
Grazie
Non gettare mai la spugna
Ciao Giorgio,
è da un bel pò di tempo che non ci sentiamo. Ti volevo aggiornare sul mio stato di salute come ai vecchi tempi. Devo dirti che sto MOLTO BENE.
Certo non mancano stress e beghe varie, ma ora le affronto in maniera totalmente diversa. Ricordi quanto mi duravano le relazioni? bene, la storia con quella ragazza procede in maniera spedita e super-entusiasmante.
Abbiamo deciso anche di avere un figlio e di conseguenza l’anno prossimo ci sposiamo. Ti suonerà strano, ma in effetti a volte nella vita il cammino che ti preponi svolta senza volerlo e senza che puoi gestirlo.
Sono molto sereno sto organizzando il mio mitico viaggio in Africa con lei, che a breve spero di fare. Ti scrivo non solo per augurarti un sereno Natale, ma anche per ringraziarti ad avermi fatto ritrovare la strada smarrita o forse mai trovata.
Non è stata una passeggiata l’aver fatto un bel periodo di psicoterapia, fatta con criterio e con un professionista competente ed appassionato come te, può portare a risultati eccezzionali.
Ti Saluto con affetto e ricordo a tutti di non gettare mai la spugna!!
Ti voglio molto bene.
Fabio
Continua
La depressione è una malattia?
Una semplice domanda per un quesito complesso
“Mi sento come se fossi sul fondo di un burrone, mi guardo intorno,sono solo e intorno a me c’è poca luce, voglio uscirne, provo ad arrampicarmi ma le pareti sono troppo scivolose e senza neanche rendermene conto mi ritrovo sul fondo.Intorno a me voci confuse e lontane di chi vorrei sentire vicino: reagisci, se vuoi puoi farcela, dipende sola da te…veleno per il tuo udito e la tua mente, ed è proprio in quel preciso momento che capisci che la battaglia è solo la tua”
Si sente spesso parlare di depressione, termine oramai abusato e utilizzato come parola “ombrello” sotto cui si fanno confluire manifestazioni sintomatiche che tutto hanno a che fare tranne che con la depressione vera e propria.
Discorsi generalizzati, diagnosi errate, terapie farmacologiche a tappeto danno vita a fonte di fraintendimenti e sbandamenti senza fine. Una cosa è certa però, non esiste depressione se non in un contesto di una grande sensibilità e fragilità che ci fanno cogliere le diverse sfumature della vita, dalla luce per la speranza, alle ombre della sofferenza.
La nostra vita è contrassegnata nella quotidianetà da indifferenza, egoismo, noncuranza, febbrile ricerca dei beni materiali ma soprattutto dalla violenza che si esprime in mille possibili forme, difficile forse, soprattutto nella società contemporanea non aver mai conosciuto la depressione, non averla vissuta almeno una volta nella vita. Ma cosa intendiamo con il termine depressione? Forse sarebbe il caso di distinguere tra depressione esistenziale, depressione motivata e quella patologica.
La depressione esistenziale in realtà non è una malattia ma espressione di insoddisfazione, ci si sente svuotatati di interessi e iniziativa, non riusciamo più a trovare un senso alla nostra vita perchè quello che facciamo non ci riempe, non ci emoziona non ci gratifica più.
La depressione motivata invece nasce come risposta a una situazione dolorosa (lutto, cambio casa, perdita lavoro) sono dette infatti reattive, in quanto si reagisce a un cambiamento destabilizzante che si riesce con un pò di tempo ad ammortizzare, rientrando nella normalità. Nella depressione patologica è primaria la perdita di iniziativa e l’inibizione che coinvolge anche il pensiero che si arrovella sul senso di colpa, fissazioni di malattia, catastrofi finanziarie.
Manifestazioni vegetative e somatiche si esprimono con insonnia, nausea, disturbi gastrointestinali e cardiaci. Ora questa semplice distinzione sul piano teorico resa tra l’altro molto riduttiva, non è cosi realmente attuabile nella realtà clinica, per questo è fondamentale affidarsi a specialisti preparati e scrupolosi che siano in grado di effettuare la fotografia della mappa mentale del paziente prima di avventurarsi nei meandri della sua mente.
Dott.ssa Alessandra Grasso – Psicologa Clinica specialista in Neuroscienze.
