Settimanale Psicologo Roma : LA MAGIA DEL VIVERE NEL FLUSSO
Quando guardi una montagna dal basso, ti sembra altissima, irragiungile, e torni indietro Se ti concentri su ogni singolo passo, uno dopo l altro, ti ritrovi in vetta senza renderti conto di come tu abbia fatto.
I cambiamenti ci spaventano. Gli obiettivi da raggiungere sembrano sempre così lontani da noi, apici di montagne senza fine da salire.
Un groppo in gola, il cuore pesante, la sensazione di non potercela fare.
Visto da questa prospettiva tutto diventa difficile e irrealizzabile.
Eppure sappiamo di possedere capacità infinite, di poter realizzare nella nostra vita ciò che desideriamo. Una parte di noi ne è profondamente convinta, ed è quella più saggia.
Un seme non si chiede come potrà mai diventare albero, così fragile e delicato, in balia dei venti dell’inverno e del caldo sferzante dell’estate.
Lui è li, con la sua presenza, con il suo divino in sè, con la semplice forza della sua esistenza.
E un giorno sarà quercia, o ulivo e sfiderà con la sua legnosa forza il tempo, e darà riparo agli uccelli, e fresca ombra all’uomo.
Noi esseri umani riempiamo la nostra mente di se e di ma, di perchè ,creiamo ostacoli inutili a quella condizione naturale da cui dovrebbe sempre agire e sentire l ‘uomo.
E’ la dimensione del possibile, del miracolo, del cambiamento, della vita vissuta come gioco, al di fuori del tempo e dello spazio.
E’ il vivere nel flusso.
Ogni fatica, sforzo non toglie energia ma la incrementa, ci rende più forti e sicuri di noi stessi,e ci ritroviamo cosi a superare difficoltà o a raggiungere risultati che mai avremmo creduto possibili.
Impariamo a vivere la vita …fluendo, e sorrideremo di più.
Settimanale Psicologo Roma : I NOSTRI MERAVIGLIOSI EMISFERI.
UTILIZZO DELLE CONOSCENZE SULLA DIFFERENZIAZIONE CEREBRALE DA PARTE DELLA PUBBLICITA’.
Le conoscenze sulla differenziazione degli emisferi cerebrali umani sono ormai argomento ben noto alla pubblicità.
Queste sono immagini relative ad una campagna pubblicitaria della Mercedes di qualche anno fa.
IL CERVELLO SINISTRO è quello tipico di uno scienziato, di un matematico. Funziona per categorizzazione, è più affine a ciò che è noto. E’ preciso, analitico, lineare, pratico.
Utilizza con gran maestria parole e linguaggio. E ordine, logica, a perfetto agio con equazioni e numeri.
Sa esattamente chi è .
IL CERVELLO DESTRO è creatività, estro, passione, follia, sensualità, libertà.
E’ la risata che nasce fragorosa e spontanea, è l odore della terra, la sensazione della pioggia sulla pelle, della sabbia sotto i piedi nudi. Il sapore intenso di un acino d’uva. E’ il movimento, è un arcobaleno di colori, è immaginazione senza limiti..
E’ la poesia, l’ arte, la bellezza nel tuo sguardo. E’ intuizione, percezione.
E’ tutto ciò che vuole essere..
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : Cosa è l’ Amore in psicanalisi
L Amore un bisogno proiettato
Cosa è l’ Amore in psicanalisi ?E’ un bisogno proiettato ? Cosa significa ?
Ogni volta che possediamo un bisogno o siamo a “digiuno affettivo”, o quando nel corso della vita, è stato frustrato il soddisfacimento di una necessità fondamentale, quale il dialogo, la comprensione, il contatto fisico e la dolcezza rassicurante della mamma, o il senso di protezione, abbraccio amorevole, la fiducia e la stima di un padre,
non siamo mai immuni ed autonomi da tal carenze o da certi sentimenti che inevitabilmente condizionano la complessa scelta del partner.
L’ individuazione e l’ attaccamento all’ oggetto amato, potrebbe derivare da parametri percettivi emotivo oppositivi o di somiglianza tra le figure recenti intercettate come significative e quelle antiche famigliari.
