NCS – LABORATORIO DI NEUROSCIENZE
Ti leggo in volto
Lo Studio BURDI
In collaborazione con il
” LABORATORIO DI NEUROSCIENZE”
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Ti leggo in volto
Cosa stiamo comunicando quando arricciamo il naso? Perché si sgranano gli occhi? Cosa significa aggrottare le sopracciglia? Attraverso il volto esprimiamo le nostre emozioni, ma non sempre è così facile decodificarle.
“Te lo leggo in faccia”, è un detto popolare. Capire invece con certezza gli intenti, i desideri e le motivazioni delle persone è una capacità meno comune che può però essere allenata grazie a NeuroComScience.
Il laboratorio è il punto di riferimento in Italia sulle tecniche di analisi scientifica del comportamento non verbale.
E non si tratta di fantascienza. Nel corso degli anni sono stati sviluppati da parte di numerosi studiosi diversi metodi e teorie sulla decodifica delle espressioni facciali e del linguaggio del corpo.
Strumenti innovativi e utilissimi in determinate professioni e anche nella normale vita di relazione. Una marcia in più che ancora pochi conoscono e che può fare la differenza in moltissimi campi, dalla selezione del personale al coaching, dalla psicologia alla vendita, dalla criminologia al marketing. E si integra molto bene con le tecniche della pnl.
Nell’ambito della selezione del personale, l’applicazione della tecnica di decodifica durante il colloquio migliora la precisione del profiling del candidato. Prezioso il contributo nel settore investigativo dove la tempestività è essenziale e permette di indirizzare le indagini verso un più rapido reperimento delle prove.
Una metodologia testata, che dà immediati vantaggi competitivi e consente un risparmio di tempo e di risorse.Una utile conoscenza per migliorare tutti i rapporti interpersonali, da quello tra moglie e marito al manager che gestisce azienda e personale: riuscire a controllare anche il proprio comportamento non verbale aumenta la comunicazione persuasiva e il consenso tra i propri collaboratori.
Il link del laboratorio NeuroComScience
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : SE LO CHIAMI DESTINO, TI CONDUCE L’ INCONSCIO
Consapevolezza ed autodeterminazione
SE LO CHIAMI DESTINO, TI CONDUCE L’ INCONSCIO
Molto spesso abbiamo la netta sensazione che i nostri istanti, le nostre giornate siano tutte uguali.
Ieri è come oggi, oggi come domani, domani come sempre, tutto omogeneo, non ti chiedi più come mai, si afferma la vita come se fosse tutta simile, uno scorrere di giornate ed anni che consumano il tempo nella abitudine dell’ ordininario.
Chi vive nell’ inconsapevolezza della propria condizione mentale vivrebbe meglio. Non si pone alcun problema quella donna che sostituisce la mamma, venuta meno in tenera età, con l’ affetto di un marito.
Questo sarebbe amore o spostamento ? Creerà una dipendenza tale da non sopportare ogni forma di distacco, come fosse un abbandono, come il decesso della madre tale da desiderare la ricongiunzione ad essa, in presenza di forti condizioni di angoscia.
In questa direzione non c’è forma di autodeterminazione, sarebbe la vita a vivere la persona, sulla base dei suoi flussi emotivi.
L’ istinto di vita, il nostro inconscio, fa tutto da se, non ci chiede il permesso su nulla, come per il sogno, è comunque alla base della vita ed è il suo fondamento.
Per esso non esiste il non vivere, vivi e vive e basta. Ha basi ontogenetiche, ci permette di respirare, parlare, ascoltare, aprire gli occhi, moltiplicarci, vive in sintonia con l’inconscio collettivo, segue le replicazioni sociali.
La consapevolezza è tutta un’altra cosa. È avere la lucidità su ciò è opaco. È portare fuori i nostri fondamentali, ció che coabita con le nostre sensazioni, bisognose di essere decodificate con precise parole.
