Rinascere
rinunciare alle fragili abitudini
Per l’ infinito che resta
Rinascere
Il tuo percorso
in una scia di erba,
Poi un tratturo,
una strada sterrata,
hai messo la ghiaia, con fatica battuta,
verso la tua autostrada
Vuoi andare lontano,
Ma non c’è orizzonte per Te,
così troppo irraggiungibile
Fai tutto da solo,
ti rimbocchi le maniche
dai tuoi geni alla tua strada
si parte sempre dal buio
divorato lentamente dalla luce
Sui Ciottoli che ti rompono i piedi
che con pazienza diventano asfalto
dal sudore, al piccone
Scolpisci le pietre.
Monta muri a secco
La tua idea si fa progetto
testata d’ angolo
Dai forma alla malta
Impasta pensieri, ghiaia, estro,
sudore ed argilla
Si erge la torre
Incastra laterizi, archi e capitelli
Sei Una labile idea
Che struttura un castello imperiale
quanta fatica
Dover rinunciare alle fragili abitudini
per l’ infinito che resta
Che diviene e trapassa l’ effimero
Ciò che è fatica, resta
Accogli il tuo dolore profondo
se vuoi tornare al respiro
Vivere alla giornata angustia,
come La buccia secca perisce,
La fatica, se ci credi è gaudio
rimane per una gioia infinita
Una scia di gioia finisce
Per un fuoco di paglia che esplode
A tutti coloro che edificano dentro,
Sarà roccia il palazzo che è fuori,
perché si evolve chi cambia
non disdegna fa fatica
Per chi Riconosce i limiti
ma non solo quelli degli altri,
commisera la povertà del proprio passato
e fa del proprio presente
la sua rivoluzione,
la leggerezza della propria rinascita
AUGURI
giorgio burdi
ContinuaSpacca
“ Spacca “
Inno all’ Uomo
Spacca gli argini
Le grate
Le barre e le prigioni
Gli steccati
I rotoloni di ferro spinato,
Tutto ciò che è
dogma o non ha logica
Perché il dogma è una tortura, una vergogna
è un ombra, è una trappola, una tana, è tetro
è l’ origine del male e dell’ obbedienza
del comando, della sottomissione,
è un diktat, ci Rende automi
Incantati e perduti nel vuoto
Idioti decorticati
Soldati in fila.
Spacca l’ ignoranza
La miseria, la meschinità
il predominio
Il pre-giudizio, gli stereotipi
Dettati solo da un tuo pari
patologico ed insicuro.
Tutti si fanno santoni, leader,
anziani, profeti e patriarchi
Rappresentanti di atee religioni
Bada all’ essenza
ai tuoi fondamentali
Ai tuoi valori, non affidarti a quelli di chiunque
Spacca Tutto ciò che opprime,
ti toglie l’ aria ed il respiro,
e ti mette un peso sul tuo petto
un cappio al collo, l’acqua alla gola
ti mette all’ angolo, piegato sulle tue ginocchia
ti fa calare il velo
che si sdrai sulle tue spalle
Perché la libertà è sacra
È n libero filo d’ erba
Che spacca il cemento,
Disgrega il gregge e
Il tuo essere pecora
Spacca Il bisogno
Di lasciarti guidare
di appartenere ad una setta,
Ad un ghetto, al tuo capo
Al suo potere e di eseguire,
Di maltrattarti, di usare il tuo tempo
di essere suo schiavo
Di farti spiegare la vita
Con la sua disumana arroganza
E verità assolute,
Balsamo per le sue
Insicurezze, creme per le tue incertezze
Per le tue ferite i suoi dolori.
Smettila di compiacerli
Spacca il tuo timore reverenziale
I tuoi sensi di colpa e le tue paure
Che non ti fanno mai partire
ti fanno solo frenare e rinviare
Sentiti, Ascoltati, risolviti
Promuoviti
Amati,
apprezzati
Svincolati
dalle mani dei tuoi guru
Ribellati
fa paura alla paura.
La libertà è una poesia che fluisce, non si compra, ne si paga
non ha costi, ne baratti
Non ha legami.
di nessun genere
nemmeno dall’ amore
Prendila tutta
e non chiedere permessi
spacchi se Stacchi, se
l’ amore non lo vincoli
a delle tecniche, a strategie
o a possessi.
la libertà non vive del passato e nemmeno di futuro
di errori o di meraviglie ricordate
Non ha confini, condizioni
O tendenze, ha tutta una propria mappatura
tutto questo, non vuol essere una proclamazione
e nemmeno una nuova religione dell’ individualismo
Ma un inno al rispetto per Uomo
Alla sua intelligenza.
Alla sua scienza e.
alla sua coscienza alla sua integrità
Alla sua umanità.
al suo essere neutro nella sua laicità,
i dogmi e i criteri lo rendono stupido, nervoso e severo
Intollerante e Controllato, non pensante, mandria, marionetta e dittatore, autarchico, politico e inetto,
in fuga dalla fede
che da fanatico, lo rendono una bestia da guerre,
Sei l’unica casa che c’è
E se esisti, ci abiti già dentro
Senza di te non c’è nulla.
Nemmeno il pensiero per te.
