QUANTI CARATI SEI
Le Gemme luccicanti del Tuo Tempo
Alle volte si percepisce la netta sensazione di perdere la propria collocazione, il proprio tempo, per situazioni intricate o accanto a persone ‘proprietarie’ , si avverte una percezione di impoverimento delle proprie risorse , del proprio pensare e parlare, delle proprie passioni e competenze, si avverte uno svuotamento di se.
Quando dedichiamo del tempo a qualcuno, in quell’ stante stiamo impegnando e dedicando la nostra storia, lì, c’è il concentrato di noi, tutto il film della nostra vita, impegnano, con la nostra presenza, non solo un pezzo del tempo di noi, ma la pizza del nostro lungo metraggio.
Peró è consuetudine affidarci a volte a censori, a negoziatori delle nostre scelte, ad addetti, fonici, al doppiaggio e montaggio di noi, che tagliano, mescolano, imbrogliano o imbrattano i nostri fotogrammi di celluloide emotiva.
Il nostro film prende un’ altra regia, il nostro, diventa il loro copione, la nostra scenografia, il loro habitat, un trapianto incompatibile di neuroni con i nostri flussi neuro biologici.
Affidiamo il nostro copione, da farci scrivere dentro, correggere in rosso con i loro errori, con commenti e scarabocchi isterici.
È una lotta per la libertà, riappropriarsi della propria trama. La qualità della vita e delle relazioni umane, ha senso solo nell ottica del rispetto e recupero delle rispettive trame e regie. Ognuno di noi ha il diritto inalienabile di direzione della sua regia, sulla scia del proprio flusso di tempo.
Per diversi la regia, è la regia sugli altri, espletando una posizione di spettatore burattinaio, sembra che tale ruolo si fondi sulla massima soddisfazione di interferire con la vita altrui, quasi a testimonianza del fatto che la propria, sarebbe priva di senso.
In assenza di questo ruolo manipolativo, sarebbero perduti. L’ altrui film, ha la firma e i loro titoli di coda, una vera e propria appropriazione indebita del copyright esistenziale.
Questo accade per propria responsabilità. Perché, piacciamo, senza piacerci, ci scelgono per le preziosità e la luminosità che non ci riconosciamo, amiamo, senza amarci, ci trovano, perché ci sentiamo perduti, siamo belle presenze ma ci sentiamo assenti. Avremmo bisogno di delucidarci, di lustrarci, di partire da se.
Gli altri non dovrebbero dare un senso alla nostra vita, ma noi a noi stessi, sempre e comunque.
Perdiamo la nostra lucentezza, perché ci mettiamo in ombra, viviamo all’ombra di qualcuno per metterlo in luce.
Quanti carati vali, e quanto può valere di più se non colui che valuta un valore ?
Per poter apprezzare le gemme del nostro tempo, bisognerebbe esserel’ orefice di se stesso e circondarsi di altrettanti orefici, più che di Arsenio Lupen.
Quale occasione migliore ci sarebbe difronte a chi disprezza, di cogliere in una tale occasione, una naturale selezione. In ogni nostro istante c’ è la sintesi di tutto il nostro film, impariamo a vedere alla nostra vita come ad un lungo collier di gemme luccicanti di tempo da tutelare e custodire gelosamente.
Se parliamo di Persone, non esistono semplici o persone complesse, profonde o superficiali, sane o in prede a malattie, ma, per quanto brutte o belle possano essere, incontriamo opere d’arti, per romantiche o drammatiche che siano, sono tutte candidabili all’ oscar. E se qualcuno beve alla nostra fonte dal collo della bottiglia, beve anche dal suo fondo.
Viaggiamo in continue sale cinematografiche, passiamo quotidianamente in rassegna in pluri multisale, la nostra vita è un continuo voyage da un Netflix, ed un Amazon prime, ogni volta che incrociamo una vita, incrociamo lo scorrere di una pellicola, guardiamo ed entriamo in un film, la nostra esistenza è un passaggio contiguo tra veloci fotogrammi intersecabili di storie umane.
Nel bene e nel male, relazioni umane avvengono attraverso scambi ed intrecci di fotogrammi che si intersecano, si confondono e dilatano in nuovi copioni e sceneggiature, con estremo scempio o maestria.
La confusione di fotogrammi intersecati ed incastrati, genera attaccamento e dipendenza, bisogno di ordine. Ogni dipendenza termina, sul recupero dei propri fotogrammi mescolati all’ altro.
Un dipendente è un mescolato ai problemi altrui, si rende assistente del suo cambiamento, presente, passato e futuro, è un accartocciato ai suoi fotogrammi, confuso nel film dell’altro, cooregista di un fallimento a quattro mani, pasticcione di un montaggio senza testa e né coda, cerca il proprio bandolo nell’altro.
Chi vive per altri, muore per se, chi è apparentemente altruista, gestisce. L’amore per se, per la lucentezza dei propri carati, diviene vero amore altrui.
giorgio burdi
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