Consapevolezza è non trascurare le nostre emozioni, i sogni, i flussi di coscienza. La consapevolezza è autodeterminarsi sulla base di quella fievole lucina vocina che rappresenta il faro guida della nostra vita.
Consapevolezza è far diventare la nostra lucina vocina, un potente impianto audio video hd equalizzato, che canta e visualizza la nostra lirica a squarcia gola e nitide immagini dello spettacolo del protagonista della propria vita.
Altro che destino, esso non esiste se ci costruiamo sulla base delle nostre consapevolezze, o ci lasciamo condurre da un motus inconscio automatico.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : LA FELICITÀ È LA STRADA NON LA META
La felicità è una chioma che ha le dimensione della sofferenza delle sue radici
LA FELICITÀ È LA STRADA NON LA META
Perdere se stessi é un po’ come morire è , come perdere la propria memoria, non avere la coscienza di se, è vivere il nostro vegetale, é sentire che le cose non fluiscono più, come l acquedotto romano senza acqua.
Perdere se stessi é l’unica cosa che non dovrebbe mai accadere, è mettere da parte il mondo, perché se non senti te, il mondo non esiste, è come se ti avessero portato via il battito di te.
Perdi il tuo gps, ti senti smarrita, insicura, debole. Non comprendi più dove vai, cosa vuoi e cosa no, in un panorama di sentimenti “narcotizzati”.
Credi di non meritare la felicità, pensi di non esserne capace a gestirla e quando per poco la trovi, ti attendi una punizione, come se non la meritassi mai. Come desideri lasciarti il passato alle spalle e correre, correre verso un futuro che sogni.
Ma la felicità è piuttosto come vivi la strada, il tuo percorso, perché la meta potrebbe non essere soddisfacente e le cose cambiano, ma il cammino e la strada si percorre sempre da se, da sola va e se resti attento, la vivi bene con soddisfazione.
Perdersi, ritrovarsi, ritrovarsi e poi riperdersi: questo processo diventa un moto perpetuo, inarrestabile nel profondo della tua anima.
Sei come un pendolo oscillatorio che non trova mai una giusta collocazione, forse perché nella vita una tua collocazione non l’hai ancora pienamente trovata. Allora non smettere mai di cercala.
Nel frattempo somatizzi e ti ammali nel corpo che urla il proprio pensiero doloroso e, per chi sa ascoltare, ti racconta della sua anima.
Cosa farei ? come poterne uscire? ritrovare se stessi é un viaggio difficile ma meraviglioso allo stesso tempo che, se fatto con un’ “alchimista dell’anima”, serio e preparato, se il viaggio diventa la stessa meta, ti dá modo di poter vedere la tua realtà e te stessa, da un’ottica completamente nuova e differente.
É guardare il mondo come se avessi due occhi in più, é quella chiave di lettura che apre gli scrigni reconditi della tua psiche, del tuo essere.
Guardare, guardarsi, rispecchiarsi in un gruppo e ritrovarsi, riconoscersi, scusarsi con se stessi, riscoprirsi, perdonarsi, comprendersi, semplicemente amarsi.
raffaella mariola
giorgio burdi
Settimanale Psicologo Roma : CHE SENSO HA L’ ERRORE ?
CHI VIVE, SBAGLIA, MA CAMBIA, CHI NON SI MUOVE, MUORE
CHE SENSO HA L’ ERRORE ?
CHI VIVE, SBAGLIA, MA CAMBIA, CHI NON SI MUOVE, MUORE.
Tutto ha un senso quando decidiamo o ci lasciamo andare nel vivere una qualsiasi situazione.
Nessuno può giudicare ne comprendere i motivi per i quali compiamo certe scelte.
Sembrerebbe non giusto, né ottimale, oltre gli altri, noi stessi siamo i nostri migliori giudici e censori, lì dove l’ impossibile diventa inevitabilmente attraente, più forte e più prepotente di noi, non conosce altre ragioni, per questo acquisisce la sua fondamentale importanza, sembra che certe direzioni rappresentino direttrici scontate, più giuste e migliori, quelle più sensate, come fossero un ruscello che segna e segue un tratturo che va da se verso la valle.