Va in azione, esci dalla difesa
va in attaco
difendi il tuo fare
Ti rende sicuro
se Esci dall’ ombra della tua timidezza
Che ti rende ipocondriaco,
aborra l’ ipocrisia
l’essere rinviante e
obbediente,
ritorni a casa
Se ritorni da Te,
Fa fuori i tuoi registi, riscrivi il tuo copione
Decidi il tuo film
Stacca il collare
da cio che ti tiene al muro
Con tutto ció che non è
la tua pancia.
sei l’ immenso,
sei più dell infinito
Più del cielo, più e dell’ orizzonte,
Tu sei più del sole,
Perché tutto ciò.
senza di te.
non lo potresti vedere
Il mondo è casa tua, prenditi il tuo spazio, meriti una villa con la tua piscina
una casa non ha senso
Senza essere abitata,
Perché tu sei il suo governatore
sarebbe un deserto
Disabitata, se non ci fossi
Perché tu sei l’ Uomo,
il padrone di ogni spazio,
Il rispetto per ogni dogma,
È il rispetto per l’ arroganza,
per la guerra, per la morte
E per la fine del mondo.
Spacca tutto ció che non è da Te.
giorgio burdi
ContinuaIl Potere dell’ Analisi
IL POTERE DELL’ANALISI
Mi hanno sempre affascinata gli scritti di Marco Aurelio, li ho sempre trovati molto attuali, ho fatto mie molte delle sue massime : “Scava dentro. Dentro è la fonte del bene, che sempre ha il potere di sgorgare, a condizione che tu sempre scavi.”
“Di ogni singola cosa chiediti cos’è in se, qual’è la sua natura”.
Sono in analisi da quasi 5 mesi e queste parole per me sempre molto affascinati ma che difficilmente trovavano attuazione nella mia vita adesso trovano un senso, nel modo di guardare me stessa, di guardare gli altri, di guardarli davvero!
L’analisi ha un potere superiore a qualsiasi altra conoscenza, per me è la conoscenza assoluta, poco importa il livello culturale, l’estrazione sociale, l’analisi ti consegna il potere assoluto della comprensione di tutte le dinamiche ; affettive, familiari, sociali, con la conseguenza che inizi a volare leggera e con equilibrio sopra tutto, sopra tutti.
Parlo con la gente ma il confronto con loro spesso non ha più lo stesso sapore, lo trovo misero, reputo spesso i miei interlocutori superficiali e giudicanti, non vedo loro di rincontrarmi con il mio gruppo analitico e con la nostra “ guida” il dott Burdi, attendo quell’incontro come fossi un amante trepidante che non vede l’ora di placare la propria sete di conoscenza. È questo l’effetto che fa l’analisi se si comprende appieno il suo potere!
Grazie al mio percorso sto dipanando matasse senza capo né coda, inizio ad allentare nodi che diversamente mi avrebbero stretta in una morsa angosciante , guarisco dolori atroci perché ne comprendo l’origine a la natura.
Attraverso l’analisi ho compreso cose che diversamente sarebbero aberranti anche solo sentirne parlare.
Sono solo all’inizio del mio percorso ma oggi sento che conquisterò lo scettro del potere!
Grazie dottor Burdi
Eleonora
ContinuaSe ci entri, ne esci
Se ci entri, ne esci
Se hai paura del buio di una galleria, hai tutta la tentazione di fermarti, fare retro marcia o di ritornare indietro, ma in autostrada non si può, non si deve, o puoi solo star fermo lì, bloccato, disperarti, rimaner vittima dell’ immobilismo, piantare le radici nella paura, o procedere in avanti, imboccare il tunnel piano piano, ammiccare più volte le palpebre, per adattarti al buio, e iniziare a camminare, cautamente, guadagnando strada, metro dopo metro, con l’ angoscia, col batticuore, se ti muovi, fai già tanto, la strada avanza per uno spiraglio di luce che si affranca in fondo al tunnel, intravedi la meta, l’ uscita non è più una speranza, ma si apre una certezza.
L’ esperienza del buio può essere terrificante, in esso perdi ogni punto di riferimento, ha come dimensione un solo colore, quello della paura, uno spazio nero, monocromatico, l’ aria si fa densa come un liquidò. Temiamo di affogare nella paura, di smarrirci, di sbattere, di farci male, di entrare in collisione con un mistero che ci travolga.
Il buio viene percepito spesso come un pericolo, come la paura per la fine, per la morte. Ma il buio è anche notte, sonno, riposo, sogno, non ci sarebbe rilassamento senza il vuoto ad occhi chiusi, senza la notte non apprezzeremmo il giorno, non apprezzeremmo le stelle e i pianeti. Attraverso la notte si esce dal giorno, si cede il passo alla passione, per lasciarci andare, per raccoglierci, per far silenzio ed ascoltare i suoni del buio.
Il buio fa spavento quando non stiamo bene, a letto, temiamo di incontrare incubi personificati, preoccupazioni dense di orrore, stratificazioni di rancori, allora temiamo la strada, ogni galleria ci rappresenta quell’ ansia per la vita con la morte che vorremmo non avere dentro.