Amare può significare voler soddisfare uno o più di questi parametri o svilupparne la loro compensazione nel caso di una loro assenza.
Il Vero Amore non è compensare, ma è, non aver “bisogno” dell’ altro.
Il vero Amore, non è necessariamente “sentire”, ma condividere un sano egoismo tra i partners che amano se stessi più di qualsiasi altro.
In fondo l’ attrazione non nasce verso chi ama molto bene se Stesso ?
Una persona che non possiede un sano narcisismo, prima o poi verrebbe biasimato.
Una persona lamentosa potrebbe mai essere attraente? Forse per un certo periodo molto probabilmente, ma a lungo termine minerebbe se, il rapporto e l’ opportunità di poter trovare un partner.
Potrebbe mai il biasimo diventare oggetto di seduzione ed attrazione?
L’amore di se si traduce nella stima, fiducia, attraibilità, sano narcisismo, è sicurezza di se, senso di protezione, accoglienza, disponibilità, ma allo stesso tempo è amor proprio, estetica, tutela dei tempi e degli spazi propri, delle proprie risorse ed attitudini e capacità.
Due persone che si attraggono e che si amano, per poter realizzare una storia stabile ed interessante che duri nel tempo, dovrebbero avere in comune la predilezione per un sano egoismo, che amino se come l’ energia per poter amare la vita e gli altri.
giorgio burdi
Settimanale Psicologo EVENTI | Nasce www.psyonline.it – Dall Editoriale Scientifica dello Studio BURDI
Lanciato sulla rete, il nuovo network di Consulenza Psicologica e di Psicoterapia OnLune , per gli Italiani nel Mondo presenti nei Cinque Continenti, gestita da un team di psicologi e psicoterapeuti
Nasce www.psyonline.it – Editoriale Scientifica dello Studio BURDI
Lanciato sulla rete, il nuovo network di Consulenza Psicologica e di Psicoterapia OnLune , per gli Italiani nel Mondo presenti nei Cinque Continenti, gestita da un team di psicologi e psicoterapeuti
Lanciato sulla rete, il nuovo network di Consulenza Psicologica e di Psicoterapia OnLune , per gli Italiani nel Mondo presenti nei Cinque Continenti, gestita da un team di psicologi e psicoterapeuti.
Mercoledì 10 Aprile 2013 alle ore 17,00 è stato lanciato online il nuovo portale scientifico, dedicato, in modo esclusivo al tema della Consulenza e della Psicoterapia OnLine, via Web, per gli Italuani nel Mondo.
Nasce Insieme a
www.burdi.it , geolocalizzato per il suo contesto psicologico e psicoterapico pugliese;www.psicologo-psicoterapeuta-roma.com interamente centrato su Roma Capitale e sul Lazio, con contenuti completamente diversificati rispetto al primo;
www.sessuologoclinico.com , interamente dedicato al tema della sessualità clinica ed esteso a tutto il territorio,
www.psyonline.it , rappresenta l’ ultimo sito internet nato, il quarto network interamente dedicato alla consulenza psicologica e psicoterapica OnLine per gli italiani nel mondo, tutti siti afferenti allo stesso stile e alla stessa paternità dell’ Editoriale Scientifica dello Studio BURDI.
Abbiamo scelto una grafica luminosa, semplice con colori rilassanti e contenuti sintetici per una comunicazione immediata e approfondita al suo interno.
Il network, è stato scritto completamente in linguaggio php 5, ultima generazione della programmazione dei siti web, per soddisfare tutte le più svariate tecnologie di accesso ad internet.
I Contenuti del sito sono stati completamente curati e selezionati dal Team, sulla base di una individuazione di un bisogno sociale di Consulenza OnLine per gli italiani e per quelli emigrati nel mondo.
L’ utente, dall’ Italia o trasferito all’ estero, ora possiede l’ opportunità di chiedere Consulenza Psicologica o Psicoterapica, tramite videoconferenza tramite Skype, Lynk, ooVoo, Face Time, Google+, Hangout, tramite messaging con iMessagge, f, g+, Linkedin, Watsapp o semplicemente tramite Mail.