Ognuno di noi dinanzi alle opportunità di conoscere e sperimentare l’ infinito di se, riformula nuove meridiane, longitudini e latitudini.
Ci sono momenti in cui abbiamo bisogno di essere e di fare in quel unico modo, spesso non condivisibile da nessuno, ma logico solo per se.
È come scoprire all’ improvviso inaspettatamente, che nel proprio appartamento ci siano nuove stanze inesplorate, buie, nascoste, ombrose, per le quali si avverte una inarrestabile attrazione nel varcarle. Chi vorrà estendersi, sa che nel buio potrà farsi male e sbagliare i suoi passi, inciampare.
Il nuovo, concilia l’ esplorazione e pertanto lo sbaglio potrebbe essere lì, in agguato, dietro l’ angolo. Chi teme di sbagliare, non va oltre il proprio monolocale. Ogni situazione nuova avvenente, vorticosamente passionale, avrà a che vedere inevitabilmente con gli sbagli, se rappresenta l’ inverosimile assoluto inesplorato.
Certe situazioni esterne ci esprimono, rappresentano l’ emancipazione e l’ esplosione di noi stessi, per questo ci lasciamo andare e siamo responsabili di certe attrazioni.
Sensi unici, ztl, o divieti di accesso, diventano inevitabilmente varchi aperti, blocchi inesistenti.
Si avverte la necessità ineliminabile di conoscere ciò che vorticosamente attrae, all’ improvviso ci si trova dentro, immersi in una spirale senza fine, fatta di luce e buio, nutriti, ma anche affogati.
L’ emozione prepotente ci risucchia al suo interno e il fascino di perimetri inesplorati ci seduce, delinea la nostra vera zona abitativa da sempre desiderata.
Alcuni altri, rappresentano per noi, l’ opportunità di esplorare i nostri mondi, sono la nostra stessa anima ed essenza, la nostra immagine riflessa.
Parte di ciò che è la realtà, al di fuori di noi, ci rimanda, come dinanzi ad uno specchio, a ciò che intimamente siamo, e ciò ci attrae inesorabilmente.
Esploriamo e restiamo concitati, incantati, ubriachi, meditativi, silenti in preghiera , entusiasti per sensazioni date da territori nuovi, da cunicoli che dispiegano nuove prospettive tridimensionali, fresche e colorate che esprimono l’ assoluto di noi.
La nostra grotta cieca diviene illuminata, diviene un palazzo regale, da sentirci, in essa, all’ improvviso, re o regina.
Quando si vive così, non ci sembra mai uno sbaglio che tenga, pensiamo di non errare mai, difronte all’ incanto dell’ i universo che scopriamo in quegli istanti infiniti.
Qualsiasi vissuto denso di attrazione, che ci concediamo, è un vissuto che ci permette di accedere a noi, ai mille vani del nostro sottosuolo.
È un tortuoso percorso, fatto di entusiasmi e di sofferenze, ma gratificato dalle scoperte delle mille stanze che si pensava di non possedere, e increduli per le mille azioni che si pensava di non commettere mai.L’ errore per accedervi è di chi vive, ma è solo ciò che ti cambia la vita.
Ci chiediamo se fosse mai possibile evitare di sbagliare, nonostante la massima attenzione, comunque accade, sarebbe perfetto il suo contrario.
Ma se ha un tale potere l’ errore, lo si potrà chiamare sempre, errore ?
L’ errore ha un ruolo nel processo interminabile di crescita, sembra essere connaturato al conoscere situazioni dense di significati, serve per conoscere maggiormente quando siamo difronte a significativi e nuovi territori, serve per capire come non commetterlo ancora.
