Psicologo, psicoterapeuta, psicanalista, psichiatra, sessuologo. Facciamo chiarezza...
Diamo una breve definizione dell’oggetto di studio della psicologia. La psicologia è quella scienza che studia il comportamento umano, attenzione, studia non la mente, non il pensiero, non l’anima, non il corpo, studia il comportamento umano. Perché l’oggetto di studio della psicologia è esattamente il comportamento? Perché è scientifico soltanto ciò che noi possiamo osservare e il comportamento evidentemente è osservabile. Dal comportamento risaliremmo esattamente all’attività del pensiero, agli schemi mentali, ecco il comportamento è soltanto uno strumento, un tramite per poter studiare gli schemi mentali di un soggetto. Che cos’è uno schema mentale? Le abitudini ad esempio sono degli schemi mentali, l’abitudine al tabagismo denota in maniera evidente cosa può significare avere un’abitudine. Che cos’è un’abitudine? L’abitudine è quella pulsione irrefrenabile che porta il soggetto a compiere, a desiderare, a volere qualcosa, tale da attivare un comportamento. Tali spinte secondo la psicanalisi vengono determinate prevalentemente da pulsioni inconsce, meramente emotive, affettive e sessuali. La loro negazione determinerebbe l’insorgenza delle nevrosi. Compito dello psicanalista è quello di indagare all’interno delle cause profonde in tali ambiti.
Chi è lo psicologo? Il titolo di psicologo può essere acquisito iscrivendosi alla facoltà di psicologia. Il corso di laurea in psicologia viene strutturato in due tappe, la prima tappa prevede un percorso formativo con un tot. numero di esami, attraverso un percorso triennale che permette di acquisire la laurea di primo livello, attraverso questa laurea può esercitare la sua funzione di psicologo counselor. Successivamente, attraverso il biennio successivo, acquisisce la laurea magistrale quinquennale. Immediatamente dopo, viene obbligato legalmente a frequentare il percorso di tirocinio annuale, sostenere l’esame di stato composto da tre prove, superate le quali putrà iscriversi all’albo degli psicologi per esercitare la libera professione di psicologo. La libera professione di psicologo prevede delle competenze e dei ruoli precisi, che non sono ancora quelle dello psicoterapeuta, infatti le competenze sono di diverso genere e semplificate secondo queste voci: colloquio psicologico, somministrazione di reattivi psicodiagnostici per le funzioni di diagnosi dei disturbi, assistenza psicologica e ricerca.
Lo psicologo non può interessarsi o approfondire o curare i disturbi, questa è competenza dello psicoterapeuta.
Questa nuova figura è specialistica e può essere acquisita attraverso uno studio presso una scuola di specializzazione post lauream di almeno quattro anni, adesso la giurisprudenza sta aumentando questo percorso a cinque, pensate il percorso per acquisire la specializzazione relativa alla psicoterapia dura cinque anni esattamente quanto dura il percorso di laurea, avrà un senso allora tale approfondimento. Pensate, studiare per altri cinque anni per poter trattare i disturbi psicogeni.
Pertanto, La psicoterapia prevede non solo l’utilizzo del colloquio, dell’anamnesi, della psicodiagnosi ma il trattamento terapeutico finalizzato alle soluzioni pratiche delle sintomatologie delle diverse disfunzioni. Pertanto tale trattamento è di competenza del solo psicoterapeuta.Egli solo sa per competenze acquisite, come e quando poter approfondire la ricerca intorno al disturbo. Perché questa funzione è competenza dello psicoterapeuta?
Perché egli attraverso gli studi, i suoi approfondimenti e l’esperienza clinica riesce a dosare e a sapere fino a che punto spingersi per approfondire la tematica del soggetto e quando è necessario fermarsi, quando dovrà riprenderlo, quando dovrà interrompere il colloquio psicoterapico e come continuare a trattarlo, queste competenze non hanno nulla a che vedere con le competenze che possiede un semplice laureato e abilitato alla libera professione di psicologo. Il nostro Studio lavora, durante il processo di psicoterapia, attivando inizialmente una sintonia empatica con il soggetto interessato cercando di instaurare una relazione di estrema fiducia, sottolineando ciò che normalmente si dà per scontato ma non lo è, il valore della privacy riguardo ai contenuti trattati, sia se tali contenuti vengono trattati in una psicoterapia individuale, sia se, ancor più, vengono trattati in una psicoterapia gruppo analitica.