Oltre all’ opportunità di effettuare consulenza e psicoterapia individuale per situazioni gestibili online, si effettuano consulenze e psicoterapie NetGroup Analytic, una vera novità di terapia di gruppo con utenti sparsi nel mondo raggruppati sul monitor come setting e luogo di incontro terapeutico.
Si ringraziano, Alessia Potere Psicologa, Angela P. per la cura dei Social Network e Marco Loprieno per il Seo Direct e tutti gli Amici specialisti e non, per la loro collaborazione ed il loro pratico sostegno e per la pazienza nell’ elaborare i contenuti selezionati, per gli argomenti prodotti e per la scelta dei pattern comunicativi adeguati adoperati.
giorgio burdi
Direttore Scientifico di
www.psyonline.it
Settimanale Psicologo Roma : Il benessere psicologico a portata di tutti
Lo psicologo dei matti o lo psicologo per la crescita e il miglioramento personale
Lo psicologo dei “matti” o lo psicologo per la crescita e il miglioramento personale ?
Nell’ immaginario collettivo lo psicologo è il professionista che cura le persone che stanno male, soffrono di ansia o depressione, o soggetti a rischio.
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L’ idea diffusa che lo psicologo possa intervenire solo in casi di forti disagi è stata supportata dalle continue ricerche, svolte tra gli anni ‘60 e ’80, da parte di studiosi della materia che hanno indagato i disordini mentali e gli effetti negativi di vari eventi della vita considerati stressors, come il divorzio, la perdita di lavoro, l’abuso fisico e psicologico.
In piu’ gli psicologi sociali e cognitivi hanno da sempre focalizzato l’attenzione sull’esame di errori di ragionamento, distorsioni percettive, illusioni e pregiudizi in cui l’individuo puo’ incappare.
Differenti sono gli studi di psicologia positiva, condotti da Martin Seligman, che hanno evidenziato come non sia necessario passare attraverso il malessere o la patologia per promuovere lo star bene, considerando che il benessere non è da considerare solo nei termini di assenza di malattia ed evidenziando come sia importante promuovere i molteplici ambiti del vivere individuale e relazionale.
Il benessere, misurato in base alla sensazione di crescita e realizzazione personale, il perseguimento di scopi, la ricerca di una pienezza di significato nella vita è a portata di molti.
Questi appena elencati, infatti, sono indicatori di un buon funzionamento dell’individuo, individuo in diritto di realizzare le proprie spinte interiori, di cercare occasioni di crescita e di miglioramento personale.
Inoltre, numerose ricerche empiriche hanno dimostrato come sperimentare emozioni positive contribuisca alla costruzione di risorse fisiche, intellettuali e sociali di lunga durata utili al funzionamento psicosociale della persona.
Un atteggiamento ottimista, il riuscire ad essere flessibili e adattabili alle diverse circostanze di vita ,adottando strategie di coping (fronteggiamento) delle difficoltà dirette alla risoluzione del problema piu’ che alla scarica del disagio emotivo, una buona integrazione sociale ed un’estesa rete di relazioni interpersonali sono ulteriori fattori che lo psicologo aiuta a potenziare e sono utili al raggiungimento di un completo benessere.
Per questo motivo la figura dello psicologo è per tutti.
ContinuaBisogna innamorarsi quando si è pronti, non quando si è soli
Quando si ha la capacità di essere soli si è pronti ad una relazione
Bisogna innamorarsi quando si è pronti, non quando si è soli
Quando si ha la capacità di essere soli, si è pronti ad una relazione.
Si è pronti ad una relazione, paradossalmente, non solo quando si “sente” il sentimento o lo slancio emozionale, ma quando da esso si è liberi.
Ad una relazione si è pronti, quando della relazione non si ha “bisogno” , quando la relazione non dipende dal solo “assecondare”, dal solo entusiasmo occasionale frutto della sola adrenalina, ma dalla libertà dall’ ormone.L’ ormone dell’ entusiasmo, il più delle volte forviia , devia dall’ obiettività, in realtà in quei momenti avremmo più bisogno di noi stessi che di un altro.
Lo stato di solitudine rappresenta una condizione ed uno stato di bisogno, che non ti permette di guardare la persona in toto e al suo proprietario, e qualsiasi stato di bisogno deforma l’ obiettività e la gratificazione piena; la persona viene inconsciamente utilizzata come un mezzo, non come un fine, per godere e rispettando la bellezza del gusto della conoscenza profonda dell’ altro.