Noi siamo tanto più di ciò che immaginiamo di essere, siamo sbalorditivi, inesplorati, molte volte meravigliati, e solo chi sbaglia può saperlo con certezza, e volere o nolere, lo si può ammettere, e se fosse possibile, rimediare, e andare avanti.
giorgio burdi
ContinuaESSERE FATALISTI
Come la natura comanda
ESSERE FATALISTI
Come natura comanda
Le strade vanno avanti da sole, si dispiegano, sono già srotolate, se le perdi, e continui a camminare e ti lasci andare, le puoi ritrovare, basta solo andare, viaggiare, serenamente andante.
I percorsi, non vanno forzati, ne i tempi, ne gli altri, se si avverte l’ inerzia, tutto è contro, opposizione continua, o difficoltà, impossibilita, con le ganasce serrate, con i tempi che non sono dei migliori, bisogna saper leggere nei segni e tra gli eventi.
Nel perseguimento di obiettivi, dopo aver fatto della lotta un simbolo, un accanimento terapeutico, alle volte si rischia di volerli perseguire oltre il muro di un labirinto, ci si rivolta di scatto per trovare la via e il buon senso impone un cambiamento di rotta, lì dove l’ intuito prosegue.
Nel camminare, facciamo attenzione all’ inerzia continua che incontriamo, come per la natura è pericoloso opporsi, anche tra gli eventi c’è un contro natura o un contro tempo o un contro evento continuo, da poterci far rimettere seriamente in salute.
Alle volte bisogna saper star fermi, sedersi, guardarsi dentro e intorno, curare la quiete e saper aspettare, se l’ intuito è vero, la natura è intelligente, direziona, cura e rimargina da se, fa la sua parte, da sola va avanti a prescindere, con il suo ritmo e le sue leggi, combina in armonia gli eventi, come l’ ordine degli elettroni di un atomo, come questo treno che viaggia da se alla sua velocità e se nel vagone tu corri, non giungi prima.
Siamo sempre di fronte ad un bivio: cosa scegliere ?quale sarà la strada che ci condurrà alla felicità ?scegliamo, a volte, strade sicure, strade che sappiamo già che non ci faranno del male.
Ne stimiamo il percorso, che diventa parte di noi, del quale non potremmo più farne a meno, perché siamo cambiati ed abbiamo altri sogni.
Quando la strada diventa sicura si corre il rischio di perdere il brivido ?E se l’assenza del dolore fosse la nostra stessa salvezza ?
Siamo sempre ad un bivio e, a volte, scegliere senza più paure fa morire i nostri stati d’ ansia, a volte.
Le situazioni utili sono quelle scorrevoli, a favore, sono vantaggiose, anche se non sono mai perfette, a volte ci si ostina, ci si pone sulla scia di una direzione opposta e ostinata. Bisogna riconoscerlo e fermarsi prima, saper dire, non è ne il tempo, nè il momento, ne la situazione migliore, è contro tempo, è aritmico e produce aritmia .
Una pianta cresce, non tirandola, non per ansia, tanto meno guardandola o per diffidenza o rabbia o pregando per essa, ha il suo ritmo genetico, vuole solo respirare, sole ed acqua, si esprime com’ è, la lasci stare, te ne vai, la scordi e la ritrovi cresciuta.
Ci sarebbe più serenità se ci ritenessimo essere natura intelligente in naturale evoluzione.
Alle volte si crede di perseguire la propria strada, ma essa è tale solo se ci fa star bene il suo percorso, se narra ed esprime il massimo di noi, non solo il massimo del vantaggio per gli altri.
raffaella mariola
giorgio burdi
Settimanale Psicologo Roma : LA DIETA MIGLIORE
È la percezione della linea, che diventa curva in una preoccupazione, o sono i pensieri che trasformano la geometria corporea
LA DIETA MIGLIORE
È la percezione della linea, che diventa curva in una preoccupazione, o sono i pensieri che trasformano la geometria corporea ?
Facciamo diventare relativi o assoluti tutti coloro che desideriamo che ci rappresentino.
Ci sovrapponiamo sul loro riflesso e ci vediamo magri o macroscopici a seconda dei nostri bisogni di adeguamento di pieno o di vuoto.