Ogni percezione della realtà è lo specchio del nostro umore. Se abbiamo un attacco di panico, in una tangenziale imbottigliata dalle auto, l’ imbottigliamento è negli incroci dei nostri pensieri incidentati, tra i tamponamenti dei nostri conflitti relazionali, nei pianti e nelle piccole morti quotidiane, all’ interno delle ripetitive e continue minacce alla propria salute e alla serenità.
Nei pensieri intrusivi, temiamo di far del male, a ciò che a noi è più prezioso, a noi stessi o ai propri cari. essi non hanno alcun fondamento, un valore realistico, ma sono rappresentativi di tutti quei torti subiti e sedimentati e trattenuti in se e proiettati su ciò che è fondamentale. La loro zavorra trattenuta fa del male a noi stessi e al pensiero per propri cari. Tutto ciò che è trattenuto, fa del male al nostro pensiero e pertanto anche sul nostro pensiero per gli altri.
Da una storia straziante, te ne esci, se ci entri in tutti i suoi folli dettagli, attraverso il coraggio di guardarli e di scegliere; la scelta senza una convinzione emotiva è fallace e la convinzione emotiva può avvenire, qualora facciamo un pieno di noi stessi e delle nostre bellezze, abortendo ogni surrogato, che occupava il nostro posto. Dentro di noi può solo esserci spazio per chi è in grado di accoglierci naturalmente..
Nelle paranoie si sviluppano pensieri persecutori, temiamo il giudizio, diventiamo diffidenti, permalosi, spigolosi, controllori, ci guardiamo le spalle anche quando non c’è nessuno, conviviamo con le ombre addosso alle quali diamo una densa consistenza da temere un giudizio universale. Da essere essere stati perseguitati, diveniamo persecutori.
Negli abusi, non c’è mai un ricordo vivido, la mente ci difende, affonda i mostri, occulta tutto ciò che il corpo rivela, con ansie e fenomeni fisici disturbanti, con distanza dalla propria libido da poter trasformare la propria identità di genere o tutto ciò che entra nella persona, come il cibo, viene disgustato o rigettato o diventare strumento di distruzione del sé corporeo, modificandone i confini.
Come risolvere ? Nel problema devi entrarci, non puoi sempre far finta di nulla e considerare solo l’ abito e l’ estetica del sintomo; entrare significa aver coraggio, voler capire il perché si è in trappola, chiedersi non attraverso un solo perché ciò accada, ma attraverso tanti, e come mai accade esattamente a me, e non è mai un caso, ma esiste una causa perchè ció accada a me;
non soffermarti superficialmente sui soli fastidii, ma cerca le origini e le sue radici, con il coraggio di calarti nei tuoi meccanismi inammissibili, all’ interno delle tue grotte sotterranee, per tuffarti lì dentro dove non entreresti mai, nel tuo conflitto, nuotaci all’ interno, chiedi aiuto, un salvagente, apriti, parla, non tacere più, confrontati con amici o specialisti, coinvolgiti in discussioni di gruppo, per amplificare, fare ipotesi, tesi, cercare i diversi significati delle cause, fino a sradicare le sue radici ed agire finalmente il cambiamento.
Se non ci entri, non ne esci più. Bisogna dotarsi semplicemente solo di un po’ di coraggio.
giorgio burdi
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La psicoterapia: Dal necessario all’ impossibile
La psicoterapia: Dal necessario all’ impossibile
«Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile».
Beato Egidio.
Questa espressione dovrebbe essere la premessa di ogni percorso di psicoterapia. In studio, molto spesso, accede chi non conosce la fondamentale differenza tra psicologo e psicoterapeuta. Giusto qualche parola per i servi, ma su questo non mi dilungherò, è necessario chiarire che il primo è un laureato in psicologia, percorre un anno di tirocinio per poi sostenere l’ esame di stato per potersi iscrivere all’ albo degli psicologi.
Egli esercita una consulenza di sostegno, lavora sul sintomo, usa tecniche di alleggerimento degli stessi e produce una diagnosi. Lo psicoterapeuta, fa tutt’ altro, oltre ciò indicato, è un “agente di cambiamento”, è un ricercatore a tutti gli effetti delle cause della sua sofferenza psichica: dopo la laura in psicologia, frequenta una scuola specialistica, ad oggi quadriennale, tra un po’ diverrà quinquennale, il suo compito peculiare è intercettare, come fosse uno speleologo, le radici di certi malesseri.
Qualsiasi lavoro analitico, attraverso una psicoterapia, deve necessariamente produrre un cambiamento. La Psicoterapia fatta in assenza di un tale orientamento, è semplicemente un sostegno, una psicoterapia vacua ed inutile.
Una psicoterapia non usa mai solo tecniche di rilassamento, quali mind fullness, yoga, training autogeno, tecniche di de sensibilizzazione pari all’ mdr , all’ ipnosi ecc, tecniche adoperate dagli psicologi, in tale direzione, tra l’altro non si è mai riscontrato di osservare soggetti risolti, trattati solo attraverso tali impostazioni.
Uno psicoterapeuta fa tutt’altro, egli conduce un colloquio tortuoso, atto all’ individuazione delle cause, attraverso una indagine analitica; privarsi di questa peculiarità, il percorso perde di valore e di potenza, che di riduce al racconto delle attività della settimana, rappresenta una perdita di tempo, con un grave dispendio di risorse economiche.