Ogni relazione sana, non nasce mai da colpi di fulmine; in questo modo non sarebbe mai sana una relazione adeguata, quando si è in affanno nel cercare la persona giusta o quella definitiva, ma sarebbe sano, solo se il soggetto interessato sa mettersi in gioco su una relazione relativa, tutta da scoprire e da costruire, ovvero se è in grado di vivere le micro situazioni emozionali nei suoi istanti, solo se è collegato a se stesso e sta bene ed è presente a se stesso. chi perde o svaluta le meraviglie di tale processo nel presente, pensando ad un perfezionismo di una storia che non c’è, rischia di attenderla invano per tutta una vita.
Ogni storia importante non può mai nascere nel criterio del definitivo, ma solo nel criterio costante del relativo. Chi vive nel relativo di una storia vive pienamente quella Storia, se pur per un brevissimo tempo, essa diviene intensa perché il soggetto è presente a se stesso, da concedersi la profondità di quegli istanti profondi in divenire.
l’ attesa di una storia definitiva, è l’ attesa del nulla, di un principe fiabesco che non c’è, sono solo le meraviglie del presente, quando accadono, e se si permettono il loro accadere, che andrebbero colte come perle preziose irripetibili. Realizzeremmo che quegli istanti superano le fiabe, e ciò accade solo perché siamo a noi presenti.
Chi è affannato nel ricercare l’ ideale, non vedrà mai, perché vede solo la sua ideazione. La persona presente vive, perché in tutti i suoi momenti relativi c’è, e gode delle sensazioni in essi presenti. Cercare il definitivo risulta essere una perdita di tempo e molto pericoloso, perché si rischia di non vivere mai. Vivere nel relativo, con tutti i suoi difetti, lascia esplodere la vitalità dell’ essere presenti e che potrebbe aprirsi, solo in questa prospettiva, ad un definitivo. Pertanto, un definitivo deve sempre nascere da una sequenza interminabile di relativi.
Si è pronti ad innamorarsi solo quando siamo presenti negli istanti relativi, ovvero quando non abbiamo più il bisogno di tutelarci dagli altri o di tutelare gli altri a noi, perché non più paurosi della solitudine da riempire o di ciò che non è definitivo.
Non si è mai pronti ad innamorarci, quando cerchiamo sempre certezze, sicurezze, definitivi, presenze fuori fuori di noi, spalle sicure, futuri, tutte frustrazioni di chi non sta bene con se stesso, bisognoso, bisognoso di appoggiarsi, di possedere, di ingelosirsi, di dipendere affettivamente, cone dipendere dalla propria solitudine.
La vita va vissuta per il nuovo, il bello, per tutto il diverso che non era stato previsto ed inquadrato, per tutto il relativo che si offre, se sei nell’ idea del relativo, sei profondo, cogli, se invece sei imperniato sull’ ideale del definitivo, perdi ogni cosa, ogni istante, la tua vita, se ne va, vacante.
Il bisogno di un altro è il bisogno di un feticcio, che rappresenta l’ attaccamento ad un particolare. Ma è inevitabile, saremmo tutti dei feticisti, perché quando chiediamo, perché lo ami, iniziamo a stilare una carrellata di caratteristiche feticistiche dell’ altro. Esattamente come se l’ altro fosse composto da un mosaico di tasselli e di pezzettini di caratteristiche tutte colorate che danno luce ai nostri bui.
Quelle caratteristiche rappresentano solo minimamente la rappresentazione di noi e dei nostri bisogni, sminuiscono noi e l’ altro, deformandoci sulla taglia nostra o su quella altrui.
Lo stato di solitudine richiamerebbe un processo compensativo atto a ricolmare dei vuoti esistenziali molto antichi o avrebbe un aspetto consolatorio per tutelarci dai mostri che affiorano durante le fasi di profonda solitudine
Il senso di solitudine nasce da quel processo di distacco da se e di attaccamento agli altri, alla madre originaria, la quale non avrebbe mai avuto il coraggio di lasciare la nostra mano o di non averla mai presa. La soluzione sta sempre nel giusto e il problema nell’ eccesso, ne troppo sale, ne troppo zucchero.