Desideriamo gli altri in modo onnipresente, come dei vuoti da riempire, o in relazione dei nostri pieni, cerchiamo di privarci smagrendo, per le zavorre accumulate.
Il disturbo alimentare può far riferimento a questo tipo di mentalizzazione del sentirsi gonfi – pieni , vuoti – assenti.
Siamo in estate e il bisogno di indossare una certa linea tipo, ha comunque a che fare con la dualità di questo immaginale pieno – vuoto.
L’ estate è il periodo di stacco e di riposo, avvertiamo la necessità di spensieratezza alleggerimenti, di disfarsi dalle pesantezze.
Le preoccupazioni eccessive per le bucce d’ arancia o per la cellulite o per la pancia, hanno maggior peso relativativamente all’ autostima corporea e ai suoi costrutti.
Anche dopo una dieta si avverte la sensazione della presenza di una zavorra ancora da eliminare, come se il peso eliminato non bastasse mai per sentirsi bene con se stessi.
Una dieta andrebbe fattaconsiderando la presenza delle proprie pesantezze mentali.
Al peso corporeo corrisponde sempre un peso mentale da trattare.
Tanto più fisicamente ci sentiamo pesanti, tanto più ciò rimanda ad un groviglio mentale non facilmente e immediatamente riconoscibile .
Per indossare una certa linea stabile, consona e soddisfacente, e poter far prendere il volo al proprio benessere è necessario alleggerire la “mongolfiera” dalle zavorre.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : DEDICATO A CHI È UN VERO AMICO
Il coraggio di vivere senza difese
DEDICATO A CHI È UN VERO AMICO
Il coraggio di vivere senza difese.
Se nella nostra vita scoppiasse un incendio, vedremmo di quante sagome, di pezzi di carta, cenci e scenografie essa sarebbe costernata e di quanti pochi piccoli diamanti e Platini luccicanti rimarrebbero a farci compagnia e se non restasse proprio nulla, allora realizzeremmo che il vero problema siamo noi.
Spazzeremmo via anni, a masticare, alzare il gomito, di fracassi, rumori, con contorni di biasimanti pettegolezzi a non far finta di nulla e che i problemi e le responsabilità sono sempre degli altri, mai le proprie, e i problemi altrui non sono mai dati da sapere.
Il verità fa finta di nulla, l’ ipocrisia, fa finta di tutto.
Esiste una cultura popolare del nascondimento, anche se poi il popolo sa già sempre tutto , ma quello che realmente si pensa non merita mai la luce, sarà per opportunismo, ma chi è vero, spesso spiattella, rischia di andar va o viene lasciato solo con alcuni, ma il non detto resta, è subdolo, e resta per puri interessi.
Il dolore brucia personaggi di cartone che ci attorniano, ne lascia in piedi pochi, spazza dalla nostra vita figuranti di ricotta, rimangono solo i fondamentali, come il sale, lo zucchero, la farina.
Sono poche quelle persone che ti restano accanto se hai un problema, una tristezza, scopri all’ improvviso un popolo in fuga e sono pochi ma importanti quelli che ti vengono incontro, sempre mescolati alla folla, come un mare che sulla spiaggia si ritrae e lascia sul bagna asciuga della sabbia. solo certe stelle di mare, le sue perle e cavallucci marini.
Dinanzi al concentrato della vita, scopriamo amici di compensato, sagome di veline colorate che come ombre si dissolvono e ricompaiono in cene di cortesia, sul filo del ‘ mi potrebbe essere utile ‘, opportunisti latitanti fatti di titoli di cenere.
Ho imparato, come mai, ad apprezzare la luminosità di rapporti schietti, ma discreti, senza difese e quanto mi mancano, quando intorno c’è il vuoto. Li potremmo solo trasformare, ma quanta affanno se non sono così, liberi e fluidi. Riconosco che certi fenomeni sono unici e irripetibili e se son fatti cosi, non richiedono alcuna fatica.
