MANGIARE ABBRACCI
Gli abbracci servono a crescere
MANGIARE ABBRACCI
Se c’è l’ abbraccio si cresce.
Ci insegnano che l’addizione e la moltiplicazione siano operazioni matematiche differenti, distinte, come strade parallele vicinissime, ma destinate a non incontrarsi, a non sfiorarsi, a non toccarsi e a non cedersi mai il calore del proprio percorso vicendevolmente, perché condannate alla separazione per sempre .
Ma dove qualcuno vede disgiunzione, qualcun altro vedrà unione: capovolgendo quel + che diverrà un x , e trovando quel caso unico ove le due strade si uniscono, si baciano e in un letto d’amore riversano un risultato simile “2+/x2=4”.
Ebbene, sappi trovare nel tuo meraviglioso mondo quel caso unico al mondo dove la tua moltiplicazione, diviene un’addizione, e dove l’addizione si riversa nella sua moltiplicazione.
Nell’Abbracciare qualcuno questo fenomeno ha vita. Tutte le regole matematiche si confondono, tutti i principi fisici si annullano, e ciò che rimane è un vuoto colmo d’amore. Può un vuoto riempire a tal punto?
Nella vita ci sono attimi rari impressi nella mente, dove la dolcezza di un ricordo diviene un sapore, ed una canzone che tanto amiamo si trasforma in un’armonia di colori che luminosi irradiano intorno.
Ci sono momenti in cui il mondo si annulla e ci si ricorda d’ esistere, di guardarsi anche senza aver innanzi uno specchio, e s’impara a prendersi cura di sé.
Vi è un tempo per la nascita ed uno per la morte, ed entrambi recano con sé quelle note profonde che s’accordano e in sintonia danzano, lasciando l’ebrezza di un vento gelido d’estate o del calore d’un focolare in una casa sazia d’amore.
Adesso immaginate di sommare tutte le melodie più belle, i tempi più dolci della vostra vita ed anche quelli più oscuri, i ricordi più antichi ed i sogni futuri, i sapori più buoni, e quello che di afrodisiaco la vita vi ha donato, unitelo, ed insieme otterrete= l’Abbraccio.
Un fenomeno che molti scienziati s’ accingono a studiare, a spiegare, ed altri a raccontare con le parole. Parole però sempre troppo vuote e prive del senso, per realizzare o commentare qualcosa che solo vivendo può descriversi.
È come voler parlare di Dio, senza averlo conosciuto. Si potran raccontare gli aneddoti più belli, storie uniche al mondo.
Ma la fede non può essere raccontata. L’attrazione tra due poli è inevitabile, come il succedersi dell’inverno all’estate o il calar del sole col sorgere della luna. L’attrazione tra due corpi, tra esseri umani, consapevoli dei loro corpi, delle proprie emozioni, e liberi da pregiudizi e convinzioni, è inevitabile.
È un processo chimico, che in medicina spiegano attraverso gli ormoni ed in fisica attraverso le forze; ma nessuna spiegazione sarà mai soddisfacente abbastanza quanto lo sperimentarlo. Il tocco umano cura, il tocco riscalda, il tocco guarisce. E l’abbraccio è un tocco Assoluto di due corpi che si stringono, ed all’unisono finiscono col far battere i propri cuori nel petto.
E così l’esplosione comincia, il Big Bang si ripete, ed un nuovo inizio ha origine. Il tempo è abbattuto, così come le distanze, lo spazio non esiste e la vita torna ad essere ciò che è al limite della propria essenza. I corpi restano immobili, ma il sangue torna a scorrer regolare, i muscoli si rilassano, ed il pensiero si acquieta. Un mare d’amore avvolge e terapeutico lenisce i graffi, e le ferite iniziano a cicatrizzarsi.
Nasciamo uniti, nel ventre materno, e al momento della nascita, ci ancoriamo al cordone che ci nutre. Nasciamo per essere tutt’uno con la terra, con il mondo, con la gente, ma prima di tutto con noi stessi. Ma crescendo ci insegnano i confini: quelli delle nazioni, quelli del corpo e quelli che ci separano dal Tutto.
Ora è tempo di riunirsi, è tempo di Abbracciare la Vita, di riAabbracciare Noi Stessi, per ciò che siamo stati, per ciò che siamo oggi e per quello che ci accingiamo ad essere nel futuro splendido che stiamo costruendo con i mattoni del nostro presente.
Abbracciamo quelle situazioni che ci fanno del male, e facciamo che come ghiaccio si sciolgano in acqua ed evaporino nel cielo immenso, che amorevole tutto accoglie incondizionatamente.
Abbracciamo chi ci fa star bene e ciò che amiamo, perché possiamo sentirci ricaricati d’animo e di energia che vibrante ci scorre tra le dita. E la sera a letto, prima di coricarci, prendiamoci del tempo per noi stessi; cingiamoci le mani attorno al corpo, e abbracciamo il nostro corpo per ringraziarlo del lavoro svolto durante la giornata, per tutti i chilometri percorsi dalle nostre gambe, per tutte le parole dette dalla gola e per il fiato che i nostri polmoni non ci han fatto mancare, per il cibo digerito dall’intestino e per quella gabbia toracica che non solo metaforicamente ci protegge il cuore, ed accoglie i colpi che dall’esterno ci atterriscono.
E ringraziamo il nostro cuore per aver sorretto altri cuori smarriti, compreso parole o azioni prive di senso, e per averci protetto dall’insensibilità che empia si rivale sui deboli, ma soprattutto ringraziamolo per l’amorevole pazienza che ha nel battere costante per noi, solo per Noi.
Abbracciamoci dunque e lasciamoci andare in un riso, o in lacrime dolci o amare, in grida liberatorie o semplicemente in un silenzio assordante.