Lo scopo della psicoterapia è quello di “ intercettare l’ evento ”, o i fatti sottostanti I problemi, ciò avviene esclusivamente attraverso quell’ assioma dell’ “indagine analitica” . Essa procede in avanti e a ritroso e viceversa, all’ interno della storia del soggetto, per l’individuazione delle cause del suo problema.
Un colloquio empatico, ispeziona e scandaglia i sotterranei delle sofferenze del soggetto, le “memorie del suo sottosuolo”, “ i sotterranei dell’ anima”, procede dalla profondità alla superficie, dal presente al passato e viceversa, funge come un Ping pong, in cui la persona si sente considerata ed accolta, presa in carico, seguita e compresa, tanto da poter restituire al soggetto, la lettura di quei meccanismi involontari che lo governano e lo lasciano affranto nelle sue pene.
Fare una psicoterapia per anni, solo per favorire l’ adattamento del soggetto al suo problema, rappresenta il fallimento più grande della stessa. Lavorare con tale modalità significa lavorare solo sul sintomo ed avvia la formazione verso una dipendenza dal professionista. La psicoterapia, contrariamente libera da qualsivoglia dipendenza, anche da quella dello psicoterapeuta .
Contrariamente, una psicoterapia adopera il sintomo, usa la sua lettura per giungere esclusivamente alle sue radici causali. Pertanto ripetiamo, che una psicoterapia che non cerchi ed indaghi esclusivamente le cause, non può definirsi tale. Successivamente, dovrà impegnarsi verso le probabili soluzioni necessarie, poi verso quelle possibili e necessariamente tener conto anche di quelle più complesse ed impossibili.
La psicoterapia secondo questa impostazione, rappresenta una vera e propria rivoluzione, che non può attuarsi, se non attraverso una sinergia, un accordo precedente ed in itinere concordato, tra paziente e specialista, lì dove si vuole arrivare.
Uno psicoterapeuta è uno “Che Guevara”, un professionista pacato, tranquillo, ma fortemente in azione, trasmette, se è possibile, che non c’è scampo per il problema, e nemmeno per gli auto sabotaggi che il paziente opporrà, e che la rivoluzione la si fa sempre insieme, qualsiasi essa sia, mai propone ed impone la propria rivoluzione, ma accoglie in assoluto il bisogno di cambiamento del soggetto e la sua assoluta direzione liberatoria.
Lo psicoterapeuta, non da consigli o la sua esperienza e qualora dovesse farlo, orienterebbe la rivoluzione del paziente verso la propria direzione auto realizzazione, da depistarlo, modificandogli il percorso di emancipazione. Le direzioni da intraprendere e le scelte, sono segrete e sacre e devono rimanere di pertinenza unicamente del soggetto, rappresentano la sua identità e non quelle del popolo e tanto meno dello specialista se in tal modo desidera farsi chiamare.
giorgio burdi
ContinuaIl Sintomo è Salute
Il Sintomo è Salute
Il nostro sistema nervoso centrale lo possiamo rappresentare come un insieme di apparati sincroni, determinanti in assoluto la nostra vita, la nostra funzionalità organica e il funzionamento della fabbrica della nostra mente e dei nostri pensieri.
Tra mente e corpo esiste una profonda e perfetta sinergia una sincronicità e linearità, che è inopportuno e scientifico non considerarli mai scissi, a se stanti e divisi; dovremmo evitare e smetterla di pensarli, all’ interno della cultura medica, come fratturati e in una loro dualità.
Questa errata visione della dualità, determina non pochi problemi di natura scientifica, essa depista, crea notevoli fraintesi e problemi in termini di definizioni sintomatiche e diagnostiche. La comunità scientifica ha il compito e il dovere di considerare la persona nella sua interezza, non a segmenti. Un medico non puó prescindere dall’ umanità di ogni soggetto, come uno psicoterapeuta non può omettere la sua organicità. Se alle volte la distinzione si rende necessaria, è solo per definire fenomeni differenti, che vanno riportati però sempre nel suo insieme.
Nella realtà il corpo è la mente e la mente è lo stesso identico corpo, la mente è la mente del corpo, ed il corpo è il corpo della mente; non può esistere la mente senza i suoi neuroni, così come non può esistere un corpo senza la sua anima, tutto sarebbe un feretro, materia inerte; nello stesso modo non esiste il sesso, il polmone,
il cuore il cervello, ma esiste esclusivamente l’ entità Uomo e non sono gli organi che definiscono l’ uomo, ma è quest’ultimo è costituito da essi nello stesso modo in cui non è il carburatore che definisce un’ auto, ma è l’ auto che da senso all’ esistenza di esso.
Gran parte dei sintomi e dei disturbi mentali indicati nel DSM 5, trovano prevalentemente la loro origine e la loro sede, all’ interno dei conflitti e dei traumi subiti nelle relazioni umane, si replicano e persistono all’ interno della memoria che conserviamo, nello stesso modo in cui ogni cellula del nostro corpo memorizza la storia traumatica o serena che abbiamo.