Il senso di solitudine è correlato al bisogno di avere sempre una madre o un padre DIALOGICO E CONTENITORE accanto. Hanno dato tutto, ma senza questi, il tutto diventa nullo, quasi mai esistito. Come si sostiene la paura e le incertezze dei temi di un adolescente che sente gli ormoni a palla, con una fiorentina a cottura media ?
Parimenti, il nostro senso di solitudine nasce, e viene indotto, da una madre non in grado di lasciarci andare, perché a sua volta bloccata in una storia di solitudine nei confronti di sua madre, resa assente dalla solitudine di una altrettanta madre sola. E’ evidente una questione generazionale.
la solitudine è l’ attaccamento all’ assenza della solitudine materna e non esclusa quella paterna, perpetuata e tramandata attraverso generazioni.
Il senso di solitudine, secondo questa accezione, viene generazionalmente ereditato dai propri avi e generato da processi di attaccamento, attivati dai meccanismi dell’ assenza, protratti lungo il tempo.
Il senso di solitudine allora è rappresentato dalla convivenza con un genitore presente, ma in realtà assente, a sua volta perduto nel vuoto del suo genitore presente assente .
La vera relazione nasce dunque dal superamento e dall’ accettazione, che diviene piacere, del senso della solitudine, ed è costituita dalla presenza di due solitudini accettate e condivise al punto tale che entrambi stanno bene anche da soli.
La vera Presenza è la coscienza di se e della propria gradita solitudine .Un’ autentica relazione nasce dall’ attaccamento non propriamente e solo all altro, ma dall’ attaccamento alla propria solitudine, quasi in modo morboso e geloso.
Bisogna che ci rendiamo capaci di essere soli, questo ci renderebbe PRESENTI a noi stessi e poi subito dopo agli altri in una relazione più dinamica e funzionale. Diversamente, creiamo i presupposti per rimanere nella solitudine dei due, se anche l’ altro non è mai stato in grado di incontrarsi e di capirsi.
Una relazione efficace nasce su queste attenzioni e presupposti, sulla base essenziale di non rinunciare mai ai presenti relativi , mai carichi di progettualità, ma intrisi di sensazioni e forti emozioni, esse soltanto rappresentano una corsia preferenziale verso la progettualità e l’ auto affermazione, verso un futuro assoluto.
Pertanto bisogna potersi vivere tutto, e tutto ciò che non necessariamente avrebbe senso e proiezione futura, ma tutto ciò che personalmente è carico di significati che abbiano il solo loro fascino nel presente relativo.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : Crescere è desiderare di cambiare, è accettare di poter sbagliare
La paura di Cambiare
Chi possiede tante certezze vive in bilico con il timore di cambiare
Nell’ immaginario infantile, le trasformazioni creano sorpresa e fascino, pensiamo ai cartoni animati che mostrano incantesimi e variazioni di identità. Come vivono i cambiamenti gli adulti, soprattutto quando si tratta di approcciarsi alla vita in modo differente?
Per il mondo adulto mutare le certezze che nel tempo sono state costruite giorno dopo giorni puo’ risultare non solo faticoso, quanto destabilizzante.
Abbandonare gli schemi di comportamento già collaudati per avventurarsi in un nuovo percorso di vita senza conoscere a priori la meta, crea forti dubbi e turbamenti.
La mente,infatti, tende ad utilizzare meccanismi di protezione e mantenimento della stabilità e questo si nota sia nei comportamenti che nelle strategie di pensiero.
Affrontare il timore dell’ignoto e aprirsi al cambiamento permette di vivere l’ampio spettro delle possibilità che la vita offre, perché la vita è ricerca ed esplorazione, un processo senza fine.
E’ importante avere un atteggiamento positivo nei confronti delle novità a cui si va incontro nel percorso di vita, cercando di accettare la conseguente sensazione di incertezza ed allenarsi al cambiamento nelle piccole abitudini quotidiane, così da saper affrontare le grandi scelte di vita.
Imparare a cambiare è una vera e propria arte.
Accettare i cambiamenti rappresenta una grande opera dell’ intelligenza umana, Piaget infatti individua come intelligente, colui che è in grado di sapersi adattare.