E’ delicatezza dello psicoterapeuta sapere come e quando incominciare a tirar fuori materiale rimosso del soggetto. Per materiale rimosso non si intende materiale dimenticato o buttato via, ma quei ricordi che vengono nascosti nella parte più recondita, lontana della mente . La mente non dimentica mai nulla. Lo psicoterapeuta è un esperto del tirar fuori, esattamente attraverso una serie di tecniche che possono essere indicate nelle libere associazioni, cioè il soggetto può parlare di quello che vuole, può interrompere in qualsiasi istante e può dire quello che gli passa per la testa, attraverso poi le indicazioni delle sue fantasie, l’analisi dei sogni, ect. Altre tecniche che vengono adoperate in psicoterapia sono lo psicodramma e l’ipnosi, tecnica che favorisce non solo il rilassamento ma l’accesso a contenuti più lontani che sono stati memorizzati dal soggetto. Su questa base abbiamo una concezione che la mente umana non dimentica mai ma tutto rimane anche se attraverso l’effetto della rimozione tali contenuti non ci permettono di arrivare ad un chiaro, nitido accesso informativo.
Il Compito dello psicoterapeuta è di aiutare il soggetto a partorire se stesso, ciò che Socrate chiamava arte della maieutica, lo psicoterapeuta è come un ostetrico aiuta piano piano a far venir fuori la persona che è dentro di noi, che esiste. Non è compito dello psicoterapeuta tirar fuori un qualcosa che non esiste, o che addirittura sia suo, o di mettere in condizione il soggetto di aderire alle proprie teorie, come se lo psicoterapeuta dovesse dare conferma ad alcune sue ipotesi, ad alcune strutture teoretiche, i suoi costrutti dovrà imparare a metterli completamente da parte. Uno psicoterapeuta non applica le sue teorie sui pazienti,ma individua in ogni soggetto situazioni e condizioni sempre nuove.
Lo psicoterapeuta non è mai di parte, è obbiettivo, non gli interessa la propria condizione religiosa, anche se la prende in considerazione come elemento di influenza, non gli interessa la componente politica anche se altrettanto la tiene in considerazione riguardo all’interferenza socio culturale, non tiene conto della differenza sull’identità sessuale, sull’opinionismo, su quello che pensa la gente, il popolo, la cultura, il quartiere.
Uno psicoterapeuta non tiene conto dei suoi costrutti teoretici tali da doverli applicare nella psicoterapia, tali da poter condizionare nell’eventuale scelta il soggetto.
Uno psicoterapeuta accoglie, non giudica mai, mette in condizioni di poter esporre tutta la sua condizione, agevola il venir fuori delle sue zone d’ ombra, quando non ne parla è perché o si sono attivati dei meccanismi di rimozione o ha subdorato che dall’altra parte il suo interlocutore potrebbe giudicarlo. In tal caso uno psicoterapeuta nel suo lavoro di formazione avrebbe dovuto lavorare sulle capacità di rendersi neutrale.