Desideriamo parlare della mente, nello stesso modo in cui parliamo della corporeità, delle cellule e degli organi. Pertanto ogni conflitto emotivo o mal funzionamento cellulare, appartengono necessariamente ad una stessa integrità.
La memoria è il contenitore dei nostri sintomi, dei traumi e dei nostri piaceri; in particolare, la memoria del passato rende il presente e la la percezione del futuro, piacevole o frustante; ogni presente viene filtrato attraverso la griglia della memoria, si pone come un filtro che distorce la nuova realtà in un qualcosa di già accaduto.
Vivere un presente soddisfacente, è una necessità perché tutto diventa memoria. La memoria funge da deposito, da cassa panca in soffitta, da sotto cantina e nostro sotto bosco. Noi siamo la prima casa con i suoi depositi e riserve. Con la nostra memoria siamo in grado di rivedere, tutta l’ ‘attualità , come antico e già vissuto, pur non avendolo mai visto prima. La memoria, in tal senso, è una grande trappola.
Prevalentemente ragioniamo attraverso preconcetti e visioni critiche ed antiche della nostra vita, anche lì dove si presentano situazioni innovative, siamo in grado di rovinare ogni opportunità che abbia un certo fascino, ricca di risorse. Hanno grande responsabilità, gli stereotipi, le convenzioni, i moralismi con i relativi fanatismi, i “valori”, i dogmi e le convinzioni, essi non ci permettono l’ emancipazione, di poter apprezzare le novità e il bello nella vita, considerata pericolosa, spiacevole perché assimilata al passato o corrotta dalle visioni altrui.
Ogni disfunzione o sintomo, ha per sua natura un enorme potenziale di vitalità, anche se la percezione è esattamente contraria, di fastidio, il sintomo è la ribellione ed un cattivo funzionamento, ad un corpo estraneo, ad un fuori misura, al caos, è un sos per un pericolo impellente. Il sintomo è così talmente vitale, che senza di esso non sarebbe possibile continuare a vivere, rappresenta una richiesta di aiuto e di intervento a vantaggio della salute e della vita.
Qualsiasi sintomo è enormemente vitale, si presenta come un sistema d’ allarme, una ribellione contro un tentativo di disorganizzazione, di malattia o di morte, e si manifesta attraverso un fastidio un disturbo attraverso il dolore. I sintomi evidenziano la necessità dell’ organismo di riportare l’ armonia.
Il Disturbo e il dolore rappresentano i nostri commensali fastidiosi ed odiosi, ma anche i nostri più cari amici, nel caso non fossimo ipocondriaci, essi ottemperano alla nostra salute, senza di essi, non potremmo venire a capo di una malattia, sono le spie sul cruscotto della complessa macchina umana, senza i quali verremmo condannati ad un black out, ad un crash, ad una strada senza ritorno.
Originariamente il sintomo nella sua insorgenza, può possedere una variegata sensibilità che va dal prurito al bruciore, fino al dolore, da un disturbo passeggero ad un disturbo medio, acuto, cronico ad alto potenziale dolorifico ingestibile, da richiedere l’ utilizzo di anti dolorifici particolari come la morfina.
Per quanto il sintomo possa essere considerato un demone malefico, per la sua insorgenza e manifestazione, rappresenta invece la più elevata forma di pulsione verso la vita che rivendica il diritto ad una decente esistenza. Il sintomo è vitale e serve a difende il nostro desiderio di esistere.
Ognuno di noi possiede un regolatore centrale, detta soglia di sopportabilità del dolore. Essa viene prodotto dalla presenza di un potenziale tensivo, che va dalla semplice ipo sensibilità, fino a livelli più intensi insopportabili di dolore in caso di patologia grave. Ognuno di noi ha un livello più o meno di tolleranza al dolore. Solitamente nelle donne è più elevato che negli uomini.
Tra dolore mentale e fisiologico non esiste l’ uno più importante dell’ altro, se il disturbo è fisiologico, inevitabilmente la mente urla la propria liberazione, se il conflitto emotivo diviene persistente, i valori psicodiagnostici, vengono rilevati in cartella clinica e sballano le frequenze biologiche.
Pertanto non esiste un sintomo o una malattia dell’ organo ed una mentale, i sintomi parlano di noi, della nostra interezza e globalità, parlano di certe eventuali cause di attacco contro di noi. Il sintomo va ascoltato, non sottovalutato, perché è il nostro salva vita.
giorgio burdi
ContinuaSposarsi Con Se Stessi
Sposarsi con se stessi.
Oggi, dopo quasi tre anni di matrimonio inesistente, mi sono detta di sì.
Nel 2020, ho sposato l’illusione di un matrimonio: delle promesse volate al vento.
Nel 2023, ho deciso: mi provo un abito da sposa per la prima volta, senza la mia famiglia, sola con me stessa.
Guardandomi allo specchio con un abito semplice ed elegante, mi sono vista splendida e mi sono sentita meravigliosa e bella.
Ho sentito tanto amore per me stessa, come un abbraccio che mi avvolgeva. I miei occhi brillavano commossi da tanta tenerezza sentita.
Dopo tanto dolore, ho capito: la sola persona che ti accompagna nel bene e nel male, in buona e cattiva sorte, nella malattia, sei solo tu.
Esiste una sola me stessa in questo universo, quindi me ne devo prendere cura io.