Il cambiamento rappresenta la crescita e l’ emancipazione, purtroppo questo processo rallenta notevolmente con l’ avanzare dell’ età, è inversamente proporzionale ad essa.
Mentre i bambini posseggono una grandiosa potenzialità a voler sperimentare il mondo intorno ad essi, sviluppano una spiccata propensione all’ apprendimento .
Gli anziani, per contro, frenano la propria sperimentazione, circoscrivono la propria conoscenza, rallentando le proprie potenzialità di apprendimento.
Detto ciò, non significa che il cambiamento, necessariamente è legato solo all’ età, al contrario, un adulto o un anziano quanto più è in grado di desiderare ed operare i cambiamenti ed attivare le novità, tanto più ha uno spirito giovanile e il continuo desiderio di apprendere.
Diversamente, un giovane, spento nella fiamma del bisogno della conoscenza, che non desideri imparare, per il timore di sbagliare, nutre la sua psico astenia e vive come un attempato, prigioniero delle sue certezze, irremovibilmente paralizzato nella sua staticità.
Desiderare di cambiare è crescere, è accettare di poter sbagliare.
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : Un Adulto che non è mai adulto, è un bambino all’ eterna ricerca della sua infanzia
Come un petalo è la mente di un bambino, avvicinati con molta cura.
UN CUORE IN TRAPPOLA
Come un petalo è la mente di un bambino, avvicinati con molta cura.
Quante parole, eccessivo rigore educativo, sensi di colpa, mancanza di stimoli e carezze possono influire sullo sviluppo della sua persona ?
Sono una donna di 40 anni ormai, eppure i miei bisogni e tanti dei miei desideri coincidono con quelli dell infanzia.
Le paure, il bisogno di conferme, di affetto è lo stesso, immutato, forse accresciuto nel tempo.
E’ un cuore in trappola il mio, trattenuto negli schemi di un tempo che non gli appartiene più.
Un cuore che dentro un corpo ormai di donna, ha ancora lo sguardo della bambina in attesa che il desiderio rivelato ad una stella cadente si avveri.
UN BAMBINO
Un bambino nella stanzetta in silenzio, teme che qualcuno rubi i suoi giochi. Crede sia un peccato ridere, che la gioia debba esser trattenuta, debba gonfiarsi nella pancia fino a far male. Un bambino non sa più cosa è bene o male, sente crescere in sè la nebbia dell indifferenza di ogni cosa. Un bambino cresce, e costruisce un mondo.
Di amici immaginari, di giochi proibiti da nascondere al mondo, di piaceri straripanti ingabbiati sotto pelle.
Un bambino cresce, in uno spazio senza tempo. Un bambino non diventa uomo se è ancora in attesa di vivere i suoi giochi.
Rivendica all’ esterno quella vita vissuta solo in sogno, convinto che per magia il tempo sia clemente, che i suoi capelli, la sua pelle rimangano quelle di un bimbo in attesa fermo li in un istante, col naso schiacciato contro il vetro, a tracciar disegni con le dita sul bianco condensato di un respiro.
Un bambino impara a nascondersi a sè stesso, sa di esser seguito in ogni istante da quello sguardo giudice incollato alla sua nuca.
Un bambino impara ad esser folle, una follia che esplode di emozioni quando è l’ assiduo spettatore dei continui disagi degli adulti.
Una follia cruda e di palpitante dolore, una follia che ti lacera il ventre. Un dolore che accompagna la tristezza quanto la gioia.
Un dolore talmente forte quanto intensa e ostinata e lacerante è la gioia di vivere.
Un bambino confuso, stanco e straziato, non sa più se ama la vita o la morte, odia l’ adulto e non vorrà mai farci parte, vorrà rimanere bambino a cercare la sua infanzia mancata e ferita.
Un bambino si perde nel confine sfumato, perde il senso di una lacrima o di un sorriso che non c’è, perchè non c’è mai stato Lui.
Un Adulto che non è mai adulto, è un bambino all’ eterna ricerca di se.
