarmi amore, il calore di una famiglia, stabilità, sostegno, finalmente ero felice, ma le cose belle non durano mai a lungo.
Ci siamo perduti e non so come, eppure dentro di me le motivazioni per cui l’ho scelto come compagno di vita sono sempre state lì ferme ed irremovibili, la consapevolezza di avere a fianco l’uomo migliore che una donna possa desiderare è sempre più forte e allora perché non riesco a vivere l’emozione e come se testa e cuore non vogliano viaggiare all’unisono.
Ora chiedo a lei, cosa posso fare per far si che questo accada, come posso tornare a vivere quei sentimenti che ti fanno avere le farfalle nello stomaco quell’amore che ti spinge a scalare montagne o forse questa è un’idea errata infantile?
Una cosa è certa in questo momento il pensiero di non averlo più nella mia vita mi svuota e mi disorienta ma questo è comprensibile visto che lui rappresenta l’unica cosa che abbia un valore però questo valore è dato da tutti i vuoti che sono presenti nel puzzle che è la mia vita o lo sarebbe stato a prescindere?
Come posso cancellare tutti i momenti brutti e dolorosi come riuscire a superare le mie colpe e le sue? Il peso di tutte queste domande mi sfinisce e allora penso che forse sarebbe bello aprire quella porta che guardo da lontano ma alla quale non oso avvicinarmi, porta che potrebbe regalarmi novità entusiasmanti regalarmi finalmente il buon umore sorrisi ma proprio non posso, continuo a guardarmi indietro continuo a guardare lui e quindi mi dico perché vuoi fargli del male e perché vuoi farne a te ed ecco giungo alla domanda da un milione di dollari ma che diamine vuoi dalla vita?
Le scelte non sono il mio forte, l’incapacità che mi appartiene è quella di non essere in grado di occuparmi di me stessa, che vile e che strana creatura io tanto forte agli occhi degli altri brava a risolvere i problemi degli altri, tutto tranne che i miei.
Anita
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Quando il ” vaso di pandora ” è ricolmo di tanta rabbia e senso di frustrazione per tutti gli investimenti fatti nelle antiche relazioni affettive di famiglia nella quale pensavamo di ricoprire un ruolo parentale colmo di affetto e rivelatosi invece essere un ruolo da agenzia di servizi, ci ritroviamo delusi frustrati e diffidenti di tutte le future relazioni d’ amore.
La relazione con il partner rischia di andare in ” parcheggio ” quando a quell’ enorme antico fardello non risolto, si aggiungono atteggiamenti recenti della coppia che paradossalmente assomigliano e rimandano alla memoria della famiglia di origine, tali da procrastinare il senso di angoscia e di impotenza individuale e di coppia trasformando la propria vita in un labirinto.
Chi da’ soltanto, sotto forma di continua disponibilità ed esercizio di servizi, molto spesso non viene riconosciuto perché attribuibile ad un ruolo e non alla persona specifica.
E’ necessario far recuperare il Senso della Persona che esiste con la propria Sensibilità, rispetto al senso del ruolo che rappresenta ” l’ agenzia dei servizi ” verso la quale non si deve nulla e nessuna riconoscenza.
E’ necessario riscattare tale Immagine con ” indennizzi ” che facciano riprendere e dare Valore all’ Individualità onde sollecitare quel processo di coscientizzazione necessario per il recupero del Senso della Persona quale noi siamo .
giorgio burdi
ContinuaLa Felicità Esiste
Era come reimparare a respirare piano piano, e così di seguito, proseguendo con il mio coraggio e con la mia voglia di vivere…
Tutto è iniziato una mattina di giugno di qualche anno fa.Dopo essermi svegliato, lavato e sbarbato, iniziai a vestirmi per uscire di casa, prendere l’ auto ed andare di corsa in ufficio.
Ad un tratto mentre indossavo la camicia accusai improvvisamente dei forti dolori diffusi su tutto l’addome.