Continua
LO SAPEVI CHE : William James e il Funzionalismo
Piangiamo perché siamo tristi o siamo tristi perché piangiamo
William James, iniziatore del Funzionalismo come metodo di approccio alla materia psicologica- si contrappone allo Sperimentalismo di TItchner- sviluppa, alla fine dell’ 800 , una teoria sulle emozioni.
La questione è a mio parere molto interessante e vi invito a riflettere sulla “possibilità che sí o possibilità che no”- a voler citare il filosofo Kierkegaard.
James, profondamente convinto della stretta connessione mente-corpo, ci spiega come fa l’uomo a provare emozioni: non sono altro che risposte fisiologiche a mutamenti fisici; tecnicamente, lo stimolo esterno (che puó essere un pizzico, una carezza, uno sguardo, un film, e cosí via) viene percepito dal nostro corpo.
Ora, cosa fa scaturire in noi una reazione, che chiamiamo emoZione? NON LO STIMOLO IN SÈ, NON L’AVVENIMENTO FELICE O SPIACEVOLE, sostiene James, ma la PRESA DI COSCIENZA da parte dell’organismo di un cambiamento a livello fisico. Ma questo cosa significa?
Significa che NON PIANGIAMO PERCHÈ SIAMO TRISTI, MA SIAMO TRISTI PERCHÈ PIANGIAMO!
Cosa ne pensate ?
Cristiana Burdi
Continua
EVENTI | NewsPsyc
Il sogno il training autogeno psicoterapia dal vivo essere coppia e psicodiagnosi
Eventi inseriti in NewsPsic negli ultimi 15 giorni (ordinati per prossimità di evento).
21/11/2012 Catania 21/11/2012, Il lavoro sui sogni. Open day di presentazione della Scuola di Psicoterapia(SEMINARIO, CT, FREE)
01/12/2012 Corso per la Formazione di Conduttore di Training Autogeno(CORSO, PG)
12/12/2012 seminario gratuito “UNA SEDUTA DI PSICOTERAPIA DAL VIVO. il modello integrato della Psicoterapia Funzionale(SEMINARIO, RM, FREE)
13/12/2012 Nuove prospettive in Psicoterapia: il Funzionalismo(SEMINARIO, FI, FREE)
13/12/2012 Essere coppia: i legami d’amore secondo la PdG. Open day di presentazione della Scuola di Psicoterapia(SEMINARIO, PA, FREE)
12/01/2013 Corso per la Formazione di Conduttore di Classi di Esercizi Bioenergetici (CORSO, PG)
31/01/2013 Corso base di Training Autogeno in Psicoterapia della Gestalt(CORSO, PA, 50 ECM)
16/03/2013 Corso di Psicodiagnosi Generale VI edizione (MASTER, NA)
I collegamenti permettono la lettura di tutto l’annuncio. Ricordiamo che questi sono solo i nuovi eventi inseriti dei 81 attualmente attivi in 1594 eventi archiviati.Sul sito www.newspsic.it si possono visualizzare tutti gli annunci attualmente validi, ordinati per prossimità di scadenza.Sono in corso di cancellazione gli annunci scaduti.La prossima newsletter verrà inviata il 15 dicembre 2012.
Vuoi segnalare gratuitamente l’organizzazione di seminari, convegni, corsi, rivolti agli Psicologi? Fallo attraverso NEWSPSIC! Iscrizione e inserimenti gratuiti. Leggi il regolamento sul sito.