Ho imparato, che i rapporti senza difese, vanno difesi, perche sono rari speciali, irripetibili e per essere così, non è un atto di debolezza mettersi a nudo, ma un obbligo di crescita oltre che di coraggio e di maturità, è comunque una dura conquista che va blindata e custodita gelosamente.Essa non va contaminata col nulla, va difesa, anche se di per se è pericolosa, perché si osa, ci si affida e ci si fida.
Ma per avere rapporti veri in cui davvero credere, è fondamentale essere autentici, ed in un rapporto vero, e proprio perché è vero, può accadere davvero di tutto, ci si può sentire vulnerabili.
È il più grande atto di fiducia e di amore affidarsi, consegnarsi, temendo di sentirsi vulnerabili. Questa è la condizione del divenire del rapporto vero.
Nelle finzioni, nel far finta di nulla, uno non sa di esserlo, ne è inconsapevole, come se gli appartenesse uno stile di vita, nella sua vita fa in modo che non gli accada più di tanto, a volte nulla, è stantio, ripetitivo, un copia incolla per anni, un bivacco, fa uno sforzo continuo nel tirare avanti.
Chi si Mette a nudo, dice la verità su come è fatto, lusinga attrae, ma ciò lo spaventa, perché la verità potrebbe sconvolgere, far giudicare, far scappare. L’essere veri è molto più importante del restare nell’ inganno, il suo contrario rappresenterebbe la fine di un rapporto di plastica, un vinile che si spacca e non si legge.
Un rapporto può essere un diamante o un origami, a seconda che si è senza difese o con .
Chi si sconcerta dinanzi al vero dell’ altro , erroneamente si crede così tanto diverso .
Certe verità rivelate sono i più grandi atti d’ amore, si confessano come atto estremo di fiducia e di consegna all’ altro, da pensare di poter rincominciare su fondamenta autentiche, ma possono essere esplosioni deflagranti.
Lasciamo che vengano fuori le ipocrisie perché la verità è sempre in agguato, prima o poi spazza rapporti come sabbia e se si ha un pizzico di coraggio e se la verità regge, il rapporto si salverebbe perché si fa plinto.
I rapporti veri, se fossero spontanei, sarebbe tutto più semplice, ma il più delle volte vanno trasformati, ricercati, non sono affatto gratis, vanno sofferti e pagati con un certo prezzo, perché scoprirsi è sia ad alto rischio, ma anche l’ unica opportunità di avere vere storie senza fine.
Credo, e ne sono fermamente convinto, che nell’ essere veri, ne valga davvero la pena rischiare, anche perdendo la speranza che i depositari dei nostri e dei loro segreti, possano restare tali, con l’ unica magra consolazione, che in certe occasioni, ci abbiano almeno creduto.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : LA SERENITÀ È SAPER DIR BASTA AI SENSI DI COLPA
La felicità è di chi sa e sa cogliere il cuore delle cose
LA SERENITÀ È SAPER DIR
BASTA AI SENSI DI COLPA,
è di chi sa, e sa cogliere il “cuore” delle cose.
Ognuno fa e da quello che può. Bisogna accettare se stessi e gli altri, i propri confini i propri limiti conoscibili, per ciò che si è e ciò che si riesce a dare.
La key word per la serenità è saper ACCETTARE. Basta recriminazioni , perfezionismi, obblighi.
Si può essere felici del nulla, del noi, vivere del qui ed ora con progetti propri, senza aspettative, gioendo per la strada che si percorre e non per la meta da raggiungere.
La vita va vissuta nel suo percorso, guardando attentamente e godendo la strada, la meta è arrivismo, sorpasso, competizione, rincorsa verso le aspettative, anticipazioni delle frustrazioni, la percorribilità della strada può essere la felicità stessa. Sottolineare il costruttivo del passato, non lascia rancori e lo recupera nel presente.
La felicità è fatta di un abbraccio rasserenante, di un sorriso, di un dialogo profondo, che tu da solo comunque sai fare.
La felicità è di chi sa cogliere il cuore delle cose, legge tra le sillabe, in una qualsiasi ruga, nella curva di un sorriso o nella lacrima delusa, o in chi spontaneo esplode la sua risata con gratuite sensazioni.