Non capendo di cosa si trattasse decisi di ritornare nuovamente in bagno, ma non accadde assolutamente niente.I dolori nel frattempo erano aumentati tanto da chiamare il medico di famiglia che mi consigliò di prendere degli antidolorifici e dopo circa due tre ore dopo e nonostante aver assunto i medicinali prescritti, i dolori all’addome aumentavano.
Decisi di richiamare nuovamente il medico che prontamente mi consigliò il ricovero in pronto soccorso.Mi diagnosticarono immediatamente una pancreatite acuta, ero gravissimo.
Nel reparto di Medicina dell’Ospedale, i medici iniziarono tempestivamente la cura e rimasi sette giorni e sette notti ricoverato, attaccato con due flebo nelle braccia e nel frattempo i dolori aumentavano lentamente fino a coprire tutto il corpo.
La notte del quarto giorno, nonostante la terapia iniziata, la temperatura corporea salì oltre i quaranta gradi, la vista iniziò ad annebbiarsi tanto che vedevo la stanza colorata di rosso, i dolori erano terribili tanto da non poter più muovere nessun arto.
Pensai allora che la fine era arrivata.
Nelle ore successive nonostante la forte febbre ero lucido e il mio pensiero era rivolto principalmente alle persone e alle cose più care che in quel momento ricordavo ed amavo che temevo di perdere per sempre e non poterle più rivedere.
Mia moglie mi stava accanto, irresistibile piangeva come se fossi morto, ma la cacciai via.
Verso l’alba mi trovai nella fase più acuta della malattia decisi allora di reagire con la forza del pensiero e pensai di alzarmi per andare in bagno.
Cercavo di provare a me stesso che non era ancora finita poiché sentivo ancora di poter reagire psicologicamente.
Con gesti molto lenti e barcollando, senza nessun aiuto altrui, mi alzai dal letto e mi portai con uno sforzo immane nel bagno che era lì a pochi metri nella camera dell’ospedale, trascinando dietro l’asta con le due flebo attaccate nelle braccia.
Stremato ritornai a letto, avevo reagito e questo mi faceva star già meglio, iniziai a pregare e cosi mi addormentai di colpo per la stanchezza.
Al mattino, improvvisamente avvertivo un leggero miglioramento, era come respirare piano piano e così di seguito proseguendo con il mio coraggio e con la voglia di vivere e con la terapia, il malessere si convertì molto lentamente nella totale guarigione.
Era incredibile, il mio medico mi disse che riesce per due casi su cento.
Appena dimesso dall’ospedale la gioia di vivere era tale che assaporai, con un profondo respiro, come non mai, il profumo dell’aria fresca che mi avvolgeva, la voglia di camminare, la vista delle persone e delle cose che mi circondavano .
Ricordo che all’uscita dell’ospedale, la voglia di vivere era tanta che camminando a piedi verso casa, evitai di calpestare una piccola verde fogliolina accarezzata dal sole che era nata da una pianta sul marciapiede poiché mi resi conto che anch’essa era una vita e che aveva lottato per vivere.
Da questa triste esperienza oggi ringrazio maggiormente Qualcuno per avermi aiutato a capire che la vita va vissuta attentamente in tutti gli attimi, con gioia, con amore e con grande rispetto per gli altri e per tutte le cose del creato:
questa è la Felicità
Pippo
Grazie Pippo per il Tuo Immenso Regalo
giorgio
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Ciiao Pippo,
questa mattina, complice anche il tempo grigio, mi hai fatto scendere delle lacrime per la tua storia molto commovente, che grande ammirazione che provo per la tua persona!!
Come vedi è la forza d’animo e il crederci sempre che ci porta soluzioni positive. La felicità esiste ma ci ostiniamo ad apprezzare la
vita solo quando ci accorgiamo che sta per abbandonarci. Bravo Pippo!!!!