*********************Oltre 4400 Psicologi!Lo psicologo a te più vicino:www.elencopsicologi.it*********************
Redazione NewsPsic
Ricevi questa newsletter in quanto ti sei registrato alla newsletter del sitowww.newspsic.it o hai richiesto l’iscrizione alla newsletter come iscritto di Psycommunity.Puoi richiedere la cancellazione da questa newsletter in qualsiasi momento scrivendo alla redazione.Il webmaster di NewsPsic e la redazione di NewsPsic non sono in alcun modo legati agli organizzatori e agli eventi, semplicemente segnalati sul sitowww.newspsic.it, e pertanto non si ritengono responsabili circa i contenuti degli annunci. Se ritieni che vi sia stato un errore segnalalo alla redazione:redazione@newspsic.it
Continua
NON LO AMO, MA NON RIESCO A LASCIARLO
Amare non significa dipendere da qualcuno
Può sembrare una frase scontata ma è reale: l’amore nasce quando si incontrano due unità, non due metà. L’amore implica equilibrio e reciprocità, un dare e un ricevere, un donarsi senza annullarsi, non certamente un rapporto a senso unico. Eppure capita spesso che si resti bloccati in relazioni disfunzionali dove la presenza dell’altro non è più una libera scelta ma una scelta subita: senza l’altro non si ha la percezione di esistere. I propri bisogni e desideri individuali vengono negati e annullati per nutrire una relazione simbiotica in cui il partner è spesso rifiutante, sfuggente e a sua volta dipendente in forme diverse da altro come gioco d’azzardo o uso di sostanze. La dipendenza genera la paura dell’abbandono ed alimenta il desiderio di essere amati proprio da chi non ci ricambia in modo soddisfacente; tale amore cresce in proporzione al rifiuto, anzi se non ci fosse quest’ultimo, il presunto amore non durerebbe. La persona che ha una dipendenza affettiva di solito soffoca ogni desiderio e interesse individuale per occuparsi dell’altro ma inevitabilmente viene delusa e il suo amore si trasforma in risentimento ma la relazione non termina, in virtù “dell’ amare troppo”, non rendendosi conto che questo comportamento attiva dinamiche distruttive. Rabbia, senso di colpa, vergogna e al contempo una paura ossessiva di perdere la persona amata nutre l’ambivalenza del dipendente che si determina nel : “non posso stare con te” , “ne senza di te”. La dipendenza affettiva affonda le sue radici nel rapporto con i genitori durante l’infanzia, periodo in cui i bisogni emotivi sono stati trascurati. Da adulti, attraverso l’identificazione con il partner, le persone dipendenti cercano di colmare le proprie carenze affettive. In questo tipo di relazioni, paradossalmente, è proprio la “speranza” in un cambiamento impossibile che alimenta la patologia e il cambiamento arriva quando si raggiunge il fondo in quanto rappresenta l’unica possibilità di uccidere le illusioni che hanno nutrito il mostro che inconsapevolmente hanno creato.Dr.ssa Alessandra Grasso – Psicologa Clinica
Continua
FARE SESSO MENTRE SI DORME: POSSIBILE?
Raro, difficile ma non impossibile! Si tratta di sessosonnia. Nel 2005 a Toronto un uomo è stato assolto dall’accusa di stupro per dopo aver violentato mentre dormiva, una donna. Sarebbe stato vittima di un attacco di sessosonnia, ovvero il comportamento sessuale durante il sonno (SBS). Shapiro, neurologo canadese che partecipò al processo in qualità di perito, ipotizzò che l’evento potesse essere spiegato come parassonia, ossia un comportamento o evento fisiologico anomalo che può verificarsi durante il sonno nel 2,5% degli adulti ma ovviamente questa ipotesi non ha tutt’oggi chiare evidenze scientifiche. L’assoluzione del caso comportò grandi proteste e controversie dal punto di vista legale. Tutt’oggi ci si interroga se un comportamento cosi complesso possa avvenire in uno stato di sonno senza che la persona abbia consapevolezza delle sue azioni. I ricercatori sostengono di si ma solo una polisonografia potrebbe chiarirci se il soggetto dorme oppure è sveglio durante l’atto, operazione pressochè impossibile.
Dr.ssa Alessandra Grasso – Psicologa Clinica.
Continua
QUANDO IL LUTTO DURA TROPPO
perchè la perdita è troppo grande per essere elaborata.