La felicità è fatta di idiozie, gag, risate e dialoghi con estranei al mercato o all’ ateneo, di battute che rendono fratelli, uomini sconosciuti, dai negozi ai marciapiedi, alle piazze.
La felicità è fatta, se negli attimi ci sei dentro, non se ne resti fuori se vivi solo di ricordi o di rancori, di rabbie, o di odii.
Chi è residente nel passato si tormenta il presente, prepara il futuro per la guerra, e ogni pessimo ricordo protratto o prorogato mette radici a disturbi, incattivisce, insatanisce, mentre il presente ansima ed aspetta cambiamenti sul monito del passato.
Non resta quasi mai il ricordo di ciò che si è detto o fatto, ma restano sempre le sensazioni profonde date e ricevute, ed esse sono per sempre.
L’ eterno è nelle sensazioni, la vita è nella presenza nel presente, se vuoi che lasci tracce e continue scie indelebili eterne di serenità.
giorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : PSICOLOGIA POSTURALE
Carattere e Postura
PSICOLOGIA POSTURALE
La postura influenza le emozioni o le emozioni influenzano la postura?
Secondo Sherrington la postura accompagna il movimento come un’ombra.
I principali studiosi che hanno verificato la correlazione positiva tra processi psichici e somatici sono stati Reich (“armatura muscolare e caratteriale”) e Lowen (studioso di psicobiogenealogia).
Entrambi hanno individuato che i vissuti ed i bisogni del bambino in fase di crescita hanno poi influenzato la postura degli stessi durante le successive fasi di vita.
I principali bisogni emotivi che possono essere compresi attraverso una lettura posturale sono: il bisogno di accudimento, di riconoscimento, di sostegno, di indipendenza e il bisogno ricevere informazioni coerenti da parte dell’ambiente, quindi il bisogno di non sentirsi manipolati.
Considerando che l’essere umano è allo stesso tempocorpo e mente , ciò significa che lo sviluppo emotivo, cognitivo e motorio non sono processi separati, ma vanno di pari passo, per cui possiamo evidenziare che le stimolazioni da parte dell’ambiente hanno una valenza fortemente emozionale.
Quando si parla di stato emozionale ci si riferisce alle reazioni a seguito di informazioni derivanti dall’esterno che producono le sensazioni fisiche gestite sia dal sistema sottocorticale del cervello che dalla corteccia cerebrale.
In tale ottica è facilmente associabile l’idea che le emozioni sono modulate e modulano anche il tono muscolare.
In sintesi, si può affermare che l’acquisizione degli schemi motori/posturali che avviene durante lo sviluppo dell’essere umano a partire dalla primissima infanzia, sia correlata fortemente all’esplorazione dell’ambiente ( esplorazione non asettica, ma con connotazioni psico/affettive ) .
alessia potere
ContinuaLETTERA ALLA MIA COSCIENZA
Ho imparato ad ascoltarmi proprio quando nessuno mi ascoltava
Lettera alla mia coscienza
Mia cara coscienza, tu mi ricordi di essere un uomo e a volte molto meno, ma tutto quello che io sono, è molto complesso per me capirlo, perché sono un essere umano.
Ricordo da bambino, furibondi litigi e percosse tra i miei, a due anni che piangevo solo sotto un tavolo, ero invisibile, come lo ero in classe quando il mio maestro mi prendeva per i capelli e imprecava che ero inutile.
Ero invisibile a tredici, quando sono scappato via per tre giorni col treno sul primo binario, e a 17 anni, quando il mio prof che spiegava la matematica in barese, mi ha bollato, perché ero un “terrorista”, ma rappresentavo l’ istituto, mentre i miei continuavano a darsele per me, sono andato via lontano per due anni con un missionario sognatore.
Cento esami e a botta di vendemmie ed autostop, notti insonne e sol leone a divorare pagine e occhiali, graduatorie mistificate, ho sempre aborrito raccomandazioni .