Uno psicoterapeuta sposa l’idea della cultura delle differenze, quanto più incontra soggetti diversi e accetta e lavora come la sua condizione di normalità tanto più è pronto a svolgere il suo lavoro. Le persone non possono essere appaiate, raggruppate in schemi, ogni persona che entra in psicoterapia ha necessità di essere trattata come un unico soggetto assoluto originale, con un mondo esattamente diverso da quello degli altri, con condizionamenti differenti, con persone diverse, con condizioni ambientali, culturali, religiose diverse. La concezione della psicoterapia dello studio Burdi è che ogni persona che arriva in analisi è una persona che porta non solo un problema ma porta un mondo con se, e porta un mondo di relazioni. Nella mente del soggetto ci sono mondi di relazione, bisogna comprendere quando si fa un colloquio psicoterapico con quale persona noi stiamo parlando comunicando. Il soggetto ha in mente chi, con quale problema, problema con chi, con chi si sta interfacciando. Durante le prime fasi del colloquio psicoterapico la prima domanda che si pone lo psicoterapeuta è cosa cerca da me, cercando successivamente di fissare con la persona interessata gli obiettivi. Una volta fissati gli obiettivi si definisce il contratto terapeutico cioè dove vogliamo arrivare e quale problema vogliamo risolvere. Molto spesso il problema che viene posto dal soggetto paziente è un problema che può essere legato a una miriade di altri problemi dei quali il soggetto stesso non è a conoscenza, o non ricorda o omette. Compito dello psicoterapeuta è intercettare e individuare una serie di altre particolari problematiche che vengono non considerate dal soggetto.
Lo psichiatra non è come lo psicologo, uno studioso degli schemi mentali e del comportamento umano. Lo psichiatra studia il funzionamento fisiologico, neurobiologico, chimico della disfunzione mentale, intervenendo con un supporto di tipo farmaco terapeutico . Lo psichiatra normalmente utilizza farmaci per il trattamento delle varie disfunzioni psicogene che vengono sottoposte alla sua attenzione. Uno psichiatra è anche abilitato a svolgere un lavoro di psicoterapia, però in tal caso dovrà deontologicamente decidere quale ruolo dovrà assumere, se un ruolo farmaco terapeutico oppure psicoterapeutico. Normalmente, le due modalità non possono coesistere all’interno dello stesso trattamento con uno psichiatra.
Il neurologo . Un neurologo invece è un esperto del funzionamento neurologico, riflessologico del sistema nervoso centrale, non ha competenze psicoterapiche anche se potrebbe acquisirle attraverso il percorso specialistico, in quanto medico egli puòsomministrare farmaci ma non ha competenze per trattare disfunzioni mentali del soggetto.
Terapia Congiunta
Se sulla parete notiamo una macchia di umidità quale professionista chiameremmo per operare un trattamento? Normalmente dovremmo chiamare un tubista perché l’umidità rimanderebbe ad una eventuale perdita di acqua. Questa metafora per dire che lo psicoterapeuta lavora sulle cause e rappresenterebbe il ‘ tubista ‘ , invece il farmacologo, con i suoi psicofarmaci, avrebbe un approccio sintomatico cioè non lavora sulla causa dei sintomi così come lavorerebbe lo psicoterapeuta, ma lavora sul sintomo, sull’effetto finale. Quindi prima di fare una scelta è necessario capire su cosa si vuole lavorare, se sul sintomo, sul disturbo, sull’ansia, sul senso depressivo, sulla paura, oppure sulle cause di questi malesseri. Chiaramente lavorando sulle cause il lavoro diventa ben fatto, duraturo e risolutivo del problema. Quando i sintomi sono predominanti in tal caso è assolutamente necessario lavorare secondo una terapia congiunta cioè si utilizza un trattamento farmacologico, possibilmente con una posologia indispensabile e rigorosamente vincolata nel tempo, ma questo dipende dalla circostanza e anche dall’evento sintomatico prevalente, e in contemporanea fare il lavoro di psicoterapia. Da una parte andremmo ad abbassare il livello dei sintomi con i farmaci, dall’altra andremmo a lavorare sulla causa del disturbo. La terapia congiunta è una terapia innovativa, fondamentale, spesso non tutti la pensano in questo modo, normalmente ci sono professionisti in grado di lavorare soltanto in un’unica direzione e di sentirsi tuttologi, bisogna imparare in questo contesto a non sentirsi mai autosufficienti ma ad avere un livello di collaborazione tra le varie discipline tra di loro sinergiche, quindi a maturare una visione molto olistica del trattamento che guardi alla Persona e non al sintomo o all’organo singolo.