“Quando la sua mancanza non mi strazierà più l’anima? Quando il rumore del vuoto che mi ha lasciato dentro sarà meno assordante? Quando la sua voce e l’espressione del suo sguardo non saranno più un marchio indelebile nella mia mente ogni volta che chiudo gli occhi? Come sarebbe la mia vita se lui fosse ancora nella mia? Chi mi proteggerà, consiglierà, condurrà…nella vita? Chi mai potrà più donarmi amore e protezione viscerale, pura, leale, senza nulla pretendere in cambio?”Vissuti di dolore, disperazione, rabbia sono emozioni normali e funzionali affichè si inneschi quello che Sigmund Freud definiva “il lavoro mentale del lutto” , fondamentale per elaborare una grave perdita. La persona colpita attraversa quattro fasi: dall’incredulità alla rabbia, alla tristezza e infine all’accettazione. La persona in lutto inizialmente può manifestare, pianto, tristezza, insonnia, inappetenza, dolori gastrici, tachicardia. Il pensiero è incentrato sulla perdita. Possono essere presenti sensi di colpa soprattutto in caso di morte improvvisa.Allucinazioni visive, uditive e tattili, si possono presentare nei primi tempi del lutto: la persona colpita può avere l’impressione di vedere il defunto, di sentirsi chiamare, di avvertirne la “presenza”. Questi fenomeni sono frequenti e non devono allarmare quando si verificano poco dopo la perdita, se però questo quadro persiste per più di sei mesi si parla di lutto complicato: se non si riesce a tornare alle consuete occupazioni, se il ricordo del defunto è dominante e impedisce qualunque forma di vita sociale, se l’umore è costantemente depresso è bene contattare uno psicologo. La negazione del lutto, come nel caso di una persona che riprende immediatamente le proprie attività e si mostra emotivamente distaccata, rappresenta una seconda forma di reazione non adattiva al lutto, che a distanza di mesi può scaturire in ansia, aggressività o depressione dell’umore. L’elaborazione, soprattutto quando si parla di perdita è fondamentale per la ripresa del proprio equilibrio psichico.Dr.ssa Grasso Alessandra- Psicologa Clinica.
Continua
Le parole che fanno la mia storia
La parola edifica, progetta, distrugge, forma. Quale responsabilità usare e saper usare le parole dappertutto, specie quando si riceve l’ educazione o la si da.
Le parole che fanno la mia storia : a Te che leggi, quali sono le tue ?
E’ proprio vero quando si dice che una parola, il logos, può far male più di 100 schiaffi. La parola edifica, progetta, distrugge, forma. Quale responsabilità usare e saper usare le parole dappertutto, specie quando si riceve l’ educazione o la si da.
Infatti ripercorrendo a ritroso i miei 35 anni nell’intento di trovare un origine ai miei malesseri, ancora attuali e presenti in me, tutto riconduce ad una parola che mio padre , sin dai primi anni di età, spesso mi rinfacciava, quando il compitino assegnatomi non lo avevo svolto nel migliore dei modi o almeno lui cosi reputava, la parola era ” RIMBAMBITO” .
una parola che ad un certo punto temevo come si teme una catastrofe, poiché se lui la pronunciava nei miei confronti era per confermare la mia totale inadeguatezza nell’ aver svolto qualcosa, quindi sottolineava le mie inefficienze, le mie incapacità.
Nel corso del tempo e degli anni che passavano, ciò mi ha fatto sentire un inetto in qualsiasi situazione io dovessi affrontare.
Mi sentivo paralizzato e incapace di svolgere una qualsivoglia attività, come anche intavolare un discorso con un interlocutore qualunque, men che meno con una ragazza.
Il senso del dovere e dell’obbedienza totale inculcatemi, hanno fatto il resto, cioè ero del tutto incapace di controbattere l’autorità di mio padre anche se ero convinto che lui sbagliava ed io ero nella ragione più totale.
Accettavo supinamente il rimprovero, che sedimentava ed accresceva col tempo nel mio animo la conferma al mio senso di totale inadeguatezza.
erano praticamente annullate le mie forze di reazione ed ho sempre più sviluppato questa apatia al conflitto e all’azione, rifuggendo sempre da vie laterali di fuga molto più comode ed apparentemente indolori.
Ogni tipo di rimprovero io ricevessi da chicchessia, era ormai una conferma a quel RIMBAMBITO affibbiatomi da bambino, e me ne sono sempre più convinto di esserlo per davvero.
Ogni momento della mia vita è stato così caratterizzato da una paura nell’affrontare gli eventi, nell’espormi più di tanto e nel rischiare qualcosina.
Adesso più che mai, con la psicoterapia sono fermamente convinto di essere nel posto giusto per risolvere questi intimi nodi che accorciano la mia forza di reazione.
Sciogliendo con la psicologa, un nodo per volta sono certo raggiungerò presto il benessere che mi consentirà una qualità di vita di alto livello.
Michelangelo
Continua
Una figlia che non c’è…
La famiglia: un’ agenzia di servizi, ci si ama ma nessuno lo sa, non si parla più, sovrana l’imbarazzo le sofferenze e silenzio, impera solo il senso del sacrificio e poi di ribellione.