Davanti allo specchio, vestita da sposa, mi sono detta «Sì, lo voglio». Voglio me.
Oggi mi sono sposata con me.
Sento tanto benessere, tranquillità, quiete ed amore, per me stessa e per gli altri.
Ho immaginato un matrimonio felice con tanto amore. Una famiglia unita e contenta. In quel momento, ho sentito tanta gratitudine.
Ho detto grazie al mio dolore: ti ho ascoltato, ho imparato a conoscerti e a conoscermi, e ti ho capito e accettato.
Guardandomi allo specchio, mi sono accettata con tutte le mie imperfezioni ed incoerenze, follie e voglia di vivere. Prima di sposarsi con qualcuno, bisognerebbe essere sposati con se.
Mi sono detta «Sì».
Eva Blasi
ContinuaIl Desiderio
Il Desiderio
Il desiderio, si pone come il motore primo delle motivazioni umane. Tutte le progettualità e le azioni umane vengono mosse da esso. Il desiderio si muove attraverso una modalità del tutto involontaria allo scopp di raggiungere un obiettivo. Tutti abbiamo la necessità di relazionare gli uni con gli altri, partendo da scopi differenti, veniamo benevolmente o maleficamente mossi da un principio di opportunismo . Il desiderio nasconde comunque sempre un sottobosco di opportunismo.
Veniamo movimentati da diversi tipi di desideri, da quello estetico, vincolato alla bellezza, all’ arte di apparire ed esistere, a quello emozionale, a quelli legati ai nostri cinque sensi, a quello sessuale. Tutti i desideri, ed in particolare modo quest’ ultimo, si pongono come una profonda necessità per esorcizzare e superare il dolore, il conflitto, la fatica di vivere, la morte.
Tutti abbiamo un continuo diritto nel realizzare i desideri, anche attraverso il bisogno di rassicurazione e di conforto tanto da rifuggire nelle fantasie o in determinate relazioni come fossero un eden, un paradiso, dove pretendere il sereno, la tranquillità, attraverso la “messa a nudo” di noi stessi la leggerezza per far sostare le proprie fatiche; abbiamo tutti bisogno di adagiarci e stenderci tra le braccia di qualcuno che non ci giudichi e ci accarezzi soltanto.
La frenetica routine quotidiana, il correre e il rincorrere, annientano il desiderio, la sua soddisfazione è gioia, esso è lentezza, percezione ed immersione nelle pacatezze, è lasciarsi andare, tracimati oltre il proprio scontato territorio, è smettere di condurre e controllare, ma lasciarsi portare, è un nuovo desiderato territorio dove non siamo mai stati o faremmo fatica ad essere.
Il desiderio è il contrario della paura, se esiste l’ uno non può esistere l’altra, l’ uno può solo sostituire l’ altra. Chi non desidera soffrire di paure, deve imparare a desiderare. La paura controlla, il desiderio no, il controllo produce stress e fatica, perché monitora, è pensieroso, calcola, accumula,progetta, il desiderio è contemplazione, estasi e abbandono, è orgasmo. Per sua definizione l’ orgasmo è il punto più elevato del rilassamento.
Con esso, c’è aria fresca di mare o di montagna, si vola, non si fa fatica ad esistere, il desiderio pone una tregua dal dolore. È adagiarsi, mollare, è la resa delle tensioni e e delle contratture e lo scioglimento delle contratture e dei crampi delle guerre quotidiane è lasciarsi andare nel vento sulle onde del mare.
Il desiderio soddisfatto è una felicità a tempo, una pausa tra due tensioni, uno stacco ed una ribellione rispetto al tempo che impone, rispetto all’ invecchiamento, il desiderio reciproco rappresenta una tregua ed un divincolarsi rispetto alla trappola del dovere, degli obblighi e delle responsabilità dalle quali si rimane prigionieri. Desiderio e monotonia sono tra di loro incompatibili, quando predomina la monotonia, esploderà prima o poi il desiderio.
Senza il desiderio, non si potrebbero realizzare certe scelte fondamentali in modo soddisfacente: amare senza il desiderio per l’ altro, convivere o sposarsi per il dovere di farlo, vestirsi solo per coprirsi, acquistare una casa qualsiasi per viverci, consumare uno spaghetto bollito per riempirsi o studiare all’ università solo per dire di essere iscritti, fino a quando reggerebbe la salute ?
il desiderio è la risposta ribelle alle frustrazioni, prive di quelle serene e semplici gioie ludiche e, in presenza del desiderio, c’è la più elevata considerazione di sé e dell’ altro.
Il desiderio reciproco attiva la necessità di prolungarlo ad oltranza, per un periodo assai più lungo e per sempre, si ferma il tempo e nel tentativo di contemplare quel paradiso che rende vicini all’ eterno.
Il desiderio reciproco è una bestemmia contro la noia, contro la morte e la consuetudine, contro tutto ciò di cui la gente si accontenta, è contro tutto ciò che non si deve fare, permettere o pensare.