Abbracciatevi, abbracciamoci di più, affinché non si aspetti di rinascere per vivere, ma possa ogni istante rappresentare un’opportunità nuova di Rinascita.
Francesca
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : L’ IPOCONDRIA, LA MASCHERA SU UN LEGAME
L’ ipocondria, calamita di continue attenzioni
Tutti conosciamo l’ipocondria: è una condizione caratterizzata da preoccupazione ricorrente di sviluppare patologie e malattie.
I pensieri di un ipocondriaco sono fortemente rivolti alle proprie sensazioni corporee e l’attenzione è spesso focalizzata sui sintomi.
Essi tendono ad essere equivocati e amplificati dalla paura di essere affetti da una patologia grave e che richiede l’attenzione di medici e specialisti.
L’ipocondria può anche essere rivolta ai propri cari: in quel caso l’individuo manifesta un’eccessiva reazione ansiosa di fronte a sintomatologie solitamente innocue presentate dai parenti o dagli amici.
Ma come si spiega questa preoccupazione? Cosa spinge una persona a percepire come così precaria la propria e l’altrui salute?Per un ipocondriaco, la vita è sempre appesa a un filo. Vive in un continuo senso di precarietà, fatta di insicurezze patologiche che rimandano a delle figure assenti non rassicuranti.
Ogni minuscola scossa sembra poter scatenare un terremoto e far precipitare il funambolo, e a volte il terrore di cadere prescinde le scosse stesse.
Il timore di ammalarsi “senza motivo” nasce dal timore di perdita di qualcosa di linfatico di se, nasce solitamente da bisogni inappagati antichi, giustificati da entità traumatiche, dei quali nel tempo si riesce ad archiviare l’immagine, il ricordo, ma non il vissuto emotivo.
Ogni evento traumatico si manifesta come denso di percezioni, sensazioni ed emozioni che si mescolano e aggrovigliano, rendendo il vissuto intenso e, in un certo senso, indelebile.
In questo intreccio entro il quale si esplicita il trauma, non si possono escludere i legami che la persona ha con i propri cari.
Sappiamo come l’emozione di un altro possa diventare la nostra, con grande facilità: tutti ci siamo commossi davanti a una scena triste di un film, non abbiamo saputo resistere a una risata contagiosa, o abbiamo provato rabbia verso chi ha offeso un nostro amico.
Allo stesso modo, soffriamo della sofferenza di chi amiamo, e, talvolta, ci ammaliamo in risposta alla sua malattia, o almeno, iniziamo a preoccuparci costantemente che accada.
Sono molti i casi di ipocondriaci che hanno iniziato a temere di ammalarsi qualche tempo dopo aver assistito al decorso della malattia di una persona cara, ma è nel contagio della sofferenza che sta il filo conduttore, è nel legame che unisce le due persone che spesso risiede la radice da cui cresce l’ipocondria.
Sono la gioia e il dolore ciò che non riusciamo a dimenticare di aver condiviso con qualcuno. Il dolore è a suo modo una forza attrattiva, unificante; se condiviso diventa un legame potente, che si propaga nello spazio dell’anima come l’eco in una grotta, e ritorna sempre uguale a se stesso anche col passare del tempo, continuando a tenerci legati a chi abbiamo amato anche se crediamo di aver archiviato il tutto.
Così quel dolore, l’angoscia provata al momento di un trauma o quella vista riflessa negli occhi dell’altro, rimangono impressi per molti anni, ma confinati nell’inconscio come dietro a una diga.
Se il trauma non viene affrontato, col tempo si accumulano come acqua dietro alla diga, ma lo fanno silenziosamente, in modo graduale, fino al momento in cui l’acqua diventa talmente tanta da essere incontenibile.
La sua energia ha bisogno di essere sfogata, incanalata, lasciata scorrere.
Per fare questo occorrerebbe affrontare il trauma di petto, ma questo suscita terrore in quanto significherebbe riviverlo in tutta la sua violenza.
Per questo, inconsapevolmente, la psiche sceglie di evitare questo confronto diretto, e riversa tutto su qualcosa di più semplice e che possa essere rassicurato: il corpo.
Una visita medica dà all’ipocondriaco una temporanea sensazione di serenità e controllo, un immediato sollievo, cosa che evidenzia come sia l’ansia, e non davvero il corpo, il cuore del problema.
La temporaneità e non la duratura del benessere prodotto della visita medica, viene data dal fatto del bisogno di voler soddisfare specifici bisogni unicamente di rassicurazione affettiva.
Le sue continue lamentele sintomatiche, calamitano attenzioni esterne continue.
La paura di ammalarsi diventerà una maschera dietro alla quale tutta l’angoscia connessa al trauma si nasconderà, così da potersi liberare senza mettere la psiche davanti al perenne ricordo dell’evento traumatico per il quale non esiste rassicurazione o conforto, almeno agli occhi dell’ipocondriaco.
Sarà solo quando verrà messo di fronte alla consapevolezza che l’impatto del trauma è ancora forte su di lui, che si libererà dalla maschera della malattia.
La scomparsa dell’ipocondria subentra con la piena accettazione dell’accaduto, della perdita, della sofferenza vissuta, o della presenza forte di legami capaci di trasmettere ancora gioia e dolore.