Mamma, Papà, la mia lettera non vuole essere una lettera di scuse perché in parte non ce ne sono scuse per il mio comportamento come figlia.
Mi sento come se avessi abbandonato la nave. credo di provare il sentimento di SCORAMENTO nel suo significato più puro.
E me ne dispiace. Mi dispiace di non riuscire ad essere una persona forte, determinata, felice.
Vorrei aiutarvi, parlare, organizzare. Ma non ce la faccio. Da una parte mi sento una grandissima stronza, dall’altra invece ce l’ho con voi perchè credo che anche voi abbiate delle responsabilità per come si vive in questa famiglia.
Io vedo tutto quello che avete fatto per voi e per noi figlie: tu, papà, sei un lavoratore instancabile, una persona precisa, tutta d’un pezzo. Che vuole fare tutto da solo, che non chiede mai aiuto a nessuno…
Bhè, forse avresti dovuto farlo, io capisco tutto, davvero: non so come avete fatto a vivere una vita come la nostra con un figlio con un HANDICAP come quello di Gianni, che , se da una parte è una fortuna non essere anche mentale dall’altra l’ha reso cosciente e disperato del fatto che non potrà mai vivere una vita “normale”.
In questa società spietata anche con chi in teoria ha tutte le carte in regola per essere “normale”. Avete tutta la mia ammirazione.
Ho in mente infiniti flash della nostra vita passata. Papà, dalle scarpette nere di plastica che raccogliemmo io e te al Colosseo una mattina di Domenica (avrò avuto 8 anni?) a tutte le uscite fatte a funghi, ai viaggi, tu e mamma con tanto coraggio per affrontare la vita di tutti i giorni.
Con tutti i problemi che ci stavano. Sempre col sorriso. I giochi sul letto. Io e Diana che facevamo i pescetti e tu che ci “condivi” per poi mangiarci di baci.
Le volte che mi dicevi: “Scusa se non ti seguiamo tanto, ma tu sei brava, te la sai cavare da sola…” . Io ho sempre avuto il terrore di esservi di peso. Ho cercato sempre di sbrigarmela da sola, ma a questo punto ho paura di aver combinato solo un macello.
Il risultato di tutto è questo: a 25 anni sono una persona infelice, che non sa stare sola, angosciata del domani, insofferente, spaventata alla sola idea di avere figli.
un domani per non avere responsabilità, e in questo rientra anche l’angoscia di dover gestire un domani una fratello come Gianni che voi avete sempre aiutato anche a preparare la borsa o ad aprire la bustina del thè.
So che la colpa è di base mia, ma credo che anche voi avreste dovuto aiutarVi in qualche cosa, così che di riflesso noi tutti saremmo stati meglio. La mia vita sociale ne comincia a risentire. Sono angosciata. Vorrei vivere la vita e invece mi sembra di subirla.
Dentro casa mi sento frustrata, risento del fatto che voi non uscite mai, che mamma, credo tu sia una persona piegata dal peso di anni e anni di sofferenza mai espressa, con malattie psicosomatiche che si sono auto-provocate da questa condizione di sofferenza.
Sei una mamma amorevole ma troppo concentrata sulla sofferenza e a casa nostra il senso di colpa è l’ospite d’onore. Da sempre. Anche il “pare brutto” fa parte di noi.
Papà, io credo che tu sia una persona ottusa. Noi non ci siamo mai, nessuno di noi si è mai sentito dire “bravo, sono fiero di te” , probabilmente vi facciamo schifo…non lo so.
Io voglio essere felice. Mi sono stancata di vivere male. Se sto male così, appena succede qualcosa di peggio ho paura del crollo totale e non ci voglio arrivare.
Mi sto facendo aiutare, ho contattato uno psicoterapeuta e ho cominciato a fare analisi. Sono molto fiduciosa perché voglio migliorare. Credo che l’analisi fatta da parte di uno psicologo assolutamente competente, faccia bene a tutti. Questo dottore mi ha diagnosticato una depressione di anni.
Voglio smettere di provare questo senso di sofferenza e rabbia perenne. In fondo non me lo merito. Nemmeno voi lo meritate. Non riesco più a parlare perché non so più da che parte cominciare, semplicemente.
Sono stanca di questa vita sacrificata, del lavoro che non paga, delle ingiustizie… e di non avere la forza di combattere niente. Spero vada tutto bene, spero meglio.