La mia rabbia governava, ma non ho ho mai smesso di amare, cercavo di capire gli altri, e poco me stesso, ho imparato ad ascoltare tanto e a prendermene cura, ho tentato di insegnar loro sempre ad essere se stessi, e a battersi per le proprie follie, forse anche per le mie stesse incomprensioni e follie subite.
Mi son sempre chiesto quale fosse il labile confine tra il bene e il male, ma ho sempre fatto in modo che il primo prevalesse. Ho rinunciato a posizioni, mi sono lasciato usare, non ho quasi mai odiato nessuno, ed ho imparato a dire la mia e a battermi con fatica per essa.
Ho scoperto molte volte di essere tradito, ma seguivano solo la loro strada, senza permessi, e per molto tempo ho spesso subito le strade altrui.
Cara coscienza, non ho mai scelto target, griffe o convenzioni o consensi sociali, ho lottato sempre contro il consueto, l’ obsoleto e lo scontato, e il non detto, ho fatto del dialogo e la parola il mio skipper, ho imparato a non tacere ad urlare, a remare contro, ad essere sempre contro corrente quando non poteva essere, seguendo non chi litiga e consiglia, ma chi tace e non ha parole.
Ho imparato ad ascoltarmi proprio quando nessuno mi ascoltava, a seguire sempre la mia stella, il mio faro e con coraggio e tempra non mi sono mai mai e poi mai arreso, con le ginocchia sempre sbucciate, mi sono rialzato, prendendomi per mano, proprio quando non c’era mai la mano Tesa di alcuno, e mi son rimesso con fatica sempre in piedi e con grinta in cammino.
Ho scoperto che molte scelte si fanno e si può amare solo per coraggio e molte altre solo per paura, e se la paura lascia traumi, è solo per sfinimento, come il buio della notte ti fa cadere e sbattere i fianchi alle pareti in incidenti domestici.
Ho cercato sempre il bene, ho lottato per esso, ho fatto molto del bene agli altri per istinto e convinzione, ma ho imparato che il bene proprio è anche importante, a volte può essere un compromesso e in quelle volte fa il male altrui.
Mia cara coscienza, quanti ne ho risolti, accuditi custoditi, protetti, ma restavo trasparente ed ora non faccio più caso, non mi interessa tanto, se ero o no una stampella, fino a quando ho lasciato il mio ruolo, la mia mano, ho anche lasciato, per ricordarmi e ricordare che esistono ed esisto.
Mia cara coscienza, ho chiesto poco alla vita, ma ho preso tanto, ho preso poco dai tanti che non mi hanno veduto, ho preso tanto dai quei pochi per i quali ero per loro un assoluto.
Ciò che la mia coscienza mi rimprovera, ed è un fottuto paradosso, è che a volte ho dato molto a chi mi ha dato molto poco, ed ho dato molto meno, a chi mi ha dato davvero tutto, forse perché non mi aspettavo ormai più nulla.
Chiedo perdono per i miei bui, a quei tali ai quali sono risultato un ingrato, un pazzo, non in grado di farcela, un indegno, un vigliacco, uno stronzo non voluto, d’ aver dato l’ impressione di voltar loro le spalle, ma ci ho sempre messo l’ anima, ho sempre amato, ma ho imparato anche, ahimè, a non condividere e me ne rammarico, sarà perché dalla vita ho imparato a difendermi, a sopravvivere, a sapermela cavare da solo e a trovare sempre soluzioni, ma questo può essere in poche circostanze, solo un grosso difetto e una desolante e ormai deludente giustificazione,
e che non mi chiedano perdono, ma piuttosto scusa, perché sicuramente io l’ ho permesso , tutti coloro che non hanno mai fatto caso del tempo e della mia vita loro dedicata.
Pur avendo lottato e sofferto tanto, tanti mi hanno invidiato, con me sono sempre in discussione, si ha sempre la sensazione di essere spesso in sospeso e di volersi di continuo riconciliare con la vita.
giorgio burdi
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