L’ipocondriaco guarisce quando smette di sentirsi funambolo, quando è pronto ad accettare a pieno l’essenza precaria e imprevedibile della vita, e davanti ad essa non si sente più terrorizzato dai possibili imprevisti, ma pieno di voglia di godersi con grinta e spensieratezza ogni momento, gestendo con più naturalezza i conflitti.
gaia caputi
tirocinio psicologia padova
Settimanale Psicologo Roma : VOGLIA DI CORAGGIO
Sapessi quanto mi hanno aiutato nella vita i diversamente uomini
Prima di andare in ferie, ero molto arrabbiata, ho detto ai miei colleghi dello Staff, formatore e superiori, di non trattarci più da disabili pensando che comunque alcune lavorazioni non possiamo farle, ma di offrirci la possibilità di farci vedere le procedure, di metterci alla prova, la disabilità non è importante non ci sta solo lei.
Ogni persona racchiude diversi mondi che devono coesistere , ognuno di questi mondi deve completarsi.
La bravura del “normodotato” non sta solo nel provare compassione, pena o empatia, tutto può essere accettabile, giusto o sbagliato che sia, ma non può essere solo questo, e non sta nemmeno nel chiamare il disabile DIVERSAMENTE ABILE, perchè si può essere anche diversamente NORMODOTATI e guai se non fosse così, la chiave sta PROPRIO IN QUESTO:
il rispetto e la salvaguardia di ogni singola individualità.Che c’è di male nella parola Handicappato?
Hand in cup era la mano sul cappello che i cavallerizzi inglesi portavano a turno per partire in una situazione di svantaggio rispetto agli altri, era un gioco, un gioco che si faceva per vedere chi, malgrado lo svantaggio iniziale riusciva ad essere il più bravo.
E’ l’accezione che spesso le persone, noi stessi diamo alle parole che è sbagliata, sono i mostri che produciamo nella testa !
Questo handicappato, cioè questo incapace! Sto gay, cioè questo poco maschio, frocio!Sapessi quanto mi hanno protetto i diversamente uomini nella vita , a partire da quando ero alle elementari !
Poi non saranno tutti sensibili e bravi: come in tutti gli ambiti della vita si trovano persone differenti, più o meno capaci, più o meno oneste, più o meno impaurite.
Questo però prescinde dall’identità sessuale, dall’orientamento religioso, dall’ handicap.
In passato ho avuto tanta paura del nuovo che vorrei vincere, e per contro ho sempre bisogno di mettermi alla prova ma di avere rassicurazioni dal mondo, da chi mi circonda , che spero sempre di non deludere e che mi voglia bene.
Ho tanta paura di non essere all’altezza delle situazioni, di non riuscire ad aiutare o assistere un domani non troppo lontano i miei genitori in difficoltà.
Questo però prescinde da ogni genere di disabilità ed è indotto da modelli familiari e da risposte sociali diverse da quelle che sin da quando ero bimba mi sarei aspettata dalla società.
Un mondo ideale, forse utopico, dei sogni.Ieri, appena siamo usciti dalla seduta ho chiesto a Flavio se aveva un compagno, mi ha detto che si chiama Enrico e stanno insieme da dieci anni e altro, mi ha chiesto come ho fatto a capire che era gay, se avevo il gaydar ?
Vorrei imparare ad essere orgogliosa di questo, della capacità di affidarmi, uscire dalla necessità di dimostrare ciò che non sono, ma nello stesso tempo vorrei proteggere i miei ed imparare a condividere ciò che sono.
Vorrei che le mie sorelle potessero fidarsi di me, vorrei non sentirmi sbagliata, troppo tutto insieme ?
Elenuzza
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : CHANGE, L’ ANALISI CHE TI CAMBIA LA VITA
La psicoterapia e la metamorfosi di Se.
Questa vuol essere una piccola testimonianza da parte mia per ringraziare il gruppo di lavoro e la nostra guida – persone splendide con cui ogni sorta di sovrastruttura viene meno.
Vi racconterò come ha avuto inizio la mia metamorfosi cosciente che lo stesso strumento possa essere di aiuto a tutti coloro che in qualche modo si rispecchieranno (è certo che Giorgio, la nostra guida, perdonerà gli “errori” nel rappresentare l’accaduto e la mia tendenza a ridurre spesso il tutto a “funziona, va bene così, non mi interessa sapere come hai fatto”).
Spesso mi ritrovavo con la testa confusa, affollata da una miriade di pensieri, idee, ricordi che si trasformavano in ansia, paura, rabbia inespresse. Il grande numero di queste immagini generava una compressione tale che di fatto non potevo fare molto altro se non restare fermo e aspettare che in un modo o nell’altro questo stato perdesse di gravità.
Un aspetto mortificante di tutto ciò era proprio quello di non essere in grado di fare nulla, di manifestare una reazione, opporre una resistenza. Questo generava un effetto moltiplicatore di ansia, paura e rabbia creando una spirale rovesciata per cui ad ogni giro tutto sembrava più grande e complicato del giro precedente.
Anche le cose più piccole, più semplici diventavano fonte di sconforto. Anzi, forse le più piccole e semplici erano in proporzione le più acute: perché mai ero incapace di cambiare anche cose così semplici ?
Un giorno, durante una delle nostre chiaccherate – di quelle in cui non capisci bene cosa debba succedere salvo poi renderti conto che succede – Giorgio ci invita a prendere un foglio e una penna: “scrivete tutte le cose che volete cambiare, che vi danno pensieri, che vi fanno soffrire. Scrivetele tutte, da quelle piccole e quotidiane a quelle importanti e che hanno segnato lunghi periodi della vostra vita. Potete aggiungerle via via. Impegnatevi a cambiarle una alla volta, iniziando dalle più piccole e quotidiane”.
Devo fare la lista della spesa, pensai. Tuttavia poiché ho fiducia nel gruppo e nella nostra guida ho fatto la mia lista. L’ho completata nell’arco di diversi giorni. Presa in mano la penna i primi ad essere segnati furono i problemi particolarmente gravosi e complicati. Poi ho inserito anche le “cose minori”: se avessi trascurato queste avrei fatto un pasticcio perché era propria da esse che mi era stato suggerito di iniziare.
