Il sintomo è il rivelatore della nostra più elevata intimità
IL SINTOMO E LA PAROLA
Il sintomo è il rivelatore della nostra più elevata intimità.
La filologia, è lo studio dell’origine della formazione dei testi e della parola, va verso la “storia” , un filologo viaggia dalla parola alla Storia.
Lo psicanalista, uno psicoterapeuta viaggia dall’ osservazione dei sintomi, segue la loro formazione, tenta di beccare le coordinate longitudinali e latitudinali degli eventi del soggetto, all’interno di un meta spazio in cui il tempo confuso coniuga il verbo passato, e attraverso il sintomo, il passato resta invasivamente e invalidamente presente.
Il sintomo rappresenta l’annullamento del presente, l’egemonia del passato.
Esso è l’ombra dell’ irrisolto, è la catapulta che colpisce alle spalle, il boomerang ritorsore che sistematicamente si rivolta contro, ci sbatte in faccia tutto ciò che avremmo dovuto guardare o pensavamo risolto.
Amo questo viaggio esplorativo, dal sintomo alla sensazione e dalla sensazione al sintomo, attraverso la parola nel tratturo sterrato degli eventi, come uno speleologo scendere, scivolare, precipitando e risalendo tra le foibe dell’anima.
La parola non è solo descrittiva del nostro vissuto, fa palpitare, vibrare e spremere ogni nostro organo interno, fino alla pelle che sfiora le esterne intemperie.
Il sintomo e la parola ci fanno vibrare, tremare, soffrire, rilassare e gioire.
A volte basta una parola per rievocare, e ci vuole un sintomo per fissarci alle origini di noi. Il Caronte di questi viaggi è la sensazione, il ricordo e il logos , la parola.
Un sintomo è il rivelatore della nostra più elevata intimità, esso ci narra dell’ indicibile, dalle nostre rabbie alle fobie è molto più di quanto riusciremmo a dirci.
Il sintomo scalpita, scalfisse e reclama, col dolore della sua piaga, il diritto alla serenità, al benessere, alla progettualità, invita a determinarla attivamente non a sperare, ma a muoversi a vantaggio del rimedio, alla soluzione.
Il sintomo reclama la soluzione, chiede di snodarsi, di venire fuori, chiede di padroneggiare sulle cause dei malesseri.
Il sintomo ci parla, urla prepotentemente che qualcosa deve essere ripercorso e rivisto, invita a cercare il bandolo per ordinare e riavvolgere il gomitolo dei vissuti aggrovigliati o ad accettare situazioni e che non si possono cambiare.
L’obiettivo della cura è la guarigione, si compone come su di un pentagramma, all’interno di un tragitto analitico, dalla traduzione del sintomo, agli eventi subiti, attraverso la parola rivelatrice.
L’ascolto e l’osservazione è l’esploratore, la parola è la traduzione del sintomo, la meta, l’individuazione dell’evento scatenante il disturbo.
Ascolto, traduzione ed individuazione sono le tre tappe della mia psicoterapia orientate alla guarigione.
giorgio burdi
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