Vivere sani è vivere spontanei
Vivere sani è vivere spontanei
Spontaneità, elogio della pazzia
Magari ci fossero veri matti
La spontaneità è la tendenza abituale a comportarsi con naturale franchezza e immediatezza, senza finzioni e senza falsi ritegni. Sinonimi: naturalezza, semplicità, sincerità, schiettezza, franchezza, genuinità.
Io aggiungerei pazzia. Sì, perché spesso nella vita di tutti i giorni fare quello che ci suggerisce l’istinto più sincero e naturale, risulta essere agli occhi degli altri chiaro sintomo di squilibrio rispetto a regole, valori e consuetudini che qualcuno prima di noi ha deciso di farci ereditare, come una sorta di debito pubblico emotivo.
Genitori, amici, compagni di vita, modelli educativi, lavoro, religione, istituzioni sociali ci condizionano dall’esterno, fino a penetrare nel terreno carsico che è il nostro Io, col rischio di inquinare le falde acquifere. Più siamo “carsici” e più ci allontaniamo dalla nostro sentire.
Samuel Beckett sosteneva che “Nasciamo tutti matti, qualcuno lo rimane”. Il problema vero del vivere è che i matti sono sempre più merce rara rispetto ai sedicenti sani. Il sano è il rettificato, il messo in riga, il livellato, la tabula rasa, il rallentato, lo scontato il piatto.
Il sano non è ironico, creativo, ha poco da raccontare, parla solo dei pazzi, dei loro protagonismo, vive di loro e tanto poco di suo.
Rimanere un po’ matti, ci aiuta ad essere sereni. Diamoci alla pazza gioia! La saggezza popolare definisce questo modo di essere “avere la guerra in testa”.
La differenza tra la spontaneità e il cappio delle aspettative nostre e altrui ci impediscono di essere noi stessi, di spiccare il volo come uccelli, invece di fare solo lunghi balzi, goffi e irregolari, come tacchini rinchiusi in un’aia.
In ogni situazione dovremmo cercare di dare sempre più spazio al “numero uno”, lasciando il geometra “numero due” a casa o in ufficio.
Impresa non facile, ma intanto si può iniziare col sentire la voce interiore, provando ad esternare sentimenti negativi e positivi, desideri e risposte, anche estemporanee e sopra le righe.
La forma più sublime di spontaneità è l’ ansia e l’ironia. Con l’ansia dici sempre quello che senti, con una battuta puoi seppellire una montagna, e ogni volta che si ride di qualcosa con uno sberleffo arguto, avviene il piccolo grande miracolo della creatività che ti fa dire “ma in fondo chi se ne frega, ogni problema è una soluzione”.
La spontaneità ha come sinonimo in rima anche la creatività. Tutti siamo dotati di sensibilità e intelletto, che ci rende artisti in qualche modo. Vivere è un arte, c’è un dandy in ognuno di noi.
Ma spontanea è anche la rinuncia alla diplomazia che rasenta la “democristianità”, retaggio di una cultura popolare che fa del quieto vivere e del “una parola in meno e ti ritiri a casa” , un mood che rende finta tutta la nostra esistenza.
Piuttosto che implodere, è molto più igienico esprimersi anche con un bel “vaffanculo” o un “mi sono rotto il cazzo”. La spontaneità non bada molto alla forma, è irriverente, tiene solo conto solo del vissuto.
Certo, se il numero uno o numero due arrivassero a coincidere, non so quali conseguenze si potrebbe avere sul vivere sociale.
Un aumento delle querele per diffamazione? O meglio ancora degli omicidi? In quest’ultimo caso si potrebbe anche cinicamente parlare di ammortizzatore sociale, perché in un periodo di crisi economica e disoccupazione, ridurre la popolazione sarebbe un rimedio contro la scarsità delle risorse, come teorizzava il reverendo ed economista Thomas Robert Malthus.
Ma lui predicava anche l’astinenza sessuale, come rimedio anti crisi, ma questo non va bene per che siamo fatti per essere spontanei nei sentimenti e nella sfera sessuale. Quindi lasciamo stare Malthus e i suoi deliri.
Anche nella sessualità bisogna recuperare la dimensione della propria spontaneità, vivendo tutto in sintonia con i propri desideri e le proprie emozioni, ed uscendo dal concetto della prestazione sportiva agonistica che usa l’erettometro al posto del desiderio, come strumento di misura delle performances.
Una lezione di spontaneità ci viene dai bambini e, appunto, dai matti. Ritrovare la parte ludica e fantasiosa ci avvicina a queste due dimensioni, forse le più sincere della natura umana. Quindi quando ci sentiamo dire “stai cambiando”, “ma sei pazzo ?!”, “sei come un bambino”, probabilmente siamo più a fuoco sul “numero uno”.
Anche quando ho dovuto accingermi a scrivere queste righe, l’ansia anticipatoria, mi ha fatto venire una sorta di blocco dello scrittore. Poi ho deciso di lasciar perdere, fare una doccia, e così ho dato la stura al “mio schifo”, ai pensieri.
Spontaneità avrebbe voluto che non avessi riletto e corretto il testo, lasciando tutto al flusso di coscienza e tralasciando i refusi. Non ce l’ho fatta, lo ammetto. Il perfezionismo del geometra “numero due” ha fatto capolino.
Ma sono i refusi che rendono interessante la vita. Sii un refuso, sempre, mi dico, uno sbaglio della grammatica, una indecenza linguistica, un balbettante delle cose indicibili, lascia parlare lo sbaglio delle emozioni palpitanti che varcano gli orizzonti oltre la nostra conoscenza finita.
giorgio burdi
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