Ognuno di noi ha o può fare la sua lista.
Certamente tutte conterranno cose piccole e quotidiane e cose gravose, a volte molto gravose. Le cose segnate non hanno in sé alcuna rilevanza.
Personalmente ho segnato di tutto: sistemazione della libreria, numeri nella rubrica del cellulare da cancellare, taglio di capelli, dieta, modo di rispondere a determinate sollecitazioni, spostare i mobili di casa, gestire in modo differente i clienti di studio, smettere di controllare una cosa dieci volte…Via via che scrivevo mi venivano in mente altre cose, quelle per capirci che ogni volta che guardavo, sentivo o che si incrociavano con le mie giornate mi facevano provare un senso di fastidio, disordine, rabbia, ansia. Ho anche inserito le mie cose più o meno gravose.
I primi giorni non è successo assolutamente nulla. La mia lista solitamente si trova nel tavolo della cucina. A volte in studio o in soggiorno.
Una sera, seduto sul divano, torna quella spirale rovesciata di pensieri. Sono particolarmente turbato e arrabbiato: di nuovo sono immobile innanzi a mille pensieri che come api che mi ronzano in testa. Vado in cucina, cerco qualcosa da bere, lo sguardo casca sulla lista. L’effetto è stato più o meno questo: molti di quei pensieri erano nero su bianco, in ordine di gravita. Lo sciame ronzante di api è sparito. Ora erano tante formiche che disegnavano una lunga fila.
Era sparita la confusione, la compressione. Le cose che non andavano erano lì, in fila ordinata. Ho anche notato che le prime cose della lista avrei potuto cambiarle con facilità, con un piccolo sforzo per vincere l’indolenza.
Così ho fatto. Da lì è stato un crescendo, un risalire la lista. Ogni volta che cambio un punto della lista, anche il più piccolo, apparentemente irrilevante, mi rigenero e gratifico. Quelle stesse cose che prima mi davano turbamento ora mi fanno sorridere.
Vedere ad es. la libreria e ripetersi che confusione, così non funziona, devo cambiare sistemazione, ma non mi sento, non ora, non sono in grado, era decisamente un’immagine da spirale rovesciata. Vedere la libreria sistemata così come la voglio è tutta un’altra cosa. Questa formica non fa più parte della fila. Questo vale per tutto, iniziando dalle cose piccole e quotidiane.
Tutto ciò che nella nostra vita ci crea micro turbamenti, ansie o rabbie: cosa mangiare, come mi piace vedermi vestito, chi sentire al cellulare, come sistemare le cose in frigorifero, fare quel cd di musica che vorrei sentire in macchina.
Fatte le prime cose vi renderete conto di avere molta più energia e voglia di affrontare le cose successive, quelle gravose, dolorose e complesse. Pian piano ci si rende conto che così gravose, dolorose e complesse non sono. Meglio, non lo è affrontarle e risolverle.
Immagino che carta e penna l’abbiamo tutti: non ci sono grandi scusanti per non iniziare a buttar giù la lista e riprendere le redini del nostro tempo e delle nostre emozioni.
Nel gruppo ho trovato una serenità di dialogo che mi ha consentito la piena apertura anche rispetto a quelle cose mai dette e che non pensavo avrei mai detto (per vergogna o altro).
Ho intrapreso questa strada e, per la prima volta, mi sento di essere nella giusta direzione. Quando avrò superato tutte le mancanze e paure sarò totalmente un uomo libero.
Max
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : GHOSTING
Liberarsi di me. Alleati del ghosting
GHOSSTING
Scomparire e non farsene accorgere. Astenersi, per annullare il dolore.
Si sente sempre più spesso dire di un partner che sparisce senza rispondere più al telefono e ai messaggi, che ha fatto “ghosting”, cioè che si è dileguato “come un fantasma”.
Il termine ghost , fantasma, viene ormai declinato come un verbo per indicare il gesto di chi sceglie di porre fine a un rapporto sentimentale tagliando ogni contatto e ignorando i tentativi dell’ex partner di farsi vivo.
Mentre il ghosting attuato come fuga senza spiegazioni è l’evidenza della paura del confronto, di insicurezza e immaturità, nel caso di una separazione dichiarata può invece rivelarsi un’ottima strategia.
Una volta, quando ci si lasciava, bastava sbattere la porta o staccare la cornetta, mentre ora, il processo di rottura è diventato molto più complicato, proprio per il coesistere della vita reale con quella della rete e quindi delle opportunità che si hanno di vedere il proprio ex interagire con altri mentre ci ignora, rendendo tutto più doloroso.
Interrompere qualsiasi interazione, anche passiva, bloccando le varie connessioni sui social network, evita di alimentare aspettative o rabbia e può aiutare nel superamento del doloroso processo di separazione. Il detto ‘lontano dagli occhi, lontano dal cuore’ in questi casi diventa una benedizione.
Certo un taglio così netto può spaventare e il più delle volte lo si evita, ma va tutto a discapito dell’emancipazione dal rapporto dei due ex amanti, che presto o tardi per mancanza, vuoto e bisogno, finiranno per ricontattarsi, in alcuni casi per protrarre le discussioni, in altri per tentare una riconciliazione. La maggior parte delle volte questo riavvicinamento diventa solo un trascinare un rapporto ormai concluso, creando strascichi spesso dolorosi e dannosi.
La decisione di ‘fantasmarsi’ però presuppone una certa aderenza al proprio bisogno di benessere e una coerenza con questa intenzione, cosa che è tutt’altro che semplice. Infatti il vuoto che ne consegue, l’interruzione di una routine di coppia, la paura della solitudine, sono i più grossi ostacoli da superare. Un allontanamento radicale può fa soffrire di più in intensità, ma di meno in termini di tempo.