ContinuaLE CONVINZIONI Dogmi Pericolosi
Possedere troppe convinzioni non consente di cambiare di emanciparsi di vedere prospettive migliori ma le sottraggono e non offrono prospettive per cambiare
Il sorriso è la libertà di non avere troppe convinzioni
“Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità” scrive Friedrich Nietzsche. Eppure sembra che nessun essere umano riesca a farne a meno. In particolare, la cultura occidentale, a partire dal pensiero greco, ha eretto i cosiddetti “immutabili”, che non sono altro che forti e assolute verità, come le Idee platoniche, il Dio cristiano, la Ragion d’ essere.
L’umanità, sin da quando ha incominciato ad esercitare il pensiero, si è resa conto di trovarsi in balia di un mondo caotico e pieno di incertezze, in balia del nulla e dell’annullarsi di ogni cosa.“Io ero spaventato nel trovarmi in mezzo al nulla, un nulla, un nulla io medesimo. Io mi sentivo soffocare, considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla” (Giacomo Leopardi).
Le convinzioni non agevolano i dictat, forme di assolutismo o di relazioni e comunicazioni simmetriche.
La diretta conseguenza di questo terrore è l’erezione di una verità Universale o semplicemente personale, una verità solida e certa capace di dare un senso alla vita umana o almeno capace di abbattere la paura dell’ignoto. “Pare un assurdo, eppure è esattamente vero, che, tutto il reale essendo un nulla, non v’è altro di reale né altro di sostanza al mondo che le illusioni” (Giacomo Leopardi)
Per opera delle nostre ataviche generazionali insicurezze, diventiamo affamati di certezze e convinzioni. Vogliamo punti di riferimento, ed una volta acquisiti, ci avvinghiamo ad essi come fossero ancore e dogmi indiscutibili, che non si debbano più rivedere, nè tanto meno mettere in discussione.
I processi educativi, i valori, gli stereotipi, i pregiudizi, le opinioni, gli stili di vita, il popolarismo, le sette, le politiche, le religioni, con le loro interpretazioni contestualizzanti, spesso sono figli del loro tempo e rappresentano le colonne portanti di tutte le nostre CONVINZIONI.
Con esse cresciamo, ci formiamo, interagiamo, ci intersechiamo, ci condizioniamo, modifichiamo il percorso della nostra esistenza, e solo al termine di essa ci rendiamo conto che avremmo potuto fare sicuramente anche a meno di tutto ciò, che, come un faro, ha rappresentato ed ha condizionato la nostra esistenza.
I “sacri dogmi” hanno cambiato nel tempo la loro connotazione, si pensi all’ atteggiamento delle nostre culture riguardo al tema della sessualità che risulta essere in un continuo divenire.
Ciascuno di noi, nel suo piccolo, ha bisogno di credere fortemente in qualcosa e si rifugia nelle sue convinzioni con tutte le forze che possiede. Le convinzioni, insieme ai valori e ai criteri, costituiscono una componente fondamentale e molte volte inutile della nostra vita. Esse costituiscono la certezza di una realtà e influenzano il punto di vista e l’ azione.
Molto spesso le convinzioni non sono generate esclusivamente da noi stessi, ma sono il frutto di una rielaborazione interna delle nostre esperienze e di ciò che ci circonda: amici, genitori, insegnanti e mass media.
Tuttavia le convinzioni non sempre sono potenzianti (cioè utili al raggiungimento delle nostre mete e soprattutto capaci di donarci benessere e serenità), e possono arrivare a costituire un serio limite alla realizzazione del nostro equilibrio e dei nostri bisogni, sino a divenire patologiche. Molte nevrosi o disfunzioni sessuali infatti vengono generate da complesse convinzioni dove le forme paranoidee raggiungono il massimo della loro espressione.
Cosa dire allora di chi, affetto da dismorfismo fobico corporeo, lamenta certe malformazioni o continue imperfezioni relative al proprio corpo? O ancora, di chi è fobico e teme il contatto (rupofobia)? O del socio fobico convinto che con gli altri non potrà mai essere tranquillo, temendo che possano sempre giudicarlo? O di chi soffre di attacchi di panico o di depressione dap, che dalla vita non si aspetta altro che la repressione e il soffocamento della propria vitalità? E cosa dire invece dell’ ipocondriaco convinto di avere sempre una malattia che non ha, se non quella esclusivamente psicogena? O della persona psicosomatica che scaricherà le tensioni su un qualche organo bersaglio.