Il desiderio reciproco è una tregua ed una ribellione contro la tragedia di una memoria di sofferenze, di stanchezze e di doveri, con la quale si è condannati a convivere . Quando diciamo che abbiamo voglia, in realtà affermiamo la nostra supremazia al diritto di gioire e il nostro diritto e la voglia di esistere.
giorgio burdi
ContinuaTransfert
Transfert
Il termine transfert, trasferire, si riferisce a quel meccanismo emotivo relazionale, attraverso il quale, una nuova persona, viene designata ed insignita dell’ effige, per una relazione seria ed “ideale” . Solitamente del transfert non si possiede la consapevolezza di come l’ altro verrebbe investito di questo ruolo, nel quale il soggetto verrebbe immaginato; il transfert, contrariamente a quanto si possa pensare, può essere utilizzato a vantaggio di una potentissima terapia, qualora la consapevolezza porti a distinguere la rappresentazione del soggetto, con la persona reale.
Il transfert, nello specifico, rappresenta il trasferimento delle sensazioni e del desiderio erotico su un nuovo soggetto, percepito come speciale ed interessante e si pone attraverso una percezione involontaria. Esso viene percepito, come un bisogno liberatorio, atto a tirarsi fuori da un attaccamento malsano, attraverso l’ istinto fantasioso di provare piacere per un nuovo soggetto e rappresenta un tentativo per divincolarsi da una relazione patologica.
Nelle dipendenze affettive, si è alle prese con una lotta di pensieri e preoccupazioni che si dimenano tra il desiderio di voler modificare il soggetto persecutore e il bisogno di liberazione da esso. Nel transfert, il nuovo soggetto viene rappresentato nella sua perfezione, rispetto al disastro che si possiede.
Il transfert rappresenta la liberazione e la speranza che esistano persone differenti rispetto a quelle presenti. Questa speranza inizia a spianare una prospettiva liberatoria dalla dipendenza.
Le relazioni ideali del transfert sono relazioni immaginative, mentalizzate, la psicologia psico dinamica le chiama, relazioni oggettuali. Una dipendenza affettiva, si pone come in un continuo conflitto tra ciò che si immagina dell’ altro e la realtà dei fatti inaccettabili. È una follia, che psichiatrizza, voler lottare per tenere in vita i due parametri immodificabili, l’ immagine e la tremenda verità.
La fatica nel risolversi, da una situazione di questo genere, diviene un circolo vizioso, fintanto che si resta imprigionati in questo tranello, tra relazione presente e relazione oggettuale ideale immaginale, fintanto che esse rimangono confuse. La nostra mente confonde il desiderio antico di un bisogno non soddisfatto, con la realtà presente frustrata.
Il transfert, è un meccanismo difensivo protettivo, esso giunge come un 118 di richiesta di aiuto verso un soggetto di interesse emotivo più elevato, rispetto alla personale condizione di vita, compassionevole e comprensivo e rappresenta la speranza verso la propria terra promessa.
L’ uscita da una dipendenza affettiva disfunzionale, può avvenire dalla decisione di intricarsi emotivamente all’ interno del transfert. L’ “intrico”, in realtà non rappresenta la nascita di una nuova relazione, ma il solo tentativo di uscita dalla relazione deleteria. Se l’ intrico venisse concordato, durante un transfert, con tutta chiarezza e consapevolezza, quasi come un “contratto”, genererebbe un respiro, una percezione di autonomia e di libertà, nel diritto incondizionato di essere se stessi.
Il dato più sorprendente della dipendenza affettiva, viene dato dal fatto che da essa, il più delle volte, non si vuole uscire. Voler risolvere una dipendenza affettiva è come imbattersi in un lutto, un lutto e la fine di un progetto di un sogno, del quale diviene faticoso riconoscerne il fallimento. Questo mancato riconoscimento, ulteriormente, annichilisce e sfianca il soggetto dipendente che resta condannato e imprigionato alla propria condizione. Sarebbe opportuno imparare ad accettare la realtà, soffrirla e magari, aiutati dal transfert, realizzare che il resto del mondo è più affascinante e totalmente differente rispetto a quello sofferto.
La liberazione dalla dipendenza affettiva genera paura. Crea disorientamento e terrore. Ogni distacco, anche quello più patologico, genera sdoppiamento e disorientamento. La frustrazione si dimena tra bisogno e timore del distacco.
Ma chi lo ha detto che affrontare un distacco, debba essere necessariamente preceduto da una sofferenza ? Il dolore è solo mentalizzazione, viene pensato e pertanto sofferta, esso è una ipotesi, richiamato dai timori, che richiama la memoria di un passato di sofferenze, è immaginativo e ciò accade quando si cade nel tranello di attribuire al soggetto di dipendenza, un potere liberatorio dal dolore e dall’ angoscia.
Concedersi ad un transfert, rappresenta il tradire quel potere, è rendersi conto, di li a poco, che tutto potrebbe essere diverso, da quell’ istante inizia ad esistere una nuova prospettiva, l’ opportunità di poter superare il malefico e di sostituire, un oggetto “buono”, con quello “cattivo”. Il transfert rappresenta l’ oggetto relazionale buono per cambiare la direzione, per riprendersi il diritto a ciò che è scomparso, il diritto al proprio benessere.