C’è anche un altro aspetto da non trascurare: il partner che si oblia, proprio per la sua decisione risoluta e inoppugnabile, incurante del dolore che questo gli comporta, dimostra una forza e una integrità quasi eroica che può fa sorgere un sentimento di ammirazione nell’altro che, ormai rimasto solo, potrà prendere atto del suo bisogno e della sua debolezza e sarà costretto ad andare per la sua strada senza più appoggiarsi più all’ex partner.
Gil
ContinuaVivere Light Luglio : VAGINISMO
IL VAGINISMO
quando il desiderio è un timore
Amarlo e tenerlo fuori dalla mia vita. Non mi faccio “toccare”, desidero, ma temo, resto contratta, mi faccio male.Se una donna arriva a parlare di vaginismo vuol dire che può intraprendere la strada verso la guarigione. Perché il primo problema di questa patologia è riuscire a darle un nome.
Spesso infatti le donne che soffrono di vaginismo rimandano istintivamente il più possibile l’incontro con la sessualità e, solo quando si scoprono “incapaci” e a volte addirittura, dopo il matrimonio, iniziano una lotta silenziosa con se stesse senza avere la minima idea di cosa stia accadendo.Questa lotta può durare anni se non viene razionalizzata e definita, con il risultato che l’animo femminile subisce una sorta di amputazione della felicità e le relazioni con i partner possono uscirne anch’esse distrutte.
Le cause del problema sono, abusi o tentativi, violazioni del limite ma innanzitutto un’educazione troppo rigida moralistico religiosistica, troppo normativa e fatta di retaggi culturali sulla figura femminile, eventi che fanno provare vergogna durante la fase infantile, scarsa sicurezza e poca conoscenza di sé.
Ma il filo rosso che lega tutti questi fattori è il dovere all’infelicità. La donna che soffre di vaginismo apprende sin da piccola che, per qualche motivo generalmente innato all’interno della famiglia, non ha il diritto di godere e di provare piacere.
Si tratta di un vero e proprio tarparsi le ali, di una rinuncia ad abbracciare la vita in tutti i suoi aspetti compresa la sessualità.
Le manifestazioni fisiche sono il dolore durante i rapporti e la paura della penetrazione.Ma l’aspetto più devastante è il senso di incapacità e di inadeguatezza per i quali si dà la colpa solo a se stesse.
Le donne che hanno questo problema sono spesso molto sole nell’affrontarlo, si vergognano di parlarne persino con le amiche, si sentono perse in un mare di dubbi per i quali difficilmente trovano risposte.
Non effettuano visite ginecologiche arrivando ad accettare dei rischi per la propria salute pur di non sottoporsi a quello che per loro è una tortura.
La nostra società è ancora poco preparata a riconoscere questo tipo di problematica. Si parla di più di impotenza maschile, ma non di vaginismo.
Perché la donna “che non funziona” sembra ancora inaccettabile, il suo disagio apparentemente non ha nessuna manifestazione, non è così apparente come nell’ uomo.
Così come il corpo femminile cela i suoi organi genitali, il vaginismo richiude tutto al suo interno e si annida nell’animo di chi ne soffre, non aiutando la donna ad esternare quello che sente.
Il vaginismo è un calvario che con gli anni diventa sempre più faticoso e toglie energie alla vita.
La bella notizia è che si può guarire. Il primo passo è riconoscere di avere un problema e chiedere aiuto ad uno specialista.I sessuologi e gli psicoterapeuti sanno indicare il percorso più adatto ad ogni donna, in alcuni casi è richiesta anche la collaborazione del partner che può aiutare moltissimo.
Una volta escluse patologie di natura fisica si può intraprendere il sentiero verso la guarigione.È un sentiero tortuoso e non sempre facile ma vale la pena affrontarlo.
Si impara ad ascoltare, a conoscere e soprattutto ad amare il proprio corpo in tutti i suoi aspetti.
Si spezzano le catene che hanno bloccato la mente e l’anima, si impara che ognuno di noi ha il diritto di essere felice e di provare piacere, e che la sessualità è il completamento naturale degli aspetti più belli della vita.
Il percorso terapeutico può prevedere una parte pratica di esercizi da provare a casa sul controllo dei muscoli genitali ma soprattutto la psicoterapia aiuta a guarire le proprie ferite più intime.
La profondità del problema varia da donna a donna e richiede tempi diversi, ma la consapevolezza che si tratta di una patologia (il più delle volte psicosomatica) è già un gran sollievo: sapere di non essere “incapace per nascita” aiuta la paziente a indirizzarsi verso la guarigione.
Quando si raggiunge l’obiettivo di una vita sessuale sana e felice tutti gli aspetti della vita ne beneficiano e si innesca un circolo virtuoso di benessere.
Le donne devono lottare per guarire dal vaginismo, rivendicando il proprio diritto ad essere se stesse, devono prendere consapevolezza che il loro diritto alla felicità è importante quanto il diritto alla salute.
E scopriranno che non sono così sole e che non c’è niente di cui vergognarsi. Anche in età adulta si può imparare a godere della vita, non è mai troppo tardi, basta volerlo.
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Storia di Laura, lettera alla mamma.
Cara mamma, grazie al percorso psicoterapeutico che porto avanti da più di un anno ormai sono giunta alla comprensione profinda del mio problema.
Un problema maledetto che mi costringe a 35 anni e mezzo a non avere un rapporto sessuale completo. Ti sembra giusto mamma? Le mie amiche si divertono, hanno una vita sessuale soddisfacente, ne parlano con scioltezza e felicità.