Però io vi voglio bene.
Rossana

Con un pezzo di naso in meno sarei perfetto
“Se il tuo naso ti ha rotto i coglioni, a me ha dato invece tante emozioni” . Un caso di dismorfismo fobico molto diffuso.
Caro Max, amico mio, ricordo come se fosse ieri il primo giorno in cui ho alzato lo sguardo e ho incontrato il tuo nasino perfetto sul tuo viso.
La domanda è nata spontanea: “Ma dove è finito l’altro pezzo di te ?”. Il tuo naso se pur perfetto destava in me una nota di stonatura, spero tu non me ne voglia per questo, ma la perfezione non ha mai esercitato alcun fascino su di me.
Solo dopo, conoscendoti ho capito dai racconti della tua vita, che la tua scelta, di migliorare “secondo te” il tuo aspetto fisico, era dettata dalla sofferenza e dalla rabbia e non dalla vanità.
Ma vedi amico mio, ad ogni seduta di psicoterapia, a tua insaputa, è iniziata la mia ricerca del tuo naso invisibile, il tuo meraviglioso vecchio naso.
Ad ogni incontro col Dott. Burdi ne intravedevo un pezzettino. Ribelle, ostinato, meraviglioso, lui era li presente a ricordare ai pochi eletti che potevano vederlo, che lui, malgrado tu lo rinnegassi, non ti aveva mai abbandonato. Se il tuo naso ti aveva rotto i coglioni a me ha dato tante emozioni.
Ad ogni tuo racconto della tua vita ne intravedevo furtivamente un pezzettino, che è vero non c’era più, ma si intravedeva ancora tutta la sua rabbia.
Il pezzettino non c’era più, ma la sua rabbia c’era ancora tutta e parlava al suo posto e che non sarebbe mai andata via, così come è successo, se non solo durante la psicoterapia.
Nel tuo sguardo timido ma a tratti spavaldo, vedevo un pezzettino del tuo ingombrante naso, nella tua cultura d’artista vedevo un pezzettino del tuo naso, nella tua sofferenza per una adolescenza mai vissuta vedevo un pezzettino del tuo naso, nelle tue convinzioni, a volte troppo ostinate per me, vedevo un pezzettino del tuo naso, nella tua ricerca ossessiva della perfezione, vedevo un pezzettino del tuo naso.
Malgrado la tua ostinazione nel volerlo cancellare, lui era li, fermo e deciso a non abbandonarti, a ricordare negli occhi di chi come me ti osservava con meraviglia, che infondo lui era stato la tua forza, la forza che ti aveva permesso di renderti una persona meravigliosa incazzata e lottatrice.
Lo so, non tutti possono vedere il tuo naso invisibile, ma ne possiamo vedere uno in noi, ed io ne ne sono felice, poiché ogni qualvolta ho incontrato un pezzettino del tuo vecchio naso, ho incontrato un pezzettino di me, dei miei difetti e delle mie forze.
Mi manchi meraviglioso naso invisibile, ma non temere, io ti porterò per sempre nel mio cuore, è giusto che le nostre strade si dividano, non prima però di averti detto, che ogni qualvolta io a tua insaputa ti ho incontrato per me è stato un vero onore.
Sarà che la bellezza è negli occhi di chi guarda, ma a questo punto poco importa, quello che per me conta è la meravigliosa emozione che mi hai regalato.
Comprendo sulla mia pelle e attraverso di te ed altri, che ciò percepiamo come brutto e imperfetto, in realtà non è sempre la verità assoluta.
Questo tema lo ritrovo sempre presente in me e in tanti . Certo ci sono dei canoni che spesso il mondo ci impone a nostra insaputa e ci fa da centrifuga tanto da cambiare la nostra vita e la nostra percezione, fino a farci arrivare a scelte drastiche, come “RIFARCI”, quando forse non sarebbe necessario, o forse si.
Ma in realtà forse non si è avuta la fortuna di incontrare qualcuno che invece ha amato i nostri difetti, e ci ha guardato con gli occhi della meraviglia, fino a renderci meravigliosi da guardare poi noi stessi con occhi più giusti, come fa lo psicologo, orientati a noi e non ai canoni sociali centrifugati.
Una amica che con grande stima ti porterà per sempre nel cuore.
Enza