Il contrario della dipendenza affettiva, è l’ autonomia e l’ auto gratificazione. In questa direzione, vogliamo attribuire, una enorme importanza alla funzione dell’ auto erotismo, come una delle primaria oasi della privacy, di autonomia e di auto realizzazione verso il piacere di se. Esso rappresenta quel luogo di riserva – affettiva, attraverso il quale viene determinato l’ incontro amoroso verso se stessi. La personalità dipendente, attende invece le gratificazioni esclusivamente dall’ esterno, mai da se, ma esclusivamente dall’ altro.
In tale direzione, Il passaggio verso l’ autonomia, diventa difficoltoso, per via dell’ incapacità di perseguire l’ auto gratificazione. Ciò riporta nella dimensione antica del mancato svezzamento di una madre che non ha educato il figlio a procurarsi il piacere in autonomia.
Nello svezzamento c’è il primo esordio dell’ autonomia, nel momento in cui il bambino inizia a prendere il cucchiaio, inizia a non aver più bisogno della mamma. In qualsiasi dipendenza affettiva, la mamma non è mai stata in grado di mettersi da parte, o è rimasta invadente, invalidante con la sua onnipresenza o ancor più, assente;
nell’ auto erotismo,invece, prende forma il primordiale inizio della autonomia, esso si affaccia nella vita del soggetto, già nei suoi primissimi anni di vita, che Freud individua all’ interno della terza fase fallica dello sviluppo psico sessuale, definita fase onanistica auto erotica ; durante l’ uto erotismo la mamma viene blindata fuori dalla propria mente, dalla propria vita, il bambino proclama la sua supremazia, anche se rimane aperta, chiude la porta ad ella e al al mond; l’ auto erotismo rappresenta la palestra verso il riservarsi e l’ indipendenza, verso la ribellione dell’ adolescenza, ove gratificare è bastare a se stesso, ed è decisamente migliore rispetto all’ attesa dei tempi di gratificazione degli altri.
Il passaggio verso lo svezzamento, è molto complesso. trova un muro, una resistenza moralistico – educativa familiare, che chiederà un passaggio di consegne da dagli altri a se stessi, tale da dover tradire “la madre” , il mondo, a vantaggio del proprio primato.
L’ auto erotismo, attraverso l’ oggetto del transfert, si pone come una funzione fondamentale , che tradisce la patologia della dipendenza. Esso rappresenta il ritorno alla propria patria, al potere di auto determinarsi. O predomina l’ Eros attraverso l’ auto erotismo supportato da un transfert, come quel luogo mentale dove accade l’ ideazione , il sognare relazioni slanciate ed autonome, o si lamenta il Thanatos, una vita in prigione, senza il diritto di essere amati, chiusi nelle paure e nell’ isolamento, ossessionati dalle fobie per le malattie
Una dipendenza affettiva, non viene mai superata, se convive con essa un moralismo imperante e la paura per il giudizio sociale per una nuova relazione. Ciò è superabile solo nel concetto di piacere.
Chi ha paura di vivere, è vittima della sua disistima. non tralascia il suo apparente equilibrio; chi è dipendente, desidera solo una persona tutta di un pezzo e per sé, un suo costante punto di appoggio, una fermata su un passo carrabile, tutto ciò che è sanzionabile ma distrugge una relazione; chi si concede alla vita è acquisisce elasticità, fluisce e si stupisce per il nuovo, impara a non farsi sconcertare, è potente per la sua autorevolezza , ha carattere ed è audace.
Le relazioni centrate su l’ indipendenza, le rendono longeve, perché ognuno, rimane imperniato sul proprio talento. È necessario relazionare con personalità che energizzino i vicendevoli talenti, piuttosto che invidiarli, tali da generare relazioni intense, creative e profonde.
In conclusione un transfert, l’ auto realizzazione e l’ autoerotismo, possono rappresentare un vantaggio verso l’ emancipazione di se, possono essere un viaggio o una vacanza anche a tempo determinato, tali da determinare una rimessa su strada, una ripresa del motore, un modo per uscire dall’ isolamento dello svezzamento e poter riprendere la propria vita tra le dita.
Quando arriva questa unica e rara occasione, viviti e goditi il transfert, in totale consapevolezza, stipula un contratto di minima, è la tua occasione, attraverso esplosive, dignitose e rispettose emozioni, è il tuo momento fatale, il tuo ancoraggio, per ritornare a te stesso, il tuo defibrillatore che ti riporta in vita, per stupirti che il battito in te ancora esiste, credere che è ancora possibile ballare, gioire e respirare, che esiste ancora il tuo sogno, che tutto è nuovo e diverso, che c’è ancora motivo di vita, lascia andare il vecchiume, apri la serratura, lascia esplodere le tue sensazioni, apprezzerai quanto è meraviglioso poter perdere l’ affezione al tuo carceriere che sottomette la tua dignità e che la vita esiste ancora ed è tutt’ altro, tanto il transfert trova il tempo che trova, è tutta una scusa, una sola occasione che la mente trova inconsciamente per aggrapparsi e tornare a vivere. Quando ti capita, chiedi, vuoi essere il mio transfert ? Perchè il transfert lo ami e ti fa sentire amata . È solo un gesto di profonda , naturale ed amorevole umanità, per liberarsi dal disumano e tornare ad amarsi.
giorgio burdi
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