Molte volte incontro per strada ex compagne di scuola mentre spingono i passeggini con il frutto della loro femminilità. Bene, io non posso concepire, lo sai? A me non è concesso. Il dolore e il fastidio me lo rendono impossibile. Mamma, sai come mi fa sentire questo? Avvilita, mortificata, umiliata, disabile, incapace di tenere stretto a me un uomo anche se mi piace tanto.
Cara mamma, sei riuscita a ottenere quello che volevi. Le tue paure non si sono verificate. Avevi il terrore che qualcuno abusasse di me come è successo a te, per questo non appena ho cominciato il mio percorso di scolarizzazione non facevi altro che ripetermi che non dovevo farmi toccare da nessuno, nessuno fatta eccezione di te per inevitabili esigenze igieniche.
Ebbene, nessuno mi ha toccato mamma e nessuno può farlo, nessuno può penetrarmi, sono impenetrabile.
Ti ringrazio per avermi protetta, l’hai fatto solo per il mio bene, non volevi che subissi le violenze che hai subito tu ma, cara mamma, avresti dovuto fare un grande regalo a te stessa.
Avresti dovuto affrontare ed elaborare i tuoi traumi in un contesto adatto, aiutata da un esperto, in questo modo avresti fatto a me il regalo più bello che una madre possa fare a una figlia: sbocciare, diventare una donna, procreare a sua volta.
Non mi hai fatta crescere, mi hai fatto rimanere la tua bambina, una bambina che ha disperato bisogno di affetto ma non può avere rapporti sessuali, ai bambini questo non è assolutamente concesso.
Come se non bastasse mamma, fin da piccola tu e papà mi avete inculcato che i rapporti sessuali sono peccaminosi se non consumati nell’ambito matrimoniale. Il sesso tra fidanzati, il sesso che non prevede il rapporto genitale standard è un grave peccato.
Sono cresciuta sentendoti dire spesso: “che schifo” quando qualcuno raccontava un esperienza intima fuori dai tuoi standard, ai tuoi continui cambi di canale durante banalissime scene d’amore in tv.
Cara mamma, mi chiedi se non si può risolvere questo disagio. Disturbo mentale mamma, non problema, chiamalo col suo nome.
Pensa che il mio problema, il vaginismo, merita una sezione nella classe delle disfunzioni sessuali all’interno del manuale dei disturbi mentali DSM.
Sai quali sono i fattori scatenanti? L ‘aver subito abusi sessuali è il fattore primario seguito da fattori culturali e religiosi ad esempio per sole inibizioni correlate a divieti riguardanti l’attività sessuale e il piacere, in un imprinting avvenuta in tenera età , povera innocente.
Siete stati dei bravi genitori tu e papà, mi avete amata, protetta, non mi avete fatto mancare niente fatta eccezione di una cosa: la semplicità e un contesto laico, neutro nel quale si fa educazione e non terrorismo sessuale, si insegna ai figli che i rapporti sessuali sono naturali come è naturale avere un corpo, fondamentali nella vita di ogni essere umano, fidandosi della loro responsabilità.
Le vostre continue penetrezioni metaforiche violente e intrusive sotto forma di divieti e rigidi insegnamenti mi hanno fatto chiudere sempre di più la mia mente e di conseguenza il mio corpo, rendendolo impenetrabile.
Mamma ognuno ha diritto ad avere una vita sessuale soddisfacente, a fare sesso con chi lo desidera, come vuole, basta prendere le giuste precauzioni per evitare incidenti o problemi spiacevoli.
È così semplice mamma. Ho imparato dai tuoi errori. Ho capito che merito, anch’io merito di scoprire la mia femminilità, di diventare una vera donna. Questo devo impegnarmi a farlo adesso, quanto tempo ti ho ipotecato e sprecato.
Devo affrontare la mia paura più grande, devo combattere contro la paura, il dolore, il fastidio, l’ansia, la sensazione di svenimento.
Voglio sbocciare e sarà doloroso farlo. Ma tu, le tue proiezioni, i tuoi dogmi insensati e non mi influenzerete più.
Ti amo con tutto il mio cuore mamma, ma ora è arrivato il momento di crescere. Non sono più la tua bambina
Conclusioni
La coscienza morale fa da barriera come un muro impenetrabile, è il contrattivo muscolare che agevola il rifiuto e la repulsione, si avverte la sensazione che oltrepassare tale barriera si forerebbe la matrice della purezza con forti sensazioni di reato, di peccato, di impurità immonda, ‘perdita’ della santità , l impenetrabilità è un non entrare nella vita, diventerebbe ‘ invasione nella legge , nella parola sacra. Risiede qui l’importanza simbolica attribuita alla penetrazione, invalidare la “legge morale e rifiutare l’ invasore.
A volte risulta impossibile dissacrare convinzioni pseudoreligiose che obbligano alla negazione della sessualità.
Il problema non è la vagina o la psicologia, ma la morale e l intrusione.
Questo è l’ultimo step che devo affrontare poi diventerò una farfalla a tutti gli effetti e potrò volare
Il vaginismo è il blocco di un bruco che resta tale . Ha le ali , da tenerle piegate e fanno male nel dispiegale, ma il volo resta possibile solo attraverso una psicoterapia.
guorgio burdi
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : CAMBIARE O ESSERE SE STESSI
Senza rabbia non si cambia e non si va avanti
La mia vita è un posto poco accogliente. Cerco di abbellirla qua e là, forse senza tanto sforzo e poca convinzione, e poi al dunque mi accontento di ciò che ho. Mi dico: “In fondo non è grave. Sono ancora viva, ho una casa, ho quel che mi serve” e vado a letto cercando di cullarmi con questo pensiero.