Per non parlare di tutte quelle disfunzioni sessuali come il vaginismo, o l’ anorgasmia o l’ assenza o l’ attenuazione del desiderio sessuale, convinzioni per le quali si farebbe piacevolmente a meno di ricevere e vivere il piacere di sè. Che dire allora della disfunzione erettile psicogena che si confronta con la certezza di non aver potenza e forza, o della sindrome da eiaculazione precoce nella convinzione che tutto può essere vissuto e goduto solo in forma accelerata ed egoistica, in sintonia con un inconscia impostazione sociale dove tutto è migliore se è solo per sè, se è accelerato e rimpicciolito.
La psicoterapia ha il compito di modificare tali convinzioni, se non a volte di sostituirle o eliminarle, salvaguardando l’equilibrio olistico del soggetto.
Scopriamo allora che ogni forma di sindrome è fortemente legata a stabili irremovibili processi di convinzioni.
La convinzione inoltre di non essere adeguati o di non essere all’ altezza degli altri, se esasperata, può generare un stato di ansia tale da minare la vita sociale di un individuo. È per questo che, talora, dobbiamo essere in grado di mettere in discussione ciò in cui crediamo, magari grazie all’ aiuto e al confronto di un esperto psicologo psicoterapeuta o psicanalista o di uno psichiatra studioso di certi meccanismi mentali.
Bisogna cioè essere in grado di riconoscere un pensiero negativo e di estirparlo, magari sostituendolo con un’altra convinzione, più sana, e che ci permetta di convogliare le nostre energie nella realizzazione del nostro benessere.
Il lavoro analitico o di psicoterapia ha esattamente il compito di rivedere l’ assetto delle convinzioni del soggetto, aiutandolo a modificarle o addirittura a sostituirle o ad annullarle.
Siamo davvero convinti che un assetto di convinzioni serva davvero per vivere meglio ed aiuti realmente il soggetto nella ricerca della propria stabilità e del proprio benessere?
Non è forse vero che un valido addetto ai lavori, qual è uno psicologo psicoterapeuta, per portare a termine una cura, debba essere in grado di spogliarsi di tante sue convinzioni ?
Allora sono davvero indispensabili le convinzioni o vanno trattate nel relativo ?
giorgio burdi
psicologo psicoterapeuta
Mi sento vivo se ti rendo tutto difficile
Lo stalker e il suo diritto di proprietà
Cosa c’è alla base dei comportamenti persecutori?
Da poco, a Bari e in altre città, è stato inaugurato il CAV (Centro Anti Violenza) per le donne vittime di violenza intra famigliare.
Solitamente ad ogni vittima corrisponde una tipologia di abusante che manifesta la sua violenza non solo a livello fisico, ma anche a livello psicologico con comportamenti persecutori.
Come si spiegano queste condotte?
Secondo lo studioso Mullen esistono cinque tipologie di stalker come il cercatore di intimità, mosso dal bisogno di affetto, l’inadeguato, che ha scarse competenze sociali soprattutto nei confronti dell’altro sesso, il rancoroso, che mira ad ottenere giustizia, il predatore, che mira ad avere un rapporto sessuale con la vittima, il respinto che, quando la relazione viene interrotta, mira a ristabilire un rapporto per vendicarsi.
Indipendentemente dalla classificazione, alla base del comportamento del molestatore c’è un attaccamento insicuro/ambivalente nei confronti della figura allevante dell’infanzia (caregiver), modalità che si riflette nel rapporto che lo stesso soggetto da adulto avrà con il partner.
Lo stalker, quindi, per diventare inoffensivo, dovrebbe essere aiutato a ridefinire il rifiuto vissuto da piccolo per non sentirsi il colpevole, considerando che determinate situazioni sono state dovute inconsapevolmente allecaratteristiche del caregiver (la figura che si prende cura dell’infante).
Solo modificando i modelli mentali inconscidell’attaccamento si potrebbero scardinare e ridefinire le modalità comportamentali poco sane, ma questo comporterebbe un duro lavoro di ristrutturazione cognitiva ed emotiva che necessita dell’aiuto dello psicoterapeuta.
Continua