La mia psicoterapia
Racconto di un incompetente
Diario di una Terapia di Gruppo
Eccolo lì, seduto sulla sua poltrona preferita, gambe accavallate, braccia conserte e quel sorrisino alla Joker. Lo guardo e penso :“Ma che cazzo si ride questo?!”.
Noi qua a soffrire, a piangere, a incupirci nel disperato tentativo di capire perché stiamo male, mentre lui è sereno e rilassato. La mia esperienza è iniziata così, stravolto dagli eventi, terrorizzato dalle conseguenze, con i sensi di colpa che mi divoravano ed Emanuele che sorrideva.
Il primo periodo è servito solo a sfogare tutti questi stati d’animo che mi dilaniavano. Poi ho iniziato a calmarmi e a guardarmi intorno ed ho fissato i primi punti fermi da cui ripartire. Avevo bisogno di capire. Ero finalmente pronto a tuffarmi nel profondo pozzo delle mie emozioni. Le prime volte rimanevo con la testa fuori dall’acqua, lì sotto era tutto buio, non avevo il coraggio di immergermi.
Poi, piano piano, vedendo qualcun altro che lo faceva, ho preso coraggio ed ho provato. All’inizio non riuscivo ad andare molto in profondità, questione di allenamento, e soprattutto non sapevo dove e cosa cercare.
Allora ho deciso di ascoltare il mio Caronte, perché lui mi indicava sempre qualcosa, ma io non gli davo molto credito. Così sono riuscito a fare immersioni più lunghe, ad andare più in profondità e a cercare le emozioni giuste, perché dovete sapere che nel nostro pozzo ci sono miliardi di emozioni, a galla si trovano facilmente quelle piacevoli mentre quelle dolorose si trovano sul fondo, magari nascoste sotto un sasso oppure sotto altre emozioni, e sono proprio quelle che dobbiamo scovare, quelle che ci hanno ingannato, quelle che per accettarle e superarle ci hanno costretto a mentire a noi stessi facendoci credere di essere quello che non siamo.
Il viaggio è doloroso, è lungo e, può sembrare strano a dirlo, ringrazio la motivazione che mi ha spinto a farlo, perché comunque mi ha fatto scoprire quanto coraggio posso avere, quanta bellezza c’è nella follia di guardare il mondo stando in verticale, nel saper ridere di sé stessi, nel piangere senza vergogna, nell’amare se stessi per poter amare nel modo più sano e vero il prossimo.
Io, poi, amo in particolare quel senso di disorientamento che provo quando i pensieri si formano nella mente e iniziano a vorticare, perché è così che riesco a vederne tutte le sfaccettature.
Non potrò mai dimenticare coloro che ho conosciuto in questo percorso, nessuno escluso, ognuno di loro mi ha dato qualcosa e spero di aver dato anch’io a loro qualcosa di mio. Senza i miei “specchi” e il mio Caronte non ce l’avrei mai fatta.
Ed oggi eccomi qui, su una delle tante poltrone a disposizione, gambe accavallate, braccia conserte e quel sorrisino alla Joker.
Qualcuno si chiederà “Ma che cazzo si ride questo?!”. Mentre loro soffrono, piangono, si incupiscono per i più disparati motivi che li hanno portati qui, io mi sento sereno, rilassato, in pace con me stesso e pronto per continuare il viaggio.
claudio
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