Ma in quel limbo dove va la mente prima di addormentarsi, in quella terra di nessuno dove i pensieri sono più liberi e vagano senza freni, ecco che mi assale una frenesia, a volte forse è rabbia, un bisogno di usare le mie energie e la consapevolezza di non averlo fatto.
Ho sentito dire che il giorno in cui non si ride è un giorno inutile. Aggiungo che anche il giorno in cui non si è stati liberi di fare ciò che si voleva, di aver represso le proprie energie e la vitalità che si sprigionerebbe dal nostro corpo se solo lo desiderassimo davvero o avessimo la possibilità di farlo, lo è altrettanto.
Che cosa ho combinato? Ho aggiunto alla mia collezione un’altra giornata insignificante, come se per me le ore, i giorni, i mesi e gli anni non passassero e avessi la possibilità dei tempi supplementari.
Sono davvero un disastro! Così, come su un’altalena, oscillo tra la voglia di morire e il desiderio di rinascere.
Ma allora come si fa? Io non ho la soluzione ma ho capito che bisognerebbe far emergere il nostro numero uno. E allora forse, in un ipotetico contratto con se stessi, non si dovrebbe scrivere: “Mi impegno a cambiare” ma: “Mi impegno a essere me stesso, fino in fondo. Costi quel che costi”.
Anna
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : APPROPRIAZIONE INDEBITA DEL TEMPO
Non lasciarti portar via ciò che è così prezioso
APPROPRIAZIONE INDEBITA DEL TEMPO
Non lasciarti portar via ciò che è così prezioso
Che costo avrebbe un’ora della tua vita , che prezzo gli dai, avrebbe mai il valore di una banconota da cinque o da cinquecento euro, di un diamante, di una manciata di pepite o vale poco meno di uno zircone ?
Il tuo respiro può valere meno di un pensiero, due parole, un foglio di carta, una preoccupazione
Il valore che diamo, dipende esclusivamente da quanto ci consideriamo, dalla stima e fiducia in noi e dalla consapevolezza corporea, intellettiva ed emotiva di chi siamo e che il nostro tempo è fugace, determinato e va speso a caro prezzo.
Il più grande reato che possa esistere, e che la giurisprudenza non considera, sarebbe quello di vincolare una persona accanto a se, ipotecando il suo tempo nel l’assenza di se e nell’attesa di un vivere impossibile che non c’è. il tempo è il bene incomparabilmente più prezioso, poiché limitato.
La persona furtiva, non sa di esserlo, lo è per inerzia, lui stesso è il suo stile di vita, è monolitico, è un coatto, ti contatta, ti impegna, chiede posto nei tuoi luoghi, nei tuoi tempi, usufruisce, prende, fagocita, non saluta e va via.
È una persona assente a se se stessa, una figura fastidiosa, ingombrante, indecisa, narcisista, snob, non parla mai di se, fa tante domande, carpisce, è indiscreto,a volte è in buona fede, delle volte subdolo, gestisce, è manipolatore.
La persona perditempo è un ladro del tempo altrui, non sa cosa sia organizzare, si organizza sul tempo non suo.È un cleptomane del tempo, dalla mano lesta, che prende manciate di istanti, giornate, anni altrui, non porta via denaro, uranio o oro, fa di più, PORTA VIA IL TUO TEMPO, PORTA VIA LA TUA VITA, irreplicabile, inestimabile, irrigenerabile .
Dovremmo poter ringraziare per il tempo che qualcuno ci regala, non c’è più grande riconoscimento se non per quello spazio dedicato a noi, in più, per quei gesti o quelle parole curate, in essi c’è l’essenza, l’ olimpo di se, il massimo prezioso, la divinità umana, un travaso di linfa.
Molto spesso il tempo viene squalificato, quando equivale a dire, passo il tempo, inganno il tempo, quando in effetti inganniamo solo noi stessi, passo il tempo a dormire, a dipendere da, dipendo da lei, vivo per lui, mi manca, sono solo espressioni di trasposizione di significati che gli altri hanno per noi, vivere per l’ altro in effetti è non saper vivere di proprio, riconoscendo di non aver di meglio se non appoggiarsi su ciò che in effetti non si ha.
L’ antidoto, è autoqualificarsi, autoemanciparsi. La vita sarebbe felicità, un puro piacere, solo se proiettati verso l’ autorealizzazione.Essa è saper ricercare instancabilmente la propria direzione, ovviando dalla squalificazione propria ed altrui.
La formazione dei sintomi come l’ ansia e la depressione e le diverse disfunzioni psicosomatiche sono tutte da mancata autorealizzazione ed autonomizzazione.
Alle volte diventa quasi regolare lasciare che certi ci schiavizzino atomi e perle di energia di vita, attraverso quel potere che noi stessi attribuiamo loro, offrendogli una prelazione, un diritto ipotecario sulla propria esistenza.
Quanta svalutazione in un atto mancato, in un lapsus, in uno, scusa mi son dimenticato o, ho perduto il post it, o nell’ aver dato copiosamente l’opportunità di usufruito gratuitamente di una direzione professionale, per sentirsi poi dire che non ce n’ era effettivamente bisogno: tutti furti di irripetibili risorse di energia di tempo.
Il nostro Tempo è Energia è Vita è capacità di dare e conquistare spazio è consapevolezza di presenza ed assenza di esserci è assentarsi, il nostro tempo è poter fare o non è visibilità e tangibilità è poter dire È o non è.
Il denaro avrebbe quel valore simbolico e la metafora del rispetto del tempo altrui, servirebbe da consapevolezza che la vita ha un certo valore, sarebbe la metafora di un qual si voglia scambio di risorse, rappresenterebbe il ripristino di quel discreto buon senso per frenare certe pretese furtive.
Anche una parola scritta o parlata, un gesto o un atteggiamento condiviso, ha un suo grande significato, a volte dovremmo pagare per dare più senso alle cose.
Gli esseri umani sono a favore della gratuità della condivisione, ma all’interno dell’economia della logica dell’ apprezzamento. I gesti apprezzati deducono il loro giusto valore, se poi attivano per giunta dei cambiamenti.
Risolvere un problema, ripristinare un equilibrio, un benessere, sciogliere una angoscia, un sintomo, ha un valore inequivocabile, servirebbe la coscienza per apprezzare il suo potere atomico, la consapevolezza viene data dal prezzo che si paga non solo in termini economici, ma di sofferenza personale.
Molti consumano sofferenze e denari, ma senza alcuna risoluzione e soddisfazione personale perché non direzionati al cambiamento.
Ne va di mezzo l’ efficacia della propria qualità esistenziale. La risoluzione è la realizzazione e il recupero del proprio tempo.
Quando invece si è coinvolti in una storia, non si dà solo il proprio tempo – vita, ma si dà tanto e molto di più , l’ anima, che è il nettare del proprio tempo, attiva la trasformazione perché si fa formazione, che induce la crescita, la stabilità, la realizzazione, il senso, la via.
Noi Cambiamo l’ esistenza altrui, quando condividiamo pezzi della nostra anima.
In energia nulla si perde, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.Facciamo in modo che venga rispettato il proprio e l’altrui tempo, perché non è solo di esso che si parla, ma della energia della vita stessa che ci cambia.
giorgio burdi
ContinuaUno psicoterapeuta in sala giochi
Articolo sul bi-mensile Gioco News (Luglio-Agosto 2016) (altro…)
ContinuaSettimanale Psicologo Roma : VIVERE LIGHT DI GIUGNO. LA DISFUNZIONE ERETTILE
Disfunzione erettile, Proviamo a sdrammatizzare
VIVERE LIGHT DI GIUGNO
Disfunzione erettile ? Proviamo a sdrammatizzare.
Uomini, è arrivato l’ erettometro ! No, non fatevi ingannare dal nome, non parliamo di un prodotto elettronico. Quanti di voi pensavano di avere una fidanzata o una moglie e alla fine si sono ritrovati fra le lenzuola una donna-erettometro ?
É la tipica persona portata ad analizzare con acribia scientifica ogni vostra reazione psico-motoria durante il rapporto sessuale con conseguenze disastrose.
Ci sono donne che, attraverso sofisticati sistemi comparativi e assonometrici, vagliano la consistenza deil’erezione penica, secondo una scala numerica che va da 1 a 5.
5 e’ il valore massimo: piena erezione, virile, appagante per i due partner, elemento im- prescindibile per un coito perfetto.
4: livello standard, la maggior parte dei rapporti si svolgono a questo livello.
3: qualcosa non va, il rapporto viene portato a termine, ma il problema viene segnalato al partner, dal vivo o tramite sms, con una critica comparata alla ricerca delle cause di questo inatteso indebolimento della consistenza penica.
2:panico generalizzato, |’erezione si perde in itinere. L’erettometro percepisce e non gra- disce, il che implica una serie di reazioni più o meno scomposte.
Riportiamo di seguito le statistiche degli argomenti più adoperati in questo tipo discussioni: 67% non ti piaccio più, ti sei già stancato di me; 59% non sono abbastanza brava; 30% hai unaltra; 12% ti piacciono davvero le donne o sei gay?
1:livello Caporetto (il gioco allusivo è sadicamente voluto); non solo l’erezione non si veri?ca, ma stando alla testimonianza di alcune donne, il pene parrebbe addirittura rimpicciolirsi! È l’ assenza e il rifiuto del rapporto.L’erettometro va in tilt.
Scherzi a parte… Alla fine del nostro discorso, è bene però fermarsi e porsi delle domande. Dove è’ finito l’amore, in tutto questo? Quello che scherzosamente abbiamo chiamato “erettometro” analizza ciò che qualunque donna nota, dando a quelli che magari sono solo dei dettagli, il peso di macigni.
Soffermarsi su questi dettagli avvia un meccanismo dal quale non è facile slegarsi, trasformando ogni occasione intima in una frustrante e inappagante sessione d’esame, dove da un lato c’è un alunno in ansia e daI|’a|tro un’insegnante pronta a giudicare ogni passo falso.
Nella vita, gli esami non ?niscono mai, ma forse sarebbe bene tenerli fuori dalle coperte.
Il sesso è af?atamento, e’ appagamento. Non un esame da superare.Ecco dunque un’analisi semiseria di quello che accade quando una donna diventa giudice in?essibile della prestazione del partner…
CONSIGLI PRATICI PER LEI
Da non dire: non mi fai sentire donna; non ti piaccio abbastanza; fatti curare; è colpa tua; mi viene l’ansia , ti piacciono altre donne; non ti preoccupare (la condiscendenza e la “compassione” possono scatenare l’effetto opposto di quello che si vorrebbe ottenere!)
Cose Da fare: non colpevolizzare; evitare l’aggressività; non svalutare; manifestare reale serenità; manifestare partecipazione alla persona e non all’atto sessuale in sé; non concentrarsi sulle prestazioni e sull’atto , ma sulle coccole e i preliminari, rilassandosi realmente;
AMORE SENZA ANSIA: LA PRIMA SOLUZIONE La disfunzione erettile è un fenomeno di natura ansiogena ed è ben noto che chi non si sente preparato prima di un esame rischia di fallire proprio a causa dell’ansia .
Il nostro corpo è una macchina quasi perfetta, ma noi non siamo delle macchine, siamo esseri umani: quello che ci circonda ci condiziona, sempre. Ricordiamocelo, ogni tanto.
giorgio burdi
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